STRUNZIÀ
Mi è stato chiesto, via e-mail, dal
caro amico M. P. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad
indicare solo le iniziali di nome e cognome) di spendere qualche parola per
illustrare l’esatto significato dell’infinito partenopeo in epigrafe.
Ò provveduto alla bisogna nel modo che segue:
Premesso che il verbo di cui parliamo pure essendo un
termine usatissimo nel parlato, soprattutto della città bassa, è
colpevolmente assente nei numerosi
calepini, antichi e moderni dell’idioma napoletano in mio possesso,mi vedo
costretto io per il primo a rendere in italiano il termine in esame
chiarendone l’esatto
significato; per far ciò sgombro súbito il campo dalla fantasiosa idea
circolante sul web che strunzià significhi “rimproverare
aspramente”. Non so chi abbia partorito simile sciocchezza, ma gliela
contesto toto corde, atteso che da napoletano di lungo corso, attento
all’icasticità dell’idioma partenopeo ed al suo uso, posso affermare, senza
tema di smentita, che l’esatto
significato dell’infinito
partenopeo in epigrafe non è quello
che circola sul web, ma il seguente: 1) abbindolare, ingannare, gabbare e
segnatamente 2)prendere in giro, prendere per i fondelli ed infine 3) burlare,
canzonare, deridere, giocare, sfottere, dileggiare,prendersi gioco di,
schernire... il tutto atteso che
etimologicamente il verbo in esame è un denominale del s.vo strunzo che è dal dal longobardo strunz=
'sterco' e vale stronzo, escremento
solido di forma cilindrica e
figuratamente persona stupida, sciocca
o odiosa e proprio riferendosi al significato figurato
del termine strunzo che si è pervenuti al verbo strunzià che in ogni suo
significato è riconducibile al “trattare a guisa di uno stupido, di uno sciocco
o di un odioso, insomma ‘e ‘nu strunzo!
In coda di quanto fin qui détto, rammento che del verbo
esaminato esiste un’icastica forma riflessiva usatissima che è strunziarse
usata per identificare, dileggiandolo, il riprovevole comportamento di chi,
nell’intento di gabbare il prossimo cerchi di apparire migliore di quel che in
realtà sia dandosi delle arie, usando un linguaggio che non gli sia consono[ad
es. una lingua straniera e segnatamente l’inglese, di cui si conosce pochissimi
termini(usati anche a sproposito)] e/o pavoneggiandosi ottenendo, invece, spesso il risultato di
apparire anche piú stronzo di quel che è.
E qui penso di
poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico M. P. ed interessato qualcun altro dei miei
ventiquattro lettori e piú genericamente
chi dovesse imbattersi in queste paginette.Satis est.
Raffaele Bracale
Nessun commento:
Posta un commento