lunedì 20 maggio 2019

20 NOTE ICASTICHE ESPRESSIONI


20 NOTE ICASTICHE ESPRESSIONI

1 – E TTE PAREVA!?
Locuzione esclamativa/interrogativa che non va tradotta pedissequamente ad litteram: “ E ti sembrava!”,ma che va addizionata di un sottinteso che cosí non fósse per darle l’esatto significato che è quello di: “Siamo alle solite!, Me lo aspettavo!, Ci risiamo!, Non poteva mancare!” e viene usata  con un senso di risentito rammarico o  da chi  sia inopinatamente coinvolto in faccende temute che  à cercato  invano di evitare; o anche da chi  debba, con dispiacere,  notare che il comportamento tenuto  da qualcuno nei suoi riguardi sia monotonamente , reiteratamente, prevaricante e deleterio e non si discosti mai da tale  pessima linea di condotta.
2 -TE SÎ FFATTO ‘E SORDE?!
Scorrettamente ad litteram: Ti sei  fatto i  soldi?!  Id est: ti sei arricchito?! Domanda retorica pronunciata ovviamente non nei confronti di un falsario,ma  di chi, normalmente sodale con qualcuno, abbia fatto insospettabilmente perdere le proprie tracce  e si sia fatto rivedere solo dopo lungo tempo, facendo quasi  supporre di essere stato baciato dalla fortuna, ma  (non volendola condividere con i vecchi amici)  si sia reso irreperibile per parecchio tempo.
3 -TIÉNEME CA ME TENGO
Ad litteram:  Règgimi, ché mi reggerò Locuzione usata per sarcasticamente descrivere il pessimo stato di salute di qualcuno, cosí debole  e male in arnese che solo se retto da un soccorritore potrà reggersi in piedi.
4 - TINCO TINCO specie nella locuzione venirsene tinco tinco
Modo di dire che è impossibile tradurre ad litteram, non esistendo un vocabolo preciso in italiano  che ne indichi il significato, ma che si può rendere con un: venirsene alla maniera del tincone id est in maniera sollecita, ma subdola.
Rammenterò qui che il napoletano non conosce il superlativo assoluto e lo rende con l'iterazione dell'aggettivo di grado positivo; ciò premesso  dirò che la locuzione è usata per descrivere il comportamento pronto e sollecito, sebbene  imperturbabile di chi, senza darlo a vedere o ad intendere persegue  scaltramente  uno scopo che si sia prefissato .

5 - TENGO ‘E LAPPESE A QUADRIGLIE’ CA M’ABBALLANO ‘NCAPA

Letteralmente: Ò le matite a quadretti che mi ballano in testa. Presa alla lettera la locuzione non significherebbe niente. In realtà lappese a quadrigliè è la corruzione dell'espressione latina lapis quadratus poi corrotto in quadrellatus,donde quadrigliè  antica tecnica di costruzione muraria romana consistente nel sovrapporre, facendo combaciare le facce laterali e tenendo la base rivolta verso l'esterno,ed il vertice verso l'interno, piccole piramidi di tufo o altra pietra , per modo che chi guardasse il muro, cosí costruito, aveva l'impressione di vedere una serie di quadratini orizzontati diagonalmente.Questa costruzione richiedeva notevole precisione ed attenzione con conseguente applicazione mentale tale da procurare nervosismo,  mal di testa e malumore
6 -TIRA A CCAMPÀ!
Ad litteram: continua a vivere! Invito perentorio ad andare avanti, senza mollare, procedendo per la strada intrapresa, senza lasciarsi condizionare né dalle persone, né da imprevisti accadimenti ostativi, senza dar peso  a nulla  e non ostante  tutto, senza fermarsi.
7 -TIRARSE 'A CAUZETTA
Ad litteram: tirar su la calza Id est: estraniarsi da una vicenda, star sulle proprie, disinteressandosi di ciò che avviene attorno; ma anche: lasciarsi molto pregare o attendere prima di concedere alcunché; la locuzione richiama l'abitudine che avevano  le iberiche persone di medio-alto rango  che negli anni del 17° secolo, erano usi  indossare lunghe calze di seta, e per distinguersi da quelli di piú basso ceto, che indossavano calze corte o cadenti, usavano tirarle continuamente verso e sopra  il ginocchio. Tali altolocati personaggi erano quelli  che, per abitudine  evitavano di interessarsi a ciò che accedeva intorno a loro  sia per non lasciarsi coinvolgere sia per non   esser fatti destinatari  di richieste o aiuti ai quali - comunque - avrebbero provveduto solo  dopo molte preghiere.
8 -TRICA E VVENE PESANTE
Ad litteram: Ritarda, ma giungerà pesante; ottimistica locuzione usata per rincuorare o assicurare  qualcuno impegnato in un'operazione  apparentemente lunga ed inconferente, rammentandogli che, sí: l'attesa sarà lunga e sofferta, ma - quasi certamente - il risultato sarà importante e sostanzioso, per cui  non bisogna perdersi d'animo ed insistere nell'operato.
trica  voce verbale (3ª p.sg. ind. pr. dell’infinito tricà= indugiare, tardare, perder tempo; dal lat. tèrere→tricere→tricare con l’infisso frequentativo –ic- e cambio di coniugazione).
 9 -TRASÍ 'E SPICHETTO
Ad litteram: entrare di straforo; id est: entrare alla chetichella, per il rotto della cuffia,   obliquamente; per estensione: godere immeritatamente di un qualche beneficio; lo spichetto in realtà  è un ritaglio di stoffa tagliato  obliquamente  in  forma triangolare ed   inserito  nei margini di un taglio per consentire uno slargamento  dell'indumento cui venga applicato;per traslato sta ad indicare lo straforo  della traduzione.
10 -TRUVÀ 'A FORMA D''A SCARPA SOJA
Ad litteram: trovare la forma della (propria) scarpa  id est: imbattersi in qualcuno fatto come noi e perciò capace di contrastarci  adeguatamente, rendendoci pan per focaccia, mettendoci un freno  e magari riducendoci al silenzio  atteso che costui abbia la nostra medesima conformazione, anzi iperbolicamente sia titolare di quella forma su cui  è stata impiantata la nostra scarpa, ossia il nostro modo di essere.
11 -TRASÍ DINT' Â SCAZZETTA D''O PARRUCCHIANO
Ad litteram:entrare nello zucchetto del prevosto; id est: ficcare il naso in faccende altrui che non dovrebbero riguardare, tentare di por bocca nelle  questioni riservate  degli affari non di nostra competenza, come non ci dovrebbe riguardare cosa nasconda lo zucchetto del sacerdote.
12 -TU ME CIECHE  E I' TE FOCO nella locuzione facimmo tu me cieche e io te foco.
Ad litteram: Tu mi accechi ed io ti strangolo nella locuzione  facciamo tu mi accechi ed io ti strangolo.
Espressione usata,  in ispecie con la locuzione indicata, per significare che si intende  rispondere per le rime  ad ogni azione  ricevuta, ricambiando male con male,  cattiveria con cattiveria, al segno che i rapporti  derivanti saranno di lotta perenne, atteso che nessuno dei contendenti à in animo di voler recedere e di sopportare un torto subíto ; la locuzione un tempo era normalmente usata a sapido commento dei rapporti turbolenti dei ragazzi di casa in perenne contrasto tra di loro.
13 -TURNÀ A CCOPPE
Ad litteram: tornare a coppe id est: ribadire continuamente ed ostinatamente  i medesimi concetti, ritornare impudentemente sui medesimi argomenti, già abbondandemente trattati e sceverati  e farlo quindi inutilmente se non irritantemente. Modo di dire richiamante una ipotetica fase del giuoco del tressette, allorché un cattivo giocatore, contravvenendo i desideri del compagno, ritornasse erroneamente  a mettere in tavola il seme di coppe, seme di cui il compagno sia sprovvisto di buone carte e dunque seme non confacente ad un proficuo continuar del gioco.Difficile, se non impossibile stabilire perché,  dei quattro possibili: denari, spade, coppe e bastoni, per il modo di dire in epigrafe si sia scelto il seme di coppe; azzardo l'ipotesi, sulla quale però non son disposto a giurare,  che sia avvenuto  per un inconscio richiamo  al manuale del giuoco del tressette scritto in latino maccheronico e napoletano arcaico da un giocatore del  1700,   tale Chitarrella,   il quale ebbe a scrivere: si nun tiene che ghiucà, joca coppe(se non ài di che giocare, gioca coppe) ammantando di immeritata importanza il seme ricordato; ma è solo un'ipotesi che per quanto probabile, non è  avvalorata da alcun riscontro storico.
14 -TU NUN CUSE, NUN FILE E NUN TIESSE: TANTA GLIUOMMERE 'A DO' T''E CCACCE?
Ad litteram: Tu non cuci, non fili, né tessi, tanti gomitili da dove li tiri fuori?
E' questa l'ironica  e chiaramente  retorica domanda che si suole rivolgere a chi, notoriamente non occupato a fare oneste attività produttive, sia improvvisamente ed inspiegabilmente  pervenuto ad accumulare ingenti quantità di danaro; lo  gliummero della locuzione, normalmente - con derivazione dal lat. glomere(m) - significa gomitolo , ma talvolta sta per peculio, ed in particolare  per una somma pari a ca. cento ducati d'argento che poteva esser messa insieme, senza lavorare , solo truffaldinamente.
15 -TUTTO A GGIESÚ E NIENTE A MMARIA
Ad litteram: Tutto a Gesú e niente a Maria Cosí  si suole stigmatizzare  l'errato comportamento di chi, per mere simpatie, non supportate - per altro - da alcuna ragione, prediliga e privilegi  qualcuno, a discapito di altri ugualmenti meritevoli di stima ed attenzione. Con la frase in epigrafe un anziano prevosto ebbe a redarguire il suo sacrista che, comandato ad addobbare gli altari  dedicati al Cristo ed alla Vergine, riempí di fiori e ceri quello del Salvatore  e lesinò gli addobbi  a quello di Maria Ss.
16 -TRÒVATE CHIUSO E PIERDETE CHIST'ACCUNTO Letteralmente: Tròvati chiuso e perditi questo cliente... Locuzione sarcastica da intendersi:Mai possa accaderti di star chiuso e non potere offrire i tuoi servigi ad un tal cliente!... Tale locuzione   si usa quando si voglia sottolineare e sconsigliare il cattivo mercato che si stia per compiere, avendo a che fare con un contrattante che dal negozio pretenderebbe solo vantaggi a danno dell' altro contraente. Accunto =s.vo m.le e solo m.le =cliente (dal lat. ad-cognitu(m)→accognitu→accu(g)n(i)tu→accunto (conosciuto, noto come è ogni assiduo frequentatore di un esercizio commerciale).

17 -TUTT''O STUORTO, S''O PPORTA 'A ZAPPA
Ad litteram:Tutto l'irregolare viene portato via dalla zappa ; id est: il lavoro appiana le deformità, pone rimedio all'errato; per estensione: l'impegno attento,costante e  - se del caso – deciso, se non violento   fa superare ogni difficoltà, come i colpi assestati con il  taglio della zappa   che appianano  le asperità del terreno.
18 -TUTTE 'E CANE PISCIANO 'NFACCI' Ô MURO
Ad litteram: Tutti i cani mingono sul muro; id est:  allorché un atteggiamento, anche se errato o riprovevole , sia tenuto da tutti quanti   finisce per esser considerato giusto ed accettabile; locuzione che in maniera icastica rende  a suo modo l'antico brocardo latino: error communis facit jus (l'errore comune diventa legge).
19 -TOMO TOMO
Locuzione avverbiale  che pur partendo da un aggettivo di grado positivo, nell'evidente iterazione non intende  configurare, come invece nel caso di tinco tinco, un superlativo, ma solo ribadire fortemente un concetto  e coè la subdola flemma di chi  con apparente noncuranza  e studiata seriosità  mira ad un preciso scopo, senza volerlo far capire. Spesso la locuzione in epigrafe si accompagna  (allo scopo di aumentarne la portata) a quella di  cacchio, cacchio.
20.A PPAVÀ E A MMURÍ, QUANNO CCHIÚ TTARDE SE PO’.
A pagare e morire, quando piú tardi sia possibile! È la comoda  filosofia e/o strategia del rimandare sine die due operazioni molto dolorose, nella speranza che un qualche accadimento intervenuto ce le faccia eludere.
Brak

Nessun commento:

Posta un commento