20 NOTE ICASTICHE
ESPRESSIONI
1 – E TTE
PAREVA!?
Locuzione
esclamativa/interrogativa che non va tradotta pedissequamente ad litteram: “ E
ti sembrava!”,ma che va addizionata di un sottinteso che cosí non fósse per darle l’esatto significato che è quello di: “Siamo
alle solite!, Me lo aspettavo!, Ci risiamo!, Non poteva mancare!” e viene
usata con un senso di risentito
rammarico o da chi sia inopinatamente coinvolto in faccende
temute che à cercato invano di evitare; o anche da chi debba, con dispiacere, notare che il comportamento tenuto da qualcuno nei suoi riguardi sia
monotonamente , reiteratamente, prevaricante e deleterio e non si discosti mai
da tale pessima linea di condotta.
2 -TE SÎ FFATTO ‘E SORDE?!
Scorrettamente ad
litteram: Ti sei fatto i soldi?! Id est: ti sei arricchito?! Domanda retorica
pronunciata ovviamente non nei confronti di un falsario,ma di chi, normalmente sodale con qualcuno, abbia
fatto insospettabilmente perdere le proprie tracce e si sia fatto rivedere solo dopo lungo
tempo, facendo quasi supporre di essere
stato baciato dalla fortuna, ma (non
volendola condividere con i vecchi amici)
si sia reso irreperibile per parecchio tempo.
3 -TIÉNEME CA ME
TENGO
Ad litteram: Règgimi, ché mi reggerò Locuzione
usata per sarcasticamente descrivere il pessimo stato di salute di qualcuno,
cosí debole e male in arnese che solo se
retto da un soccorritore potrà reggersi in piedi.
4 - TINCO TINCO specie nella
locuzione venirsene tinco tinco
Modo di dire che è
impossibile tradurre ad litteram, non esistendo un vocabolo preciso in
italiano che ne indichi il significato,
ma che si può rendere con un: venirsene
alla maniera del tincone id est in maniera sollecita, ma subdola.
Rammenterò qui che il
napoletano non conosce il superlativo assoluto e lo rende con l'iterazione
dell'aggettivo di grado positivo; ciò premesso
dirò che la locuzione è usata per descrivere il comportamento pronto e
sollecito, sebbene imperturbabile di
chi, senza darlo a vedere o ad intendere persegue scaltramente
uno scopo che si sia prefissato .
5 - TENGO ‘E LAPPESE A QUADRIGLIE’ CA M’ABBALLANO ‘NCAPA
Letteralmente: Ò le
matite a quadretti che mi ballano in testa. Presa alla lettera la locuzione non
significherebbe niente. In realtà lappese a quadrigliè è la corruzione
dell'espressione latina lapis quadratus poi corrotto in quadrellatus,donde quadrigliè antica tecnica di costruzione muraria romana
consistente nel sovrapporre, facendo combaciare le facce laterali e tenendo la
base rivolta verso l'esterno,ed il vertice verso l'interno, piccole piramidi di
tufo o altra pietra , per modo che chi guardasse il muro, cosí costruito, aveva
l'impressione di vedere una serie di quadratini orizzontati
diagonalmente.Questa costruzione richiedeva notevole precisione ed attenzione con
conseguente applicazione mentale tale da procurare nervosismo, mal di testa e malumore
6 -TIRA A CCAMPÀ!
Ad litteram:
continua a vivere! Invito perentorio ad andare avanti, senza mollare,
procedendo per la strada intrapresa, senza lasciarsi condizionare né dalle
persone, né da imprevisti accadimenti ostativi, senza dar peso a nulla
e non ostante tutto, senza
fermarsi.
7 -TIRARSE 'A CAUZETTA
Ad litteram: tirar
su la calza Id est: estraniarsi da una vicenda, star sulle proprie,
disinteressandosi di ciò che avviene attorno; ma anche: lasciarsi molto pregare
o attendere prima di concedere alcunché; la locuzione richiama l'abitudine che
avevano le iberiche persone di
medio-alto rango che negli anni del 17°
secolo, erano usi indossare lunghe calze
di seta, e per distinguersi da quelli di piú basso ceto, che indossavano calze
corte o cadenti, usavano tirarle continuamente verso e sopra il ginocchio. Tali altolocati personaggi erano
quelli che, per abitudine evitavano di interessarsi a ciò che accedeva
intorno a loro sia per non lasciarsi
coinvolgere sia per non esser fatti
destinatari di richieste o aiuti ai
quali - comunque - avrebbero provveduto solo
dopo molte preghiere.
8 -TRICA E VVENE
PESANTE
Ad litteram: Ritarda,
ma giungerà pesante; ottimistica locuzione usata per rincuorare o
assicurare qualcuno impegnato in
un'operazione apparentemente lunga ed
inconferente, rammentandogli che, sí: l'attesa sarà lunga e sofferta, ma -
quasi certamente - il risultato sarà importante e sostanzioso, per cui non bisogna perdersi d'animo ed insistere
nell'operato.
trica voce verbale (3ª p.sg. ind. pr. dell’infinito
tricà= indugiare, tardare, perder tempo; dal lat. tèrere→tricere→tricare con
l’infisso frequentativo –ic- e cambio di coniugazione).
9 -TRASÍ 'E SPICHETTO
Ad litteram: entrare
di straforo; id est: entrare alla chetichella, per il rotto della cuffia, obliquamente; per estensione: godere
immeritatamente di un qualche beneficio; lo spichetto in realtà è un ritaglio di stoffa tagliato obliquamente
in forma triangolare ed inserito
nei margini di un taglio per consentire uno slargamento dell'indumento cui venga applicato;per
traslato sta ad indicare lo straforo
della traduzione.
10 -TRUVÀ 'A FORMA
D''A SCARPA SOJA
Ad litteram: trovare
la forma della (propria) scarpa id
est: imbattersi in qualcuno fatto come noi e perciò capace di contrastarci adeguatamente, rendendoci pan per focaccia,
mettendoci un freno e magari riducendoci
al silenzio atteso che costui abbia la
nostra medesima conformazione, anzi iperbolicamente sia titolare di quella
forma su cui è stata impiantata la
nostra scarpa, ossia il nostro modo di essere.
11 -TRASÍ DINT' Â
SCAZZETTA D''O PARRUCCHIANO
Ad litteram:entrare
nello zucchetto del prevosto; id est: ficcare il naso in faccende altrui
che non dovrebbero riguardare, tentare di por bocca nelle questioni riservate degli affari non di nostra competenza, come
non ci dovrebbe riguardare cosa nasconda lo zucchetto del sacerdote.
12 -TU ME CIECHE E I' TE FOCO nella locuzione
facimmo tu me cieche e io te foco.
Ad litteram: Tu mi
accechi ed io ti strangolo nella locuzione facciamo tu mi accechi ed io ti
strangolo.
Espressione
usata, in ispecie con la locuzione
indicata, per significare che si intende
rispondere per le rime ad ogni
azione ricevuta, ricambiando male con
male, cattiveria con cattiveria, al
segno che i rapporti derivanti saranno
di lotta perenne, atteso che nessuno dei contendenti à in animo di voler
recedere e di sopportare un torto subíto ; la locuzione un tempo era
normalmente usata a sapido commento dei rapporti turbolenti dei ragazzi di casa
in perenne contrasto tra di loro.
13 -TURNÀ A CCOPPE
Ad litteram: tornare
a coppe id est: ribadire continuamente ed ostinatamente i medesimi concetti, ritornare impudentemente
sui medesimi argomenti, già abbondandemente trattati e sceverati e farlo quindi inutilmente se non
irritantemente. Modo di dire richiamante una ipotetica fase del giuoco del
tressette, allorché un cattivo giocatore, contravvenendo i desideri del
compagno, ritornasse erroneamente a
mettere in tavola il seme di coppe, seme di cui il compagno sia sprovvisto di
buone carte e dunque seme non confacente ad un proficuo continuar del gioco.Difficile,
se non impossibile stabilire perché, dei
quattro possibili: denari, spade, coppe e bastoni, per il modo di dire in
epigrafe si sia scelto il seme di coppe; azzardo l'ipotesi, sulla quale però
non son disposto a giurare, che sia
avvenuto per un inconscio richiamo al manuale del giuoco del tressette scritto
in latino maccheronico e napoletano arcaico da un giocatore del 1700,
tale Chitarrella, il quale ebbe
a scrivere: si nun tiene che ghiucà, joca coppe(se non ài di che giocare,
gioca coppe) ammantando di immeritata importanza il seme ricordato; ma è
solo un'ipotesi che per quanto probabile, non è avvalorata da alcun riscontro storico.
14 -TU NUN CUSE, NUN
FILE E NUN TIESSE: TANTA GLIUOMMERE 'A DO' T''E CCACCE?
Ad litteram: Tu
non cuci, non fili, né tessi, tanti gomitili da dove li tiri fuori?
E' questa
l'ironica e chiaramente retorica domanda che si suole rivolgere a
chi, notoriamente non occupato a fare oneste attività produttive, sia
improvvisamente ed inspiegabilmente
pervenuto ad accumulare ingenti quantità di danaro; lo gliummero della locuzione, normalmente -
con derivazione dal lat. glomere(m) -
significa gomitolo , ma talvolta sta per peculio, ed in particolare per una somma pari a ca. cento ducati d'argento
che poteva esser messa insieme, senza lavorare , solo truffaldinamente.
15 -TUTTO A GGIESÚ E
NIENTE A MMARIA
Ad litteram: Tutto
a Gesú e niente a Maria Cosí si
suole stigmatizzare l'errato
comportamento di chi, per mere simpatie, non supportate - per altro - da alcuna
ragione, prediliga e privilegi qualcuno,
a discapito di altri ugualmenti meritevoli di stima ed attenzione. Con la frase
in epigrafe un anziano prevosto ebbe a redarguire il suo sacrista che, comandato
ad addobbare gli altari dedicati al
Cristo ed alla Vergine, riempí di fiori e ceri quello del Salvatore e lesinò gli addobbi a quello di Maria Ss.
16 -TRÒVATE CHIUSO E
PIERDETE CHIST'ACCUNTO
Letteralmente: Tròvati chiuso e perditi questo cliente...
Locuzione sarcastica da intendersi:Mai
possa accaderti di star chiuso e non potere offrire i tuoi servigi ad un tal cliente!... Tale locuzione si usa quando si voglia sottolineare e
sconsigliare il cattivo mercato che si stia per compiere, avendo a che fare con
un contrattante che dal negozio pretenderebbe solo vantaggi a danno dell' altro
contraente.
Accunto
=s.vo m.le e solo m.le =cliente (dal
lat. ad-cognitu(m)→accognitu→accu(g)n(i)tu→accunto
(conosciuto, noto come è ogni assiduo frequentatore di un esercizio
commerciale).
17 -TUTT''O STUORTO,
S''O PPORTA 'A ZAPPA
Ad litteram:Tutto
l'irregolare viene portato via dalla zappa ; id est: il lavoro appiana le
deformità, pone rimedio all'errato; per estensione: l'impegno attento,costante
e - se del caso – deciso, se non
violento fa superare ogni difficoltà,
come i colpi assestati con il taglio
della zappa che appianano le asperità del terreno.
18 -TUTTE 'E CANE
PISCIANO 'NFACCI' Ô MURO
Ad litteram: Tutti i
cani mingono sul muro; id est: allorché
un atteggiamento, anche se errato o riprovevole , sia tenuto da tutti
quanti finisce per esser considerato
giusto ed accettabile; locuzione che in maniera icastica rende a suo modo l'antico brocardo latino: error
communis facit jus (l'errore comune diventa legge).
19 -TOMO TOMO
Locuzione avverbiale che pur partendo da un aggettivo di grado
positivo, nell'evidente iterazione non intende
configurare, come invece nel caso di tinco tinco, un superlativo, ma
solo ribadire fortemente un concetto e
coè la subdola flemma di chi con
apparente noncuranza e studiata
seriosità mira ad un preciso scopo,
senza volerlo far capire. Spesso la locuzione in epigrafe si accompagna (allo scopo di aumentarne la portata) a
quella di cacchio, cacchio.
20.A
PPAVÀ E A MMURÍ, QUANNO CCHIÚ TTARDE SE PO’.
A pagare e morire, quando piú tardi sia possibile! È la comoda filosofia e/o strategia del rimandare sine die due operazioni molto dolorose, nella speranza che un qualche accadimento intervenuto ce le faccia eludere.
A pagare e morire, quando piú tardi sia possibile! È la comoda filosofia e/o strategia del rimandare sine die due operazioni molto dolorose, nella speranza che un qualche accadimento intervenuto ce le faccia eludere.
Brak
Nessun commento:
Posta un commento