FÀ ‘O RIAVULO A CQUATTO
L’espressione
in epigrafe, originariamente partenopea trasmigrò pure nella lingua nazionale
nella forma pedissequa di "fare il diavolo a quattro",mantenendone
anche il medesimo significato di agire alla medesima maniera di quattro demoni
con riferimento a qualcuno che dimostri
non solo di avere tale e tanta energia da non trarsi mai
indietro,ma di usare spesso modi di fare
veeementi e poco educati, sí
da generare una confusione totale.Quanto alle sue origini essa nacque nel periodo barocco [cioé nel lasso di tempo
corrente tra la fine del 1600 ed i principi del 1700] prendendo spunto dalle
tavole teatrali: infatti spesso nelle
rappresentazioni rionali della famosa “Cantata dei Pastori” cosí come era nota
al popolo minuto della città bassa l’opera teatrale che Andrea Perrucci(Palermo
1651-† Napoli1706) che nel 1698, aveva
pubblicato sotto lo pseudonimo di Ruggiero Casimiro Ugone e con il titolo
originale di “Il Vero Lume tra l’Ombre,
ovvero la spelonca arricchita per la nascita del Verbo Umanato.”,opera che ebbe
súbito un gran successo tanto da essere rappresentata non solo nei teatri
ufficiali della città, ma anche in quelli di fortuna rionali ad opera di dilettanti.
Ebbene uno dei personaggi che non poteva
mancare mai era proprio il diavolo [protagonista di una famosissima scena,
quella della sua rovinosa caduta...]; in iscena il demonio, come da
prassi, cambiava repentinamente
sembianze. Atteso che i cambi d’abito potevano essere lunghi e laboriosi, era frequente che per interpretare il diavolo
si usassero anche fino a quattro attori,ognuno già truccato ed agghindato in
modo consono alla parte, che avrebbero dovuto
alternarsi sulla scena, ma che talora, per imperizia, disattenzione o assenza
di un adeguato regista finivano per sortire dalle quinte contemporanemente
provocando una confusione assoluta. Proprio per questo motivo “fà ‘o
riavulo a cquatto” ebbe a significare agire provocando confusione, disordine,
chiasso, baccano quando non frastuono, gazzarra, baraonda, pandemonio,
subbuglio. Satis est.
Brak
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