mercoledì 11 settembre 2019

L’ACCENTO CIRCONFLESSO NELLA SCRIZIONE DELLA PARLATA NAPOLETANA.


L’ACCENTO CIRCONFLESSO NELLA SCRIZIONE DELLA PARLATA NAPOLETANA.
 Forse mi ripeterò, atteso che molte delle cose che dirò qui di seguito le òn già détte qui e lí precedentemente, ma trattandosi di un argomento importante vale la pena di insistere; il lettore, spero, vorrà perdonarmi. Chiarisco in primis ed in generale che  l’accento circonflesso  (o semplicemente   il circonflesso, s.vo m.le) è un  segno grafico (rappresentato con la forma ^ e talora, nel greco antico, ˜) indicante in origine quell’aspetto del tono, proprio del greco, in cui all’ascesa della voce  ne segue la discesa, nella stessa vocale (sempre lunga) o dittongo. In francese, il circonflesso è usato per ricordare una lettera caduta in una fase storica precedente o per indicare il valore particolare di una vocale (âne, mûr, prêt). In italiano, à funzioni puramente ortografiche e  ormai di uso non assoluto; può essere adoperato per indicare la contrazione in una sola -i del plur. dei nomi o agg. in -io atono (per es. oratorî pl. di oratòrio, varî pl. di vàrio, ecc., che si scrivono però anche oratorii o oratòri o semplicemente e sciattamente oratori, varii o vari, ecc.), oppure per indicare  altre contrazioni della lingua ant. o poetica (per es. fûr = furono, tôrre = togliere, côrre = cogliere e sim.); più di rado per distinguere parole di uguale grafia (per es. côrso «della Corsica», ma piú spesso còrso, di fronte a corso/córso part. pass. di correre). Tanto precisato passiamo al napoletano e diciamo che in generale l’accento circonflesso  nella scrizione del napoletano va posto su qualsiasi vocale (â, ê, î, ô, û) o semivocale (ĵ) per contrassegnare le forme contratte, che son  tipiche del linguaggio poetico, dovute alla sincope di una sillaba per ragioni di metrica, ma che vengono usate anche in prosa per indicare le crasi(scritture contratte/fusioni)  in voci verbali o le crasi delle preposizioni articolate, nonché  quelle in taluni aggettivi possessivi come esemplificherò a seguire. Infine l’accento circonflesso è posto sulla vocale i→î  quale segno diacritico  di voci omofone: es. = sei [voce verbale] diverso e distinto da si = se,si’ = signor, avverbio affermativo. E proseguiamo dicendo súbito che nel corretto napoletano scritto la  â corrisponde   all’italiano alla in quanto crasi (scrittura contratta/fusione) della preposizione a + l’articolo ‘a  mentre l’ ô corrisponde   all’italiano allo/al in quanto crasi (scrittura contratta/fusione) della preposizione a + l’articolo ‘o  ed infine l’ ê corrisponde   all’italiano alle/ a gli/ai in quanto crasi (scrittura contratta/fusione)  della preposizione a + l’articolo ‘e. Il fatto è che solo pochissimi poeti e/o scrittori napoletani ànno o ebbero  dimestichezza con le crasi o si rifiutano/rifiutarono di usarle ritenendole troppo eleganti, di competenza dei solo addetti ai lavori e/o poco popolari e di difficile fruizione per il pubblico medio. A mio avviso è invece  giusto ed opportuno che chi à qualche piccola  competenza piú degli altri   faccia proseliti, tirando le orecchie (se occorre) anche a Di Giacomo,  ad Eduardo ed altri famosi, con buona pace di taluni intellettuali iconoclasti delle regole grammaticali d’antan!
Rammento altresí che le crasi summenzionate â,ê,ô vanno sempre usate non soltanto da sole  quali corrspondenti delle preposizioni articolate, ma nelle locuzioni articolate formate con preposizioni improprie  che ànno tutte una forma scissa, mantenendo separati gli articoli dalle preposizioni e mentre nell’italiano s’usa far seguire alla preposizione impropria il solo articolo, nel napoletano occorre aggiungere alla  preposizione impropria non  il solo articolo, ma la preposizione articolata formata con la preposizione semplice a ( ad es. nell’italiano si à: sotto il tavolo, ma nel napoletano si esige sotto al tavolo  e ciò per riprodurre correttamente il pensiero di chi mentalmente articola in  napoletano e non in italiano [e ciò perché chi scrive in napoletano, deve pensare in napoletano!]). Mi pare opportuno che a questo punto mi soffermi sulle preposizioni articolate nel napoletano e rammenti che anche nell’idioma napoletano c’è l’uso sia nel parlato che nello scritto delle preposizioni articolate ovverossia  di quelle preposizioni formate dall’unione degli articoli determinativi sg. e pl.  con le preposizioni semplici (di, a, da, in, con, su, per, tra fra) o dall’unione dei medesimi articoli  con quelle improprie (sotto, sopra, prima, dopo,dietro, davanti, insieme,vicino, lontano etc.). Comincio súbito con il dire che nel napoletano, cosí come nell’italiano, le locuzioni articolate formate con avverbi o  preposizioni improprie ànno tutte una forma scissa, mantenendo separati gli articoli dalle preposizioni e mentre nell’italiano s’usa far seguire alla preposizione impropria il solo articolo, nel napoletano occorre aggiungere alla  preposizione impropria non  il solo articolo, ma la preposizione articolata formata con la preposizione semplice a ( ad es. nell’italiano si à: sotto il tavolo, ma nel napoletano si esige sotto al tavolo  e ciò per riprodurre correttamente il pensiero di chi mentalmente articola in  napoletano e non in italiano). Tanto premesso annoto altresí che mentre in italiano la gran parte delle preposizioni articolate formate dall’unione degli articoli sg. e pl. con le preposizioni semplici, ànno una forma agglutinata, nel napoletano ciò non avviene che per una o due preposizioni semplici, tutte le altre si rendono con la forma scissa mantenendo cioè separati gli articoli dalle preposizioni.
Passiamo ad elencare dunque le preposizioni articolate cosí come rese in italiano e poi in napoletano:
con la preposizione a  in italiano si ànno al = a+il, allo/a= a+lo/la alle = a+ le agli = a+ gli (ma è bruttissimo e personalmente non l’uso mai preferendogli la forma scissa a gli!) in napoletano si ànno le medesime preposizioni articolate formate dall’unione degli articoli ‘o (lo/il), ‘a (la) ‘e (i/gli/le) con la preposizione a,ma esistono nel napoletano due distinte morfologie delle preposizioni articolate formate con la preposizione semplice a e gli articoli determinativi; la prima morfologia è quella che fa ricorso alla crasi /unione che produce una preposizione articolata di tipo  agglutinata resa graficamente  con particolari  forme contratte: â = a+ ‘a (a+ la), ô = a + ‘o (a+ il/lo), ê = a + ‘e (a + i/gli oppure a+ le) da usarsi davanti a parole comincianti per consonanti, mentre davanti a parole comincianti per vocali si fa ricorso ad una morfologia  rigorosamente scissa e si usano  a ll’ (= alla/allo/al/alle/a gli) ess.: â casa = alla casa, ô puorto = al porto, ê scieme, ê sceme= a gli scemi/ alle sceme, ma a ll’ommo = all’ uomo, a ll’anema = all’ anima a ll’uommene = a gli uomini, a ll’ alimentari = alle (scuole) elementari;
con la preposizione di  in italiano si ànno del = di+il, dello/a= di+lo/la delle = di+ le, degli = di+ gli; in napoletano le analoghe preposizioni formate dagli articoli ‘o (lo/il), ‘a (la) ‘e (i/gli/le) con la preposizione de (=di),  produce una preposizione articolata di forma rigorosamente scissa o tutt’al piú apostrofata: de ‘od’’o, de ‘ad’’a, de ‘ed’’e; con la preposizione da  in italiano si ànno dal = da+il, dallo/a= da+lo/la dalle = da+ le, dagli = di+ gli; in napoletano le analoghe preposizioni formate dagli articoli ‘o (lo/il), ‘a (la) ‘e (i/gli/le) con la preposizione da talora anche ‘a (=da),  produce una preposizione articolata di forma normalmente  scissa e spessa apostrofata: da ‘od’’o, da ‘ad’’a, da ‘ed’’e ma come ognuno vede la forma apostrofata (quantunque usatissima) presta il fianco alla confusione con le preposizioni articolate formate con la preposizione  de (=di),  e d’acchito è impossibile distinguere tra de ‘od’’o, de ‘ad’’a, de ‘ed’’e e da ‘od’’o, da ‘ad’’a, da ‘ed’’e e bisogna far ricorso al contesto per chiarirsi le idee; ò dunque proposto e qui propongo  d’usare una forma affatto diversa per le preposizione napoletane da + ‘o = dal, da+ ‘a = dalla, da+ ‘e = dagli/dalle, forma da usarsi ovviamente davanti a parole principianti per consonanti (ess.: dâ scola = dalla scuola. dô treno = dal treno, dê scarpe = dalle scarpe), forma  che eliminando l’apostrofo e facendo ricorso alla medesima contrazione usata  per le preposizioni articolate formate con la preposizione a consente di  evitare la deprecabile  confusione   cui accennavo precedentemente. Ovviamente non sarà possibile usare questa forma davanti a parole principianti per vocali e sarà giocoforza usare da ‘o, da ‘a, da ‘e evitando di apostrofarle per evitare possibili confusioni. Rammento che nel napoletano è usata spessissimo una locuzione articolata che con riferimento il moto a luogo rende i dal/dallo – dalla – dalle – dagli dell’italiano ; essa è (la trascrivo cosí come s’usa generalmente fare,ma a mio avviso erroneamente in quanto non ricostruibile nei suoi elementi costitutivi) essa è add’’o/add’’a/add’ ‘e  es.: è gghiuto add’ ‘o zio(è andato dallo zio) è gghiuta add’ ‘a nonna, add’ ‘e pariente (è andata dalla nonna, dai parenti);; francamente non si capisce da cosa sia generato quel add’  né si comprenderebbe  il motivo dell’agglutinazione della preposizione a con la successiva da→dd’; a mio avviso è piú corretta e qui la propugno: a ddô/ a ddâ/ a ddê per cui sempre ad es. avremo: è gghiuto a ddô zio(è andato dallo zio) è gghiuta a ddâ nonna, a ddê  pariente (è andata dalla nonna, dai parenti);;  rammento tuttavia di non confondere
a ddô  con l’omofono addó←addo(ve) = dove, laddove che è un avverbio e  cong. subord.  che introduce proposizioni avversative, relative, interrogative dirette ed indirette.
  Proseguiamo.
Con la preposizione in  in italiano si ànno nel = in+il, nello/a= in+lo/la nelle = in+ le, negli = in+ gli; in napoletano per formare  analoghe preposizioni, si fa ricorso alla preposizione impropria dinto (dentro – indal lat. d(e) int(r)o→dinto); come ò già détto e qui ripeto: le locuzioni articolate formate con preposizioni improprie ànno nel napoletano  tutte una forma scissa, mantenendo separati gli articoli dalle preposizioni e mentre nell’italiano s’usa far seguire alla preposizione impropria il solo articolo, nel napoletano occorre indefettibilmente  aggiungere alla  preposizione impropria non  il solo articolo, ma la preposizione articolata formata con la preposizione semplice a ( ad es. nell’italiano si à: dentro la stanza, ma nel napoletano si esige dentro alla stanza  e ciò per riprodurre correttamente il pensiero di chi mentalmente articola in  napoletano e non in italiano) per cui le locuzioni articolate  formate da dinto a   e dagli articoli ‘o (lo/il), ‘a (la) ‘e (i/gli/le) saranno rispettivamente dint’ô dint’â, dint’ê  che rendono rispettivamente nel/néllo,nélla,negli/nelle.
Con la preposizione con  in italiano si ànno col = con+il, collo/a= con+lo/la colle = con+ le, cogli = con+ gli, ma a mio avviso son tutte bruttissime, a parte che prestano il fianco alla confusione con taluni sostantivi e non le uso mai preferendo sempre e non da ora  la forma disagglutinata ; in napoletano le analoghe preposizioni formate dagli articoli ‘o (lo/il), ‘a (la) ‘e (i/gli/le) con la preposizione cu (=con),  produce una preposizione articolata di forma rigorosamente scissa o tutt’al piú apostrofata, forma che però sconsiglio: cu ‘oc’’o, cu ‘ac’’a, cu ‘e che non ammette apostrofo, quantunque qualcuno si ostini a scrivere un bruttissimo ch’’e .
Con la preposizione su  in italiano si ànno sul = su+il, sullo/a= su+lo/la sulle = su+ le, sugli = su+ gli; in napoletano per formare  analoghe preposizioni, si fa ricorso alla preposizione impropria ‘ncoppa (sopra – su, dal lat. in + cuppa(m)); come ò già détto e qui ripeto: le locuzioni articolate formate con preposizioni improprie ànno tutte una forma scissa, mantenendo separati gli articoli dalle preposizioni e mentre nell’italiano s’usa far seguire alla preposizione impropria il solo articolo, nel napoletano occorre aggiungere alla  preposizione impropria non  il solo articolo, ma la preposizione articolata formata con la preposizione semplice a ( ad es. nell’italiano si à: sulla tavola  o sopra la tavola , ma nel napoletano si esige sulla o sopra alla tavola  e ciò per riprodurre correttamente il pensiero di chi mentalmente articola in  napoletano e non in italiano) per cui le locuzioni articolate  formate da ‘ncoppa  a   e dagli articoli ‘o (lo/il), ‘a (la) ‘e (i/gli/le) saranno rispettivamente ‘ncopp’ô ‘ncopp’â, ‘ncopp’ê  che rendono rispettivamente sul/sullo,sulla,sugli/sulle. Tutte le altre preposizioni formate dagli articoli ‘o (lo/il), ‘a (la) ‘e (i/gli/le) con le corrispondenti preposizioni semplici napoletane delle italiane per (pe) tra/fra(‘ntra/’nfra) ànno una forma rigorosamente scissa o  ma solo per la preposizione pe, (mentre per ‘ntra/’nfra non è consentito) scissa o  tutt’ al piú apostrofata: pe ‘o→p’’o (per il/lo), pe ‘a→p’’a (per la), pe ‘e→p’’e (per gli/le), mentre avremo solo ntra/’nfra ‘o - ntra/’nfra ‘a - ntra/’nfra ‘e.
Per tutte le altre preposizione articolate formate dall’unione dei soliti  articoli  con preposizioni improprie (sotto, sopra, dietro, davanti, insieme,vicino, lontano etc.), ci si regolerà alla medesima maniera di quanto ò già detto circa le preposizioni formate da dinto o ‘ncoppa tenendo presente che in napoletano sotto, sopra,dietro, davanti, insieme,vicino, lontano  sono rese rispettivamente con sotto, ‘ncoppa,arreto, annanze,’nzieme,vicino/bbicino,luntano e tenendo presente altresí  che occorre sempre rammentare che le parole e le frasi da esse formate servono a riprodurre un pensiero; ora  sia che si parli, sia che si scriva, un napoletano, nello scrivere in vernacolo, non potrà pensare in toscano e fare poi una sorta di traduzione:commetterebbe un gravissimo errore.Per esemplificare: un napoletano che dovesse scrivere: sono entrato dentro la casa, non potrebbe mai scrivere: so’ trasuto dint’ ‘a casa; ma dovrebbe scrivere: so’ trasuto dint’â (dove la â è la scrittura contratta della preposizione articolata alla) casa; che sarebbe l’esatta riproduzione del suo pensiero napoletano: sono entrato dentro alla casa. Allo stesso modo dovrà comportarsi usando sopra (‘ncopp’ a...) o sotto (sott’a....) in mezzo (‘mmiez’ a...) vicino al/allo (vicino a ‘o→vicino ô) e cosí via, perché un napoletano articola mentalmente sopra al/alla/alle/ a gli... e non sopra il/la/le/gli... e parimenti pensa sotto al... etc.  e non sotto il ... etc. D’ altro canto anche per la lingua italiana i piú moderni ed usati vocabolarî (TRECCANI) almeno per dentro  non disdegnano le costruzioni: dentro al, dentro alla  accanto alle piú classiche dentro il, dentro la.
Rammento ora che l’accento circonflesso è posto sulla vocale i→î  quale segno diacritico  di voci omofone come si evince dall’esempio che segue SI SÎ TU ‘O SI’ PREVETE CA CE À BENEDITTO QUANNO DICETTEMO ‘E SÍ, PECCHÉ MO TE LL’ANNIJE?
 Letteramente  Se sei tu il signor prete che ci à benedetti quando dicemmo di sí (quando sposammo) perché ora lo neghi?
Frasetta che non à alcun recondito significato traslato e/o nascosto usata solo per illustrare alcuni vocaboli partenopei tra i quali ben quattro differenti  Si  che avendo  ognuno   un ben preciso, differente  significato necessitano di quattro diverse scritture che indichino d’acchito e precisamente la diversa  funzione grammaticale dei quattro omofoni si.  Cominciamo: il primo Si  scritto senza alcun segno diacritico (accento o apostrofo) corrisponde all’italiano se  nei significati e funzioni  che seguono:

1) posto che, ammesso che (con valore condizionale; introduce la protasi, cioè la subordinata condizionale, di un periodo ipotetico): si se mette a pparlà,nun ‘a fernesce cchiú; si i’ fosse a tte ,me ne jesse a ffà ‘na scampagnata ; si tu avisse sturiato ‘e cchiú ,fusse o sarriste stato prumosso; si fosse dipeso ‘a me, mo  nun ce truvarriamo o truvassemo   a chistu  punto; si fusse stato cchiú accorto , non te fusse o sarriste  truvato dinto a ‘sta situazziona (o pop.: si ire  cchiú accorto , non te  truvave dinto a ‘sta situazziona  ) | in espressioni enfatiche, in frasi incidentali che attenuano un'affermazione o in espressioni di cortesia: ca me venesse ‘na cosa si nun è overo!; pure tu, si vulimmo sî ‘nu poco troppo traseticcio; si nun ve dispiace, vulesse ‘nu bicchiere ‘e vino; pecché, si è llecito,aggio ‘a jirce semp’i’?  | può essere rafforzata da avverbi o locuzioni avverbiali: si pe ccaso cagne idea, famme ‘o ssapé; si ‘mmece nun è propeto pussibbile, facimmo ‘e n’ata manera | in alcune espressioni enfatiche e nell'uso fam. l'apodosi è spesso sottintesa: ma si non capisce ‘o riesto ‘e niente!; si vedisse comme è crisciuto!; se sapessi!; se ti prendo...!; e se provassimo di nuovo...? | si maje, nel caso che:  si maje venisse, chiàmmame; anche, col valore di tutt'al più: simmo nuje, si maje, ca avimmo  bisogno ‘e  te;
2)  fosse che, avvenisse che (con valore desiderativo): si vincesse â  lotteria!; si putesse turnarmene â  casa mia!; si ll’ avesse saputo primma!
3) dato che, dal momento che (con valore causale): si ne sî proprio sicuro, te crero; si ‘o ssapeva, pecché nun ce ll’ à ditto?
4) con valore concessivo nelle loc. cong. se anche, se pure: si pure se pentesse, ormaje è troppo tarde; si  anche à sbagliato, no ppe cchesto  ‘o cundanno
5) preceduto da come, introduce una proposizione comparativa ipotetica: aggisce comme si nun te ne ‘mportasse niente; me guardava comme si nun avesse capito; comme si nun si sapesse chi è!
6) introduce proposizioni dubitative e interrogative indirette: me dimanno si è ‘na bbona idea; nun sapeva si avarria o avesse  fernuto pe ttiempo; nun saccio  che cosa fà, si partí o restà; s’addimannava  si nun se fosse pe ccaso sbagliato | si è overo?, si tengo  pacienza?, sottintendendo 'mi chiedi', 'mi domandi' ecc.
Rammento che questa congiunzione  si  napoletana non viene mai usata  come sost. m. invar. come invece capita con il corrispettivo se dell’italiano. Procediamo
--si’   è l’apocope di si(gnore) e pertanto esige il segno diacritico dell’apostrofo finale;  viene usato per solito davanti ad un sostantivo comune o davanti a nome proprio di persona (ad es.: ‘o si’ prevete= il signor prete, ‘o si’ Giuanne = il signor Giovanni.) L’etimo del lemma signore da cui l’apocope a margine si’ è dal francese seigneur forgiato sul latino seniore(m) comparativo di senex=vecchio,anziano.
 Ricordo che càpita  spesso che   sulla bocca  del popolino, meno conscio  o attento  del/al proprio idioma, (la qual cosa non fa meraviglia)ma – inopinatamente – pure sulle labbra e sulla punta della penna  di taluni  pur grandi e grandissimi autori partenopei accreditati d’essere esperti e/o studiosi della parlata  napoletana  la voce a margine  è resa con la trasformazione del corretto si’ (che è di per sé – come ò sottolineato - è l’apocope di si(gnore) ) con uno scorretto zi’ (zio) apocope appunto di zio che è dal lat. thiu(m).


--sî corrispondente all’italiano sei  voce verbale (2° p.sg. indicativo pres.) dell’infinito essere dal lat. esse la forma    derivata  etimologicamente  dal lat. si(s) esige un segno diacritico (accento circonflesso) non etimologico per distinguere la voce verbale a margine, come abbiamo visto, da altri omofoni si presenti nel napoletano e di cui parlerò successivamente;

--sí  avverbio affermativo  derivato dal lat. sic 'cosí', forma abbr. della loc. sic est 'cosí è'
1 si usa nelle risposte come equivalente di un'intera frase affermativa (può essere ripetuto o rafforzato): "Hê capito?" "Sí"; "Venarranno pure lloro?" "Sí"; anche, "Sí, sí", "Sí certo",  "Sí overamente!", "Ma sí!" | facette segno ‘e sí, annuire ' dicere ‘e sí, acconsentire ' risponnere ‘e sí, affermativamente ' paré, sperà, credere ecc. ‘e sí, che sia cosí ' si è  ssí, in caso affermativo: si è  ssí, te  telefono/' sí, dimane, (fam. iron.) no, assolutamente no
2 spesso contrapposto a no: dimme sí o no!; ‘nu juorno sí e uno no, a giorni alterni ' sí e no, a malapena, quasi  ' te muove sí o no?, esprimendo impazienza ' cchiú sí ca no, probabilmente sí
3 con valore di davvero, in espressioni enfatiche: chesta sí ch’ è bbella!; chesta sí che è ‘na nuvità!

E passo ora  ad esemplificare  le necessarie  crasi con uso del circonflesso in talune voci verbali e segnatamente  in quelle del verbo avé(avere) di cui la 2ª pers. sg. dell’ind. presente è aje= ài,ma può esser resa con dove la ê è sí la crasi di aje ma necessita dell’aggiunta della consonante diacritica h che permetta di evitare la confusione tra ê= ai/alle/a gli e la voce verbale hê= ài; ancóra la  1ª pers. pl. dell’ind. presente è avimmo= abbiamo,  ma può esser resa  anche con a(v)immo→aimmo oppure âmmo o îmmo che sono crasi di aimmo.
 Non mi sovvengono altri esempi per cui mi fermo qui. Satis est.
R.Bracale

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