lunedì 27 gennaio 2020

ATTONITO, STUPíTO & dintorni


ATTONITO,  STUPíTO & dintorni
L’idea di queste paginette nacque all’indomani d’un mio incontro con l’amico P. G. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome)  al quale contestai il fatto che nella lingua italiana le voci in epigrafe sono spessissimo usate quali sinonimi, essendo ormai invalso l’uso (anche per colpevole neghittosità (per evitar di parlare di ignoranza…) della classe docente) di non far distinzioni e di non insegnare ai discenti che esistono sottili differenze tra i significati dei termini suddetti, differenze che invece esistono e sono sostanziali attesa la graduazione e/o intensità del sentimento o sensazione che accompagna or l’uno or l’altro termine; uguale se non maggiori  la graduazione e/o intensità del sentimento o sensazione che connotano le voci napoletane che ripetono quelle dell’epigrafe. Cercherò con le pagine che seguono di convincere del mio assunto l’amico P. G.  e qualche altro dei miei ventiquattro lettori. Cominciamo con le voci dell’italiano:
attonito/a agg.vo m.le o f.le  moderatamentemente sbalordito, stupefatto, sbigottito, quasi stordito; etimologicamente dal lat. attonitu(m) 'stordito dal tuono'
stupito/a, agg.vo m.le o f.le preso da improvviso stupore; meravigliato, sorpreso; etimologicamente part. pass. del verbo stupíre che è dal lat  stŭpēre con cambio di coniugazione;
allibito/a, agg.vo m.le o f.le sbalordito,ma non sorpreso,sbiancato in volto per la paura; etimologicamente part. pass. del verbo allibíre che è dal  lat. volg. *allivíre, deriv. di livíre 'essere livido';
meravigliato/a, agg.vo m.le o f.le sconcertato,  pieno di meraviglia, stupito e sorpreso;  etimologicamente part. pass. del verbo meravigliare che è un denominale  del  lat.  mirabilia, propr. 'cose meravigliose', neutro pl. sost. dell'agg. mirabilis 'meraviglioso';
sbalordito/a, agg.vo m.le o f.le intensamente  stupefatto, sbigottito, quasi stordito;  etimologicamente part. pass. del verbo sbalordíre che è un denominale di balordo (1 persona sciocca o molto sbadata. 2 (gerg.) delinquente, malavitoso (dal tardo lat. bis→ba + lurdu(s)= zoppicante)) con protesi di una s intensiva1 persona sciocca o molto sbadata: proprio la presenza in posizione protetica della s intensiva (da non confondere con la s protetica dell’italiano dove è distrattiva), che è tipica del napoletano, mi fa sospettare che la parola a margine sia originariamente napoletana nella forma sbalurdito adattata nello sbalordito dell’italiano ;
stupefatto/a; agg.vo m.le o f.le  molto intensamente  sbalordito ,energicamente sbigottito, quasi instupidito da e per gli avvenimenti cui assiste o è compartecipe; è l’aggettivo al culmine della graduazione e/o intensità del sentimento o sensazione espressi dalle varie voci esaminate; etimologicamente part. pass. del poco usuale  verbo stupefare che è dal lat. stupefacere→stupefa(ce)re, comp. del tema di stupíre 'intontire, stupire' e facere 'fare';

Come mi pare d’aver chiarito v’è una graduazione tra i varî termini esaminati che perciò  andrebbero usati scegliendo opportunamente secondo l’intensità del sentimento o sensazione provati senza fare di ogni erba un fascio.
Ma queste sono pedanterie o  sottigliezze che erano  insegnate dai docenti di mezzo secolo fa; quelli di oggi o non le sanno (per non averle colpevolmente apprese) o se ne sono al corrente, se  ne impipano ed evitano di  trasmetterle ai discenti,che d’altra parte non ànno gran voglia o bisogno di apprendere atteso che usano per comunicare non piú l’italiano, ma spesso   lingue straniere, linguaggi da iniziati,  gerghi, slang o argot  e forse il mio dire risulta essere  un inutile parlare al vento. Ma completerò l’argomentare!
Andiamo oltre e passiamo alle voci del napoletano che ordinerò in ordine di graduazione
cunfuso/a, agg.vo m.le o f.le
1 disordinato, messo alla rinfusa: n’ammasso cunfuso ‘e perecoglie(un ammasso confuso di oggetti non identificati)  mescolato ad altri:rummané cunfuso ‘mmiez’â folla( restare confuso fra la folla)
2 vago, indistinto; non chiaro: ‘nu ricordo cunfuso,parole cunfuse(un ricordo confuso; parole confuse); 
3 che prova vergogna o emozione; turbato, imbarazzato: rummanette cunfuso sentennose repigliato(restò confuso di fronte al rimprovero); voce dal lat. confusu(m)→cunfusu(m), part. pass. di confondere→cunfonnere 'confondere';
affuscato/a, agg.vo m.le o f.le
1reso contenutamente  fosco/a,quasi oscurato/a, privato/a della lucentezza o della trasparenza e dunque abbebbiato/a, reso/a confuso/a e privato/a del discernimento chiaro; anche nella forma intr. pron. farse, addeventà affuscato (farsi, diventare fosco): ‘o cielo s’è affuscato; ll’aria se sta affuscanno(il cielo si è offuscato; l’aria si sta offuscando.)2 sbalordito/a, senza parole, per qualche moderata impressione che colpisca l’animo: essere affuscato per lo stupore, per lo spavento;
etimologicamente la voce è il part. pass. di affuscà← dal lat. tardo *affuscare←ab-fuscare collaterale di   offuscare, deriv. di fuscus 'fosco, scuro,confuso';
alleccuto/a,- alluccuto/a,  agg.vo m.le o f.le blandamente stordito/a, frastornato/a, intontito/a, istupidito/a, stranito/a, disorientato/a come colui/colei che sia stato sgridato in maniera veemente e ne sia rimasto confuso/a, inebetito/a, smarrito/a,etc. etimologicamente la voce è costruita sia pure adottando un suffisso  da part. pass) sul s.vo allucco= grido che a sua volta è lat. tardo alucus, ulucus e uluccus (di origine onomatopeica) che di per sé è l’allocco (uccello rapace notturno con occhi grandi e rotondi, piumaggio bruno, coda corta e arrotondata (ord. Strigiformi)) del quale per sineddoche del suo verso stridente si ricavò  la voce lapoletana allucco= grido; rammento che l’autentico part. pass. che rende in napoletano lo sgridato dell’italiano è alluccato  dall’inf. alluccà  = gridare, urlare[dal lat. volg. *adloquicare→alloq(ui)care→ alloccare→alluccà intensivo di loqui];
maravigliato/a, agg.vo m.le o f.le meravigliato/a, contenutamente agitato/a, ma non  inquietato/a, scombussolato/a, preoccupato; etimologicamente la voce è costruita (sia pure adottando, come per la voce precedente, un suffisso  da part. pass) sul s.vo maraviglia= meraviglia;
‘mpressiunato/a, agg.vo m.le o f.le  moderatamente scosso, turbato, spaventato; etimologicamente part. pass. del verbo ‘mpressiunà che è un denominale di ‘mpressione  dal  lat.  impressione(m)→’mpressione, deriv. di impressus, part. pass. di imprimere 'imprimere'*allivíre, deriv. di livíre 'essere livido';
sturduto/a, agg.vo m.le o f.le  molto sbalordito, intontito, frastornato, quasi privo di sensi, tramortito; etimologicamente part. pass. del verbo sturdí=stordire, frastornare, intontire; sturdí è  un deriv. di tordo, nel senso fig. di 'uomo semplice, balordo', col pref.intensivo s-;
stuóteco/stòteca,  agg.vo e s. m.le o f.le  letteralmente ( con derivazione etimologica da un incrocio delle voci latine stu(ltum) + (idio)ticu(m) è lo/a stolto/a,il/la rimbambito/a, lo/la stordito/a inveterati  e per ampliamento semantico l’ignorante, l’idiota, il/la rozzo/a;

stunato/a, agg.vo m.le o f.le chi è messo o si trova  in uno stato di grande  apprensione e di turbamento al segno di apparire turbato, sconcertato, confuso; in primis la voce a margine 1 si dice di persona che stona, che è poco intonata; di strumento, che è male accordato, che non à l'intonazione giusta; di nota, che è eseguita fuori tono; (fig.) una cosa non opportuna, fuori luogo 2 (fig.) che non si armonizza col resto; e sempre figuratamente poi  vale quanto ò indicato in prima battuta;  etimologicamente part. pass. del verbo stunà= stonare, poi stordire, frastornare, intontire; stunà nell’accezione che ci occupa  è per influsso dal fr. étonner 'stupire', dal lat. volg. *extonare : l’ ex à dato il pref.intensivo s-;

stupetiato/a, agg.vo m.le o f.le istupidito, intensamente turbato intontito, stordito etimologicamente part. pass. del verbo stupetià= istupidire, poi stordire, frastornare, intontire stupetià  è un adattamento dal lat.volg.*stupitare collaterale del class.stupíre;
spantecato/a, agg.vo m.le o f.le agitato, scosso, inquieto, preoccupato, molto intensamente turbato addirittura intontito, stordito per cause le piú varie dal dolore fisico e/o morale, all’amore;  etimologicamente part. pass. del verbo spantecà = spasimare, poi stordire, confondere, disorientare, stordire;  spantecà   è  da un  lat.volg.*ex-panticāre risalente al s.vo pantex -icis;

 ‘nfanfaruto/a, agg.vo m.le o f.le eccessivamente confuso, intontito , inebetito, stranito, smarrito, frastornato e per ampiamento semantico anche adirato, arrabbiato, irato, infuriato, alterato, stizzito, irritato; Etimologicamente si tratta di voce denominale del s.vo ‘nfanfaro(= sciocco, stolto, deficiente, imbecille, scimunito)  voce ottenuta   partendo da un in→’n illativo + il s.vo fanfaro = fanfarone, smargiasso, millantatore etc.  che è a sua volta dallo spagnolo fanfarrón con tipica riduzione della erre come càpita ad es. nell’italiano caricare che è dal lat. *carricare (da carrus): il napoletano carrecà conserva invece la doppia di *carricare;


 ‘nzallanuto/a, agg.vo m.le o f.le eclatantemente confuso/a, stordito/a, intontito/a sino a non connettere piú. Per entrare nel merito della voce a margine è giocoforza  ch’io mi soffermi sui verbi ‘nzallaní e ‘nzallanirse, dei quali il secondo rappresenta la forma riflessiva del primo, verbi che  entrarono ed ancóra    entrano nel comune parlato partenopeo soprattutto nella forma di participio passato aggettivato ‘nzallanuto/a  e spessissimo in unione con i sostantivi viecchio e vecchia: viecchio ‘nzallanuto, vecchia ‘nzallanuta nei significati di confondere/ confondersi, stordire/stordirsi, intontire/intontirsi  e dunque, come ò detto, eclatantemente  confuso/a, stordito/a, intontito/a, che spesso icasticamente  riproducono l’atteggiamento ed il comportamento di persone avanti negli anni, persone che si mostrano, in quasi tutte le occasioni distratti ed addirittura talora rimbambiti. I verbi in esame in senso transitivo, come si evince, si riferiscono alle malevole azioni di coloro che con il loro fastidioso agire intralciano l’altrui vivere inducendo gli altri in confusione, in istordimento,   in intontimento e/o distrazione tali da indurre in errore (cfr. Statte zitto ca me staje ‘nzallanenno!= Taci ché mi stai frastornando!), mentre usati in senso riflessivo raccontano la confusione, lo stordimento l’intontimento  in cui incorrono spontaneamente soprattutto le persone anzione  che usano mostrarsi anche coscientemente e per cattiva volontà, distratti, disattenti, frastornati quasi gloriandosi di questo loro status  che ritengono ineludibile e di pertinenza della loro età avanzata. Ma spesso si tratta di un atteggiamento di comodo!
Ciò detto veniamo a trattare della questione etimologica dei verbi da cui trae il part. pass. a margine.
La faccenda non è delle piú tranquille; una prima scuola di pensiero (cui peraltro aderisce accanto ad Antonio Altamura,  anche l’amico prof. Carlo Iandolo)   mette in relazione i verbi ‘nzallaní – ‘nzallanirse con il verbo latino insanire (impazzire – perdere i lumi) che avrebbe generato (attraverso l’inserimento di una non spiegata o chiarita   sillaba lu) *insalunire  donde per metatesi sillabica, aferesi iniziale, cambio ‘ns→’nz e raddoppiamento espressivo della l→ll ‘nzallanire. Ipotesi interessante ma, tutto sommato, morfologicamente molto tortuosa. Trovo forse piú perseguibile l’etimo proposto dall’altro amico l’  avv.to Renato de Falco  che alla medesima stregua del fu (parce sepulto!) prof. Francesco D’ Ascoli pensa di collegare i verbi in epigrafe con  il greco selenizomai= esser lunatico e dunque stordito, confuso ed inebetito , oppure al verbo  zalaino di significato simile al precedente;l’amico de Falco fa anche  di piú e collega al greco zalaino  anche l’aggettivo sostantivato partenopeo zallo  che è lo sciocco,l’inesperto,  il credulone in ispecie se anche innamorato di una donna di piccola virtú.
Per ciò che riguarda i verbi in esame mi pare di potere accettare l’ipotesi di De Falco e di D’Ascoli; ma per quanto riguarda la voce zallo sono di diverso parere e cioè che il vocabolo zallo,  sia o possa essere   corruzione di tallo (che è dal lat. thallus, forgiato sul greco tallòs; di per sé il tallo è il germoglio, la talea, la giovane foglia tenera , il virgulto che semanticamente ben potrebbe, per traslato, indicare con la sua tenera inconsistenza, la accondiscendenza credula dell’inesperto zallo;morfologicamente ci saremmo in quanto è pacifico il passaggio del lat th al nap. z (cfr. thia→zia),
tuttavia mi sento di poter formulare anche  un’altra ipotesi per la voce zallo  ipotesi che espongo qui di sèguito.
 Atteso che con il termine zallo (aggettivo sostantivato) nella parlata  napoletana  si intese ed ancóra si intende il babbeo, l’allocco, lo stupido credulone,  occorre rammentare che le medesime accezioni le à la voce zanno che ripete in napoletano il termine italiano zanni equivalente di Giovanni  famoso personaggio della commedia cinquecentesca bergamasca dove lo zanni/Giovanni  era il servo sciocco e credulone; di talché non è azzardato ipotizzare una rilettura popolare di zanno diventato zallo  con sostituzione (magari a dispetto di qualche norma che presiede la linguistica!) delle nasali nn con le piú comode ll.
Ultimissima ipotesi è poi  che zallo (=babbeo, allocco,  stupido credulone) usato spessissimo in riferimento (cfr. R. Viviani) ad un graduato tutore della legge, ad uno sbirro intesi sempre sciocchi, stupidi  e creduloni (ibidem: ‘o zallo s’ammocca= lo sciocco sbirro  prende per buona… una fandonia ), possa essere corruzione di comodo di un originario zaffio o zaffo che con derivazione dall’iberico zafio  vale uomo violento, sbirro, ma non è da escludere un collegamento ad un lat. med. zaffo= servitore all’ordine d’un magistrato (sbirro?).
Da zaffo  a zallo il passo non è lungo, come potrebbe non esserlo  (con buona pace dei linguisti) quello da zanno a zallo!

catarchio s.vo m.le e solo m.le: non è attestato un s.vo f.le catarchia babbeo, sciocco, debole, stolto, rimbambito,  stordito  indebolito,vecchio decrepito e (come tale) stordito, inebetito, frastornato; etimologicamente lasciando da parte ogni altra ipotesi poco convincente penso si debba aderire all’idea del Rohlfs che lesse nel s.vo a margine il greco katárchaios= molto vecchio;
’ncatarchiato, agg.vo m.le e solo m.le: non è attestato, quantunque possibile un f.le’ncatarchiata e ciò forse perché il s.vo precedente da cui deriva l’aggettivo a margine, è s.vo solo maschile; l’aggettivo a margine vale sciocco, debole, stolto, rimbambito,  stordito,  indebolito stordito, inebetito, frastornato sbigottito, avvilito;
 smarrizzato/a agg.vo m.le o f.le à i medesimi significati del precedente ‘ncatarchiato,  ma piú intensivamente rappresentati ed è l’aggettivo da porre al culmine di un’ipotetica scala  di graduazione e/o intensità del sentimento o sensazione che connotano le voci napoletane che ripetono quelle dell’epigrafe;  etimologicamente part. pass. del verbo smarrizzà(rse)=soffrire il mar di mare, poi stordir(si), frastornar(si), intontir(si); smarrizzà(rse)=è  un calco dello spagnolo marearse di uguale significato, col pref.intensivo s-: tipico il passaggio di rs→rz  come tipico e il raddoppiamento espressivo della consonante liquida vibrante   della seconda sillaba.
Qui giunto penso d’aver chiarito ad abundantiam  il mio assunto all’amico P. G. ed a qualche altro dei miei ventiquattro lettori e penso perciò di poter porre il punto fermo a queste numerose paginette. Satis est.
Raffaele Bracale


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