giovedì 30 gennaio 2020

CAFONE




CAFONE

Cafone s.m.  [f. -a] altra  voce di accertata culla napoletana ed in genere meridionale (cfr. siciliano e calabrese: cafuni  oltre l’identico cafone partenopeo) , pervenuta poi nel lessico nazionale ad indicare il  contadino, il provinciale, il bifolco e per estensione la  persona villana, zotica, maleducata: comportarsi da cafone. dim. cafoncello
 come agg.vo  che/chi  è maleducato, villano o che/chi denota un gusto volgare: un individuo cafone; una cravatta cafona. Come ò detto la voce di nascita fu campana e come riportato da tutti i dizionari della parlata  napoletana con il termine cafone si intende il villano, lo zotico,il contadino; interessante nel napoletano la distinzione tra  ‘o cafone sic et simpliciter usato per indicare il villano, il contadino, il bifolco proveniente dalla provincia napoletana, e ‘o cafone ‘e fora usato per indicare il villano, il contadino, il bifolco, piú spesso il montanaro provenienti da altre province campane e/o meridionali. In italiano non esiste distinzione di sorta e non v’ànno problemi in ordine alla definizione di cafone. Il problema sorge quando si comincia a congetturare intorno all’etimologia della parola..Ci sono numorose opinioni : in primis quella che, partendo da scritti di Cicerone(Filippiche ed altro), la riallaccia ad un nome personale di origine osca: CAFO riferito con tono spregiativo ad un uomo incolto e villano; qualche altro congettura una derivazione della voce dal  nome di un centurione romano (Cafo, I sec. a. C.), a cui sarebbero stati elargiti dei fondi nell'agro campano;  altra opinione è quella che riallaccia il termine cafone al verbo osco( verbo la cui esistenza, peraltro, non è provata) *kafare= zappare.Segnalo infine la proposta (che mi pare migliore di altre ed alla quale mi sento di aderire, mettendo via una mia precedente idea),proposta che è dell’amico  prof. Carlo Jandolo, (per altro  ripresa   da una pregressa del suo maestro G.Alessio), che collega la parola cafone al greco: skaphèus, collaterale di skapaneus= contadino, zappatore.
Escludo altresí,   in quanto da ritenersi leggende metropolitane, le idee che cafone possa derivare dal fatto che gli abitanti dell’entroterra o della piú remota provincia onnicomprensivamente detti cafune, giungendo in città,vi camminassero legati gli un gli altri con una fune,per evitare di perdersi  o l’altra idea che fossero detti cafune gli abitanti dell’entroterra o della piú remota provincia che venissero in città ad acquistare bestiame e vi giungessero armati di fune per legare e tirar via le bestie comprate.
Ciò annotato passo a riportare   indicare quella che per un qualche tempo, precedentemente  fu  la mia diversa opinione  che si fondò  sul fatto che, storicamente, nel tardo ‘800 ed ai  principi del ‘900 eran definiti, nel parlar comune,cafoni non solo gli zappatori, i villani e consimili, ma estensivamente un po’  tutti gli abitanti o i nativi dei paesini dell’entroterra campano, paesini arroccati sui monti ,-come quelli del sannio- beneventano, del casertano  o dell’ alta Irpinia -  difficili da raggiungere e chi li raggiungeva con carrozze, carretti (sciaraballe e/o traíni) aveva bisogno di aiuto per  ascendere fino al paese propriamente detto. A tale bisogna provvedevano nerboruti paesani che scendevano incontro ai visitatori , ed erano  armati di robuste funi con le quali aiutavano nell’ascensione le persone bisognose d’aiuto.Tali paesani erano indicati con la locuzione “chille cu ‘a fune o chille c’’a fune “ id est: quelli con la fune. Da c’’a fune a cafune il passo è breve ed opinai per un poco che fosse  ipotizzabile che con esso termine cafune si indicassero tutti gli abitanti dell’entroterra o della piú remota provincia. Cafune è comunque un plurale; ed opinai che  Il singolare cafone  si fosse formato successivamente tenendo presente i consueti fenomeni metafonetici della parlata napoletana alla stregua di guaglione che al plurale fa guagliune.
Oggi, come ò già detto e qui ribadisco ,convengo che la  mia non fosse un’ idea propriamente scientifica potendo  apparire addirittura  un’ipotesi paretimologica,tuttavia penso che, in mancanza di acclarate certezze, a chiunque è consentito percorrere strade impervie, salvo alla fine, ravvedersi e cambiare opinione, come ò fatto io abbracciando l’idea Alessio/Iandolo.
A margine di tutto analizzo due interessanti voci incontrate:
sciarabballe  s.vo m.le pl. di sciarabballo= carro aperto con sedili per trasporto di passeggieri, usato soprattutto in provincia in sostituzione delle carrozze (vetture passeggieri  riparate da un  soffitto e da cortine di stoffa). Dal fr. char a bancs = carro con banchi.
Traíni  s.vo m.le pl. di traíno = carro aperto con sponde alte usate per il trasporto, effettuato con animali da tiro, di merci  e talora come mezzo di fortuna usato per il trasporto di  passeggieri, usato soprattutto in provincia; deverbale del lat. volg. *traginare, deriv. di *tragere, per il class. trahere 'trarre'
Raffaele Bracale  

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