12 DATATE ESPRESSIONI
1.FÀ CACÀ L’UVA, L’ACENO E ‘O
STREPPONE.
Ad litteram: far
defecare il grappolo d’uva, gli acini(vinacciuoli) ed il raspo
relativi.Locuzione, spesso usata sotto forma di minaccia: te faccio cacà ll’uva, ll’aceno e ‘o streppone (ti faccio defecare la pigna d’uva, i singoli
acini(vinacciuoli) ed il raspo) con la quale si significa l’azione violenta di chi costringa o intenda costringere un ladro o anche solo
un profittatore a restituire tutto il
mal tolto, e cioè pretenda di farsi
restituire, sia pure sotto forma di feci, non solo la pigna d’uva che gli sia
stata sottratta, ma addirittura i singoli acini
e persino ad abundantiam il vuoto raspo che non viene mangiato, ma che
si intende far restituire da digerito.La minaccia estensivamente poi viene usata
nei confronti di chiunque (adulti e/o bambini) siano messi in condizione di
dover esser severamente puniti per eventuali malefatte trascorse.
cacà= cacare,
defecare voce verbale infinito
derivata dal lat. cacare= andar di corpo;
uva = uva, il frutto
della vite, costituito da un grappolo composto di acini: dal lat. uva(m) nell’espressione in epigrafe vale grappolo
di uva che
a Napoli più spesso è detto pigna d’uva per
la forma a cono rovesciato vagamente
simile al frutto conico delle conifere,
costituito da squame legnose che nascondono i semi (pinoli);
aceno= acino, chicco
dell’uva o di frutta similare dal
latino acinu(m); in napoletano con il
termine a margine non si intende però solo il vero e proprio acino/chicco
d’uva, ma anche il vinacciuolo e cioè ciascuno dei semi che si trovano in un
acino d'uva; il fiocine che molti,
mangiando un grappolo d’uva, evitano di ingoiare e sputano via, per cui sarebbe
poi difficilissimo renderlo digerito, atteso che non viene mangiato ; la medesima
cosa avviene anche con lo
streppone= raspo,
grappolo di uva privo dei chicchi, gambo, fusto di fiori recisi; la voce
etimologicamente è dal lat. stirpe(m) attraverso
un accrescitivo *sterpone(m) con
metatesi e raddoppiamente espressivo della p→pp.
2.VA’ FÀ LL’OSSE Ô
PONTE
Letteralmente: vai a
racimolare le ossa al ponte. Id est: mandare qualcuno a quel paese.Infatti
la locuzione suona pure: mannà ô ponte, con il medesimo significato.
Un tempo a Napoli
presso il ponte della Maddalena, già ponte Licciardo esisteva un macello
dove il popolo si recava ad acquistare le carni delle bestie macellate. I meno abbienti si accontentavano di prelevare
gratis et amore Dei le ossa usate per preparar economici brodi, per cui
spingere qualcuno a fare le ossa al ponte significa augurargli grande miseria. La medesima
accezione vale per la locuzione mannà
ô ponte; tenendo presente che questa seconda locuzione la si usa nei
confronti di uomini attempati e un po’ rovinati dagli acciacchi e dall’età ecco
che essa locuzione à una valenza un po’ piú amara giacché la si rivolge a
chi - probabilmente - non à la capacità
di ripigliarsi ed è costretto a subire fino in fondo gli strali dell’avversa fortuna.
3.FÀ ‘E UNO TABBACCO P''A PIPPA.
Letteralmente: farne di uno tabacco per pipa. Id est ridurre a furia di percosse qualcuno talmente a mal partito al punto da trasformarlo, sia pure metaforicamente, in minutissimi pezzi quasi come il trinciato per pipa. |
4.FÀ CARNE 'E PUORCO Ad litteram: far carne di porco; id est:trarre il massimo del profitto, lucrare oltre il lecito o consentito, come chi si servisse della carne di maiale del quale, è noto, non si butta via nulla... |
5.FÀ 'O PARO E 'O
SPARO
Ad litteram: fare a pari e dispari; id est:tentennare, non prendere decisioni, essere eternamente indecisi ed affidar tutto, per non assumer responsabilità, all'alea della sorte 6.PAVÀ O FÀ PAVÀ ‘E PERACOTTE Letteralmente: pagare o far pagare le pere cotte. Presa nel suo significato letterale, l’espressione a margine significa ben poco e va da sé che occorre, per intenderla, andare alla ricerca di un qualche nascosto significato. Comincio col sottolineare che il verbo pavà = pagare dell’epigrafe – cosí come letteralmente tradotta - non può essere inteso nel comune senso di corrispondere una somma di denaro per beni acquistati, servizi ricevuti, obbligazioni contratte e sim. cosí come normalmente è inteso il verbo pavà = pagare che dal lat. pacare 'pacificare'e cioè porre in pace cioè mettere in parità prestazione e controprestazione (da notare che la consonante etimologica c, occlusiva velare sorda,come la corrispondente occlusiva velare sonora g, nel napoletano divengono spesso (sia pure non sempre) v (come in fravula che è da fragula(m) con consueta alternanza partenopea della c o della g con la v o altrove al contrario della v con la g come ad es in guappo che è dal latino vappa; cfr.anche volpe/golpe, vunnella/gunnella, vongola←concula etc. ;) quella v che è invece la consonante fricativa labiodentale sonora che nel napoletano di solito si alterna con la b consonante occlusiva bilabiale sonora) dicevo che il verbo pagare deve essere qui inteso nel senso estensivo e figurato di temere, scontare, espiare; l’espressione in effetti vale, nel suo significato recondito: temere, oppure minacciare di andare incontro o somministrare severe punizioni o anche sopportare o far sopportare spiacevoli conseguenze di malefatte proprie o altrui. Proprio in ragione di tale interpretazione, la scuola di pensiero piú comune interpreta sbrigativamente, ma – a mio avviso – poco convincentemente il termine peracotte= pere cotte nel non meglio chiarito senso di percosse , atteso che non vedo (se si eccettua un tenue ed inconferente bisticcio fonetico…) cosa possa mettere in rapporto una squisitezza gastronomica quale le pere in giulebbe, con l’amarezza delle percosse .A mio avviso, pur non mutandosi il significato nascosto dell’espressione in epigrafe che sta per temere, oppure minacciare di andare incontro o somministrare severe punizioni o anche sopportare o far sopportare spiacevoli conseguenze di malefatte proprie o altrui, il termine peracotte non deve intendersi come agglutinazione di pere cotte, quanto come corruzione della voce peraconne = ippericon pianta medicinale, nota anche con il nome di erba di san Giovanni con proprietà astringenti e/o decongestionanti . Mi sembra che accogliendo tale proposta si possa innanzi tutto restituire il significato primo al verbo pavà=pagare nel senso che l’espressione a margine sostanzierebbe piú chiaramente la situazione incresciosa o di chi si trovasse, per problemi di salute, costretto a far ricorso all’acquisto di medicinali derivati dalla pianta di ippericon (che,come chiarisco qui di sèguito dà l’etimo a peraconne) o la ancóra piú incresciosa situazione di colui cui siano stati indotti problemi di salute da parte di chi lo metta nella condizione di ricorrere all’acquisto di medicamenti, facendogli pagare ‘e peracotte= peraconne (medicine derivate dall’ippericon.); dal punto di vista etimologico rammento che in napoletano le parole derivate da voci straniere terminanti per consonante di solito comportano il raddoppiamento espressivo della consonante e la paragoge di una vocale finale semimuta;non esistono quasi eccezioni a questa regola: rammento appena le voci sanfrasòn/zanfrasòn o sanfasòn = alla carlona, voci che sono corruzione del francese sans façon (senza misura) e sono tra le pochissime, se non quasi uniche voci del napoletano che essendo accentate sull’ultima sillaba si possono permettere il lusso di terminare per consonante in luogo di una consueta vocale evanescente paragogica finale (e/a/o) e raddoppiamento della consonante etimologica: normalmente in napoletano ci si sarebbe atteso sanfrasònne/zanfrasònne o sanfasònne come altrove barre per e da bar o tramme per e da tram e come è successo qui che da ippericon si è pervenuti a (ip)peraconne.
7.FÀ PALLA CORTA
Ad litteram: fare la
palla corta Id est: mancare il
fine prefissato, non giungere al risultato
per avere errato nel conferire
la forza necessaria affinché si potesse raggiungere lo scopo; con altra
valenza riferito ad uno che infastidisca, vale: con le tue richieste e/o parole non otterrai nulla di ciò che vuoi:
non sei convincente, né induci a
prestarti fede e/o aiuto! La
locuzione è mutuata dal giuoco
delle bocce o del bigliardo, giochi
nei quali la biglia (palla) messa in giuoco può mancare di raggiungere il punto voluto e risultare corta se, per conclamata imperizia, nel lanciarla il giocatore non vi à
impresso la necessaria e giusta spinta.
Palla s.vo f.le 1 corpo di forma sferica: una palla di ferro,
di marmo, di vetro, di neve ' le palle degli occhi,
(fam.) i globi oculari | palla di lardo, di grasso, (fig.)
persona molto grassa.
2 sfera di gomma, cuoio, legno o altro materiale, con cui si gioca: palla di biliardo, da tennis; giocare a palla | battere la palla, nel tennis e in altri giochi, iniziare a giocare | palla-goal, nel calcio, palla che può essere con facilità inviata in rete ' prendere, cogliere la palla al balzo, (fig.) sfruttare al volo un'occasione propizia ' essere, sentirsi in palla, (fig.) in forma, in giornata buona
Voce dal long. *palla
con medesima radice di balla
Corta agg.vo f.le1 di
poca lunghezza o di lunghezza inferiore al normale: la via più corta per
arrivare; capelli (tagliati) corti; armi a canna corta; calzoni,
pantaloni corti, al di sopra del ginocchio; maniche corte, sopra
il gomito; mi va, mi sta corto, si dice di indumento che non
raggiunge la misura giusta, soprattutto delle gambe e delle braccia | palla
(tirata) corta, che non arriva a destinazione | andare per le corte,
sbrigarsi, venire al dunque | venire alle corte, concludere qualcosa
in fretta; alle corte!, veniamo al sodo! | l'ultimo a comparir fu
gamba corta, (scherz.) si dice a chi arriva per ultimo.
2 che non dura a lungo; breve, conciso: una visita corta, una risposta corta | settimana corta, settimana lavorativa di cinque giorni, da lunedì a venerdì 3 (estens.) insufficiente, scarso, poco dotato
Voce da un lat. *curta(m)
marcata sul m.le curtu(m).
tavano anche chi aveva partecipato alla cerimonia
funebre.
8.FÀ SCENNERE 'NA COSA DA 'E CCOGLIE 'ABRAMO.
Letteralmente: far discendere una cosa dai testicoli d'Abramo. Ruvida locuzione partenopea che a Napoli si usa a sapido commento delle azioni di chi si fa eccessivamente pregare prima di concedere al richiedente un quid sia esso un'opera o una cosa lasciando intendere che il quid richiesto sia di difficile ottenimento stantene la augusta (che in realtà è falsa) provenienza.
coglie
s.vo fem.le pl. di coglia = testicolo derivato dal
lat. volg. *colea(m); la voce coglia con il suo plurale coglie è attestata nel parlato
popolare della città bassa come alternativo di coglione e del pl. metafonetico
cugliune usati piú spesso
come voci offensive
AbramoAvraham,
"Padre di molti popoli";è il primo patriarca dell'Ebraismo,
del Cristianesimo
e dell'Islam.
La sua storia è narrata nel Libro della Genesi ed è ripresa nel Corano.
Secondo Gen17,5
il suo nome originale Avram, poi cambiato da Dio in Avraham; è considerato
dall’Islam antenato del popolo arabo, attraverso Ismaele.
L'Ebraismo, il Cristianesimo e l'Islam
(détte religioni abramitiche) proclamano tutte
una loro presunta discendenza comune
da Abramo.
Non esistono tuttavia altre testimonianze storiche della sua esistenza indipendenti dalla
Genesi, quindi non è possibile sapere se fu una reale figura storica. Se lo
fu, visse tra il ventesimo ed il XIX secolo a.C.
L’episodio piú significativo riguardante la vita di Abramo si riferisce alla
richiesta fattagli da Dio di sacrificargli l’unico figlio Isacco generato ad
Abramo in vecchiaia da sua moglie Sara. Abramo, seppur a malincuore, accettò.
Mentre legava Isacco per il sacrificio, però, apparve un angelo
che gli disse di non far male a suo figlio e che Dio aveva apprezzato la sua
ubbidienza, benedicendolo "con ogni benedizione".
9.FÀ LL’AMICO E ‘MPRENÀ ‘A VAJASSA.
Ad litteram: fare l’amico ed ingravidare la serva id est: comportarsi da “doppiogiochista”, da
falso amico come chi , atteggiandosi ad amico, frequenti una casa ed in luogo di ricordi
amicali lasci la fantesca di casa ingravidata, profittando della libertà che si usa
concedere agli amici.
amico = amico,animato
da amicizia, benevolo agg.vo e s.vo
m.le dallat. amicu(m), deriv. di amare
‘mprenà= ingravidare, render pregna voce verbale infinito dal lat. tardo impraegnare
'rendere gravida', comp. di in illativo e un deriv. del lat. volg. *praegnu(m),
che diede il napoletano prena=
ingravidata;
vajassa = serva, fantesca Etimologicamente il
termine vajassa è dalla voce araba
baassa pervenutaci attraverso il francese bajasse: fantesca,
donna rozza e un po’ sporca, ed estensivamente donna del popolo villana e
gridanciana; dalla medesima voce bajasse il toscano trasse bagascia = meretrice.
10.FÀ ‘A FATICA D’’E PRIEVETE.
Ad litteram: fare il lavoro dei preti. Id est: fare
un’attività tranquilla e non impegnativa
quale, ingiustamente, si riteneva ed ancóra si ritiene che fosse
e sia quella svolta dai sacerdoti al segno che, altrove si dice che si ‘a fatica fosse bbona ‘a faccesro ‘e
prievete (se il lavoro fosse una cosa buona, lo farebbero i preti).
Fatica s. f. sinonimo di lavoro, impegno quantunque di
per sé il termine fatica connoti il semplice lavoro, ma uno sforzo fisico o intellettuale che genera stanchezza,
quella che nasce da un'attività fisica
o psichica troppo intensa o prolungata; l’etimo è dal lat. volg. *fatiga(m), deriv. di fatigare
'prostrare, stancare';
prievete s. m. plurale metafonetico di prevete: prete,presbitero,
sacerdote, uomo consacrato, addetto al culto,
che abbia ricevuto il sacramento dell’ordinazione; etimologicamente il
napoletano prevete da cui poi per sincope della sillaba
implicata ve si è
probabilmente formato il toscano prete
è dal tardo latino presbyteru(m), che è dal greco presbyteros, propriamente: piú
anziano; cfr. presbitero;
la via seguíta per giungere a prevete partendo da
presbyteru(m) è la seguente: presbyteru(m)→pre’bytero/e→prebeto/e→preveto/e;
11.FÀ TRE FFICHE
NOVE ROTELE
Letteralmente: fare con tre fichi nove rotoli.
Con l'espressione in epigrafe, a Napoli si è soliti
bollare i comportamenti o - meglio - il vaniloquio di chi esagera e si ammanti di meriti che non possiede, né
può possedere.
Per intendere appieno la valenza della
locuzione occorre sapere che il rotolo era una unità di peso del Regno delle
due sicilie corrispondente in Sicilia a gr.790 mentre a Napoli e suo
circondario, 890 grammi
per cui nove rotole corrispondevano a Napoli a circa 8 kg. ed è impossibile che
tre fichi (frutto, non albero) possano arrivare a pesare 8 kg. Per curiosità storica
rammentiamo che il rotolo, come unità di peso, ancora oggi è in uso a Malta,
che prima di divenire colonia inglese apparteneva al Regno delle Due Sicilie.
Ancora ricordiamo che il rotolo deriva la sua origine
dalla misura araba RATE,trasformazione a sua volta della parola greca LITRA,
che originariamente indicava sia una misura monetaria che di peso; la LITRA divenne poi in epoca
romana LIBRA (libbra)che vive ancora in Inghilterra col nome di pound che
indica sia la moneta che un peso e come tale corrisponde a circa 453,6 grammi,
pressappoco la metà dell'antico rotolo napoletano.
12.FÀ FETECCHIA:
I l termine in epigrafe ha un variegato ventaglio di significati
nella lingua napoletana, ma tutti riconducibili al primario significato di vescia,
scorreggia non rumorosa, scoppio silenzioso simile a quello del fungo che
giunto a maturazione esplode silenziosamente emettendo le spore; col termine
fetecchia , restando nell’ambito della silenziosità,viene indicato altresì lo
scppio non riuscito di un fuoco d’artificio, e più in generale un qualsiasi
fallimento o fiasco di un’operazione non giunta a buon fine
Per
ciò che attiene l’etimologia, tutti concordemente la fanno risalire al latino
foetere nel suo significato di puzzare – tenendo prersente il primario
significato di fetecchia, ma anche negli altri significati c’è una sorta di non olezzo che pervade la parola.e la
riconduce al foetere latino.
Brak
|
Nessun commento:
Posta un commento