CÈRA, CÉRA &
dintorni
L’amica T.M. (al solito, motivi di riservatezza mi impongono
di riportar solo le iniziali di nome e
cognome di chi mi scrive per sollecitar ricerche), rimasta colpita
dall’espressione “M’à fatto ‘na cèra!”pronunciata
con aria dispiaciuta e/o compunta mi à chiesto di spiegarla soffermandomi sui
tempi e usi dell’espressione, nonché su significato ed etimo del s.vo f.le
cèra. L’accontento súbito
dicendole che l’espressione napoletana in esame potrebbe esser resa nella corrispondente dell’italiano
“Mi à fatto una céra” id est, con
valenza negativa: Mi à lanciato un
occhiataccia,mi à guardato come per ammonirmi,
per richiamarmi, riprendere, rimproverare; o anche, ma con valenza positiva: Mi à lanciato un occhiata compiaciuta ,mi à guardato come per farmi un
complimento,compiacersi della mia avvenenza per elogiare, encomiare, lodare
. Ò usato il condizionale perché in realtà nell’italiano il s.vo céra (stupido, inutile,erroneo,
scorretto adattamento del napoletano cèra e ne vedremo il perché... ) non è
usato da solo in senso compiuto in valenza negativa o positiva – come invece càpita con il napoletano – ma esige sempre d’ essere accompagnato da un aggettivo
che ne specifichi il senso positivo o negativo: fare una buona/cattiva céra. Il napoletano pur ammettendo
costruzioni del tipo fà ‘na bbona/mala cèra (fare una buona/cattiva
céra), non si sente vincolato dagli aggettivi e secondo il contesto o il
modo con cui vien pronunciata l’espressione esclamatoria “Mi à
fatto una céra!” ellittica di aggettivi fa sí che essa assuma da sola
significato positivo o negativo, sebbene il piú delle volte, nel parlato
comune, sia usata in senso negativo. Da
quanto détto se ne ricava che sulla bocca di chi la pronuncia, indirizzata ad
adulti o adolescenti,l’espressione può assumere carattere di encomio o di
biasimo secondoché venga riportata con toni e modi garbati o dispiaciuti.In
italiano la cosa non è possibile ed occorre sempre accompagnare il s.vo céra da
un aggettivo che dia all’espressione il significato voluto: positivo o negativo.Per
esemplificare dirò che un adolescente che con aria dispiaciuta dicesse: Mammema m’à fatto ‘na cèra!(Mia madre mi
à fatto una céra!) vorrebbe certamente dire che la mamma gli à lanciato
un’occhiataccia di rimprovero e/o di ammonimento;in italiano per significar la
medesima cosa non sarebbe sufficiente esclamare: Mia madre mi à fatto una céra!, ma
occorrerebbe dir: Mia madre mi à fatto una cattiva céra!; al contrario una
avvenente signorina che con aria
soddisfatta comunicasse a’ terzi: Chillu giuvinotto m’à fatto ‘na cèra! (Quel giovanotto mi à fatto una céra)
vorrebbe senza dubbio dire che il giovanotto l’à sogguardata con interesse
lodandone silenziosamente grazie ed avvenenza. La cosa in italiano esigerebbe
l’espressione Quel giovanotto mi à fatto
una bella o buona céra! che chiarisse la portata della guardata.
Giunti qui possiamo ricordare che il s.vo f.le napoletano cèra fa parte di quei tanti altri
termini nati napoletani (ammuina/o,camorra, guaglione, scugnizzo,sfogliatella,
vongola etc. e loro derivati) e poi pervenuti ed accolti
nella lingua nazionale, sebbene nella fattispecie il s.vo originario cèra è stato accolto nell’olimpo
dell’italiano con – mi ripeto - uno stupido,
inutile,erroneo, scorretto cambiamento della vocale tonica che da È
è divenuta É producendo un risibile céra
di cui non si avvertiva la necessità in quanto questo céra di significato analogo al napoletano cèra ( aspetto, espressione del viso: avere una buona, una
cattiva céra, apparire in buona, in cattiva salute; far buona, cattiva
céra, fare buona, cattiva accoglienza) risulta essere omofono ed omografo
di altro s.vo céra (nome generico di sostanze plastiche, fusibili a basse
temperature, di origine animale o vegetale, costituite da esteri di acidi
grassi con alcoli; in partic., la secrezione giallo-bruna delle ghiandole
addominali delle api, con cui esse costruiscono i favi e che è usata per
fabbricare candele, come impermeabilizzante, in farmacia, in cosmetica ecc.)a
che pro cambiar l’accento tonico della parola cèra che evita di per sé
confusione con il s.vo céra or ora illustrato
che etimologicamente è dal lat. círa(m), avvicinabile al gr. kírós.
Diversa è l’etimologia della napoletana cèra che è dal gr. kára 'testa, faccia' che
à anche generato il fr. ant. chiere.
In chiusura rammento che sarò grato a chi riuscisse
convincentemente a spiegarmi il senso di taluni adattamenti operati dall’italiano che si arroga il diritto di
mutare aperte vocali etimologiche per sostituirle con le corrispondenti chiuse
nel provinciale convincimento che una vocale chiusa (É) sia piú consona alla
elegante (?) lingua di Alighieri Dante
della corrispondente
aperta (È) come càpita ad es.
anche con il s.vo nap. fessaria= sciocchezza, stupidata, donde
la toscana fesséria di significato
analogo, dove il toscano trasforma senza motivo
una a etimologica ( fessaria è un derivato di fessa) per adottare una piú chiusa e
( e l’originaria fessaria vien
trasformata in fesseria.
E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito
l’argomento, soddisfatto l’amica T.M., interessato qualcuno dei miei
ventiquattro lettori ed incuriosito chi dovesse leggere queste paginette.
Satis est.
Raffaele Bracale
Satis est.
Raffaele Bracale
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