martedì 4 febbraio 2020

CHE SCIORTA! E CHE MAZZO!


CHE SCIORTA! E CHE MAZZO!
Questa volta faccio sèguito ad  una stimolante richiesta   rivoltami dall’amica B.G. (al solito, motivi di riservatezza mi impongono di  riportar solo le iniziali di nome e cognome di chi mi scrive per sollecitar ricerche) occupandomi delle due icastiche espressioni esclamative partenopee  in epigrafe usate ambedue alternativamente per sottolineare, con un malcelato senso d’invidia, la buona fortuna che accompagna talora l’esistenza altrui.  Tale fortuna si sostanzia talvolta nella buona riuscita di uno o piú accadimenti che  veda coinvolti gli invidiati. Le locuzioni vengono usate  soprattutto quando gli invidiosi mettano a confronto analoghe situazioni che li abbiano visti protagonisti, ma che non abbiano avuto soluzioni positive,utili, feconde, favorevoli, vantaggiose o  valide, quelle che al contrario son occorse a gli invidiati.
Analizziamo singolarmente le espressioni:
Che sciorta!  Ad litteram: Che sorte! Id est: Che (gran, buona) fortuna (à avuto oppure ànno avuto colui/coloro)! Come si vede nella locuzione è sempre  sottinteso  l’aggettivo grande (granna) oppure buona (bbona)    che accompagna il sostantivo f.le  sciorta, s.vo  che [con derivazione dal lat. sorte-m] vale destino, sorte, fortuna la cui valenza positiva (bbona sciorta) o negativa (mala sciorta) è indicata appunto dall’aggettivo che l’accompagna.
Rammento che talvolta l’espressione a margine è usata sarcasticamente per autocommiserarsi  ed in tal frangente va intesa in senso antifrastico: accidenti, che sventura mi è occorsa! 
E passiamo alla piú icastica ancorché becera:
Che mazzo!  che ad litteram vale: Che sedere, che fondoschiena! Anche questa locuzione, per essere intesa al meglio nel suo significato di invidioso commento alla buona fortuna altrui, dovrebbe vedere il sostantivo mazzo addizionato dell’ aggettivo rutto oppure scassato . Indico qui di sèguito  la semantica  dell’espressione e la ragione dell’opportunità di addizionarla dell’aggettivo rutto oppure scassato  il tutto dopo d’aver ricordato che il s.vo.m.le mazzo  di per sé in primis è l’ano e poi per sineddoche il culo, il sedere,il deretano, il complesso delle natiche e dell’ ano  complesso che è tipico degli esseri umani e degli animali quadrupedi di grossa taglia; gli uccelli come il gallo (cfr. alibi)  non son forniti di natiche, ma del solo ano; cionnonpertanto nella locuzione ‘a gallina fa ll’uovo e ô vallo ll’abbruscia ‘o mazzo  esaminata altrove   si  preferisce mantenere la voce mazzo riferito al gallo, voce piú rapida e forse meno volgare di  ‘o bbuco d’’o culo  con cui in napoletano, accanto ad altre voci come fetillo,feticchio,  taficchio, màfaro etc.   si indica l’ano;etimologicamente la voce mazzo è dall’acc. lat. matia(m)=intestino e la voce femminile matiam  è stata poi maschilizzata ed in luogo di dare mazza  à dato mazzo;la maschilizzazione si rese necessaria per scongiurare la confusione tra un’eventuale mazza (ano)   e la mazza (bastone) e si addivenne al maschile mazzo anche tenendo presente che nel napoletano un oggetto (o cosa quale che sia) è inteso, se maschile, piú piccolo o contenuto del corrispondente femminile; abbiamo ad . es. ‘a tavula (piú grande rispetto a ‘o tavulo piú piccolo ),‘a tammorra (piú grande rispetto a ‘o tammurro piú piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande rispetto a ‘o cucchiaro piú piccolo), ‘a carretta (piú grande rispetto a ‘o carretto piú piccolo ); ),‘a canesta (piú grande rispetto a ‘o canisto piú piccolo ), fanno eccezione ‘o tiano che è piú grande de ‘a tiana e ‘o caccavo piú grande de ‘a caccavella; nella fattispecie l’ano, per vasto che possa essere, è certamente piú piccolo d’ un bastone e dunque mazzo l’ano/il sedere  e mazza il bastone.
A margine di questa voce rammento che nel napoletano esiste un omofono ed omografo mazzo  che vale però fascio (di fiori, ortaggi o carte da giuoco) ed à un diverso etimo derivando non  dall’acc. lat. matia(m)=intestino , ma da un nom.  lat. med. macĭus. Quanto alla semantica dell’espressione, essa è  risalente addirittura alle teorie di  Ippocrate di Cos o Kos (Coo, 460 a.C. circa – Larissa, 377 a.C.) medico, geografo e aforista greco antico, considerato il padre della medicina il quale riportando  un’elencazione di alcuni organi del corpo umano ritenuti sede di sentimenti e/o sensazioni rammentò che la memoria risiedesse nel cervello, l’amore nel cuore, il coraggio nel fegato e buon ultima la sorte, il destino nel fondoschiena e nell’inteso greco si ritenne che un sedere sodomizzato fósse titolare di piú ampia fortuna in quanto per i greci antichi la sodomia non fu onta subíta, ma veicolo per ottenere il favore dei facoltosi e dei potenti e pertanto  fósse una comoda via per aggrandire la propria buona fortuna rappresentata da guadagni o favori ricevuti!
Non mi pare ci sia altro da aggiungere per cui mi fermo qui, sperando d’avere accontentato l’amica B.G. ed interessato qualcun altro  dei miei ventiquattro lettori e  chi  forte dovesse imbattersi in queste paginette. Satis est.
Raffaele Bracale

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