ESPRESSIONI IPERBOLICHE NAPOLETANE
Sollecitato dalla richiesta fattami da un caro
amico; P.G.,del quale per problemi di riservatezza posso solo indicare le
iniziali di nome e cognome, amico facente parte della Ass.ne Ex Alunni del Liceo classico G.Garibaldi di Napoli, che
è uno dei miei abituali ventiquattro lettori
e che spesso si sofferma a leggere le mie paginette sparse qua e là,
sollecitato da una sua richiesta mi soffermo ad illustrare valenza e portata di
alcune icastiche iperboli tipiche dell’idioma napoletano iperboli che si
colgono sulle labbra d’ogni autentico napoletano e che non sostanziano (lo dico
súbito!...) mai una bestemmia, mancando in chi
usi quelle iperboli la volontà di offendere la divinità o altri soggetti
celesti chiamati in causa solo per sottolineare il dire dando forza e sostanza al discorso con il prendere a riferimento per l’appunto
la divinità o altri soggetti celesti come il massimo ipotizzabile di un quid
qualsivoglia.
Esemplifico.
Quando si coglie
sulle labbra d’un autentico napoletano
l’espressione offensiva rivolta a qualcuno:
“Tu sî ‘nu ddio ‘e
strunzo!” è chiaro che quel napoletano non vuole essere blasfemo, non
intende mostrarsi empio, sacrilego, irriverente chiamando in causa Iddio
Signore, ma vuole semplicemente trovare, magari contravvenendo al secondo
comandamento, il massimo ipotizzabile
termine di paragone per infamare al massimo il destinatario della sua offesa,
giudicandolo il piú grosso, il piú importante, rilevante, notevole autorevole
pezzo di merda, tanto grosso da non tenerne l’uguale, come non à l’uguale Iddio Signore.
Ugualmente, sempre a mo’ d’esempio, nella minaccia:
“Te faccio ‘na ddia ‘e
paccheriata che vale: “Ti schiaffeggerò lungamente e pesantemente” non si
deve cogliere alcuna intenzione blasfema, empia, sacrilega, irriverente in
quanto la divinità è chiamata in causa solo per trovare il massimo ipotizzabile
termine di paragone con cui misurare la quantità e forza delle percosse ed
avvertirne il destinatario della
minaccia; il fatto che non si tratti di una bestemmia si può già
cogliere osservando che il sostantivo maschile ddio (per altro vergato in minusculo) è stato aggettivato (nel
significato di grandissimo importante, rilevante, notevole autorevole) e reso femminile per accordarsi con il s.vo
f.le successivo, proprio per
evitare un irriverente riferimento
all’unico Dio e seguendo il famoso criterio che in napoletano un oggetto (o cosa quale che sia) è inteso se maschile
piú piccolo o contenuto del corrispondente femminile; abbiamo ad . es. ‘a
tavula (piú grande rispetto a ‘o tavulo piú piccolo ),‘a
tammorra (piú grande rispetto a ‘o tammurro piú piccolo ), ‘a
cucchiara(piú grande rispetto a ‘o cucchiaro piú piccolo), ‘a
carretta (piú grande rispetto a ‘o carretto piú piccolo ); ),‘a
canesta (piú grande rispetto a ‘o canisto piú piccolo ), fanno eccezione ‘o tiano che è piú
grande de ‘a tiana e ‘o caccavo piú grande de ‘a caccavella;
nella fattispecie se con il s.vo
aggettivato ddio si intende qualcosa di grandissimo importante, rilevante,
notevole autorevole ancóra piú grande
importante, rilevante, notevole autorevole risulta essere qualcosa
gratificata con il s.vo aggettivato al femminile ddia.
Discorso analogo è
da farsi per l’espressioni che chiamano in causa la Madonna o altri santi che
son tutte espressioni da cui esulano intenzioni irriverenti o blasfeme essendo
locuzioni usate solo nell’intento
di trovare il massimo ipotizzabile termine di paragone per indicare qualcosa di cosí grosso, importante, rilevante,
notevole da non tenerne l’uguale; in tali locuzioni si preferisce far ricorso
ai termini Madonna o altri santi aggettivandoli e declinandoli al maschile o
al femminile a seconda del s.vo di riferimento, evitando di chiamare in causa
Dio ed accontentandosi di chi nella scala dei valori, pur elevati è certamente al di sotto di Lui. Esemplifico:
Fa ‘nu maronno ‘e cauro, oppure Fa ‘nu maronno ‘e friddo da rendersi rispettivamente: Fa
un caldo eccessivo, asfissiante oppure
Fa un freddo esagerato,incredibile.
Esemplifico ancóra
: “Tengo ‘na maronna ‘e famma” oppure
“’O vuó caccià
‘stu sant’anna ‘e portafoglio?”, “Addó sta chella sant’anna ‘e tianella?”
da rendersi rispettivamente: “Ò una fame smodata, enorme” oppure “Ti decidi a metter fuori questo
benedetto portafogli?”, ”Dove è reperibile quel benedetto tegame?”
Ribadisco che anche
nei casi or ora esemplificati, tali locuzioni che chiamano in causa la Madonna
o i santi ed a volta come nel caso di ‘stu sant’anna, ‘sta sant’anna
son semplici intercalari rafforzativi, anche
in tali casi non ci troviamo ad avere a
che fare con espressioni blasfeme, sacrileghe, o empie mancandone in chi le profferisce le
intenzioni, ma si à a che fare solo con espressione colorite che possono far
torcere il naso a qualche beghina o bigotto
ed a tutti coloro che non apprezzano le iperboli espressive;
ma costoro non son napoletani o (se lo sono all’anagrafe) non vanno considerati
tali: peggio per loro!
E faccio punto qui augurandomi d’avere accontentato l’amico
P.G. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori.
Satis est.
R.Bracale
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