FUGGIRE
– SCAPPARE e dintorni.
Anche questa volta faccio sèguito ad un
quesito rivoltomi dall’amico N.C. (al solito, motivi di riservatezza mi
impongono di riportar solo le iniziali
di nome e cognome di chi mi scrive per sollecitar ricerche) occupandomi delle
voci italiane in epigrafe, di altri eventuali sinonimi, voci collegate e delle corrispondenti voci
del napoletano.
Cerco di contentare l’amico illustrando quanto segue:
fuggire [ dal
lat. Fugĕre] è un verbo sia intransitivo che transitivo; quale intrasitivo si avvale dell’ausiliario essere nei significati di: 1) Allontanarsi velocemente da un luogo,
soprattutto per evitare un danno o pericolo. 2) Uscire da un luogo dove
si era rinchiusi, eludendo la vigilanza o sopraffacendo le persone addette alla
custodia. 3) usato per
iperberbole, andare via in fretta e furia. 4) Correre
velocemente.
Quale verbo trasitivo[] è usato nei significati di: 1) Evitare,
scansare. 2) non comune Allontanarsi
velocemente da.
Quali sinonimi sono usati: scappare [Denominale
del lat. cappa con protesi di una S distrattiva] Darsi alla fuga (in origine
liberandosi del mantello [cappa] per paura o per viltà, per evitare un
pericolo, una punizione, un danno.
ed i
familiari battersela, darsela a gambe, filarsela
tutte voci sulle quali è inutile soffermarsi trattandosi di termini espressivi
ben noti di di origine popolare.
Ben piú numerosi sono i verbi napoletani che rendono quelli
dell’epigrafe; ricordo:
Fují
[
dal lat. Fugĕre] verbo intransitivo che vale darsi alla fuga per evitare un
pericolo, una punizione, un danno e sim.
Alliccià/allaccià ); il verbo alliccià [ denominale
di
liccio= s.vo m.le
elemento del telaio che serve ad alzare ed abbassare alternatamente i fili
dell'ordito seguendo le maglie del
liccio che sono fili sottili,
generalmente di acciaio, con un occhiello al centro attraverso il quale passano
i fili dell'ordito, tesi tra i due liccioli. ( liccio è dal lat. licium)] vale in
primis a) far passare velocemente i fili dell'ordito attraverso i
licci; b) con
altra valenza: piegare leggermente
in fuori i denti di una sega, alternatamente uno a destra e uno a sinistra, per
facilitare il taglio; a noi però, come
nel caso che ci occupa interessa il
significato sub a) perché appunto
partendo dal significato di movimento veloce, di azione rapida etc. che
esso verbo è pervenuto in talune lingue regionali meridionali (come il
calabrese, il lucano ed il siciliano e
sembra anche il pugliese) dove nella forma di
adazzare/ri, addazzare/ri, ajazzari
vale: correr via, partire in fretta, camminare velocemente azioni che
semanticamente continuano l’originaria azione di far passare velocemente i fili
propria della valenza tecnica del verbo
allicciare..
Anche nella parlata napoletana il verbo alliccià,
corrotto, nella città bassa, ed attestato nel parlato poi anche quale allaccià, è
pervenuto nel significato di correr via, partire in fretta, camminare
velocemente, solo che per quanto riguarda la morfologia piuttosto che
accogliere adazzà/are o ajazzà/are si è preferito (dico: poltronescamente) riferire il
significato di correr via, partire in fretta, camminare velocemente, ad
un preesistente verbo assonante sia con
alliccià/are che con
adazzà/are o ajazzà/are e cioè con il verbo allaccià che va da sé non è l’italiano allacciare/à =
stringere con lacci; legare insieme(denominale di laccio),verbo che in
napoletano si rende con allazzà( denominale di lazzo= laccio), ma è verbo
affatto diverso. Nel suo significato primo il verbo napoletano allaccià/are vale triturare finemente
carni(lardo e/o prosciutto o pancetta ) ed è
derivato da un tardo latino parlato *ad+aciare (formato su di un
*acia per il class. acies= tagli affilati e per metonimia
coltelli,orbene: adaciare→ addacciare→allacciare= inferir tagli; ed è solo
per un adattamento popolare di comodo
dovuto a somiglianza morfologica ed al rifiuto di adottar voci nuove che l’allaccià (triturare) napoletano à
finito per indicare anche il correr via, il partire in fretta,il camminare velocemente, quantunque
semanticamente nulla leghi l’azione del
triturare con quelle del correr via, partire o camminare rapidamente, ad
eccezione di un tenuissimo legame che si potrebbe, con molta buona
volontà, intravedere tra la rapidità del
cammino e quella dei colpi inferti sulla carne (lardo, prosciutto etc. ) con un
affilato coltello per triturarla.
Un’ ultima notazione: nel napoletano accanto al verbo
allazzà/are= allacciare = stringere con
lacci, legare insieme ve ne è un altro omografo ed omofono, ma affatto diverso
e di etimo ugualmente diverso; questo secondo allazzà/are significa lanciare
(es.: allazzà ‘nu pernacchio (lanciare uno sberleffo)) ed è un denominale di
lancea→*adlancjare→allazzà con
assimilazione di ncj→ccj→zz; mentre il primo allazzà, come ò detto, vale stringer con lacci, legare
insieme ed è un denominale di lazzo (che
è dal lat. volg. *laceu-m per il class.
laqueus)
Allippà
[da
un ant. francese lipar] = svignarsela rapidamente, a mo’ di un bastoncino
(lippa) colpito con veemenza.
Appalurcià
[denominale
di paluorcio← greco parolkion]dileguarsi
d’improvviso e velocemente, tenendo presente che il palorcio (donde il verbo) è
I’ impianto di trasporto costituito da un grosso filo metallico teso tra due
punti a diverso livello e assicurato a robusti cavalletti infissi nel terreno,
lungo il quale si fanno discendere rapidamente per gravità, appesi a un gancio,
legnami, fasci di fieno, ecc..
Sbignà
[denominale
del lat. Vinea-m con protesi di una S distrattiva] allontanarsi
fulmineamente (in origine dalla vigna per sottrarsi al lavoro)
Sfelà
[dal tard. lat. filare
con protesi di una S intensiva] a) in
primis uscir fuori dai ranghi b) con altra valenza come nel caso che ci
occupa scappar via velocemente.
sferrà[denominale
del lat. . fĕrru-m con protesi di una S distrattiva] a) in
primis togliere i ferri dagli zoccoli di cavalli, muli, asini, ecc. b) con
altra valenza come nel caso che ci occupa
perdere la pazienza , uscir dai
gangheri come chi si fósse liberato dei freni/ferri inibitori.
Non mi pare ci sia altro da aggiungere per cui mi fermo
qui, sperando d’avere accontentato l’amico N.C. ed interessato qualcun
altro dei miei ventiquattro lettori
e chi
forte dovesse imbattersi in queste paginette. Satis est.
Raffaele Bracale
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