IL VERBO NAPOLETANO TREZZIÀ/TERZIÀ
Questa volta è stato
l’amico G. L. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad
indicare solo le iniziali di nome e cognome) a
chiedermi via e-mail di chiarirgli
oltre il significato e portata dei verbi
partenopei in epigrafe e di
indicargli quale ne sia l’etimologia. Gli ò risposto testualmente cosí:
Il verbo napoletano trezzià e la sua lettura metatetica
popolare terzià è verbo usato
per rendere in napoletano
quelli che in italiano sono succhiellare o spizzicare verbi
che (uno per traslato, l’altro per
estensione ) indicano lo scoprire a poco a poco le carte da gioco che si
ànno in mano, per assaporare lentamente
l’emozione.
Di per sé il verbo spizzicare[denominale di pizzico (voce
onomatopeica), nel significato di «piccola quantità», col pref. s- in funzione
intensiva] vale mangiare in piccole
quantità, ma per traslato come nel caso che ci occupa vale scoprire
il margine superiore destro o sinistro delle carte da gioco lentamente, strofinandole l’una sull’altra e poi sfilandole
una dopo l'altra tra l'indice e il pollice.
Ugualmente il verbo succhiellare[derivato di succhiello( dal lat. tardo sŭculŭs)]
in primis sta per succhiarsi, godersi tranquillamente qualcosa poco per volta e
per estensione come nel caso che ci
occupa vale scoprire a poco a poco le carte da gioco per
assaporarne lentamente l’emozione.
Il napoletano (per rendere i due verbi or ora esaminati)
à, come ò accennato, il verbo trezzià e la sua lettura metatetica
popolare terzià di semantica affatto diversa da succhiellare e
spizzicare; il verbo napolitano infatti piú che alla quantità tiene riguardo agli effetti che sul giocatore
provoca il movimento dello spizzicare o succhiellare che sortisce una
sorta di inganno(con crescente emozione)
dell’occhio del giocatore fino a quando scoprendo bene il margine della carta
spizzicata egli non abbia contezza del reale valore della carta. Per quanto riguarda l’etimo di trezzià/trezià non mi sento di aderire alle proposte
etimologiche né del D’Ascoli, nè di Carlo Iandolo che chiamano, poco
convincentemente ambedue in causa il
s.vo trezza; il D’Ascoli non chiarisce nè percorso morfologico, nè
eventuale collegamento semantico tra un gruppo
di tre ciocche di capelli lunghi che vengono tessute insieme passando
alternatamente l’una sopra le altre così da riunirle in un unico elemento dalla caratteristica forma ondulata e l’azione del succhiellar
le carte, mentre l’amico Carlo
Iandolo propone una derivazione da trezza
(treccia)con un infisso frequentativo -i- e postula una semantica che in ogni
caso non mi convince: lo spizzicare
delle carte presupporrebbe la distanza d’un capello tra due spazi successivi.
Troppo fantasioso! Reputo invece che piú
acconciamente si debba pensare all’antico francese tercier→trecier→treccier→trezzier→trezzià che valse appunto ingannare, cosí come
accade – e l’ò détto - con il
movimento dello spizzicare o succhiellare che sortisce una sorta di inganno(con crescente emozione)
dell’occhio del giocatore.
E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento,
soddisfatto l’amico G.L. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro
lettori e piú genericamente chi dovesse
imbattersi in queste due paginette.Satis
est.
Raffaele Bracale Brak
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