JÍ CU SSETTE PARME ‘E CAZZO
Anche questa volta su quesito dell’amico P.G. (al solito,
motivi di riservatezza mi impongono di riportar solo le iniziali di nome e cognome di
chi mi scrive per sollecitar ricerche) mi occuperò dell’espressione in epigrafe
per metterne a fuoco portata, significato e valenza e mettere una volta per
tutte in chiaro l’esatta morfologia della
locuzione che spesso specie sulle labbra dei meno consci e/o preparati dello/sull’idioma e piú
in generale della/sulla cultura partenopea vien colto erroneamente nella
morfologia jí cu ssette pare ‘e cazze.
Tanto premesso entro súbito in medias res e rendo in
italiano l’espressione in esame che sta per Andare
con sette palmi di cazzo laddove
l’espressione che s’usa erroneamente varrebbe Andare con sette paia di cazzi ed ognuno ne coglie d’acchito
l’irrazionalità, atteso che per quanto si possa esser dotati, è sempre da
escludere che vi possa esser qualcuno provvisto di ben quattordici (sette paia) membri, quantunque
neppure sia ipotizzabile che uno sia provvisto di sette palmi di membro in
erezione!
Tornando all’espressione che vale Andare
con sette palmi di cazzo dico
ch’essa pur nella sua formulazione becera à, o meglio avrebbe una valenza del tutto positiva, favorevole e
dovrebbe essere usata per sottolineare che il fatto, la faccenda, l’azione cui
venga riferita o a cui venga posta a commento,è veramente favorevole, opportuna, conveniente, di favore in quanto corredata di quella abbondanza di
risultati buoni se non ottimi e commentando una situazione, una faccenda l’espressione in esame potrebbe essere sostituita in maniera meno colorita
ed icasticamente becera con un semplice
ed ovvio Si va bene, anzi benissimo! Gli è
però, che la locuzione non viene usata
nel suo significato con valenza positiva, ma è usata quasi sempre in senso ironico e perciò antifrastico da
intendersi Si va male, anzi malissimo! Del
resto un napoletano che tradisse l’icasticità del suo eloquio,per usarne uno
piú contenuto e forbito, non sarebbe napoletano
e mostrerebbe d’aver dimenticato che già presso Etruschi e antichi
romani (Pompei docet) l’emblema della mentula eretta era usato come figurazione
di abbondanza, di floridezza,
benessere, agiatezza, ricchezza, prosperosità... figurarsi quanta
fósse l’abbondanza o la prosperosità che potesse indicare una mentula
iperbolicamente lunga ben sette palmi!Alla
luce di quanto détto si comprende in quale sesquipedale errore incorra chi in
luogo di usare la locuzione in epigrafe sia in senso letterale che in quello
antifrastico, usasse la riportata erronea
jí cu ssette pare ‘e cazze.è
vero che trattandosi di iperbole ognuno può esagerare a proprio piacimento, ma
noi non dobbiamo dimenticare la lezione dei nostri padri che usavano
l’espressione in epigrafe, non quella scorretta in cui si fa confusione tra
parme (palmi) e pare (paia)!
sette agg. num.
card. invar. numero naturale corrispondente a sei unità
più una; voce dal lat. septe(m)→sette
parme s.vo
m.le pl. del sg. parmo = palmo, la distanza tra la punta del pollice e quella del mignolo,
misurata con la mano aperta e le dita distese e divaricate al massimo; un tempo
costituiva un'unità di misura corrispondente a circa 25 cm; va da sé che sette
palmi è una misura iperbolica corrispondente a ca un metro e settantacinque cm.
e nessuno, per quanto ben fornito, può vantarsi d’avere una mentula in erezione
di siffatte misure! Voce dal lat. palmu(m)→parmu(m)→parmo, da palma
'palma della mano'
pare s.vo m.le pl. del sg. paro = paio (al pl. paia)
1 due cose della stessa specie che si
considerano insieme in quanto complementari fra loro, o costituenti una unità
funzionale;
2 oggetto formato da due parti non
scindibili;
3 numero limitato non precisabile: ll’aggiu visto ‘nu paro ‘e vote(l'ò visto un paio di volte); voce tratta dal pl. paia, che
è dal lat. paria, neutro pl. di par paris 'pari';
cazzo s.vo m.le membro virile, pene
testa di cazzo, (fig.) imbecille, minchione
2 (fig.) persona sciocca, minchiona.
3 (fig.) nulla, niente:
2 (fig.) persona sciocca, minchiona.
3 (fig.) nulla, niente:
(voce del gergo
marinaresco dal greco (a)kàtion = albero della nave);
E qui penso di poter far punto, convinto, se non di avere
esaurito l’argomento, di averne détto a sufficienza contentando l’amico P.G.,
qualche altro dei miei abituali 24 lettori e chiunque altro dovesse leggermi.
Raffaele Bracale
Raffaele Bracale
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