giovedì 5 marzo 2020

JÍ CU SSETTE PARME ‘E CAZZO


JÍ CU SSETTE PARME ‘E CAZZO
Anche questa volta su quesito dell’amico P.G. (al solito, motivi di riservatezza mi impongono di  riportar solo le iniziali di nome e cognome di chi mi scrive per sollecitar ricerche) mi occuperò dell’espressione in epigrafe per metterne a fuoco portata, significato e valenza e mettere una volta per tutte in chiaro l’esatta morfologia della  locuzione che spesso specie sulle labbra dei meno  consci e/o preparati dello/sull’idioma e piú in generale della/sulla cultura partenopea vien colto erroneamente nella morfologia  jí cu ssette pare ‘e cazze.
Tanto premesso entro súbito in medias res e rendo in italiano l’espressione in esame che sta per Andare con sette palmi di cazzo laddove l’espressione che s’usa erroneamente varrebbe Andare con sette paia di cazzi ed ognuno ne coglie d’acchito l’irrazionalità, atteso che per quanto si possa esser dotati, è sempre da escludere che vi possa esser qualcuno provvisto di ben  quattordici (sette paia) membri, quantunque neppure sia ipotizzabile che uno sia provvisto di sette palmi di membro in erezione!
Tornando all’espressione che vale  Andare con sette palmi di cazzo dico ch’essa pur nella sua formulazione becera à, o meglio avrebbe  una valenza del tutto positiva, favorevole e dovrebbe essere usata per sottolineare che il fatto, la faccenda, l’azione cui venga riferita o a cui venga posta a commento,è veramente  favorevole, opportuna, conveniente, di favore  in quanto corredata di quella abbondanza di risultati buoni se non ottimi e commentando una situazione, una faccenda  l’espressione in esame  potrebbe essere sostituita in maniera meno colorita ed icasticamente becera con un  semplice ed ovvio Si va bene, anzi benissimo!  Gli è  però, che la locuzione non viene usata  nel suo significato con valenza positiva, ma è usata quasi sempre  in senso ironico e perciò antifrastico da intendersi   Si va male, anzi malissimo!   Del resto un napoletano che tradisse l’icasticità del suo eloquio,per usarne uno piú contenuto e forbito, non sarebbe napoletano  e mostrerebbe d’aver dimenticato che già presso Etruschi e antichi romani (Pompei docet) l’emblema della mentula eretta era usato come figurazione di abbondanza, di floridezza, benessere, agiatezza, ricchezza, prosperosità... figurarsi quanta fósse l’abbondanza o la prosperosità che potesse indicare una mentula iperbolicamente lunga ben  sette palmi!Alla luce di quanto détto si comprende in quale sesquipedale errore incorra chi in luogo di usare la locuzione in epigrafe sia in senso letterale che in quello antifrastico, usasse la riportata erronea  jí cu ssette pare ‘e cazze.è vero che trattandosi di iperbole ognuno può esagerare a proprio piacimento, ma noi non dobbiamo dimenticare la lezione dei nostri padri che usavano l’espressione in epigrafe, non quella scorretta in cui si fa confusione tra parme (palmi) e pare (paia)!
sette agg. num. card. invar.  numero naturale corrispondente a sei unità più una; voce dal lat. septe(m)→sette
parme s.vo m.le pl. del sg. parmo = palmo, la distanza tra la punta del pollice e quella del mignolo, misurata con la mano aperta e le dita distese e divaricate al massimo; un tempo costituiva un'unità di misura corrispondente a circa 25 cm; va da sé che sette palmi è una misura iperbolica corrispondente a ca un metro e settantacinque cm. e nessuno, per quanto ben fornito, può vantarsi d’avere una mentula in erezione di siffatte misure! Voce dal lat. palmu(m)→parmu(m)→parmo, da palma 'palma della mano'
pare  s.vo m.le pl. del sg. paro = paio (al pl. paia)
1 due cose della stessa specie che si considerano insieme in quanto complementari fra loro, o costituenti una unità funzionale;
2 oggetto formato da due parti non scindibili;
3 numero limitato non precisabile: ll’aggiu visto ‘nu paro ‘e vote(l'ò visto un paio di volte); voce tratta dal pl. paia, che è dal lat. paria, neutro pl. di par paris 'pari';
cazzo s.vo m.le membro virile, pene 
testa di cazzo, (fig.) imbecille, minchione
2 (fig.) persona sciocca, minchiona.
3 (fig.) nulla, niente:
(voce del gergo marinaresco dal greco (a)kàtion = albero della nave);



E qui penso di poter far punto, convinto, se non di avere esaurito l’argomento, di averne détto a sufficienza contentando l’amico P.G., qualche altro dei miei abituali 24 lettori  e chiunque  altro dovesse leggermi.
Raffaele Bracale

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