domenica 8 marzo 2020

LEVA ‘A FELINIA


LEVA ‘A FELINIA
Anche questa volta faccio sèguito ad  un  quesito rivoltomi dall’amico N.C. (al solito, motivi di riservatezza mi impongono di  riportar solo le iniziali di nome e cognome di chi mi scrive per sollecitar ricerche) occupandomi della espressione napoletana in epigrafe
L’espressione Leva ‘a felinia (togli la fuliggine) usata piú spesso al plurale Leva ‘e felinie(togli le fuliggini)   che coniuga all’imperativo (2ª p.sg.) l’infinito levà ‘a felinia/’e ffelinie (togliere la/e fuliggine/i) è l’invito ad esser franchi; è l’esortazione  cioè  spesso perentoria, rivolta ad un interlocutore, perché privi di inutili orpelli e/o false  sovrastrutture  le proprie azioni o intenzioni palesandole per quel che sono,  senza ammantarle  di finzioni, imposture, inganni, simulazioni che (per essere sottili ed evanescenti tal quali fuliggini) non possono mascherare quelle  azioni o intenzioni che sono in ogni caso riconoscibili.
La voce felinia è un s.vo f.le [da un lat. med. felinĕa per il class. fuligo]= fuliggine, sostanza bruno-scura leggera, finemente suddivisa, che si deposita nei camini di stufe, caldaie e sim. dove si bruciano combustibili, contenente carbonio e, a seconda del combustibile di provenienza, sostanze catramose, sostanze inorganiche (sali di potassio, di calcio, ecc.); usata (soprattutto in passato) per preparare colori, trovò anche alcune applicazioni in medicina. La voce felinia  è usata anche nell’espressione “appennerse p’’e ffelinie” cioè attaccarsi alle fuliggini usata icasticamente e figuratamente in riferimento a chi tenti di discolparsi di sue acclarate manchevolezze apportando risibili  ragioni scusanti,  prive però di solida  sostanza e/o  robusta struttura tal quali le impalpabili fuliggini. Non mi pare ci sia altro da aggiungere per cui mi fermo qui, sperando d’avere accontentato l’amico N.C. ed interessato qualcun altro  dei miei ventiquattro lettori e  chi  forte dovesse imbattersi in questa paginetta. Satis est.
Raffaele Bracale

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