PISCIÀ ‘NCOPP’Â SCOPA
Anche questa volta - come già accadde per le voci sberrisso/a
- l’amico carissimo D.C. (i
consueti problemi di privatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di
nome e cognome) mi à riportato la
richiesta d’ un suo amico, quella
cioè di illustrare, chiarire ed
esaminare il significato l’ uso e l’
origine dell’espressione in epigrafe. Provvedo volentieri alla bisogna, ma
prima mi corre l’obbligo d’una precisazione; l’espressione in esame è molto
datata, ma stranamente, di essa non si occupa compiutamente nessuno (con una sola eccezione, di cui
dirò…), non si occupa nessuno dei numerosi addetti ai lavori o degli
appassionati cultori della napoletanità e suoi usi, costumi ed espressioni
linguistiche; nessuno: né il D’Ascoli, né Iandolo, né Zazzera, né altri;quest’ultimo
(Zazzera) – per la verità – né dà una timida, e peraltro, erronea
interpretazione (pur senza chiarire o argomentare) parlando di un generico
rimedio da usarsi quale antidoto del
nervosismo; l’unico che ne fa menzione
nel suo IL NAPOLETANARIO è l’amico avv.to Renato de Falco, ma anche lui ne dà (e ne dirò in sèguito) una spiegazione
erronea o quanto meno riduttiva.
Mi corre perciò l’obbligo di fare da solo, senza il supporto
d’altre penne e/o idee. Pazienza, poco male! Non mi spaventerò per questo.
Cominciamo con il dire che tradotta ad litteram l’espressione è: Mingi sulla scopa.
Orbene, lètta cosí
semplicemente, l’espressione parrebbe quasi sostanziare, come ipotizza l’amico
Renato, un innocuo dispettuccio meschino
ed insulso fatto ad altri, come ad esempio, aggiungo io, quello fatto da un
ragazzino, un monello che redarguito, sgridato e rimbrottato si vendichi mingendo sulla scopa
che forse è stata usata per accompagnare i rimbrotti con qualche sana percossa…
Ma le cose non stanno cosí perché l’espressione non è usata
quale fatto di cronaca, ossia non è usata per riportare e riferire il comportamento inurbano, dispettoso e di
risentimento di un bambino; tutt’altro!
L’espressione è usata a sapido provocatorio commento all’atteggiamento d’ un
adulto che si dispiaccia, si adonti di/per qualcosa che gli accada e che non
sia di suo gradimento; chiarisco con un esempio. Poniamo che un individuo
(maschio o femmina, ma piú spesso càpita
con una femmina, adusa piú del maschio a
risentirsi, mettere il broncio etc.) abbia ricevuto, da persona a cui non ci si possa opporre o con cui non si possa
competere reagendo, abbia ricevuto, dicevo, un rimbrotto o ancóra di piú, un’offesa o
abbia subíto un danno ed ovviamente se ne dispiaccia, quando non se ne dolga o
lamenti adontandosi e piccandosi, a costui/costei provocatoriamente gli/le si
può opporre l’espressione dispettosa dell’epigrafe: E piscia ‘ncopp’â scopa! (Mingi sulla scopa!) che però non è lo
stupido consiglio di reagire al rimbrotto, all’offesa, al danno con un dispettuccio infantile, quanto la piú
seria esortazione a fare buon viso a cattivo giuoco, a sopportare, ad
arrangiarsi, a tollerare adattandosi a ciò che avviene.
L’espressione di
origine rurale, nasce prendendo spunto da un’antica pratica dei contadini
che allorché dovevavo pulire l’aia provvedevano a bagnarla
abbondantemente per evitare di sollevare polvere e quando non avevano
sufficiente acqua per inumidire l’aia, si limitavano a bagnare la ramazza,
ottenendo un risultato pressoché simile.
Nella
fattispecie dell’esempio in esame l’uomo o piú spesso la donna che abbia ricevuto, da persona a cui non ci
si possa opporre o con cui non si possa
competere reagendo, un rimbrotto o ancóra di piú, un’offesa o abbia subíto
addirittura un danno,l’indivuduo che
cioè non possa bagnare la sua metaforica aia, deve adattarsi a ciò che avviene
tollerando, facendo buon viso a cattivo giuoco magari arrangiandosi ad inumidire con il proprio
metaforico piscio una metaforica scopa. Posta cosí la faccenda l’espressione
assume un significato ben piú pregnante del semplice dispettuccio infantile
ipotizzato dall’amico Renato, dispettuccio che mal s’attaglia al comportamento
di un adulto.
piscia
= mingi
voce verbale ( qui 2° p. sg.imperativo, altrove anche 3° p. sg. ind. pres. dell’infinito piscià = orinare, mingere derivata dal
tardo lat. pi(ti)ssare→pissare→pisciare→piscià);
‘ncopp’â = sopra la; è il modo napoletano di rendere la
preposizione articolata sulla; rammento che con la preposizione su in italiano si ànno sul = su+il, sullo/a= su+lo/la
sulle = su+ le, sugli = su+ gli; in napoletano per formare analoghe preposizioni, si fa ricorso alla
preposizione impropria ‘ncoppa (sopra – su, dal lat. in + cuppa(m)); come ò già détto
alibi e qui ripeto: le locuzioni
articolate formate con preposizioni improprie ànno tutte una forma scissa,
mantenendo separati gli articoli dalle preposizioni e mentre nell’italiano
s’usa far seguire alla preposizione impropria il solo articolo, nel napoletano
occorre aggiungere alla preposizione
impropria non il solo articolo, ma la
preposizione articolata formata con la preposizione semplice a ( ad es. nell’italiano
si à: sulla tavola o sopra
la tavola , ma nel napoletano si esige sulla
o sopra alla tavola e ciò per riprodurre correttamente il
pensiero di chi mentalmente articola in
napoletano e non in italiano) per cui le locuzioni articolate formate da ‘ncoppa a e dagli articoli ‘o (lo/il), ‘a (la) ‘e
(i/gli/le) saranno rispettivamente ‘ncopp’ô ‘ncopp’â, ‘ncopp’ê che rendono rispettivamente
sul/sullo,sulla,sugli/sulle. Tutte le altre preposizioni formate dagli articoli ‘o
(lo/il), ‘a (la) ‘e (i/gli/le) con le corrispondenti preposizioni semplici
napoletane delle italiane per (pe)
tra/fra(‘ntra/’nfra) ànno una forma rigorosamente scissa o ma solo per la preposizione pe,
(mentre per ‘ntra/’nfra non è consentito) scissa o tutt’ al piú apostrofata: pe ‘o→p’’o
(per il/lo), pe ‘a→p’’a (per la), pe ‘e→p’’e (per gli/le), mentre
avremo solo ntra/’nfra ‘o - ntra/’nfra ‘a - ntra/’nfra ‘e.
Per tutte le altre preposizione articolate formate
dall’unione dei soliti articoli con preposizioni improprie (sotto, sopra,
dietro, davanti, insieme,vicino, lontano etc.), ci si regolerà alla medesima
maniera di quanto ò già detto circa le preposizioni formate da dinto o ‘ncoppa tenendo presente che in napoletano sotto, sopra,dietro,
davanti, insieme,vicino, lontano sono rese
rispettivamente con sotto,
‘ncoppa,arreto, annanze,’nzieme,vicino/bbicino,luntano e tenendo presente
altresí che occorre sempre rammentare
che le parole e le frasi da esse formate servono a riprodurre un pensiero;
ora sia che si parli, sia che si scriva,
un napoletano, nello scrivere in vernacolo, non potrà pensare in toscano e fare
poi una sorta di traduzione:commetterebbe un gravissimo errore.Per
esemplificare: un napoletano che dovesse scrivere: sono entrato dentro la casa,
non potrebbe mai scrivere: so’ trasuto dint’ ‘a casa; ma
dovrebbe scrivere: so’ trasuto dint’â (dove la â è la
scrittura contratta della preposizione articolata alla) casa; che
sarebbe l’esatta riproduzione del suo pensiero napoletano: sono entrato
dentro alla casa. Allo stesso modo dovrà comportarsi usando sopra (‘ncopp’
a +’a/’o/’e→’ncopp’â/ô/ê...) o sotto (sott’a. +’a/’o/’e→sott’â/ô/ê...)...) in
mezzo (‘mmiez’ a. +’a/’o/’e→’mmiez’â/ô/ê...)..) vicino al/allo (vicino a ‘o/’a/’e→
vicinoâ/ô/ê ) e cosí via, perché un napoletano articola mentalmente sopra
al/alla/alle/ a gli... e non sopra il/la/le/gli... e parimenti pensa sotto
al... etc. e non sotto il ... etc. D’
altro canto anche per la lingua italiana i piú moderni ed usati vocabolarî (TRECCANI) almeno per dentro non disdegnano le costruzioni: dentro al, dentro alla accanto alle piú classiche dentro il, dentro la.
scopa s. f. arnese di forma varia per spazzare il
pavimento, in genere consistente in una sorta di grossa spazzola fatta di rami
di erica o saggina, oppure di setole o di filamenti di materia plastica, su cui
si innesta un lungo manico 'avé magnato ‘o maneco d’ ‘a scopa (aver mangiato
il manico della scopa), (fig.) si dice di persona che cammina rigida
e impettita |sicco comme a ‘na scopa
(magro come una scopa), (fig.) molto magro; voce dal lat.
scopa(s) di scopae -arum pl., perché fatta con i rami della pianta
omonima.
Penso d’aver chiarito l’espressione in epigrafe ed avere
accontento l’amico D.C. ed il suo … dante causa nonché qualcuno dei miei soliti
ventiquattro lettori.
Satis est.
Raffaele Bracale
–poscritto
Ò comunicato, per le vie brevi all’amico Renato de Falco quanto ò scritto sull’espressione in epigrafe
ed il caro avvocato nel confermarmi d’essere stato il solo – sino ad oggi – ad
aver trattato l’espressione e nel ribadirmi
che anche a lui risulta che temporibus illis l’espressione fosse sempre
usata nei confronti di adulti e non di bambini o adolescenti, si è détto
convinto e soddisfatto della mia ipotesi interpretativa nonché della
riportata derivazione rurale. L’avv.to
Renato de Falco, come è noto, nun è ffranco ‘e cerimonie ( è aduso a parlar
chiaro ed a viso aperto) e se avesse avuto il benché minimo dubbio me lo
avrebbe détto, ed io (com’è mio costume) lo avrei fedelmente riportato; ciò non
è stato, per cui non posso che sentirmi
contento ed orgoglioso d’aver convinto
una cariatide della cultura partenopea
ad aderire alla mia ipotesi
interpretativa!
R.Bracale
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