‘O CUOCO CU ‘O PERNACCHIO!
Cosí, con l’espressione
esclamativa in epigrafe sino a tutti gli anni ’50 del 1900 i monelli della
città bassa solevano prendersi gioco dei bettolieri di taverne o consimili che
aprivano bottega tra via Cristallini ed adiacenze dandosi arie di grandi cuochi
suggerendo ai monelli il motivo per dileggiarli, cosa che gli scugnizzi facevano storpiando a sfottò la locuzione “ Cuoco cu ‘o pennacchio” usata
per indicare i cuochi di qualche famiglia nobile che per distinguersi usavano
inalberare alti copricapi indossati con il medesimo orgoglio di un carabinire
in alta uniforme che indossi la feluca d’ordinanza adorna di pennacchio rosso e
blu. Va da sé che l’assonanza tra “pennacchio” e “pernacchio” risultasse
divertente e perciò connaturasse una canzonatura.
Pennacchio s.vo m.le: ciuffo
di penne vere o sintetiche usato per ornare cappelli, soprattutto militari o
femminili; voce etimologicamente dal lat. tardo pinnacŭlu(m), dim. di pĭnna
‘penna’.
Pernacchio s.vo m.le :
suono
volgare emesso con un forte soffio a labbra serrate, in segno di disprezzo o di
scherno; (ricordo súbito che la voce pernacchio, anticamente fu vernacchio e
con tale voce derivata dal tardo lat. vernaculu(m) si significò
inizialmente la vera e propria scoreggia
cioè il suono volgare emesso dai visceri per espellere gas intestinali e solo
successivamente con la parola vernacchio/pernacchio si intese il suono che imitativamente a quello prodotto dai visceri
veniva emesso dalle labbra serrate in
segno di dileggio e/o disprezzo.)
Satis est. Brak
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