SCIÀSCIA – SCIASCÉLLA - SCIASCÈLLA – SCIÚSCIO – SCIUSCÈLLA
CATECATÀSCIA &
ALTRO.
La cara amica R.d’A. (di cui per i consueti problemi di
riservatezza mi limito ad indicare le iniziali di nome e cognome) mi à proposto
un ventaglio di termini (quelli in epigrafe) che – a tutta prima – parrebbero
morfologicamente derivare da un medesimo ceppo. L’accontento qui di sèguito
chiarendo súbito che la cosa è vera solo per i primi due: sciàscia e sciascella
che ne è il diminutivo, mentre per gli altri termini ci troviamo di fronte a
semplici assonanze ed ògni termine à significato ed etimo affatto diverso.Entro
in medias res e m’auguro che rispondendo all’amica (e conto di farlo in maniera
esauriente) possa interessare anche qualcun altro dei miei ventiquattro lettori!
Principiamo: sciàscia= sciatta, sciamannata,scioperata,trascurata,
negligente, superficiale, svogliata, approssimativa,
agg.vo
f.le del
m.le sciàscio
che ovviamente vale sciatto,
sciamannato,scioperato,trascurato, negligente, superficiale, svogliato, approssimativo;
etimologicamente è un deverbale di sciascïà = godere a fondo di qualcosa, bearsi con
gusto, tranquillità ed abbandono; dal latino volg. *iacíare forma
intensiva di iacere; di
sciàscio e sciàscia sono molto usati
l’accrescitivo m.le agg.vo e s.vo
sciascióne che vale
uomo, ragazzo placido e tranquillo spesso anche in carne mentre il
femminile sciascióna sta per donna grassoccia e simpatica,amabile
e piacente; ancóra di sciàscio è molto usato il diminutivo/vezzeggiativo sciascíllo = bimbo, ragazzo
grassoccio ed alquanto sciocchino mentre il diminutivo metafonetico
femminile sciascélla che dovrebbe valere giovane donna
grassottella è pochissimo usato, anzi è usato, come vedremo, in tutt’altro significato e con diverso etimo,
preferendoglisi nel medesimo significato
di giovane donna grassottella il diminutivo/vezzeggiativo con il suffisso ampliato r-ella sciasciarèlla. Come dicevo sciascélla non è usato come diminutivo/vezzeggiativo
di sciàscia nel significato di giovane
donna grassottella, ma è usato con cambio d’accento tonico da chiuso ad
aperto sciascèlla come
collaterale di ciacèlla e
derivazione onomatopeica infantile nel significato di carne giovane e tenera.Proseguiamo e troviamo due termini imparentati tra di essi dall’assonanza, ma non dall’etimo, né – tanto meno – dal significato; abbiamo
sciuscio s.vo
m.le = soffio, alito,fiato,
respiro voce deverbale di sciusciare che è dal lat subflare→sciusciare. A margine rammento che il verbo sciuscià (soffiare) è usato in napoletano nei significati di
1 emettere aria con forza da una piccola apertura
lasciata tra le labbra riunite e protese; spostare aria con un attrezzo: sciuscià ‘ncopp’êccannelelle pe stutarle(soffiare sulle candeline per spegnerle);
sciusciàcu ‘o rammaglietto(soffiare col ventaglio) | sciuscià ‘ncopp’ô ffuoco (soffiare sul fuoco), per
ravvivarlo; (fig.) fomentare discordie, rancori
2 détto di vento, spirare, tirare: ‘o viento scioscia ‘a punente(il vento soffia da ponente);
2 détto di vento, spirare, tirare: ‘o viento scioscia ‘a punente(il vento soffia da ponente);
3 détto di aria, ventilare,
ventilarsi: siuscià, sciusciarse cu ‘o
ventaglio (agitare il ventaglio, ventilarsi)
4 sbuffare, respirare affannosamente: saglienno ‘e scale susciava comme a ‘na fujeglia(nel salire le scale soffiava come un mantice), ansimare fortemente | sospirare: Chillu sfaticato turnato a ffaticà nun faceva ato ca sciuscià (Quel pigro tornato a lavorare, non faceva altro che soffiare ||| v. tr.
1 espirare con forza, mandar fuori dai polmoni: sciuscià fummo dô naso(soffiare fumo dal naso) | espellere, convogliare aria o altro gas con un attrezzo: sciuscià aria cu ‘a fujeglia(soffiare aria col mantice) | spingere mediante aria emessa a forza: sciuscià ‘a póvera(soffiare via la polvere) | sciuscià ‘o bbrito(soffiare il vetro), soffiare con un tubo di ferro nell'interno di una massa pastosa di vetro fuso per modellarla e trarne vari oggetti 'sciusciarse ‘o naso( soffiarsi il naso), espellendo con forza l'aria attraverso le narici cosí da farne uscire anche il muco
2 (fig.) dire in segreto, insinuare con intenzione maligna: sciuscià coccosa dinto â recchia a quaccheduno(soffiare qualcosa nell'orecchio a qualcuno) | assol. (gerg.) fare la spia; spifferare: quaccuno à sciusciato(qualcuno à soffiato) | assol. (furbesco )sciusciarsela(sventolarsela) détto di ragazza che non trovi marito o di prostituta che non trovi clienti
3 nel gioco della dama, togliere all'avversario una pedina con la quale questi avrebbe dovuto mangiare un pezzo
4 (estens.) sottrarre, portar via con astuzia o con destrezza ciò che appartiene o spetta ad altri: ll’ànno sciusciato ‘a carpetta, ‘o posto(gli ànno soffiato il portafogli, il posto).
4 sbuffare, respirare affannosamente: saglienno ‘e scale susciava comme a ‘na fujeglia(nel salire le scale soffiava come un mantice), ansimare fortemente | sospirare: Chillu sfaticato turnato a ffaticà nun faceva ato ca sciuscià (Quel pigro tornato a lavorare, non faceva altro che soffiare ||| v. tr.
1 espirare con forza, mandar fuori dai polmoni: sciuscià fummo dô naso(soffiare fumo dal naso) | espellere, convogliare aria o altro gas con un attrezzo: sciuscià aria cu ‘a fujeglia(soffiare aria col mantice) | spingere mediante aria emessa a forza: sciuscià ‘a póvera(soffiare via la polvere) | sciuscià ‘o bbrito(soffiare il vetro), soffiare con un tubo di ferro nell'interno di una massa pastosa di vetro fuso per modellarla e trarne vari oggetti 'sciusciarse ‘o naso( soffiarsi il naso), espellendo con forza l'aria attraverso le narici cosí da farne uscire anche il muco
2 (fig.) dire in segreto, insinuare con intenzione maligna: sciuscià coccosa dinto â recchia a quaccheduno(soffiare qualcosa nell'orecchio a qualcuno) | assol. (gerg.) fare la spia; spifferare: quaccuno à sciusciato(qualcuno à soffiato) | assol. (furbesco )sciusciarsela(sventolarsela) détto di ragazza che non trovi marito o di prostituta che non trovi clienti
3 nel gioco della dama, togliere all'avversario una pedina con la quale questi avrebbe dovuto mangiare un pezzo
4 (estens.) sottrarre, portar via con astuzia o con destrezza ciò che appartiene o spetta ad altri: ll’ànno sciusciato ‘a carpetta, ‘o posto(gli ànno soffiato il portafogli, il posto).
Nulla a che vedere à però ‘ il verbo sciuscià con
sciuscèlla s.vo
f.le voce che traduce in napoletano
ciò che in italiano è (con derivazione dall’arabo harruba ) carruba cioè il frutto del carrubo (albero
sempreverde con fiori rossi in grappoli e foglie paripennate; i frutti, grosse
silique bruno-nere ricche di sostanze zuccherine, si usano come foraggio per
cavalli e buoi (fam. Leguminose) ed un tempo vennero usati come passatempo goloso
per bambini ; mentre come termine gergale la voce carruba vale carabiniere (per il colore nero della
divisa, che richiama appunto quello bruno-nero
della carruba). Il frutto del carrubo viene usato però non solo come foraggio per cavalli e buoi, o
– un tempo - come passatempo dolcissimo
per bambini, ma è usato altresí (per l’alto contenuto di sostanze
zuccherine) nella preparazione di confetture e per l’estrazione di liquidi da
usarsi in distelleria (rosolî) o quali bevande medicinali.
Nell’idioma napoletano la voce femminile sciuscella conserva tutti i significati dell’italiano carruba, ma è usata anche per indicare
qualsiasi oggetto che sia di poca consistenza
e/o resistenza con riferimento semantico alla cedevolezza del frutto del carrubo,
frutto che è privo di dura scorza, risultando morbido e facilmente masticabile
da parte dei bambini sprovvisti di dentature aggressive; infatti ad esempio di un mobile che non sia di stagionato legno
pregiato (noce, palissandro etc.), ma di cedevoli fogli di compensato
assemblati a caldo con collanti
chimici s’usa dire: È ‘na sciuscèlla! che vale: È
inconsistente! Alla medesima
maniera ci si esprime nei riguardi di
ogni altro oggetto privo di consistenza e/o resistenza.
Rammento, prima di affrontare la questione etimologica, che
nel napoletano vi fu un tempo una voce maschile (o neutra) ora del tutto
desueta che suonò sciusciéllo voce
che ripeteva all’incirca il siculo ed il calabrese sciuscieddu, il salentino sciusciille ed addirittura il genovese giuscèllo, tutte voci che rendono, nelle rammentate lingue regionali, l’italiano brodetto, uova cotte in fricassea brodosa etc.
E veniamo all’etimologia della voce in esame.
Dico súbito che questa volta non posso addivenire,circa la
voce sciuscèlla , a ciò che nel suo
conciso, pur se curato, Dizionario Etimologico Napoletano
dice l’amico prof. Carlo Jandolo che elimina del tutto la voce sciusciéllo ed accoglie solo sciuscèlla in ordine alla
quale però sceglie pilatescamente di
trincerarsi dietro un etimo sconosciuto.né
– stranamente per il suo temperamento – azzarda ipotesi propositive!
Mi pare invece che sia correttamente
perseguibile l’idea sposata da Cortelazzo, D’Ascoli ed altri i quali per la
voce sciusciello rimandano ad un lat. iuscellum = brodetto Partendo da tale iuscellum→sciusciello congetturo che, per sciuscella,
si possa correttemente pensare ad un derivato
neutro plur. iuscella→sciuscella=cose
molli, cedevoli, lente come brodi, neutro poi
inteso femminile.
Semanticamente forse la faccenda si spiega (a mio avviso) con il fatto (come ò già accennato) che
dalla carruba (sciuscèlla) si
traggono liquidi e bevande medicinali che posson far forse pensare
a dei brodini.
Come si vede non v’à modo di apparentare sciuscella con sciúscio
e men che meno è da apparentarvi sciuscia s.vo f.le che a tutta prima parrebbe adattamento al femminile
di sciúscio e che invece è tutt’altro
vocabolo con diverso significato e diverso etimo; in effetti il s.vo femm.le sciuscia
voce domestica,epperò intesa quasi volgare (ma non penso lo sia ) è uno dei numerosissimi,
icastici sinonimi con i quali, con
linguaggio piú o meno colorito e volta a
volta mutuato da riferimenti storici o da osservazioni
visivo-gastronomiche, si è soliti
indicare la vulva della donna, l’organo
femminile esterno della riproduzione. Come
ò già detto è voce generica che vale vulva, vagina, organo riproduttivo
esterno della donna il tutto senza particolari specificazioni concernenti
l’età o la destinazione d’uso, ed è voce
colloquiale privata in uso tra
contraenti (sposi, amanti, fidanzati etc.) dei due sessi di qualsiasi ceto
sociale.
Per la verità dico
súbito che solo tre calepini della
parlata napoletana ( l’antico D’Ambra,ed
i piú vicini Altamura e D’Ascoli che vi
attingono spudoratamente) dei numerosi in mio possesso e che ò potuto
consultare, prendono in considerazione la voce a margine, e però a malgrado che
tali vocabolaristi àbbiano il merito di considerare la voce, per
ciò che riguarda l’etimo non ànno merito alcuno, in quanto copiandosi l’un
l’altro optano,ma a mio avviso,
maldestramente, per un inconferente
generico idiotismo (.s. m.
(ling.) locuzione, voce o costrutto
caratteristici di una lingua o di un dialetto) fatto scaturire con un
arzigogolo fastidioso ed inattendibile da far risalire a cíccia→ciàccia→sciàscia→sciúscia … che pasticcio!
Personalmente penso di poter proporre altri due etimi di cui il primo, pur essendo perseguibile quanto alla
morfologia, convengo che zoppichi e non poco quanto alla semantica; a mio
avviso si potrebbe morfologicamente
pensare al solito latino ad un part. pass. femm. fluxa dell’infinito fluere atteso che il gruppo latino fl
evolve sempre nel napoletano sci (vedi
alibi flumen→sciummo, flos→sciore etc.) e
ugualmente x=ss seguito da vocale diventa sci e dunque fluxa=flussa
potrebbe aver dato morfologicamente sciuscia;
ma, come ò io stesso notato, vi si oppone la semantica: una cosa scorsa, fluita
poco o nulla à che spartir con una vulva… Occorre tenere altra via! È ciò che
faccio e prendendo per buona un’idea dell’amico prof. Carlo Jandolo, la faccio
mia e dico che partendo dalla considerazione che la voce sciuscia termina con il
suff. latino/greco di appartenenza ia e che d’altro canto la voce classica latina sus indicò indifferentemente il maiale, la scrofa e la vulva, e tenendo
presente che la sibilante s anche scempia seguíta da vocale evolve, come la precedente doppia ss
in napoletano nel gruppo palatale sci, ecco che da un origianario sus addizionato del suffisso
d’appartenenza ia si è potuto
avere súsia→sciúscia e non susía→sciuscía ponendo bene attenzione
che il suffisso latino ia comporta
la ritrazione dell’accento tonico sulla sillaba radicale, mentre è il corrispondente ía greco che sposta l’accento sul suffisso come si ricava
osservando la voce filosofia che in
lat. è philosòphia(m), mentre
in greco è philosophía; e posta l’ipotesi in
questi termini, possiamo dire che anche
la semantica (ramo della linguistica e, piú in generale, della teoria
dei linguaggi (anche artificiali e simbolici), che studia il significato dei
simboli e dei loro raggruppamenti e, nel caso delle lingue, studia il
significato delle parole, delle frasi, dei singoli enunciati) possa esser
contentata.
Senza dilungarmi oltre, correndo il rischio di chiamare in
causa altri vocaboli assonanti ed allungare il brodo, passo a dire dell’ultima
voce di cui mi à chiesto l’amica R.d’A. e cioè parlo di
catecatascia s.vo f.le colleterale
di ascecatascia voci ambedue usate per
indicare la lucciola, piccolo insetto coleottero, con corsaletto e zampe
gialle, caratterizzato dalla luminosità, intermittente nelle specie alate,
degli ultimi segmenti dell'addome; per ciò che concerne l’etimo, ambedue le
voci sono da ricollegarsi all’agg.vo
greco katabásios = che cala giú che diede origine ad un latino regionale *catabasĭa→cata(ba)sia donde catascia che in catecatascia fu
addizionata in posizione protetica di un rafforzativo cata→cate; nel collaterale ascecatascia, catascia fu fantasiosamente addizionata in posizione protetica di uno
specificativo asce riflesso di un lat.
*axiu(m)→ascio→asce=uccello in quanto
l’insetto lucciola nella specie alata fu pensato fantasiosamente, quanto
erroneamente, uccello.
In coda mi soffermo a parlare dei verbi sciascïà ed del
riflessivo sciasciarse che a tutta
prima parrebbero morfologicamente da collegarsi all’esaminato sciàscia[=
sciatta, sciamannata,scioperata,trascurata, negligente, superficiale,
svogliata, approssimativa] cosa che non è
e segnatamente il riflessivo vale godersela,bearsi, ristorarsi chiamando in causa soprattutto i
sensi, cioè provare con abbandono un godimento fisico quasi sessuale lasciandosi andare a comportamenti non
dettati dal bisogno, ma dal gusto come, per fare un paio di esempi, chi starnuti rumorosamente e
ripetutamente non perché in preda ad un raffreddore virulento, ma per provare
il piacere di farsi udire dagli astanti e far le viste di essere ammalato,
oppure chi deambuli strusciando i piedi non perché non ce la faccia a
sollevare, ma per farsi compatire da chi lo veda e far le viste di essere affaticato.
Etimologicamente il verbo sciascïà ed il riflessivo sciasciarse piú che un
denominale di sciascia mi appare con l’amico Iandolo un derivato del lat.
iacere nella forma frequentativa *iac-i-are>*ciacià/sciascià.
E qui faccio punto convinto di aver contentato l’amica
R.d’A. ed interessato qualche altro dei miei ventiquattro lettori.
Satis est.
R.Bracale Brak
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