venerdì 5 giugno 2020

LAVATIVO


LAVATIVO
Il caro amico R. A. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) di spendere qualche parola per illustrare significato e portata della parola napoletana in epigrafe. Gli ò cosí risposto: Il termine di cui mi chiedi, caro amico, è, in primis, nell’ idioma napoletano [con derivazione dal francese lavatif] il corrispettivo dell’italiano clistere, clisma, enteroclisma cioè quel lavaggio dell’intestino praticato con l’introduzione per via rettale di opportune soluzioni al fine di ripulire l’intestino da ogni scoria, mantenendo pulito l'ultimo tratto dell'intestino crasso o colon, da feci e/o aria (gas intestinale). E fin qui, nulla quaestio; tuttavia bisogna ricordare che il termine in epigrafe à anche il significato traslato di persona che non à voglia di lavorare,  fannullone, scansafatiche e, talora ,anche di  persona fastidiosa e noiosa.  Atteso che tale significato traslato è stato recepito anche nella lingua nazionale, vien fatto di chiedersi quale sia il nesso che colleghi il clistere al fannullone, perdigiorno, scioperato, pelandrone, schivafatiche. Una risposta c’è e per averla occorre introdursi in una caserma militare dove [almeno un tempo fu cosí…] a qualsiasi  militare che avesse marcato visita cioè si fosse dichiarato indisposto, tentando di farsi credere malato, il medico di servizio nell’infermeria al termine di una fugace visita soleva comminare come primo rimedio/punizione , quale che fósse la diagnosi, un salutare, pur se fastidioso  clistere cui il militare obtorto collo si sottoponeva pur di evitare di lavorare, per scansare  una fatica  sottraendosi ad ogni eventuale compito che, da sano, gli si potesse assegnare.
Per una sorta di sineddoche il termine lavativo da noioso, fastidioso rimedio/punizione passò ad indicare colui  che lo subisse. Rammento a margine che talora la voce lavativo viene riferita nel gergo teatrale, sempre in riferimento alla noia e/o fastidio che puó procurare, a qualsiasi lavoro monotono e banale, anche dal punto di vista dell'interpretazione.
E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico R. A.  ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente  chi dovesse imbattersi in queste paginette.Satis est.
 Raffaele Bracale

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