Questa
volta per le mie ricerche linguistiche, prenderò l’avvio da una poesia di
Ferdinando Russo (Napoli 1866-1927) a mio avviso il piú grande poeta
napoletano, oltre che drammaturgo, narratore e ricercatore, poeta il cui
espressivo linguaggio aveva le sue profonde radici nel piú autentico humus
popolare; la poesia donde trarrò materia di indagine è intitolata :SAN CRISPINO
e fa parte di un surreale poemetto ‘Mparaviso, scritto giovanissimo (25 anni)
nel 1891 di getto dal poeta in una sola notte nella redazione de’ IL PUNGOLO
quotidiano napoletano diretto da tal Jacopo Comin, quotidiano che era destinato
a lettori un po’ piú raffinati di quelli del ROMA che era il quotidiano letto
dal popolino, al ritorno di una sua ascensione con il pallone areostatico
Urania, ascensione che lo aveva portato a volare su Napoli ad una altezza di
circa 3600 metri. I lettori de IL PUNGOLO, a malgrado fossero piú colti e
preparati di quelli de IL ROMA apprezzavano molto il corposo e popolaresco
verseggiare di F. Russo e la sua prosa scorrevole e di gran presa. Una prima
notazione linguistica che mi occorre di fare è che il Russo usò per titolare il
suo poemetto la grafia scorretta ‘NPARAVISO in luogo della piú corretta ‘MPARAVISO,
tenendo in non cale la norma che vuole che quando la preposizione in diventa
proclitica di un sostantivo che inizia con una consonamte labiale esplosiva: p
o b, perde la i d’avvio sostituita dal segno (‘) dell’aferesi e muta la enne
che diventa emme,spingendo talvolta all’assimilazione progressiva e d’avvio
come ad es. nel caso di in bocca → ‘mbocca → ‘mmocca. Ma ad un giovane poeta si
può perdonare qualche tenue errore! Ciò detto leggiamo la graziosa poesia:
San
Crispino
San
Crispino 'o ntussecuso
tu già sai ca fa 'o scarparo!
È nu piezzo 'artigliaria
ca
nun c'è chi le sta a pparo!
Ogne
ghiuorno fa 'na storia
mo pe chesto e mmo pe cchello
e, ‘nfuscato, afferra 'a
suglia,
'o bisecolo, 'o martiello...
'Na
matina, 'o Pat'Eterno le mannaje, p' 'a fà accuncià,
’na pareglia 'e meze-cape.
Corre n'angiulo, e lle fa:
- San
Crispí, dice 'o Signore ca lle miette 'e mmeze sòle ! Vo' ‘na cosa acconcia
acconcia... - Ma che songo, sti pparole?
Saje
ca parle cu n'artista e nun già cu ‘nu schiappino? Ma comm'è, te sî scurdato ,
ca me chiammo San Crispino?
Posa
'e scarpe e va’ vattenne,/pecché, ô riesto nce penz'io!/ - No, serveva pe te
dicere/ca ‘sti scarpe songo 'e dDio.../
-N'ata
vota mo! Vatténne,/ca t'avvío ‘na forma appriesso! /Siano 'e scarpe 'e chi se
sia,/ca pe me so' tutte 'e stesse !
Doppo
n'ora l'angiulillotorna tutto appaurato.- Viene 'a cca, pòrtale 'e scarpe!Tanto
'e pressa t'à mannato?
E
dincelle: - Vo' tre llire! Ve l 'à fatte quase nove ! Nce à mettuto 'e
guardiuncielle, 'e ppuntette, tacche e chiuove! -
L 'angiulillo,
aizanno vuolo, va addu dDio. -Quante ne vo'? -- Vo' tre lire...- - Ma ch'è
pazzo? -- Che ne saccio, neh Signò?
Chillo
sta accussí arraggiato!N'atu ppoco me magnava! ...Si ll'avisseve sentutocomme
ddiece jastemmava!
-
Lassa sta'! Mo nce vach'io...E scennette. - San Crispí? - Gnó! - Ched'è ‘sta
jacuvella?’Sti denare 'e vvuó accussí? ... -
-
Accussí? Mannaggia â morte! Vi' che capa gluriosa!... O pavate, o, n'ata vota,
mo ve scoso tutte cosa!
Tu
capisce? lo nun t' 'o spieco! Cammurristo, chistu cca! N' 'a fa bbona manco a
dDio! Miette a bbevere, paisà!
Cominciamo
a coglierne le parole e/o le espressioni piú interessanti;
-
‘ntussecuso : letteralmente è chi è facilmente irascibile, aspro nei modi e
nelle maniere, sdegnoso, quando non velenoso; etimologicamente deverbale di
‘ntussecà che dal latino in-toxicare che è formato da un in illativo + il
sostantivo toxicum (normale la evoluzione della x in ss; il basso latino
toxicum(forgiato su un greco toxikòn)= veleno, ma pure rabbia, sdegno divenne
in napoletano tuosseco, ma pur partendo da quel basso latino, vi pervenne
attraverso lo spagnolo tosigo.- Scarparo: letteralmente non è il ciabattino,
colui che accomoda le scarpe rotte (costui, e lo vediamo, in corretto
napoletano è ‘o solachianiello ), ma è il fabbricante di scarpe,in linea con
l’etimologia del termine scarparo che è dal portoghese-spagnolo escarpa con
l’aggiunta di un suffisso di attinenza arius (aro) di reminescenza latina; come
si evince dalla lettura della poesia il san Crispino protagonista non è un
autentico scarparo id est: fabbricante di scarpe, ma solo un irascibile
ciabattino, che accomoda scarpe rotte o consunte: un semplice solachianiello
etimologicamente derivante dall’addizione del verbo sola (ind. pres. 3° p.
sing. di suolare (derivato del sostantivo suola) con il sostantivo chianiello
maschile ricostruito d’una originaria chianella = pantofola, da un latino
planus diminutivo femminilizzato attraverso il suffisso: ella; come vedemmo
alibi, normale la mutazione di pl in chi; il Russo accreditò san Crispino
d’essere uno scarparo e non un solachianiello perché nella devozione popolare
napoletana, ma non solo, san Crispino e suo fratello Crispiniano ( erano di
nobili origini romane, ma – convertitisi al cristianesimo – si trasferirono in Francia
a diffondere il Vangelo, adattandosi,per sopravvivere a lavorar di notte
facendo i calzolai, ed in Francia, durante la persecuzione di Diocleziano,
trovarono il martirio a fil di spada) sono ritenuti santi protettori dei
calzolai e solo estensivamente dei ciabattini;rammenterò qui una curiosità e
cioè che una tradizione veneta,contrariamente a quella partenopea, non menziona
San Crispiniano mentre lega la figura di Crispino al vino ed ai bevitori di
vino, (ottobre – la festa dei due santi cade il 25 ottobre - è il periodo in
cui si fa l’operazione della svinatura) ed inoltre si storpia il nome in
Graspin (affine a graspo = grappolo) facendo diventare san Graspin= san
Crispino patrono... degli ubriachi.- piezzo ‘artigliaria: ad litteram starebbe
per pezzo di artiglieria, ma estensivamente e per enfasi sta per: uomo tanto
grosso e prestante da poter addirittura trasportar da solo un pesante pezzo
(bocca da fuoco) di artiglieria (etimologicamente dal fr. artillerie quale
complesso delle armi da fuoco montate su affusto: obice, mortaio,mitragliatrice
etc.)nell’immaginario di F. Russo san Crispino è pensato corpulento e
prestante…;- ‘nfuscato: letteralmente infoscato, rannuvolato, annebbiato e
quindi accigliato,nervoso, adontato; etimologicamente part.pass. del verbo
‘nfuscarse= infoscarsi etc. che è dal solito in illativo + fosco dal latino:
fuscu(m)= affuscato, cupo, minaccioso;- Suglia, bisecolo, martiello: sono tre
tipici strumenti di lavoro del ciabattino e precisamente nell’ordine: subbia o
lesina, lisciatoio, martello;
-
suglia è esattamente la lesina strumento appuntito atto a forare il cuoio e a
far passare con l’ausilio di un’ asola presente quasi sulla punta, lo spago
impeciato usato per cucire la suola o altre parti della scarpa;
etimologicamente la parola suglia è dal latino subula(m)→subla(m)→ suglia con
la tipica mutazione di bl in gli che dà altrove ad es. neglia da
nebula(m)→nebla(m)→neglia = nebbia etc.- bisecolo: è propriamente il
lisciapiante arnese da calzolaio, di legno di bosso o di metallo, che serve a
levigare e lucidare le suole e i tacchi; in toscano è reso con il termine
bussetto d’etimo incerto (forse perché originariamente in legno di bosso ,
mentre il napoletano bisecolo etimologicamente dal fr. besaigue, comp. di
bes-'bi-' e aigue'acuto' in quanto arnese provviso di un doppio taglio
laterale, atto a togliere eventuali asperità al cuoio e renderlo levigato e
lucido;- Martiello : è ovviamente il martello etimologicamente da un tardo
latino martellu(m), variante del class. martulus o marculus, dim. di marcus
'martello' quello dei ciabattini e scarpai si differenzia da tutti gli altri
martelli per aver la testa battente rotonda e poco ampia e non a forma di
parallelepipedo, mentre il cuneo opposto alla testa è liscio e senza incavi (come
invece capita nei martelli da fabbro e falegnamedove serve per tirar via i
chiodi) ;- Accuncià: propriamente aggiustare, ripristinare, ma alibi anche
acconciare, condire; va da sé che nella poesia il verbo va inteso nelle prime
due accezioni, sebbene etimologicamente esso derivi da un latino ad+conciare
denominale di un basso latino comptium = preparazione da riportare al comere=
cum- emereprendere con, assumere;- ‘na pareglia ‘e meze cape: letteralmente un
paio di scarpe basse piuttosto consunte e logore; pareglia = coppia, paio
etimologicamente dallo spagnolo pareja da far risalire al latino par/paris;
meze cape= come ò detto si tratta di scarpe basse, ma è voce ironica da
riallacciare al termine capezza= cavezza dal latino capitía,briglia della
testa; essendo la scarpa una sorta di briglia del piede, ironicamente è una
mezza capezza e quindi meza capa;- Acconcia acconcia letteralmente
aggiustatissima, fatta molto bene, ad arte; rammenterò che in napoletano la
reiterazione dell’aggettivo qualificativo di grado positivo quasi sempre serve
a formare il superlativo dell’aggettivo medesimo o ad espanderne la qualità. Ad
es. chiatto chiatto sta per grassissimo, luongo luongo per lunghissimo o
altissimo come il curto curto vale bassissimo e cosí via; quanto all’etimologia
mette conto risalire al quanto detto per il precedente accuncià;- Schiappino:
letteralmente starebbe per piccola scheggia in quanto diminutivo reso maschile
di schiappa etimologicamente deverbale. dell'ant. schiappare 'spaccare legna',
forse di origine onom.; poi taglialegna', ed anche'uomo rozzo, inetto, incapace
che è l’accezione di cui nella poesia;- abbío: voce verbale (ind. pres. 1°
pers. Sing.) del verbo abbià=avviare, porre in moto e nell’accezione della
poesia: lanciare contro; etimologicamente forma verbalizzata, attraverso un
latino ad-viare del sostantivo via;- forma: ecco un altro tipico strumento di
lavoro del calzolaio, ciabattino etc; è quel rigido modello di legno usato per
montare e sostenere il tomaio e la suola di una scarpa in fabbricazione o
riparazione; etimo che attraverso un latino forma, da for, far = reggere,
sostenere, viene da un’ antica radice sanscrita dahr;- appriesso: avverbio dai
moltepici significati: dopo, in seguito e qui: dietro; etimologicamente da un
latino ad + pressum = vicino a con dittongazione della sillaba implicata.-
appaurato : letteralmente: impaurito, preso dal timore etimologicamente
denominale da ad + paura- pressa: notoriamente si tratta della fretta, dell’
urgenza, dell’ impellenza; etimologicamente attraverso lo spagnolo priesa ed il
portoghese pressa deverbale di un latino pressare forma intensiva e
frequentativa di premere = incalzare;- guardiuncielle: una delle parti del
tomaio (o tomaia che è la parte superiore della calzatura, in pelle o tessuto,
che cucita alla sottostante suola forma la scarpa; etimologicamente la parola
tomaio/a è dal greco tomaìos= tagliato o da un tomàri= pezzo di cuoio) della
scarpa e precisamente i tramezzi laterali che chiudono il tomaio intorno al
piede, tramezzi cuciti tra suola e tomaio a sostegno e messo quasi a guardia
(donde il nome) della consistenza laterale della scarpa; rammenterò che anche
in veneziano il medesimo tramezzo è chiamato guàrdolo o guardióne e non faccia
meraviglia il fatto che sia napoletani che veneziani abbiano potuto forgiare i
loro termini su di un portoghese guardia o uno spagnolo guarda; in fondo sia
napoletani che veneziani furono gran marinai e naviganti ed entrarono in
contatto con numerose nazioni rivierasche come Spagna o Portogallo;- puntette :
precisamente piccole punte; infatti un tempo ‘a puntetta fu un piccolo rinforzo
metallico a forma di mezza luna inchiodato alla punta della suola e dunque
della scarpa per proteggere la punta medesima da eccessive sollecitazioni
durante la deambulazione e perciò da probabile veloce logoramento di quella
parte della suola. Va da sé che la puntetta, etimologicamente diminutivo di
punta che è da un tardo latino puncta(m) deverbale di pungere, non è applicata
a scarpa nuova, ma a quella già consunta e logora, nel tentativo di
ripristinarne la saldezza iniziale;- tacche: si tratta ovviamente dei tacchi i
rialzi posteriori delle scarpe attaccati sotto i calcagni; etimologicamente con
ogni probabilità dallo spagnolo taco da una radice tac = appiglio, aggancio;-
chiuove: che sono ovviamente i chiodi, barrette metalliche di varie forme e
dimensioni, generalmente appuntite ad un'estremità e con una testa piú o meno
larga all'altra, che serve a unire fra loro parti di metallo, legno o altro
materiale; etimologia latina da clavu(m).E penso di poter far punto qui avendo
già alibi et passim illustrato ad abundantiam altri termini quali jacuvella e
cammurista.
Raffaele
Bracale
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