‘A FIBBIA ‘E SGARRO
Il caro amico S.A. [che per motivi di riservatezza indico con le sole iniziali]mi à chiesto di illustrargli la locuzione in epigrafe. Gli ò cosí risposto: Carissimo l’espressione di cui mi chiedi attiene in origine all’àmbito malavitoso, ma poi è passata, per imitazione, all’uso popolare. E mi spiego: nell’ambito malavitoso la locuzione fa riferimento ad una missiva di sfida ad un duello armati di coltello, missiva scritta in un linguaggio gergale tale che per essere compreso deve prima essere interpretato e sciolto quasi fosse una fibbia [voce dal lat. fibula>fibla>fibbia] fermaglio d’osso, di metallo, di legno, di materiale plastico, ecc., di forma varia, provvisto di una traversa (staffa) in cui sono fissate una o più punte o un gancio per chiudere cinture, mantelli, scarpe, ecc. che va aperta/sciolta per liberare ciò che tiene fermato; passata all’uso popolare l’espressione fu riferita a qualsivoglia missiva o comportamento minaccioso. Il termine sgarro [deverbale di sgarrà che è dal fr. ant. esguarer= sviare vale in primis errore, sbaglio e poi gergalmente duello armati di coltello [giacché la voce sgarrà fu intesa sguarrà= lacerare, ferire profondamente (cosa che può fare un coltello)].In appendice di quanto dètto ricordo qui di sèguito un'altra iconica espressione che si collega a quella in epigrafe suona: "E salùtame 'a fibbia!" dicette don Fabio - con la quale si fa riferimento ad un mitico don Fabio coraggioso, se non sprezzante malavitoso che fiero, altezzoso, sostenuto, presuntuoso, borioso, tracotante, beffardo comunicò al latore di una fibbia di sgarro di non tener in alcun conto la missiva minacciosa ricevuta, salutandola.
Non mi pare ci sia altro da aggiungere. Satis est. Raffaele Bracale
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