| 
   19 LOCUZIONI [24.2.21] 
  1.'Amice e vino ànno 'a essere viecchie!  
  Ad litteram: gli amici ed il vino (per essere
  buoni) devono essere di antica data.  
   | 
 
 
  | 
   2.'A meglia vita è cchella d''e vaccare pecché, tutta 'a
  jurnata, manejano zizze e denare.  
  Ad litteram: la vita migliore è quella degli
  allevatori di bovini perché trascorrono l'intera giornata palpando mammelle
  (per la mungitura delle vacche)e contando il denaro (guadagnato con la
  vendita dei prodotti caseari); per traslato: la vita migliore è quella che si
  trascorre tra donne e danaro.  
   | 
 
 
  | 
   3.'O turco fatto crestiano, vo' 'mpalà tutte chille ca
  ghiastemmano.  
  Ad litteram: il turco diventato cristiano
  vuole impalare tutti i bestemmiatori. Id est: I neofiti sono spesso troppo
  zelanti e perciò pericolosissimi.  
   | 
 
 
  | 
     
   | 
 
 
  | 
   4.'O Pataterno addó vede 'a culata, lla spanne 'o sole  
  Ad litteram: il Padreterno dove vede un bucato
  sciorinato, lí invia il sole. Id est: la bontà e la provvidenza del Cielo
  sono sempre presenti là dove occorre.  
   | 
 
 
  | 
   5.'O galantomo appezzentúto, addiventa 'nu chiaveco.  
  Ad litteram: il galantumo che va in miseria,
  diventa un essere spregevole. In effetti la disincantata osservazione della
  realtà dimostra che chi perde onori e gloria, diventa il peggior degli uomini
  giacché si lascia vincere dall'astio e dal livore verso coloro che il suo
  precedente status gli consentiva di tenere sottomessi e che nella nuova
  situazione possono permettersi di alzare la testa e contrattare alla pari con
  lui.  
   | 
 
 
  | 
   6.'E fravecature, cacano 'nu poco pe parte e nun pulezzano
  maje a nisciunu pizzo.  
  Ad litteram: i muratori defecano un po' per
  parte, ma non nettano nessun luogo che ànno imbrattato. Il proverbio, oltre
  che nel suo significato letterale è usato a Napoli per condannare l'operato
  di chi inizia ad occuparsi di cento faccende, ma non ne porta a compimento
  nessuna, lasciando ovunque le tracce del proprio passaggio.  
   | 
 
 
  | 
   7. 'E vruoccole so' bbuone dint’ô lietto.  
  Letteralmente: i broccoli sono buoni nel
  letto. Per intendere il significato del proverbio bisogna rammentare che a
  Napoli con la parola vruoccole si intendono sia la tipica verdura che per
  secoli i napoletani mangiarono,tanto da esser ricordati come
  "mangiafoglie", sia le moine, le carezze che gli innamorati son
  soliti scambiarsi specie nell'intimità; il proverbio sembra ripudiare ormai
  la verdura per apprezzare solo i vezzi degli innamorati.  
   | 
 
 
  | 
   8. Statte bbuono ê sante: è zumpata 'a vacca 'ncuollo ô vojo!  
  Letteralmente: buonanotte!la vacca ha montato
  il bue. Id est: Accidenti: il mondo sta andando alla rovescia e non v'è rimedio:
  ci troviamo davanti a situazioni così contrarie alla norma che è impossibile
  raddrizzare.  
   | 
 
 
  | 
   9.Quanno 'o vino è ddoce, se fa cchiú forte acìto.  
  Letteralmente: quando il vino è dolce si muta
  in un aceto piú forte, più aspro.Id est: quando una persona è d'indole buona
  e remissiva e paziente, nel momento che dovesse inalberarsi, diventerebbe
  cosí cattiva, dura ed impaziente da produrre su i terzi effetti devastanti.  
   | 
 
 
  | 
   10. 'O dulore è de chi 'o sente, no 'e chi passa e tène mente.  
  Letteralmente: il dolore è di chi lo avverte,
  non di coloro che assistono alle manifestazioni del dolente.Id est:per aver
  esatta contezza di un quid qualsiasi - in ispecie di un dolore - occorre
  riferirsi a chi prova sulla propria pelle quel dolore, non riferirsi al
  parere, spesso gratuito e non supportato da alcuna pratica esperienza, degli
  astanti che - per solito - o si limitano ad una fugace commiserazione del
  dolente , o - peggio! - affermano che chi si duole lo fa esagerando le
  ragioni del proprio dolere.  
   | 
 
 
  | 
   11. 'O fatto d''e quatte surde.  
  Letteralmente: il racconto dei quattro sordi.
  Il raccontino che qui di seguito si narra, adombra il dramma della
  incomunicabilità e la locuzione in epigrafe viene pronunciata a Napoli a
  sapido commento in una situazione nella quale non ci si riesca a capire alla
  stregua di quei quattro sordi che viaggiatori del medesimo treno, giunti ad
  una stazione, così dialogarono: Il primo: Scusate simmo arrivate a Napule?
  (Scusate, siamo giunti a Napoli?) Il secondo: Nonzignore, cca è
  Napule!(Nossignore, qua è Napoli!) Il terzo: I' me penzavo ca stevamo a
  Napule (Io credevo che stessimo a Napoli). Il quarto concluse: Maje pe
  cumanno, quanno stammo a Napule, m'avvisate? (Per cortesia, quando saremo a
  Napoli, mi terrete informato?).  
   | 
 
 
  | 
   12. A 'nu cetrangolo spremmuto, chiavece 'nu caucio 'a coppa.  
  Schiaccia con una pedata una melarancia
  premuta.Id est: il danno e la beffa; la locuzione cattivissima nel suo
  enunciato, consiglia di calpestare un frutto già spremuto; ossia bisogna
  vilipendere e ridurre a mal partito chi sia già vilipeso e sfruttato, per
  modo che costui non abbia né la forza, nè il tempo di risollevarsi e
  riprendersi.Il tristo consiglio è dato nel convincimento che se si lascia ad
  uno sfruttato la maniera o l'occasione di riprendersi, costui si vendicherà
  in maniera violenta e allora sarà impossibile contrastarlo; per cui conviene
  infeierire e non dar quartiere, addirittura ponendoselo sotto i tacchi come
  un frutto spremuto ed inutile ormai.  
   | 
 
 
  | 
   13.Chi va pe chisti mare, chisti pisce piglia.  
  Letteralmente: chi corre questi mari può
  pescare solo questo tipo di pesce. Id est: chi si sofferma a compiere un tipo
  di operazione difficile e/o pericolosa, non può che sopportarne le
  conseguenze, né può attendersi risultati diversi o migliori.  
   | 
 
 
  | 
   14. Ammore, tosse e rogna nun se ponno annasconnere.  
  Amore, tosse e scabbia non si posson celare;
  le manifestazioni di queste tre situazioni sono così eclatanti che nessuno
  può nasconderle; per quanto ci si ingegni in senso opposto amore, tosse e
  scabbia saranno sempre palesi; la locuzione è usata sempre che si voglia
  alludere a situazioni non celabili.  
   | 
 
 
  | 
   15.'Mparate a parlà, no a faticà.  
  Letteralmente: impara a parlare, non a
  lavorare. Amaro, ma ammiccante proverbio napoletano dal quale è facile
  comprendere la disistima tenuta dai napoletani per tutti coloro che non si
  guadagnano da vivere con un serio e duro lavoro, ma fondono la prapria
  esistenza sul fumo dell'eloquio, ritenuto però estremamente utile al
  conseguimento di mezzi di sussistenza, molto piú dell'onesto e duro lavoro
  (FATICA)in fondo la vita è dei furbi di quelli capaci di riempirti la testa
  di vuote chiacchiere e di non lavorare mai vivendo ugualmente benissimo.  
   | 
 
 
  | 
     
   | 
 
 
  | 
   16. 'A sotto p''e chiancarelle.  
  Letteralmente: attenti ai panconcelli!
  Esclamazione usata a sapido commento di una narrazione di fatti paurosi o
  misteriosi un po' più colorita del toscano: accidenti!Essa esclamazione
  richiama l'avviso rivolto dagli operai che demoliscono un fabbricato affinché
  i passanti stiano attenti alle accidentali cadute di panconcelli(chiancarelle)le
  sottili assi trasversali di legno di castagno, assi che poste di traverso
  sulle travi portanti facevano olim da supporto ai solai e alle pavimentazione
  delle stanze.Al proposito a Napoli è noto l'aneddoto relativo al nobile
  cavaliere settecentesco Ferdinando Sanfelice che fattosi erigere un palazzo
  nella zona detta della Sanità, vi appose un'epigrafe dittante: eques
  Ferdinandus Sanfelicius fecit(il cav. Ferdinando Sanfelice edificò) ed un
  bello spirito partenopeo per irridere il Sanfelice paventando il crollo dello
  stabile, aggiunse a lettere cubitali Levàteve 'a sotto (toglietevi di sotto!
  ).  
   | 
 
 
  | 
   17. A 'stu nunno sulo 'o cantero è nicessario.  
  Letteralmente: la sola cosa necessaria a
  questo mondo è il pitale. Id est: niente e - soprattutto - nessuno sono
  veramente necessarii alla buona riuascita dell'esistenza la sola cosa che
  conta è nutrirsi bene e digerire meglio. In effetti con la parola cantero -
  oggetto destinato ad accogliere gli esiti fisiologici - si vuole proprio adombrare
  la buona salute indicata da una buona digestione, che intanto avviene se si è
  avuta la possibilità di nutrirsi. Si tenga presente che la parola cantero non
  à l'esatto corrispettivo in italiano essendo il pitale(con la quale parola si
  è reso in italiano) destinato ad accogliere gli esiti prettamente liquidi,
  mentre il cantaro era destinato ad accogliere quelli solidi.  
   | 
 
 
  | 
   18.Sparterse 'a cammisa 'e Cristo.  
  Letteralmente: dividersi la tunica di Cristo.
  Cosí a Napoli si dice di chi, esoso al massimo,profitti di una situazione e  si accanisca a fare proprie porzioni o parti
  di cose già di per sé esigue, come i quattro soldati che spogliato il  Cristo sul Golgota , ne divisero, per
  appropriarsene, in quattro parti l'unica tunica di cui era ricoperto il Signore.  
   | 
 
 
  | 
   19. Essere aurio 'e chiazza e tribbulo 'e casa.  
  Letteralmente: aver modi cordiali in piazza e
  lamentarsi in casa. Così a Napoli si suole dire - specie di uomini che in
  piazza si mostrano divertenti e disposti al colloquio aperto simpatico,
  mentre in casa sono musoni e lamentosi dediti al piagnisteo continuo, anche
  immotivato.  
  brak 
   | 
 
Nessun commento:
Posta un commento