sabato 24 aprile 2021

15 ICONICI MODI DI DIRE [24.4.21]

15 ICONICI MODI DI DIRE [24.4.21]

1 -TENÉ 'A CAZZIMMA

Neologismo studentesco intraducibile ad litteram  con il quale si indica l'atteggiamento malevolo, la furbizia prevaricante di chi mira a danneggiare una controparte piú debole e perciò piú vulnerabile.

Talvolta si imbarocchisce la locuzione aggiungendo lo specificativo:

d''e papere australiane (delle oche australiane), specificazione che parrebbe inutile e non comprensibile atteso che non è dato sapere che le oche di quel continente siano prevaricatrici o particolarmente furbe, ma usata per significare che trattasi di una cazzimma tanto grande e quasi sconosciuta quasi quanto le sconosciute papere di quel lontano continente.

2 -TENÉ 'A CIMMA 'E SCEROCCO

Ad litteram: tenere la sommità dello scirocco  Id est: essere nervoso, irascibile, pronto a dare in escandescenze, quasi comportandosi alla medesima maniera del metereopatico  condizionato  dal massimo soffio dello scirocco.

3 -TENÉ 'E CAZZE CA  CE ABBALLANO PE CCAPA

Ad litteram: tenere i peni che ci  danzano sulla testa  Id est: essere preoccupati al massimo, aver cattivi crucci  che  occupano la testa. Icastica anche se becera locuzione con la quale si sostiene che ipotetici peni significanti gravi preoccupazioni ci stiano danzando in testa  per rammentarci  quelle inquetudini.

4 -TENÉ 'A MAGNATORA VASCIA

Ad litteram: tenere la  mangiatoia bassa  Id est:  non avere alcuna preoccupazione economica, e ciò non per proprii meriti, ma per cause derivanti dall’appartenenza a famiglia facoltosa, o per esser sodali di amici e/o parenti munifici     e comportarsi irresponsabilmente in maniera prodiga, quando non eccessivamente dispendiosa, non badando alle spese.

5 -TENÉ 'A NEVE DINT'Â SACCA

Ad litteram: tenere la neve in tasca ma meglio nel sacco. Detto di chi si mostri eccessivamente dinamico o frettoloso  e sia restio  a fermarsi per colloquiare, quasi dovesse  raggiungere rapidamente una meta prefissasi         prima che si sciolga l'ipotetico ghiaccio tenuto in tasca.Va da sé che trattasi di un’espressione iperbolica attesa la impossibilità di poter realmente  portare in tasca della neve o ghiaccio (basterebbe infatti il solo calore del corpo, per farli sciogliere…).

Questa riportata è la spiegazione che normalmente e popolarmente si dà dell’espressione e non è una spiegazione del tutto erronea: in realtà però piú precisamente la fretta e la dinamicità sottese nell’espressione son quelle dei cosiddetti nevari cioè degli addetti al trasporto  della neve  che prelevata nei mesi invernali  in altura (Vesuvio, Somma, Faito, Matese e monti dell’Avellinese) veniva dapprima conservata in loco  in grotte sottorranee dove gelava e poi all’approssimarsi dell’estate, stipata in sacche di iuta veniva trasporta velocemente a dorso di mulo  nelle città e paesi per rinfrescare l’acqua e fornire la materia prima per la confezione  dei gelati.

Da tanto si ricava che il termine sacca  sta ad indicare non solo la tasca di un abito, quanto e qui piú acconciamente  (con derivazione da un lat. parlato *sacca(m) femminilizzazione del classico lat. saccu(m), che è dal gr. sákkos, di orig. fenicia), un grosso recipiente  di tela spesso cerata  lungo e stretto, aperto in alto, usato per conservare o trasportare materiali incoerenti, o comunque sciolti. Il passaggio dal maschile sacco al femminile sacca si rese necessario perché – come ò piú volte annotato - in napoletano un oggetto (o cosa quale che sia) è inteso, se maschile, piú piccolo o contenuto del corrispondente femminile; abbiamo ad . es. ‘a tavula (piú grande rispetto a ‘o tavulo piú piccolo ),‘a tammorra (piú grande rispetto a ‘o tammurro piú piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande rispetto a ‘o cucchiaro piú piccolo), ‘a carretta (piú grande rispetto a ‘o carretto piú piccolo ); ),‘a canesta (piú grande rispetto a ‘o canisto piú piccolo ), fanno eccezione ‘o tiano che è piú grande de ‘a tiana e ‘o caccavo piú grande de ‘a caccavella.Nella fattispecie la sacca di iuta era piú grossa d’un sacco di tela.

 

 

6 -TENÉ 'A PAROLA SUPERCHIA

Ad litteram: tenere la parola superflua. Detto di chi  parli piú del dovuto   o sia eccessivamente logorroico, ma anche di chi, saccente e suppunente, aggiunga sempre un' ultima inutile parola e nell'ambito di   un colloquio  cerchi sempre di esprimere l'ultimo concetto, perdendo  -come si dice - l'occasione di tacere - atteso che le sue parole non sono né conferenti, né utili o importanti, ma solo superflue.

superchia  agg.vo f.le del maschile supierchio = eccedente, superflua/o, eccessiva/o (dal lat. volg. *superculu(m), deriv. di super 'sopra' ).

7 -TENÉ 'A PÓVERA  'NCOPP' Ê RECCHIE          

Ad litteram: tenere la polvere sulle orecchie  Icastica locuzione usata  a Napoli per indicare chi sia o - soltanto - sembri, per la voce e/o le movenze,   un diverso  accreditato di avere  le orecchie cosparse di una presunta polvere , richiamante quella  piú preziosa, in quanto aurea, ,che usavano per agghindarsi  gli antichi dignitarii messicani e/o peruviani  cosí apparsi ai conquistatori ispanici. La locuzione in epigrafe, a Napoli viene riferita ad ogni tipo di diverso, sia al ricchione (pederasta attivo), che  al femmenello (pederasta passivo); quest’ultimo, nel gergo della parlesia malavitosa fu detto anche fegàto/fecàto (chiara corruzione per semplificazione di fregato = posseduto carnalmente.

8 - TENÉ 'A PUZZA SOTT' Ô NASO

Ad litteram: tenere ilpuzzosotto il naso  Detto di chi, borioso, tronfio e schizzinoso  assuma un atteggiamento di ripulsa, quello di  chi avendo un  puzzo sotto il naso, non lo tollerasse.

9 - TENÉ A UNO APPISO 'NCANNA o altrove PURTÀ A UNO APPISO 'NCANNA

Ad litteram: tenere uno appeso alla gola o altrove portare uno appeso alla gola Locuzioni simili, ma di significato opposto: positivo il primo  e negativo il secondo; l’espressione di valenza  positiva si usa per significare di avere una spiccata preferenza per una persona, quasi portandola al collo a mo' di preziosa medaglia benedetta; in quella di  valenza negativa la locuzione è usata  per indicare una  situazione completamente opposta a quella testé segnalata, quella cioé in cui  una persona generi  moti di repulsione e di fastidio  a mo' di taluni pesanti, tronfi  monili che messi al collo, finiscono per infastidire chi li porti.Chiarisco qui  che per meglio  determinare la valenza della locuzione, quella positiva  è segnalata dall'uso del verbo purtà (portare), quella negativa dall'uso del verbo tené (tenere).

10 -TENÉ A QUACCUNO APPISO ALL'URDEMO BUTTONE D''A VRACHETTA

Ad litteram:tenere qualcuno appeso all'ultimo bottone  della apertura anteriore dei calzoni.

Id est: Avere e mostrare aperta repulsione nei confronti di qualcuno  al segno di considerarlo  fastidioso elemento da poter - figuratamente - sospendere, per vilipendio, all'estremo bottone della brachetta anteriore dei calzoni.

11 -TENÉ A QUACCUNO 'NCOPP' Ê  PPALLE

Ad litteram:tenere qualcuno sui testicoli  Id est: Cosí si esprime chi voglia fare intendere di nutrire profonda antipatia ed insofferenza nei confronti di qualcuno al segno  di ritenerlo, sia pure figuratamente, assiso fastidiosamente sui propri testicoli.

12 -TENÉ 'A SARÀCA DINT' Â SACCA   o anche TENÉ 'A QUAGLIA SOTTO

Ad litteram:tenere la salacca in tasca o anche averela quaglia sotto

Icastiche locuzioni, usate alternativamente per indicare la medesima cosa e cioè: tentare inutilmente di nasconder qualcosa ; nel primo caso  infatti è impossibile celare di avere in tasca una maleodorante salacca ; il suo puzzo l'appaleserebbe súbito; nella variante  è ugualmente improbo, se non impossibile nascondere di essere affetto da una corposa, voluminosa  ernia (quaglia) inguinale .

13 -TENÉ 'A SCIORTA 'E CAZZETTA: JETTE A PISCIÀ E SE NE CADETTE

Ad litteram:tenere il destino di Cazzetta: si dispose a mingere ed il pene cadde in terra.

Divertente locuzione usata però a bocca amara da chi voglia significare di essere estremamente sfortunato e perseguitato da una sorte malevola  al segno di non potersi iperbolicamente permettere neppure le piú normali funzioni fisiologiche, senza incorrere in gravi, irreparabili disavventure  quali  ad es. la perdita del pene.

14 -TENÉ 'A SCIORTA  D''O PIECORO CA NASCETTE CURNUTO E MURETTE SCANNATO

Ad litteram:tenere il destino del montone che nacque becco e morí squartato.

Locuzione che, come la precedente viene usata da chi si dolga del proprio infame destino, qui rapportato a quello del montone  che nato cornuto (per traslato: tradito) finisce i suoi giorni ucciso.

15 -TENÉ 'A SALUTE D''A CARRAFA D''A ZECCA

Ad litteram:tenere la salute (consistenza) della caraffa della Zecca.

Id est: essere molto cagionevoli di salute  al segno di poter essere figuratamente rapportati alla estrema fragilità della ampolla di sottilissimo  vetro, (la cui capacità era di litri 0,727)     ampolla che marcata, tarata e conservata presso  la Regia Zecca Napoletana  era la unica atta ad indicare la precisa quantità dei liquidi contenuti ed alla sua capacità dovevano uniformarsi le ampolle poste in commercio.

 

Brak

 

 

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