SCAURACHIUOVO
Questa volta è stato il carissimo amico d’antica data T. A. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) a chiedermi via e-mail di chiarirgli significato ed origine della voce partenopea in epigrafe.Gli ò cosí risposto: La parola di cui mi chiedi fa parte di quei termini desueti, ma che furono ancóra in uso nella città bassa negli anni ’50 del ‘900. Forse per il fatto d’essere desueto, il termine risulta assente in tutti i calepini antichi e moderni del napoletano in mio possesso [e non son pochi!]che ò compulsato. Ti posso però dire che di per sé ad litteram essa varrebbe: “scaldachiodo” ma veniva usata in primis con riferimento ad un implume garzone di bottega, ragazzo ancóra molto giovane, imberbe ed inesperto, poco scaltrito e/o pratico cui si potessero assegnare solo compiti poco gravosi, impegnativi, duri, difficili, complessi o onerosi. Successivamente il termine connotò genericamente qualsiasi ragazzo ancóra troppo giovane, imberbe e/o inesperto da cui non si potessero attendere servigi difficili, complicati o difficoltosi. Quanto all’orgine della parola essa etimologicamente è formata dall’agglutinazione funzionale della voce verbale scaura [3ª p. sg. ind. pr. dell’infinito scaurà (da un ex (intensivo)+ lat. volg. caldare<calidare)] con il s.vo m.le chiuovo [dal lat.cl. clavu-m] con riferimento primo al giovanissimo inesperto garzone del maniscalco, garzone addetto alla forgia col semplice compito di riscaldare i chiodi per la ferratura delle bestie. E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico T.A. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente chi dovesse imbattersi in questa paginetta.Satis est. Raffaele Bracale
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