domenica 25 luglio 2021

15 COLORITE ESPRESSIONI 25.7.21

 

15 COLORITE  ESPRESSIONI 25.7.21

1. ASPETTÀ CU LL’OVE 'MPIETTO.
Letteralmente: attendere con le uova in petto. Id est: attendere spasmodicamente, con impazienza, preoccupazione... L'espressione viene usata quando si voglia sottolineare la spasmodicità dell'attesa di un qualsivoglia avvenimento. E prende le mosse dall'uso invalso in certe campagne del napoletano, allorché le contadine, accortesi che la chioccia, per sopraggiunti problemi fisici, non portava a termine la cova, si sostituivano ad essa e si ponevano tra le mammelle le uova per completare con il loro calore l'operazione cominciata dalla chioccia.

2.'A SCIORTA 'E CAZZETTE:JETTE A PPISCIÀ E SSE NE CADETTE.
La cattiva fortuna di Cazzetta: si dispose a mingere e perse...il pene. Iperbolica notazione per significare l'estrema malasorte di un ipotetico personaggio cui persino lo svolgimento delle piú ovvie necessità fisiologiche comportano gravissimo nocumento.

3.ATTACCA 'O CIUCCIO ADDÓ VO’ 'O PATRONE
Letteralmente: Lega l'asino dove vuole il padrone Id est: Rassegnati ad adattarti alla volontà altrui, specie se è quella del capintesta(e non curarti delle conseguenze). È una sorta di trasposizione del militaresco: gli ordini non si discutono...

Una curiosità: Un tempo vi fu chi usava dire  e forse piú acconciamente, come chiarirò: Attacca ‘o ciuccio addó va ‘o varrone id est: Lega l’asino sul lato del carro dove la stanga principale tende ad inclinare (affinché faccia acconciamente  da bilancino e secondi la fatica del cavallo o mulo che sopportano il peso principale); successivamente visto che l’espressione non era intesa pienamente se non da gli addetti ai lavori di trasporto, essa fu mutata in quella assonante in esame che comunque ne stravolse alquanto il significato originario che connotava un esatto consiglio pratico ed efficiente, mentre nella versione in uso configura solo un consiglio opportunistico!  

4.'E MACCARUNE SE MAGNANO TENIENTE TENIENTE
Letteralmente: i maccheroni vanno mangiati molto al dente. La locuzione a Napoli oltre a compendiare un consiglio gastronomico ineludibile, viene usata anche per significare che gli affari devono esser conclusi sollecitamente, senza por troppe remore in mezzo.

Teniente è il participio presente aggettivato del verbo tené (che è dal lat. teníre); nella fattispecie il verbo sta per  mantenere (la cottura) e (poi che il participio è reiterato vale quase superlativo come quasi sempre nel napoletano) significa molto al dente; altrove l’espressione è riportata come  'E maccarune se magnano vierde vierde  dove l’aggettivo reiterato vierde vierde = verdi verdi à la medesima valenza del teniente teniente: molto al dente e ciò perché qualunque cosa sia détta verde vale immatura perciò non ammorbidita, ancóra  duretta, quasi acerba.

 

 

 5.'NU MACCARONE, VALE CIENTO VERMICIELLE. oppure MEGLIO ‘NU MACCARONE CA CIENTO VERMICIELLE
Letteralmente: Un maccherone, vale cento vermicelli.oppure  meglio un solo maccherone, che cento vermicelli Ma le locuzioni non si riferiscono alle pietanze in sé. Il maccherone delle locuzioni adombra la prestanza fisica ed economica che la vincono sempre sulle corrispondenti gracilità, quantunque strictu sensu un maccherone (pasta doppia) sia veramente preferibile per gusto  a cento vermicelli (pasta sottile).

6.ACRUS EST!
Letteralmente: E' acre! Cosí esclama un napoletano davanti ad una situazione ineludibile pur essendo difficile da sopportare. Un vecchio sacrestano, per far dispetto al suo parroco, aveva messo dell'aceto nell'ampollina del vino. Giunto al momento di comunicarsi il prete si adontò dicendo, appunto, acrus est - è acre - ed il sacrista replicò: te ll'he 'a vevere (lo devi bere) controreplica del prete: Dopp''a messa t'aspetto dint’ â sacrestia - dopo la messa ti attendo in sacrestia... - il sacrista: Hê 'a vedé si mme truove... - È probabile che non mi troverai... -

7.ALESIO, ALÈ, 'STU LUCIGNO QUANNO SE STUTA?
Letteralmente: Alessio, Alessio, questo lucignolo quando si spenge? La locuzione viene usata nei confronti di chi fa discorsi lunghi, noiosi, oziosi e ripetitivi nella speranza, il piú delle volte vana, che costui punto dal richiamo, zittisca e la pianti. E' da rammentare che in napoletano la parola cantilena si traduce, appunto, cantalesia.

8.AGGE PACIENZA E FATTE JÍ 'NCULO SO' 'A STESSA COSA...
Porta pazienza e lasciati fregare son la medesima cosa!L'invito proposto dalla prima parte della locuzione a sopportare, ad aver pazienza, viene dalla saggezza popolare equiparato a quello ben piú doloroso di lasciarsi sodomizzare!

9.NUN SPUTÀ 'NCIELO CA 'NFACCIA TE TORNA...

Letteralmente: Non sputare verso il cielo, perché ti ritorna in viso.L’imperativo oltre a contenere un’evidente riproduzione della realtà (poi che chi sputi verso l’alto, per l’ineludibile legge dell’attrazione terrestre, si vede ritornare in viso il suo medesimo sputo), è da intendersi nel senso che  chi si ponesse contro la divinità,offendendola anche con un ipotetico, figurato sputo ne subirebbe certamente le pronte conseguenze.  
10.SCIÚ, Â FACCIA TOJA!

Espressione volgare   di schifo e disprezzo, intraducibile ad litteram, che viene pronunciata, accompagnata spesso  dal gesto di un finto sputo, all'indirizzo di chi è tanto spregevole da meritarsi  di esser raggiunto da uno sputo al volto: infatti  la parola sciú altro non è se non l'onomatopeica  riproduzione di uno sputo, che - come precisato nel prosieguo della locuzione – à come destinazione  proprio la faccia di colui che si intende disprezzare! Talvolta l’espressione è limitata al solo sciú mantenendo però inalterato il senso di schifo e disprezzo contenuto nell’intera espressione.

 

11.'E FODERE CUMBATTONO I 'E SCIABBOLE STANNO APPESE.
Letteralmente: I foderi combattono e le sciabole stanno appese. La locuzione viene usata per commentare l'inettitudine di taluni che demandano, per indolenza o incapacità, il loro compito ad altri, cercando di esimersi dal lavoro.

12.STÀ 'NCAPPELLA.
Letteralmente: stare in cappella Id est: essere male in arnese, stare mal combinati, anzi stare alla fine della vita , al punto di aver necessità degli ultimi sacramenti. La locuzione fa riferimento ai condannati al patibolo della fine del 1600, che, a Napoli, prima dell'esecuzione venivano condotti in una cappella della Chiesa del Carmine Maggiore, adiacente la piazza Mercato, dove era innalzato il patibolo e nella cappella ricevevano l'estremo conforto religioso.

13.LL' AVIMMO FATTO 'E STRAMACCHIO.
Letteralmente: l'abbiamo compiuto alla chetichella,- o anche di straforo, di soppiatto, quasi "alla macchia", ai margini della legalità. L'espressione di stramacchio deriva pari pari dal latino extra mathesis, id est: al di fuori dei retti insegnamenti, dalle buone regole di condotta e perciò clandestinamente.

14.CHISTO È CCHILLO CA TAGLIAIE 'A RECCHIA A MMARCO.
Letteralmente: Questo è quello che recise l'orecchio a Marco. La locuzione è usata per indicare un attrezzo che abbia perduto le proprie precipue capacità di destinazione; segnatamente p. es. un coltello che abbia perduto il filo e non sia piú adatto a tagliare, come la tradizione vuole sia accaduto con il coltello con il quale Simon Pietro, nell'orto degli ulivi recise l'orecchio a Malco (corrotto in napoletano in Marco), servo del sommo sacerdote.

15.'O CCUMMANNÀ È MMEGLIO D''O FFOTTERE.
Letteralmente: Il comando è migliore del coito. Id est: c'è piú soddisfazione nel comandare che nel coire. La locuzione viene usata per sottolineare lo scorretto comportamento di chi - pur non avendone i canonici poteri - si limita ad impartire ordini e non partecipa alla loro esecuzione.

Brak

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