lunedì 26 luglio 2021

ALLA CARLONA

 

ALLA CARLONA

In un mio precedente scritto, m’era saltato l’uzzolo di usare l’espressione in epigrafe accostandola, per il significato,  ad altre quali in ogni modo, con qualsiasi espediente,ed anche con le buone o le cattive o ad avverbi/locuzioni avverbiali come grossolanamente, negligentemente, a vanvera  etc. L’amico prof. Carlo I. (motivi di privatezza m’impongono di riportare il solo nome…), cui avevo mandato lo scritto ché lo leggesse e mi desse un suo riverito parere, pur apprezzando ed approvando il contenuto di quelle mie paginette, si sentí – tra il serio ed il faceto – chiamato in causa sospettando, (ma son certo che scherzasse!) un mio birbante, irriguardoso  accostamento tra l’espressione ed il suo nome di battesimo. La mia buonafede era palese, per cui non mi scusai, ma mi ripromisi di indagare sull’origine dell’espressione, per sgomberare il campo da qualsivoglia equivoco. L’indagine à portato i risultati che seguono:   

carlóna s. f. invar. Con il s.vo inv. a margine (usato esclusivamente  nella locuz. avv.le alla carlona (XVI sec.)), ci si riferisce a qualsiasi cosa, azione, avvenimento fatto  in fretta e male,negligentemente, senza alcuna cura, o in modo caotico e raffazzonato alla come venga venga, in modo trascurato e/o grossolano: fare, vestire, scrivere alla c.; lavoro tirato giú alla c.; se vossignoria vuol prendersi il divertimento di sentir questa povera gente ragionar su alla c., potrà fargli raccontar la storia a lui, e sentirà (Manzoni).La suddetta locuzione avverbiale è in uso in un po’ tutte le regioni italiane (escludendo Napoli e la Campania dove – come scrissi alibi – nelle medesime accezioni si usa un’ altra locuzione  e cioè : alla sanfrasòn/zanfrasòn o sanfasòn che sono , pari pari, corruzione del francese sans façon (senza misura) e sono tra le pochissime, se non quasi uniche (escludendo il monosillabo nun= non) voci del napoletano che essendo accentate sull’ultima sillaba si possono permettere il lusso di   terminare per consonante in luogo di una  consueta vocale evanescente  paragogica finale (e/a/o) e raddoppiamento della consonante etimologica: normalmente in napoletano ci si sarebbe atteso sanfrasònne/zanfrasònne o sanfasònne come altrove barre per e da bar  oppure tramme  per e da tram oppure ancóra gasse  per e da gas  etc.); dicevo che la locuzione in epigrafe è in uso in un po’ tutte le regioni italiane  con varî adattamenti fonetici ( cfr. calabr.: a la carróna – nel settentrione carlàsc – a Firenze sia pure come carlone la voce sta invece per bonaccione; rammento che  nella lingua nazionale esiste poi un altro sostantivo carlone che è però  termine dell’agricoltura: granoturco e tale carlone  trae da una voce lombarda carlòn riferita al nome di san Carlo Borromeo che ne favorí la coltivazione; ma questo è un altro par di maniche;torniamo al s.vo carlona dell’espressione che ci occupa ed investighiamo sulla sua etimologia; ad un primo sommario esame il sostantivo a margine risulta essere la femminilizzazione della voce carlone che è sua volta aggettivazione maschile di un accrescitivo del nome proprio Carlo (cfr. il suff. one); si tratta perciò di un’evidente degradazione semantica di un  nome proprio (Carlo). Il problema dunque sta tutto nel tentare di identificare chi sia quel  Carlo che prestò  il suo nome al sostantivo carlona, usato quale aggettivo di una sottintesa e poi eliminata maniera nella piú completa espressione: alla(maniera) carlona→alla carlona e cioè alla maniera di Carlo o Carlone.Ed in effetti i maggiori lessici in uso (D.E.I. – TRECCANI – GARZANTI) reputano la voce carlona  derivata da un Carlone,quale  adattam. ital. del fr. ant. Charlon, caso obliquo di Charles,per  Carlomagno (Carlo, detto Magno, o Carlomagno, in tedesco Karl der Große, in francese Charlemagne, in latino Carolus Magnus (2 aprile 742 –† Aquisgrana, 28 gennaio 814),fu re dei Franchi e dei Longobardi ed imperatore del Sacro Romano Impero;  il soprannome Magno (in latino Magnus, "grande") gli fu dato dal suo biografo Eginardo, che intitolò la sua opera Vita et gestae Caroli Magni), rappresentato nei tardi poemi cavallereschi come uomo bonario e semplice; a questo punto  sottolineato che l’appellativo Magno riservato al Carlo re dei Franchi e dei Longobardi ed imperatore del Sacro Romano Impero ben potrebbe giustificare l’accrescitivo Carlone  con ciò che ne segue, ci si potrebbe accontentare dell’ipotesi etimologica proposta dai piú e non metterebbe conto neppure di riferire quella del Pianigiani che sulla scia di altri linguisti  anonimi e  non ricordati accanto all’idea suddetta  ipotizzò un ingl. Churl vicino al sassone cĕorl = rustico, villano vicino altresí all’ ant. alto tedesco karl = vigoroso ; oltretutto questa anonima ipotesi riportata dal Pianegiani se riesce a chiarire l’etimo di Carlo = vigoroso, semanticamente non soddisfa giacché il churl/ cĕorl = rustico, villano nulla ànno a che vedere con il comportamento negligente, sventato, sconsiderato, pasticcione, arruffone, senza alcuna cura di chi agisce alla carlona; un rustico, villano, contadino potrà avere comportamenti semplici,  spogli, disadorni, sobri, essenziali, ma non sbadati, approssimativi,   distratti, sventati, imprudenti, maldestri, negligenti che son propri di chi agisce grossolanamente e che  son tutt’altra cosa.

No, no! Lasciamo perdere rustici e villani ed atteniamoci  all’accrescitivo Carlone→carlona  per il quale però penso che non si debba scomodare Carlo re dei Franchi e dei Longobardi ed imperatore del Sacro Romano Impero; infatti l’ espressione alla carlona (cfr. il D.E.I.) è attestata la prima volta nel  XVI sec. cioè tra il 1600 ed il 1700,ben lontano dai secoli tra  l’ 8° ed il 9° del tempo di Carlo Magno…Sarebbe stato ben strano che in un paese come l’Italia patria di poeti e letterati di fervida fantasia, questi ultimi  avessero aspettato tanto tempo per coniare un’espressione prendendo oltre tutto  a modello un re/imperatore che nei tardi poemi cavallereschi era stato additato sí come uomo bonario e semplice, ma non però come  pasticcione, confusionario, arruffone, disordinato.  Mio sommesso, ma deciso avviso è dunque che, pur  confermando per la voce carlona la degradazione semantica di un nome proprio,è dunque che   il Carlo di riferimento possa essere stato un altro famoso imperatore e cioè  Carlo VIII  (Amboise, 30 giugno 1470 – † Amboise, 7 aprile 1498) che fu Re di Francia della dinastia dei Valois dal 1483 al 1498, che  salí alla ribalta cominciando la lunga serie di guerre Franco-Italiane; Carlo VIII, campione di disordine, disorganizzazione, dissesto, eccesso, intemperanza, sfrenatezza,sperpero etc. entrò in Italia nel 1494 (fine XV sec.) con lo scopo preciso di metter le mani sul regno napoletano e la sua avanzata caotica e disordinata scatenò un vero terremoto politico in tutta la penisola. Incontrò, nel viaggio di andata, timorosi regnanti, che gli  spalancarono le porte delle città pur di non aver a che fare con l'esercito francese e marciò attraverso la penisola, raggiungendo Napoli il 22 febbraio 1495. Durante questo viaggio assediò ed espugnò il castello di Monte San Giovanni, trucidando 700 abitanti, e assediò, distruggendone i due terzi e uccidendone 800 abitanti, la città di Tuscania (Viterbo).Incoronato re di Napoli, fu  oggetto di una coalizione avversa che comprendeva la Lega di Venezia, l'Austria, il Papato e il Ducato di Milano. Sconfitto nella Battaglia di Fornovo nel luglio 1495, fuggí in Francia in maniera disordinata e confusa  al costo della perdita di gran parte delle sue truppe. Tentò nei pochi anni seguenti di ricostruire il suo esercito, ma venne ostacolato dai grossi debiti contratti per organizzare la spedizione precedente, senza riuscire a ottenere un sostanziale recupero. Morí due anni e mezzo dopo la sua ritirata, per un banale  incidente, frutto o emblema del suo abituale comportamento disattento,  negligente, noncurante, incurante  sbattendo la testa contro l’architrave d’ un portone;  trasmise una ben  misera eredità e lasciò la Francia nei debiti e nel disordine  come risultato di una sconsiderata ambizione che venne definita, nella forma piú benevola, come utopica o  irrealistica; la sola nota  positiva nella sua sconsiderata, dispendiosa ed improduttiva   spedizione fu di promuvere contatti tra gli umanisti italiani e francesi, dando cosí vigore alle arti e alle lettere francesi nel tardo Rinascimento.). Alla luce di quanto or ora détto penso  che sia vicino al vero  che  gli autori  del XVI sec.che coniarono l’espressione alla carlona,   abbiano preso a riferimento un Carlo vicino ( Carlo VIII -fine XV sec.)piuttosto che uno remoto (Carlo Magno - VIII – IX secc.) atteso che oltre tutto,   storicamente era stato Carlo VIII ad essere accreditato d’essere un fenomeno di disordine, disorganizzazione, dissesto, eccesso, intemperanza, sfrenatezza,sperpero etc., laddove Carlo Magno soltanto nei fantasiosi  poemi cavallereschi era stato definito di gusti e comportamenti semplici, ma non per questo  disordinati, disorganizzati, eccessivi , o  intemperanti!

Penso che àbbia provato ad abundantiam la mia buonafede ( sono sí, talora un burlone,uno zuzzurullone, ma in genere so stare al mio posto, soprattutto con chi, come il prof. Carlo  I.,  lo meriti…); a margine mette conto di annotare che l’espressione in esame si rende spesso in italiano con la locuzione a vanvera cioè senza riflettere e senza stare attenti a quanto si dice o si fa, a casaccio, come viene viene; a tal proposito rammento che il sostantivo vanvera, variante di un antico fanfera [marcato su fanfano (voce espressiva che vale  chiacchierone, fanfarone, armeggione, un po’ anche imbroglione]è usato solo nella locuzione avverbiale “a vanvera”   e penso  che demum possa annotare il mio consueto satis est.

Raffaele Bracale

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