ALLA CARLONA
In un mio precedente scritto, m’era saltato l’uzzolo di usare
l’espressione in epigrafe accostandola, per il significato, ad altre quali in ogni modo, con qualsiasi espediente,ed
anche con le buone o le cattive o ad
avverbi/locuzioni avverbiali come grossolanamente,
negligentemente, a vanvera etc. L’amico
prof. Carlo I. (motivi di privatezza m’impongono di riportare il solo nome…),
cui avevo mandato lo scritto ché lo leggesse e mi desse un suo riverito parere,
pur apprezzando ed approvando il contenuto di quelle mie paginette, si sentí –
tra il serio ed il faceto – chiamato in causa sospettando, (ma son certo che
scherzasse!) un mio birbante, irriguardoso
accostamento tra l’espressione ed il suo nome di battesimo. La mia
buonafede era palese, per cui non mi scusai, ma mi ripromisi di indagare
sull’origine dell’espressione, per sgomberare il campo da qualsivoglia
equivoco. L’indagine à portato i risultati che seguono:
carlóna s. f. invar. Con il s.vo
inv. a margine (usato esclusivamente nella
locuz. avv.le alla carlona (XVI sec.)), ci si riferisce a qualsiasi cosa, azione, avvenimento fatto in fretta e male,negligentemente, senza alcuna
cura, o in modo caotico e raffazzonato alla come
venga venga, in modo trascurato e/o grossolano: fare, vestire,
scrivere alla c.; lavoro tirato giú alla c.; se vossignoria vuol prendersi il
divertimento di sentir questa povera gente ragionar su alla c., potrà fargli raccontar la storia a lui,
e sentirà
(Manzoni).La suddetta locuzione avverbiale è in uso in un po’ tutte le regioni
italiane (escludendo Napoli e la Campania dove – come scrissi alibi – nelle
medesime accezioni si usa un’ altra locuzione
e cioè : alla sanfrasòn/zanfrasòn o sanfasòn
che sono , pari pari, corruzione del francese sans façon (senza misura) e sono tra le pochissime, se non quasi
uniche (escludendo il monosillabo nun= non) voci del napoletano che
essendo accentate sull’ultima sillaba si possono permettere il lusso di terminare per consonante in luogo di
una consueta vocale evanescente paragogica finale (e/a/o) e raddoppiamento
della consonante etimologica: normalmente in napoletano ci si sarebbe atteso sanfrasònne/zanfrasònne o sanfasònne come altrove barre per e da bar oppure tramme per e da tram
oppure ancóra gasse per e da gas
etc.); dicevo che la locuzione in
epigrafe è in uso in
un po’ tutte le regioni italiane con varî adattamenti
fonetici ( cfr. calabr.: a la carróna
– nel settentrione carlàsc – a
Firenze sia pure come carlone la voce
sta invece per bonaccione; rammento che nella lingua nazionale esiste poi un altro
sostantivo carlone che è però termine dell’agricoltura: granoturco e tale carlone trae da una voce lombarda carlòn riferita al nome di san Carlo Borromeo che ne favorí la
coltivazione; ma questo è un altro par di maniche;torniamo al s.vo carlona
dell’espressione che ci occupa ed investighiamo sulla sua etimologia; ad un
primo sommario esame il sostantivo a margine risulta essere la
femminilizzazione della voce carlone che
è sua volta aggettivazione maschile di un accrescitivo del nome proprio Carlo
(cfr. il suff. one); si tratta perciò di un’evidente degradazione semantica di
un nome proprio (Carlo). Il problema
dunque sta tutto nel tentare di identificare chi sia quel Carlo che prestò il suo nome al sostantivo carlona, usato quale
aggettivo di una sottintesa e poi eliminata maniera
nella piú completa espressione: alla(maniera)
carlona→alla carlona e cioè alla maniera di Carlo o Carlone.Ed in effetti i
maggiori lessici in uso (D.E.I. – TRECCANI – GARZANTI) reputano la voce
carlona derivata da un Carlone,quale adattam. ital. del fr. ant. Charlon, caso obliquo di Charles,per Carlomagno (Carlo, detto Magno,
o Carlomagno, in tedesco Karl der Große, in francese
Charlemagne, in latino Carolus Magnus (2 aprile
742 –† Aquisgrana,
28 gennaio
814),fu re dei Franchi
e dei Longobardi
ed imperatore del Sacro Romano Impero; il soprannome Magno (in latino Magnus,
"grande") gli fu dato dal suo biografo Eginardo,
che intitolò la sua opera Vita et gestae Caroli Magni), rappresentato nei tardi poemi cavallereschi come uomo
bonario e semplice; a questo punto
sottolineato che l’appellativo Magno riservato al Carlo re dei Franchi
e dei Longobardi
ed imperatore del Sacro Romano Impero ben potrebbe giustificare
l’accrescitivo Carlone con ciò che ne
segue, ci si potrebbe accontentare dell’ipotesi etimologica proposta dai piú e
non metterebbe conto neppure di riferire quella del Pianigiani che sulla scia
di altri linguisti anonimi e non ricordati accanto all’idea suddetta ipotizzò un ingl. Churl vicino al sassone cĕorl
= rustico, villano vicino altresí all’ ant. alto tedesco karl = vigoroso ; oltretutto questa
anonima ipotesi riportata dal Pianegiani se riesce a chiarire l’etimo di Carlo
= vigoroso, semanticamente non soddisfa giacché il churl/ cĕorl = rustico, villano
nulla ànno a che vedere con il comportamento negligente, sventato, sconsiderato, pasticcione,
arruffone, senza
alcuna cura di chi agisce alla carlona; un rustico, villano, contadino potrà
avere comportamenti semplici, spogli,
disadorni, sobri, essenziali, ma non sbadati, approssimativi, distratti, sventati, imprudenti, maldestri,
negligenti che son propri di chi agisce grossolanamente e che son tutt’altra cosa.
No, no! Lasciamo perdere rustici e villani ed
atteniamoci all’accrescitivo Carlone→carlona per il quale però penso che non si debba
scomodare Carlo re dei
Franchi
e dei Longobardi
ed imperatore del Sacro Romano Impero; infatti l’ espressione alla carlona (cfr. il D.E.I.) è attestata
la prima volta nel XVI sec. cioè tra il 1600 ed
il 1700,ben lontano dai secoli
tra l’ 8° ed il 9° del tempo di Carlo
Magno…Sarebbe stato ben strano che in un paese come l’Italia patria di poeti e
letterati di fervida fantasia, questi ultimi
avessero aspettato tanto tempo per coniare un’espressione prendendo
oltre tutto a modello un re/imperatore
che nei tardi poemi cavallereschi era stato additato sí come uomo bonario e
semplice, ma non però come pasticcione,
confusionario, arruffone, disordinato. Mio sommesso, ma deciso avviso è dunque che,
pur confermando per la voce carlona
la degradazione semantica di un nome proprio,è dunque che il
Carlo di riferimento possa essere stato un altro famoso imperatore e cioè Carlo VIII (Amboise,
30 giugno
1470 – † Amboise,
7 aprile
1498) che fu Re di Francia della dinastia dei Valois
dal 1483 al
1498, che salí alla ribalta cominciando la lunga serie
di guerre Franco-Italiane; Carlo VIII, campione di disordine, disorganizzazione,
dissesto, eccesso, intemperanza, sfrenatezza,sperpero etc. entrò in Italia nel 1494 (fine XV sec.) con lo
scopo preciso di metter le mani sul regno napoletano e la sua avanzata caotica
e disordinata scatenò un vero terremoto politico in tutta la penisola.
Incontrò, nel viaggio di andata, timorosi regnanti, che gli spalancarono le porte delle città pur di non
aver a che fare con l'esercito francese e marciò attraverso la penisola,
raggiungendo Napoli
il 22 febbraio
1495. Durante questo
viaggio assediò ed espugnò il castello di Monte San Giovanni, trucidando 700
abitanti, e assediò, distruggendone i due terzi e uccidendone 800 abitanti, la
città di Tuscania (Viterbo).Incoronato re di Napoli,
fu oggetto di una coalizione avversa che
comprendeva la Lega di Venezia, l'Austria,
il Papato
e il Ducato di Milano. Sconfitto nella Battaglia di Fornovo nel luglio 1495, fuggí in Francia in
maniera disordinata e confusa al costo
della perdita di gran parte delle sue truppe. Tentò nei pochi anni seguenti di
ricostruire il suo esercito, ma venne ostacolato dai grossi debiti contratti
per organizzare la spedizione precedente, senza riuscire a ottenere un
sostanziale recupero. Morí due anni e mezzo dopo la sua ritirata, per un
banale incidente, frutto o emblema del
suo abituale comportamento disattento, negligente, noncurante, incurante sbattendo la testa contro l’architrave d’ un
portone; trasmise una ben misera eredità e lasciò la Francia nei debiti
e nel disordine come risultato di una
sconsiderata ambizione che venne definita, nella forma piú benevola, come
utopica o irrealistica; la sola
nota positiva nella sua sconsiderata,
dispendiosa ed improduttiva spedizione
fu di promuvere contatti tra gli umanisti
italiani e francesi, dando cosí vigore alle arti e alle lettere francesi nel
tardo Rinascimento.).
Alla luce di quanto or ora détto penso che sia vicino al vero che
gli autori del XVI sec.che
coniarono l’espressione alla carlona,
abbiano
preso a riferimento un Carlo vicino ( Carlo VIII -fine XV sec.)piuttosto che
uno remoto (Carlo Magno - VIII – IX secc.) atteso che oltre tutto, storicamente
era stato Carlo VIII ad essere accreditato d’essere un fenomeno di disordine, disorganizzazione,
dissesto, eccesso, intemperanza, sfrenatezza,sperpero etc., laddove Carlo Magno
soltanto nei fantasiosi poemi cavallereschi
era stato definito di gusti e comportamenti semplici, ma non per questo disordinati, disorganizzati, eccessivi ,
o intemperanti!
Penso che àbbia provato ad abundantiam la mia buonafede (
sono sí, talora un burlone,uno zuzzurullone, ma in genere so stare al mio
posto, soprattutto con chi, come il prof. Carlo
I., lo meriti…); a margine mette
conto di annotare che l’espressione in esame si rende spesso in italiano con la
locuzione a vanvera cioè senza riflettere e senza stare attenti a quanto si
dice o si fa, a casaccio, come viene viene; a tal proposito rammento che il
sostantivo vanvera, variante di un antico fanfera [marcato su fanfano (voce
espressiva che vale chiacchierone,
fanfarone, armeggione, un po’ anche imbroglione]è usato solo nella locuzione
avverbiale “a vanvera” e penso
che demum possa annotare il mio consueto satis est.
Raffaele Bracale
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