martedì 17 agosto 2021

SCROCCARE SBAFARE E DINTORNI

 

SCROCCARE SBAFARE  E DINTORNI

Questa volta su suggerimento/richiesta dell’amico E. C. amico di cui al solito (per questione di riservatezza) mi limito ad indicare le iniziali di nome e cognome, prendo in esame le voci italiane  in epigrafe,i sinonimi  e le corrispondenti voci del napoletano. Comincio dunque a dire di

scroccare verbo tr..

1 riuscire a ottenere qualcosa a spese altrui (anche assol.): gli ho scroccato un pranzo; costui non fa che scroccare
2 (estens.) ricevere senza merito: scroccare lo stipendio;etimologicamente si tratta di un verbo denominale di crocco ( voce anche napoletana dal francese croc con tipico raddoppiamento espressivo della consonante  e paragoge di una vocale semimuta finale)= uncino, con prostesi di una s distrattiva; propr. 'staccare dall'uncino'quasi che semanticamente ciò che sia stato ottenuto a spese altrui  lo si sia sottratto con violenza staccandolo via da un ipotetico uncino dove fosse atteccato; rammento che in italiano esiste anche un antico e desueto verbo intransitivo scroccare  che però non à i significati di quello in esame, ma vale: scoccare (che ne à fornito l’etimo per sovrapposizione su crocco), scattare.

sbafare verbo tr.


1 mangiare a spese d'altri: sbafare un pranzo 

2(estens.) scroccare;

3 mangiare avidamente e in abbondanza;

etimologicamente si tratta di un verbo piú che  denominale di

sbafo(voce onomatopeica), direttamente marcato sul fr. s + bâfrer).

 i due verbi esaminati ànno molto estensivamente quali sinonimi

 rubare, frodare che di per sé ànno significati molto diversi dello scroccare e/o sbafare; ma poi che sono in uso come sinonimi li illustro:

rubare v. tr.
1 appropriarsi in modo illecito di beni altrui; sottrarre ad altri qualcosa, spec. con l'astuzia o con la frode (anche assol.): rubare il portafoglio a qualcuno; mi ànno rubato l'automobile; essere sorpreso a rubare | détto di animale: il gatto à rubato la salsiccia; l'anello della regina fu rubato dalla gazza | rubare lo stipendio, percepirlo senza meritarselo | rubare sulla spesa, sul prezzo, sul peso, aumentarli indebitamente ' rubare a man salva, senza misura | détto di persona ingorda e/o nel senso dei verbi in epigrafe ànno rubato il pane a tutti
2 (fig.) sottrarre, portar via quanto appartiene ad altri: à rubato il fidanzato all'amica; rubare l'affetto di una persona | rubare un'idea, metterla in opera spacciandola per propria | rubare il tempo a qualcuno, farglielo perdere | rubare ore al sonno, al riposo, dormire, riposare meno del necessario | rubare il mestiere a qualcuno, fare indebitamente o inopportunamente ciò che compete ad altri | rubare il posto a qualcuno, soppiantarlo in quel posto | rubare qualcosa con gli occhi, mostrare di desiderarla molto ' rubare la vista, si dice di edificio che si innalza davanti a un altro, riducendo di molto la vista che si godeva da quest'ultimo; il verbo etimologicamente è dal germanico raubon;

frodare v. tr.
1 privare qualcuno, con la frode, di qualcosa che gli spetta: frodare lo stato, un cliente, i compagni
2 sottrarre qualcosa con l'inganno, con la frode: frodare una somma a qualcuno
3 (ant.) nascondere, falsare: la verità nulla menzogna frodi; etimologicamente è dal lat. fraudare, deriv. di fraus fraudis 'frode'.

Esaminati i verbi dell’italiano, veniamo ai numerosi verbi del napoletano che rendono quelli dell’italiano dell’epigrafe; gli italiani scroccare sbafare son resi nel napoletano  scurchiglià, sficcà,fégnere poi tégnere .

scurchiglià v. tr.

1 scroccare

2 pelare, spellare, spennare, salassare

3 frodare

interessantissima l’etimologia di questo verbo nato in àmbito dotto/letterario quale denominale  del lat. curculio/gurgulio-onis = curculione (insetto coleottero dannoso per le colture, aduso  a suggere, sottrarre sostanze nutritive dalle coltivazioni); a curculio/gurgulio si è aggiunta in posizione protetica la consueta s intensiva partenopea sino ad ottenere uno scurculio donde scurcuglio e scurchiglià;

sficcà   v. tr.

1      sconficcare

2      estrarre, staccare

3      (per traslato)scroccare,sbafare

4      etimologicamente dal lat. volg. *figicare, intens. di figere 'attaccare, infiggere', con prostesi  la consueta s distrattiva partenopea; semanticamente lo scroccare,sbafare del traslato sono spiegati con il fatto che ciò che viene estratto, staccato rappresenta  quasi l’immeritato, indebito  premio sottratto fraudolentemente e dunque  sbafato a scrocco; fégnere e poi tégnere v. tr. e intr.; il primo verbo desueto e letterario significò

1 fingere,

2 mentire,

3  simulare;  tégnere è v. tr. usatissimo sia nei significati primarî (sub 1 -2 3) che in quelli traslati (sub 4 etc.)

1 dare a una cosa un colore diverso da quello che à: tégnere ‘na giacchetta ‘e bblu(tingere una giacca di (o in) blu);
2 macchiare, sporcare:’o ccravone m’ à tignuto ‘o vestito  (il carbone mi à  tinto, mi à sporcato il vestito) | (assol.) nell'uso fam., spandere colore, e quindi sporcare di colore: ‘na stilografica, ‘na vesta ca tegne(una stilografica, una veste  che tinge)
3 (lett.) colorare: ‘o sole ca tramuntava tigneva ‘o cielo ‘e russo(il tramonto tingeva il cielo di rosso);

4  scroccare soldi o altro(ed è il caso che ci occupa) chella femmena à tignuto bbuono e mmeglio ‘a famiglia d’isso ( quella donna à scroccato molti benefici alla famiglia del suo sposo)

 | tégnerse v. rifl.
1 imbellettarsi | tingersi i capelli
2 (fam.) macchiarsi, sporcarsi di colore: te sî tignuto sano sano, va’ a lavarte!(ti sei tutto tinto, va' a lavarti!)

v. intr. pron. assumere un determinato colore, colorarsi (anche fig.): ‘e nnuvole se tignevano ‘e rosa(le nuvole si tingevano di rosa); ‘nu ricordo ca se tegne ‘e nustalgia(un ricordo che si tinge di nostalgia). Prima di accennare all’etimo dei due  verbi in esame voglio soffermarmi sulla semantica delle singole accezioni: per quelle sub 1,2,3 sia del primo che del secondo,   nulla quaestio; è intuitiva; piú complesso spiegare la semantica dell’accezione sub 4 di tegnere tuttavia mi cimenterò nell’impresa dicendo che l’accezione: scroccare soldi o altro di tégnere nel parlato della città bassa nasce da un equivoco; in effetti il verbo che negli antichi scritti del napoletano indicava lo scroccare fu fégnere (fingere, mentire, simulare bisogno per ottenere gratuitamente degli aiuti e/o beneficî); quando il verbo fégnere nell’accezione or ora rammentata pervenne sulla bocca dell’ illetterato popolino della città bassa, esso fégnere venne confuso con il piú noto ed usato assonante tégnere e si finí per riferire anche a quest’ultimo verbo l’accezione   ch’era propria di fégnere: scroccare soldi o altro fingendo, mentendo, simulando  bisogno; e ciò è tanto vero che dei molti compilatori di calepini del napoletano solo il D’Ascoli, studioso di estrazione popolare ed aduso a pescare nel parlato e non solo nello scritto,  registra tégnere nell’accezione che fu di  fégnere.

Come è pacifica l’etimologia di tégnere  che è una lettura metatetica del lat.  tingere→tígnere→tégnere come alibi per chiagnere ←plangere - astregnere←a(d)stringere etc., cosí è pacifica l’etimologia di fégnere  che è una lettura metatetica del lat.  fingere→fígnere→fégnere.

 

 

Proseguiamo.

 Ben piú numerosi i verbi napoletani  che rendono gli italiani  rubare, frodare .Essi sono:accrastà, arravuglià, arraffà o,aggraffà o aggranfà, arrefulià, arrunzà, aggrammignà,affuffà, astregnere,arresidiare,azzimmà,annettere, auzà, arranfà, cottejare,  furà, pezzecà, jucà ‘e renza, jucà ‘e rancio.
E passo ad esaminarli singolarmente
arrubbà: vale il generico rubare, ma sarebbe fallace pensare che il verbo napoletano sia stato marcato sull’italiano rubare; in realtà il verbo partenopeo à un diverso etimo di quello italiano risultando essere un denominale di robba (roba)( lemma dal tedesco rauba =bottino,preda) attraverso un ad + robba = adrobba→arrubba→arrubbare/arrubbà= darsi al bottino, alla preda;
accrastà:di per sé vale: agguantare, sopraffare con violenza, ma in particolare: rapinare; l’etimo è dal latino *ad-crastare→accrastare= sospingere ad una intagliatura; crastare è da un lat. classico castrare(=tagliare) da cui,con una evidente metatesi,crastare donde ad+crastare→accrastare/accrastà;

aggrammignà, v. tr. rubare con destrezza e/o  con fatica.

L’etimo della voce, che chiarisce anche la semantica della definizione, è un denominale del s.vo gramegna/grammegna (dal  lat. graminea(m), propr. f. sost. dell'agg. gramineus, deriv. di gramen -minis 'erba'); trattandosi di un’erba che si attacca saldamente al suolo con le proprie radici, se ne ricava che per estirparla occorra destrezza ed impegno i medesimi che occorrono per sottrarre qualcosa nel tipo di furto che il verbo a margine considera.

Affuffà v. tr.ed intr. come v. trans. vale rapinare derubare, depredare, spogliare, ma anche  acciuffare,  acchiappare, accalappiare, afferrare, catturare, arrestare come v. intr. sta per scappare precipitosamente(dopo d’aver portato a termine il firto e/o la rapina); etimologicamente il verbo in esame piú che un adattamento attraverso assimilazioni regressive  di acciuffare→affuffare  è una derivazione dello spagnolo azuzar→azzuzza(r)→affuffar prima con raddoppiamento espressivo dell'affricata alveolare sorda... zeta e poi con passaggio popolare alla consonante fricativa labiodentale sorda effe ritenuta piú espressiva e meno dura  dell'affricata alveolare sorda... zeta;

 astregnere, v.tr.  in primis vale

1stringere, accostare, avvicinare con maggiore o minor forza una cosa a un'altra; serrare più cose insieme;

2 chiudere, premere, serrare qualcosa entro un'altra; premere, serrare, comprimere;

3 costringere qualcuno ad accostarsi a qualcosa; far addossare; obbligare, costringere;

4 in senso morale, legare, avvincere;

5 stipulare, concludere; rimpiccolire, accorciare, restringere; accelerare, affrettare il compimento di un'attività, di una decisione;

ed altri significasti traslati tra i quali quello che ci occupa di  6 rubare con violenza assalendo ed incalzando il derubato;

voce derivata da una lettura metatetica  del lat. stringere→strignere con protesi di un a(d) intensivo.  

arresedià, v. tr.

 (voce abbondantemente desueta) che un tempo valse rassettare, mettere in ordine e per ampiamento semantico ed è il caso che ci occupa  rubacchiare (dando una diversa … sistemazione ai beni altrui); oggi il verbo è sostituito nel significato di rassettare, ma anche in quello furbesco di rubare,  da arricettà ( da un ad+ receptum)= dar sistemazione, raccogliere e riporre (arricettà ‘a casa, ‘a stanza= rassettare la casa, la stanza mentre arricettà ‘e fierre sta per raccogliere i ferri usati per lavorare, riporli nella borsa dando loro ricetto= pace,ricovero, calma, tranquillità ed ugualmente arricettà ‘e ssacche sta per ripulire le altrui tasche. Torniamo al verbo a margine: arresedià che come ò detto valse dapprima  rassettare, mettere in ordine, sistemare; non tranquilla la lettura etimologica del verbo; qualcuno si trincera dietro un pilatesco etimo ignoto o incerto qualche altro (ad es. il fu D’Ascoli) opta per un lat. asseditare donde l’italiano assettare= mettere in assetto, ordinare, sistemare convenientemente e con cura; chi si trincera dietro l’etimo ignoto o incerto mi dà l’orticara, ma D’Ascoli non mi convince: se semanticamente asseditare potrebbe accontentarmi, non lo può morfologicamente: v’è, a mio avviso, troppa differenza tra asseditare ed arresediare. Direi anzi con il molisano on. Di Pietro: “Nun ce azzecca niente asseditare con arresediare. A mio sommesso, ma deciso avviso, anche con riferimento ai concetti di dar sistemazione, raccogliere e riporre dando ricetto ossia ricovero, calma, pace, tranquillità espressi dal verbo arricettà che nel parlato comune à sostituito il verbo a margine conservandone il significato, quanto all’etimo di arresedià dico che si possa con somma tranquillità farlo risalire ad un lat. ad + resedare= calmare (composto da un re (particella  intensiva) + sedare).

azzimmà, è  un  verbo tr.  che in napoletano, come il successivo arrefulià  si usa per indicare il rubacchiare che si fa sui soldi della spesa; è il verbo che connota l’azione che in italiano è resa con l’espressione far la cresta (che spiegherò oltre); nel verbo a margine si fa riferimento all’azione di cimatura (nell'industria tessile, portare il pelo di un tessuto ad un'altezza uniforme) sui morbidi tessuti di lana, cimatura  presa a modello per  significare l’azione del rubacchiare consistente quasi nel cimare superficialmente il danaro destinato ad altro uso; etimologicamente si tratta di voce ricavata  dal provenz. azesmar, che continua il lat. adaestimare;

annettà, v. tr. che in primis vale ripulire, render pulito, mondare e per traslato furbesco sottrarre a qualcuno tutto il suo danaro portandoglielo  via, spec. vincendoglielo al giuoco 'annettà ‘a casa a quaccuno  (ripulire la casa a qualcuno), rubargli tutto. Etimologicamente è un verbo denominale dell’agg.vo netto (dal lat. Lat. nit(i)du(m)→nittu(m), deriv. di nitíre 'brillare') con protesi di un intensivo ad→an per assimilazione regressiva;    

auzà/aizà=alzare  v. tr. dal lat. volg. *altiàre denominale da altus; da *altiàre l’antico napoletano trasse un auzare/auzà→aizà  come del resto altus diede auto donde con epentesi di una v eufonica, àvuto→àveto= alto; il verbo a margine à numerosi accezioni; in primis vale

1alzare, sollevare,

2raccogliere,

3 sollevarsi

4 possedere carnalmente una donna;

poi anche (ed è il caso che ci occupa) ricavare utili da un attività anche illecita quale è quella del furtarello;

 

cottejare,  v. tr.   verbo desueto che valse

1 frequentare le case da giuoco; ma anche

2 canzonare;

3 infinocchiare;

4 carpire la buona fede ed infine, come nel caso che ci occupa

5 rubacchiare al giuoco; etimologicamente si tratta di un grecismo in uso nell’Esarcato (circoscrizione amministrativa dell'Impero bizantino) dal greco kottismós (=giuoco di dadi; alea;) e dal verbo kottízō  che diedero il tardo lat. *cottizzare da cui poi  la voce napoletana;

pezzecà, v. tr. verbo dalle molte accezioni:

1 stringere con il pollice e l'indice una parte molle del corpo, per far male o, leggermente, come forma di scherzo o di approccio affettuoso: pezzecà ‘nu vraccio, ‘a masca(pizzicare un braccio, la guancia)
2 (estens.) pungere (anche assol.): ‘e tavane pizzecano (le zanzare pizzicano);
3 stimolare con un sapore piccante o una sensazione frizzante (anche assol.): ‘nu furmaggio ca pizzeca ‘a vocca(un formaggio che pizzica il palato);
4 (fig. fam.) sorprendere, cogliere in fallo:ll’ànnu pezzecato mentre pezzecava (l'hanno pizzicato mentre rubava)
5 (mus.) far vibrare le corde di uno strumento con il polpastrello delle dita o con il plettro

 6 (per traslato come nel caso che ci occupa) rubacchiare rubare qua e là, poco per volta,  ma con frequenza.  ||| v. intr. [aus. avere] dare prurito: mi pizzica una mano | sentirsi pizzicare le mani, (fig. fam.) aver voglia di menarle ||| pezzecarsi v. rifl.
1 scambiarsi dei pizzichi
2 (fig.) stuzzicarsi, punzecchiarsi:stanno sempe a pezzecarse ll’uno cu ll’ato( stanno sempre a pizzicarsi vicendevolmente).Etimologicamente è un intens. del verbo ant. pizzare 'pungere', da avvicinare a pizzo 'punta'

jucà ‘e renza/ jucà ‘e rancio. v. intr.

letteralmente giocare (rubare) di abitudine o mania/giocare (rubare ) servendosi delle nude mani a mo’ di un rampino (strumento atto a brancare qualcosa) id est: 1) rubare per cleptomania   2) rubare con destrezza e rapidità;

jucà = v. intr. giocare, 1 dedicarsi a un'attività piacevole per divertimento, per passatempo, per esercizio fisico o mentale o anche per trarne guadagno; trastullarsi, scherzare; usare parole equivoche per poterle poi interpretare a proprio modo; ingannare o prendere in giro; 2 dedicarsi al gioco d'azzardo; arrischiare il proprio denaro in scommesse e in altre attività dominate dalla sorte;

3 dare prova di abilità, servirsi di qualcosa con abilità;ed è in questa accezione che rientra il significato che ci occupa;

4 praticare un gioco sportivo;

5 essere in gioco: dinto a ‘sti fatte ce joca ‘a furtuna!(in queste cose gioca la fortuna), agire; mettere in gioco, a repentaglio; rischiare;
6 aver gioco, avere la possibilità di muoversi nell'insieme degli organi di un meccanismo; ‘a chiave joca bbuono dint’ â mascatura(la chiave gioca bene nella serratura);
7 detto di luce, aria, acqua ecc., creare particolari effetti;

 v. tr. [nei sign. 1, 2, 3 anche rafforzato con la particella pron.]
1 mettere in gioco,  usare le proprie risorse;

2 scommettere, puntare al gioco; in espressioni iperb.: jucarse pure ‘a cammisa(giocarsi anche la camicia), (fig.) tutto ciò che si possiede; jucarse ‘a capa ‘ncoppa a quaccuno o quaccosa(giocarsi la testa su qualcuno, su qualcosa), (fig.) per dire che si è assolutamente sicuri di qualcuno o qualcosa;
3 arrischiare, mettere in pericolo; perdere qualcosa per averla messa a repentaglio;

4 ingannare, prendere in giro; vincere con astuzia: t’aggiu jucato  (ti ò giocato!)
5 disputare una gara sportiva;  come ò détto, qui il verbo è usato per estensione nel senso di rubare; la voce è  dal lat. volg. *iocare, per il class. iocari, deriv. di iocus 'gioco'

 renza  s.vo f.le = uso, abitudine, mania;

 viene dal participio presente del  verbo latino haerere= aderire; in napoletano infatti è usato nell’espressione jí ‘e renza   oppure tirarse ‘na renza cioè prendere un’abitudine, aderire ad un modo di fare.

rancio/rangio  s.vo m.le  granchio, rampino voce dal lat.  crancer→(c)rance(r) collaterale di cancer.

Rammento che nel parlato comune, soprattutto della città bassa accanto all’espressione jucà ‘e renza non s’usa nel significato di  rubare con destrezza e rapidità, non s’usa il riportato jucà ‘e rancio  ma un corrispondente menà ‘o rancio  costruito con il verbo menà = buttare, lanciare, allungare; di per sé la voce menà, etimologicamente viene da un tardo lat. minare, propr. 'spingere innanzi gli animali con grida e percosse', deriv. di minae 'minacce';

arraffare/arraffà/arranfà o anche aggranfà o pure aggraffà tutte le  voci verbali in esame  sono evidenti diverse sistemazioni fonetiche (attraverso varî adattamenti) di una medesima voce iniziale che è aggranfà e tutte valgono per: abbrancicare, afferrare con destrezza e rapidità e posson quasi valere l’italiano scippare; etimologicamente la voce aggranfare/aggranfà risulta essere un denominale del longobardo krampfa = artiglio, grinfia,uncino;
arrunzà:di per sé vale: prender tutto, senza distinzione di sorta, far man bassa di ciò che capiti, raccattandolo alla meno peggio; con questo verbo, e con il successivo si identifica il furto di piccoli oggetti o generi alimentari operato nei grandi eserci commerciali; etimologicamente la voce risulta denominale di un tardo latino runca = falcetto, quasi nel significato di tagliar tutto, recidere (con la roncola) senza distinzione;
arravugliare/arravuglià: di per sé vale: avvolgere, inviluppare ed estensivamente sottrarre qualsiasi cosa capiti sotto mano, celandola nelle tasche o nelle pieghe degli abiti; come ò detto è il tipo di furto che si perpetra nei grandi esercizi commerciali soprattutto nei reparti di generi alimentari; etimologicamente la voce risulta essere  dal basso latino ad+revolviare→arrevolviare→arravovljare→arravoglià→arravuglià= confondere, celare;

arrefuliare/arrefulià è il verbo che in napoletano si usa per indicare il rubacchiare che si fa sui soldi della spesa; è il verbo che connota l’azione che in italiano è resa con l’espressione far la cresta (dalla locuzione romanesca: far l'agresta, riferita ai contadini che, per rubare al padrone, coglievano l'uva acerba e ne vendevano il succo);il verbo napoletano a margine è un rafforzamento, attraverso un ad→ar protetico , del verbo refulià /refilà = rifilare (da un tardo lat.re(ri)+ filare, deriv. di filum 'filo'=pareggiare qualcosa con un taglio a filo);
furare/furà che è il generico rubare, sottrarre , ma è voce essenzialmente usata anticamente in poesia; il verbo a margine ripete dritto per dritto il basso latino furare per il classico furari da fur/furis, da cui anche l'taliano furto. In coda mi pare giusto, con il rischio di ripetermi,  rielencare le voci aggiungendone qualcuna inopinatamente sfuggita.

rubbà v. tr. = rubare in tutti i medesimi significati del corrispondente verbo italiano, ma sarebbe fallace pensare che il verbo napoletano sia stato marcato sull’italiano rubare  (che etimologicamente è  dal germ. raubon) ; in realtà il verbo partenopeo à un diverso etimo di quello italiano risultando essere un denominale di robba (roba)(dal tedesco rauba =bottino,preda) attraverso un  ad→ar  per assimilazione regressiva + robba = adrobba→arrobba→arrobbare→arrubbare/arrubbà= darsi al bottino, alla preda;
accrastà v. tr. = agguantare,rapinare, sopraffare violentemente; etimologicamente da un lat.parlato *ad-crastare metatesi d’un classico castrare= tagliare;

affucà v. tr. = in primis soffocare, affogare, uccidere e poi per ampliamento semantico, ma usato come riflessivo di vantaggio: affucarse appropriarsi di qualcosa, sottrarre; etimologicamente   da un  lat. volg. *affocare per offocare 'strozzare', da ob e fauces, pl. di faux -cis 'gola',

aggraffà v. tr. = in primis abbrancicare, afferrare e poi per ampliamento semantico togliere, levare;

arrefulïà in primis assottigliare,ridurre, diminuire di poco in poco   e poi per ampliamento semantico togliere,sottrarre e quindi rubare; etimologicamente   da un  lat. volg.*ad- refilare→arrefilare→arrefulïare, deriv. di filum 'filo';

    furà v. tr. = sottrarre,rapinare,rubare con destrezza  è voce essenzialmente usata anticamente in poesia; il verbo a margine ripete dritto per dritto il basso latino furare per il classico furari da fur/furis, da cui anche l'taliano furto.

grancïà/rancïà v. tr. = sottrarre,rapinare,rubare con destrezza servendosi di arnesi da scasso; etimologicamente è un denominale di grancio = granchio (dal lat. cranciu(m) con lenizione cr→gr  e semplificazione di gr→r per la forma  rancïà; interessante il passaggio semantico dalle chele del granchio agli arnesi da scasso. 

scraffignà  v. tr. =  portare via con lestezza,rapinare,rubare;  etimologicamente denominale di graffa/*craffa 'uncino' deriv.  dal longob. *krapfo 'uncino' con protesi di una . s(intensiva)

Degli altri verbi (attrappulià e attrappià,arravuglià etc.)  che per traslato o estensione semantica valgono rubare ò già détto altrove.

E con ciò penso d’avere, anche questa volta  risposto adeguatamente alla richiesta dell’amico E.C. e d’avere interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori. Satis est.

Raffaele Bracale

 

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