CRAJE, CRAJE ‘O FFA ‘A
CURNACCHIA.
Ad litteram: cra, cra lo fa la cornacchia id est: lo cra, cra è il verso della
cornacchia.
Cosí
a Napoli si suole rispondere a chi faccia le viste di voler rimandare ad un non
meglio precisato domani (craje←cras) i suoi obblighi ed i suoi adempimenti,
laddove sarebbe tenuto ad un rapido adempimento di quanto dovuto. A chi,
interrogato sul quando avrebbe intenzione di tener fede al promesso, dovesse
rispondere con un latineggiante: “Cras, cras” nel chiaro intento di procrastinare
sine die il suo obbligo, gli si può opporre la locuzione in epigrafe per indurlo
a tener fede al suo dovere.
Trovandomi
a dire di cras, continuo a parlare di tempo ricordando che una volta in napoletano oggi si disse con
derivazione dal lat. hodie, oje; epperò taluni sprovveduti scrittori partenopei
usarono impropriamente questo termine oje al posto del vocativo oj (ehi!); per la verità
il termine oje è un termine ormai in disuso e viene usato il piú italianizzato
ogge, ma un tempo era usatissimo come usati erano i termini che seguono tutti
oggi desueti, abbandonati e non sostituiti o sostituiti usando i termini
dell’italiano pronunciati sciattamente per
conferir loro una qualche veste di napoletanità, ma falsa come e piú di
Giuda
craje
= domani dal lat. cras; oggi indegnamente si usa un
raffazzonato dimane che scimmiotta l’italiano domani;
piscraje= dopodomani dal
latino biscras; oggi invece si
usa un raffazzonato doppodimane che scimmiotta l’italiano dopodomani
pescrille/ pescrigno = tra tre giorni;oggi si usa
: ‘nfra tre gghiuorne; pescrillo è dal latino post tres ille=dopo tre di quei(giorni);pescrigno = tra tre giorni o
meglio: dopo quel domani piú lontano
da un acc. lat. volg. post crineu(m)←cras+ineu(m) questo ineu(m) fu un suffisso di valore diminutivo
con riferimento a tempo piú lontano;
pescruozzo=tra
quattro giorni da un acc.
lat. volg. post croceu(m)←cras+oceu(m)
questo oceu(m) fu un suffisso di valore
diminutivo con riferimento a tempo molto lontano; oggi: ‘nfra quatte juorne
jesterza = l’altro
ieri per l’etimo occorre partire dalla base dell’aggettivo latino “hesternus” (= giorno di ieri, della
vigilia) , che mostra un suffisso “-nus” frequente nella formazione dei temi
nominali, per modo che facilmente si è potuto forgiare un composto aggettivale
femminile hester-tertia dies che –soggetto poi ad aplologia(caduta sillabica
per similitudine totale o parziale rispetto alla sillaba vicina: cfr. ad es.qualche
cosa→qualcosa; mineralo-logia → mineralogia,cavalli leggeri→ cavalleggeri
ecc. Nel lemma in esame, caduto un “-ter-” per la stretta contiguità di
“-ster- si è sfociati in hestertia→jesterza = “il terzo giorno a ritroso”
rispetto a quello di partenza, fondamentale per il conteggio della distanza
temporale da ricavare arretrando: “ieri l’altro”, cioè “il terzo giorno (non
“da ieri”, ma) di ieri…; oggi si usa in luogo di jesterza il raffazzonato ll’autrjere
che scimmiotta l’italiano l’altro ieri.
Oggi purtroppo,come ò anticipato si usano nell’imbastardito, imbarbarito
napoletano corrente termini italianizzati
come ogge invece di oje, dimane
invece di craje, doppodimane,e cosí via e non
facendo piú progetti a lunga scadenza, non parliamo proprio del terzo giorno
antecedente né del terzo giorno dopo, né ovviamente del quarto giorno dopo! Che
tristezza! Povero napoletano!
Raffaele
Bracale
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