domenica 24 ottobre 2021

25 MODI DI DIRE

 

25 MODI DI DIRE

1 -  STORTA VA, DERITTA VÈNE

Ad litteram:va storto, ma viene dritto id est: parte negativamente, ma si conclude positivamente; locuzione emblematica di una filosofia ottimistica  con cui si afferma la certezza, o almeno la speranza, che le cose principiate in modo errato  o che sembrano procedere distortamente, si concluderanno in maniera esatta e conferente.

2 - STUORTO O MUORTO

Ad litteram: storto o morto  Modo di dire riferito  ad una azione condotta in porto  alla bell'e meglio o alla meno peggio sia pure con impegno e sacrificio.

3- STRUJERE 'E PPRETE

Ad litteram: consumare le pietre  Riferito al comportamento di chi tenga diuturnamente a piedi sempre il medesimo percorso e ne consumi quasi le pietre; per traslato e sarcasticamente  riferito a chi perda  accidiosamente il suo tempo, inutilmente bighellonando per istrada.

Tale comportamento viene altresí indicato con la locuzione: JÍ 'NCASANNO 'E VASULE (andar pestando  le pietre di copertura della strada).

4 -SUNNARSE 'O TRAMME ELETTRICO

Ad litteram: sognare il tram (a motore) elettrico  id est: fantasticare, fare castelli in aria illudendosi di poter raggiungere un improbabile traguardo.  Locuzione nata   quando ancora le vetture tramviarie erano  mosse dai cavalli  e la sperata elettrificazione del motore era di là da venire.

5 - SUNÀ 'O PIANEFFORTE

Ad litteram:suonare il pianoforte  ma il riferimento del modo di dire non riguarda lo strumento musicale; attiene invece  alla leggerezza di mano dei borseggiatori  che le usano con lieve maestria  simile a quella dei suonatori di piano.

6 -T''A FAJE CU LL'OVA 'A TRIPPA.

Ad litteram: Te la fai con le uova la trippa  Cosí, con ironia e sarcasmo , si usa rivolgersi a chi si sia cacciato nei guai o si sia posto in una situazione rischiosa, per salacemente commentare la sua ingrata necessità di adoperarsi per venir fuori dalla ingrata situazione in cui si sia infilato; come se si volesse consigliare chi  fosse costretto a cibarsi del quinto quarto, a renderlo piú appetibile  preparandolo con delle uova.

7 - T''A FAJE FRITTA CU 'A MENTA

Ad litteram: te la fai fritta con la menta Cosí ironicamente si suole dire di tutte le cose ritenute  inutili e di cui, conseguenzialmente non si sa cosa farsene.Semanticamente l’espressione si spiega col fatto che la frittura addizionata di menta è riservata a taluni ortaggi ( zucca e zucchine) di per sé senza molto sapore, quasi inutili.

8 -TAGLIÀ 'A RECCHIA A MMARCO

Ad litteram: tagliare l'orecchio a Marco. Si dice che sia adatto a tagliare l'orecchio a Marco quel coltello che avendo perduto il filo del taglio non è piú adatto alla bisogna; per estensione  la locuzione è usata ironicamente in riferimento ad ogni oggetto che  abbia perduto la sua capacità iniziale  di esatta, determinata  destinazione.

Il Marco dell'epigrafe in realtà  è corruzione del nome  Malco servo del sommo sacerdote cui san Pietro, nell'orto degli ulivi, intervenendo in difesa di Cristo, recise un orecchio, che però il Signore immediatamente risanò; tradizione vuole che da quel momento il coltello usato da san Pietro non fu piú in grado di tagliare alcunché.

9 -TAGLIÀ 'E PANNE 'NCUOLLO

Ad litteram: recidere i panni addosso  id est: sparlare di qualcuno, e farlo   protervamente e lungamente quasi metaforicamente mettendolo a nudo  con il taglio degli abiti da colui indossati.

10 - TANNO PE TTANNO

Ad litteram: allora per allora, lí per lí; locuzione temporale usata per indicare l'immediatezza di un accadimento  che si verifica  con estrema contemporaneità rispetto ad un altro o  - nel caso di un ordine - quando venga eseguito  senza por tempo in mezzo. L’avverbio tanno è dal lat. tande(m)con normale assimilazione nd→nn.

11 -TENÉ 'A BBOTTA DINT' Â SCELLA

Ad litteram: avere un colpo nell'ala  Locuzione usata per  sarcasticamente commentare il comportamento di chi tenti disperatamente di dissimulare o tener nascosta  una colpa o magagna a lui attribuibili; di costui, costretto ad arrangiarsi per non far scoprire  quanto tenga noscosto, si dice che tene 'a bbotta dint' â scella (à un colpo nell'ala) si comporti cioè quasi come un uccello che, ferito ad un ala,  è costretto a ricorrere alle piú strane posizioni e circonvoluzioni per continuare a volare.

12 -TENÉ 'A CAPA A PPAZZIA

Ad litteram: tenere la testa al giuoco. Detto di chi, contrariamente a quanto ipotizzabile dati la sua congrua età  ed il suo status sociale, si mostri eccessivamente incline al giuoco, prendendo tutto a scherzo, non dimostrando serietà alcuna  né nel lavoro, né nei rapporti interpersonali.

13 -TENÉ 'A CAPA A TTRE ASSE

Ad litteram: tenere la testa a tre assi  id est: essere nervoso e preoccupato; locuzione mutuata dal giuoco del tressette  dove un giocatore in possesso di tre assi,che valgono ciascuno un punto intero,  sebbene ipoteticamente possa conquistare i relativi tre punti, in realtà  si preoccupa, non essendo certo che potrà raggiungere  lo scopo atteso che gli assi possono venir facilmente  catturati dall'avversario che sia in possesso del due o del tre  del medesimo seme degli assi; il due ed il tre infatti,  sebbene valgano un terzo di punto ciascuno, sono nella scala gerarchica delle prese superiori all'asso e possono catturarlo.

14 -TENÉ 'A CAPA A VVIENTO

Ad litteram: tenere la testa nel vento id est: essere una banderuola, un essere poco affidabile  e/o raccomandabile.

15 - TENÉ 'A CAPA FRESCA

Ad litteram: tenere la testa fresca  id est: non coltivare pensieri serii, anzi - al contrario - essere occupato solo  da fandonie, quisquilie, scherzi e futilità  cose tutte che,   lasciando la mente sgombra di preoccupazioni,   tengono la testa fresca, al contrario dei pensieri serii che, altrove, si dice fanno cocere 'o fronte (fanno scottar la fronte).

16 -TENÉ 'A CAPA 'E PROVOLA

Ad litteram: tenere la testa di provola  Détto di chi abbia la testa bernoccoluta, con la tipica protuberanza  della provola  gustoso formaggio fresco, dalla caratteristica forma; al di là però del riferimento alla forma del latticino, la locuzione è usata anche per significare che colui che à la testa di provola non è particolarmente intelligente e manca perciò  di sale cosí come la suddetta provola, che pur essendo piú gustosa della mozzarella da cui è ricavata,  non essendo un formaggio stagionato, è piuttosto sciapito.

17 -TENÉ 'A CAPA GLURIOSA

Ad litteram: tenere la testa gloriosa  Si dice cosí di chi  sia incline ad improvvisazioni assurde, astruse trovate, soluzioni ardite quando non pericolose, espedienti improvvisati.

18 - TENÉ 'A CAPA SCIACQUA.

Ad litteram: tenere la testa annacquata. Si dice cosí, offensivamente , ma anche solo causticamente di chi  si ritenga non abbia la testa a posto, e sia dotato di minime qualità intellettive  quasi che nella testa abbia non il cervello, ma  dell' acqua .

19 -TENÉ 'A CAPA PE SPARTERE 'E RRECCHIE

Ad litteram: tenere la testa per dividere le orecchie Locuzione di valenza molto simile alla precedente  riservata a coloro che inveteratamente sciocchi, stupidi ed incapaci si ritenga che abbiano la testa - priva di cervello e dunque di raziocinio -solo, iperbolicamente,  come elemento necessario alla separazione delle orecchie.

20 -TENÉ 'A CAPA TOSTA

Ad litteram: tenere la testa dura  id est: esser caparbio, cocciuto, ma anche: ben fermo nelle proprie opinioni; estensivamente, poi: esser duro di comprendonio, tardo all'apprendimento.

21 -TENÉ 'A CAZZIMMA

Neologismo studentesco intraducibile ad litteram  con il quale si indica l'atteggiamento malevolo, la furbizia prevaricante di chi mira a danneggiare una controparte piú debole e perciò piú vulnerabile.

Talvolta si imbarocchisce la locuzione aggiungendo lo specificativo:

d''e papere australiane (delle oche australiane), specificazione però inutile e non comprensibile  atteso che non è dato sapere che le oche di quel continente siano prevaricatrici o particolarmente furbe.

22 -TENÉ 'A CIMMA 'E SCEROCCO

Ad litteram: tenere la sommità dello scirocco  Id est: essere nervoso, irascibile, pronto a dare in escandescenze, quasi comportandosi alla medesima maniera del metereopatico  condizionato  dal massimo soffio dello scirocco, vento  caldo umido(dall'arabo sharq/oriente) proveniente da sud-est, vento che à effetti negativi sulla salute e soprattutto sull'umore per via del caldo umido.

23 -TENÉ 'E CAZZE CA  CE ABBALLANO PE CCAPA

Ad litteram: tenere i peni che ci  danzano sulla testa  Id est: essere preoccupati al massimo, aver cattivi crucci  che  occupano la testa. Icastica anche se becera locuzione con la quale si sostiene che ipotetici peni significanti gravi preoccupazioni ci stiano danzando in testa  per rammentarci  quelle inquetudini.

24 -TENÉ 'A MAGNATORA VASCIA

Ad litteram: tenere la  mangiatoia bassa  Id est:  non avere alcuna preoccupazione economica  e comportarsi conseguentemente in maniera prodiga, quando non eccessivamente dispendiosa, non badando alle spese.

25 -TENÉ 'A NEVE DINT' Â SACCA

Ad litteram: tenere la neve in tasca o meglio nel sacco.  Détto di chi si mostri eccessivamente dinamico o frettoloso  e sia restio  a fermarsi per colloquiare, quasi dovesse  raggiungere rapidamente la meta prefissasi         prima che si sciolga l'ipotetico ghiaccio tenuto in tasca.

Questa riportata è la spiegazione che normalmente e popolarmente si dà dell’espressione e non è una spiegazione del tutto erronea: in realtà però piú precisamente la fretta e la dinamicità sottese nell’espressione son quelle dei cosiddetti nevari cioè degli addetti al trasporto  della neve  che prelevata nei mesi invernali  in altura (Vesuvio, Somma, Faito, Matese e monti dell’Avellinese) veniva dapprima conservata in loco  in grotte sottorranee dove gelava e poi all’approssimarsi dell’estate, stipata in sacche di iuta veniva trasporta velocemente a dorso di mulo  nelle città e paesi per rinfrescare l’acqua e fornire la materia prima per la confezione  dei gelati.

Da tanto si ricava che il termine sacca non sta ad indicare la tasca di un abito, quanto (con derivazione da un lat. parlato sacca(m) femminilizzazione del classico lat. saccu(m), che è dal gr. sákkos, di orig. fenicia),quanto un grosso recipiente  di tela lungo e stretto, aperto in alto, usato per conservare o trasportare materiali incoerenti, o comunque sciolti. Il passaggio dal maschile sacco al femminile sacca si rese necessario perché – come ò piú volte annotato - in napoletano un oggetto (o cosa quale che sia) è inteso, se maschile, piú piccolo o contenuto del corrispondente femminile; abbiamo ad . es. ‘a tavula (piú grande rispetto a ‘o tavulo piú piccolo ),‘a tammorra (piú grande rispetto a ‘o tammurro piú piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande rispetto a ‘o cucchiaro piú piccolo), ‘a carretta (piú grande rispetto a ‘o carretto piú piccolo ); ),‘a canesta (piú grande rispetto a ‘o canisto piú piccolo ), fanno eccezione ‘o tiano che è piú grande de ‘a tiana e ‘o caccavo piú grande de ‘a caccavella.

 

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