lunedì 18 ottobre 2021

MERETRICIO e voci collegate

 

MERETRICIO e voci collegate

 

 Questa volta per rispondere  alla cortese  richiesta  del mio carissimo amico P.G. ( del quale i consueti problemi di riservatezza mi impongono l’indicazione delle sole iniziali di nome e cognome)che  mi invoglia  a parlarne, qui di sèguito ci addentreremo nel campo pericoloso del meretricio e delle voci toscane e napoletane ad esso collegate. 

  Comincerò col dire che con la parola meretricio etimologicamente  dal latino meretricium  che è da merere= guadagnare, si intende la prostituzione, il prostituire, il prostituirsi; in partic., l’attività di chi fa commercio abituale del proprio corpo al fine procurarsi immediato e facile guadagno; s’usa dire che tale attività, che è innanzi tutto femminile, ma talora pure maschile, sia stato il mestiere (quale attività individuale o organizzata) piú antico del mondo; non stento a crederlo: come commercio individuale è l’unico commercio che non abbisogna di ingenti capitali o di  avviamento,non è neppure vero che sia richiesta una particolare avvenenza fisica,  si può svolgere all’aperto ed al chiuso indifferentemente, gli strumenti di lavoro  son forniti gratis da madre natura e non necessitano di particolare manutenzione e, adottando piccole precauzioni, è mestiere che  può svolgersi per lungo tempo assicurando lauti guadagni oggi  esenti da tassazione statale, quantunque non da quella del cosidddetto protettore  o magnaccia ( voce d’origine romanesca etimologicamente forgiata sul verbo magnà=mangiare addizionato del suffisso dispregiativo accia)   e cioè lo sfruttatore di prostitute ed estensivamente  l’ uomo che vive alle spalle di una donna.Ricorderò súbito che in napoletano tale sfruttatore è detto ricuttaro; la parola napoletana  fu ricavata verso la fine del 1800 per adattamento corruttivo della parola recoveta  che diede recotta donde il derivato recuttaro o ricuttaro; ‘a recoveta era quella raccolta  di fondi, raccolta vessatoria operata (tra i piccoli bottegai ed il popolino di taluni rioni popolari della città bassa) ad opera   di taluni malavitosi  dediti altresí al lenocinio (dal latino lenocinium che è da lenone(m)=in origine mercante di schiave, poi  protettore),  raccolta necessaria per sostenere le spese di difesa di camorristi e piccoli furfanti  finiti nelle maglie della giustizia e sottoposti a giudizio per il quale si rendeva necessaria l’opera di avvocati difensori che quando non fossero affiliati alla camorra, occorreva pagare. 

La donna che esercita il meretricio è ovviamente la meretrice (etimologicamente  dall’acc. latino meretrice(m)  che è come meretricium  da merere= guadagnare);ma è voce eccessivamente dotta e di àmbito forense; altra voce toscana usata per indicare la donna che faccia commercio del proprio corpo è ovviamente prostituta  che è dal lat. prostituta(m),  s.vo f.le  da prostitutus, part. pass. di prostituere =prostituire e piú esattamente mettere in vendita o a disposizione  da pro (a favore) e statuere (porre); ma la voce piú tipica, usata fin dal 14° sec. (accanto a voci –poi vedremo - regionali,per indicare chi eserciti il mestiere di cui dico,  fu ed ancora è -  nel gergo ed in talune espressioni artistiche (cinema, teatro e t.v.) – mignotta; i piú recenti calepini la ritengono di derivazione francese da mignotte= favorita  da un antico mignon, ma penso – tenendo presente che prima che divenisse (1400) toscana, la voce fu essenzialmente laziale  - che non sia peregrina l’idea che mignotta sia la  corruzione dell’espressione  m[ater] ignota abbreviato in m. ignota corrotta in mignota  e poi mignotta; mater ignota fu  l’annotazione apposta a margine di taluni nomi di trovatelli  in antichi elenchi dell’anagrafe capitolina.

Altra voce dell’italiano per indicare sia pure in senso estensivo  chi esercita il meretricio è sgualdrina che come s.vo f.le (spreg.) in primis indica solo una  donna di facili costumi e per  estensione la prostituta vera e propria; non tranquillissima l’etimologia della voce in esame:si cominciò con il pensarla  derivazione  di sgualdracca, variante ant. di baldracca, con suff. diminutivo, ma la voce sgualdracca non l’ò trovata attestata se non nel Baldus poemetto scritto in versi di un latino maccheronico da Teofilo Folengo (Mantova, 8 novembre 1491 – † Bassano del Grappa, 9 dicembre 1544), sotto lo pseudonimo di Merlin Cocaio.  ; penso perciò che sia piú perseguibile, con il glottologo Louis  Delâtre, l’idea di una derivazione dal tedesco gualdana= donna da gualdo(=selva) secondo un percorso che prevede i seguenti    passaggi morfologici:gualdana→gualdrana→gualdrina→sgualdrina = donna pubblica, per i cacciatori,   per la truppa, per i soldati: gualdana è un derivato di gualdo← wald=selva; sempre che invece sgualdrina  non derivi, come io reputo,  direttamente dal tedesco  schwellendrine = donna che sta sulla soglia (in attesa di clienti), meretrice, donna da trivio: la voce tedesca schwellendrine è formata da schwelle= soglia e dirne→drine = ragazza di facili costumi.

Prima di sconfinare nel napoletano, segnalo l’ultima voce usata in toscano per indicare la meretrice; essa è puttana ma è voce essenzialmente pluriregionale trasmigrata nel lessico toscano; questa parola etimologicamente è  d’origine latina-barbarica: putana   è da puta= fanciulla, ma à avuto  l’aggiunta di  una desinenza (na) rispondente alla declinazione debole dei tedeschi; è parola che   oggi à un senso dispregiativo che però  in origine non ebbe (infatti puttana valse  dapprima ragazza e poi per traslato malevolo meretrice),ed  è pervenuta nelle lingue regionali italiane e da queste al toscano illustre per il tramite del francese putain  e l’antico spagnolo putaña.

E veniamo finalmente al napoletano dove è viva e vegeta (accanto a molte altre che ora qui dirò) la voce pluriregionale –

-  puttana voce sulla quale si sono forgiate: puttanizio/a che è il meretricio in genere  e

puttaniere usato per indicare chi sia solito avere rapporti sessuali con meretrici  ed estensivamente ed iperbolicamente colui  che ami circuire o correr dietro le sottane di  donne avvenenti e non;

-       malafemmena  altra voce molto conosciuta (anche per merito di una fortunata canzonetta del principe A. de Curtis Totò nome d'arte di Antonio Focas Flavio Angelo Ducas Comneno De Curtis di Bisanzio Gagliardi, piú noto come Antonio De Curtis (Napoli, 15 febbraio 1898Roma, 15 aprile 1967), fortunata canzonetta  che si intitola appunto Malafemmena, quantunque la donna adombrata nella canzone non faccia il mestiere piú antico, ma si sia  limitata forse ad occasionali tradimenti in danno del suo innamorato); la parola è formata dall’unione di mala  (dal latino malus/a = cattivo/a) + femmena (dall’acc. latino foemina(m) = femmina, donna)con tipico raddoppiamento espressivo popolare della postonica m in parole sdrucciole;

-       ffemmena ‘e Casanova =ad litteram  donna di Casanova ma da leggersi come:  sacerdotessa d’amore è locuzione nominale usata in luogo di uno dei tanti sinonimi napoletani di prostitute, meretrici,sin qui esaminati:

 femmena s.vo. f.le1 nome generico di ogni individuo umano o animale portatore di gameti femminili atti a essere fecondati da quelli maschili, e quindi caratterizzato dalla capacità di partorire figli o deporre uova;2 essere umano di sesso femminile; donna, bambina ( voce dall’acc. latino foemina(m) = femmina, donna)con tipico raddoppiamento espressivo  della postonica m in parole sdrucciole); Casanova Giovanni Giacomo. – Dissoluto avventuriero, donnaiolo, gran tombeur de femmes  (Venezia 1725 -† Dux, Boemia, 1798); figlio di attori, presto orfano di padre ed affidato dalla madre (Giovanna Maria C., detta Zanetta) alla nonna materna, fu studente a Padova, chierico a Venezia ed in Calabria, segretario del cardinale P. Acquaviva a Roma, soldato dell'armata veneta in Oriente, violinista dal 1746 nel teatro S. Samuele a Venezia. Accolto come figlio dal senatore M. G. Bragadin, nel 1750 riprese la sua vita errabonda attraverso la Francia, Dresda, Praga e Vienna, finché, tornato a Venezia nel luglio 1755, fu rinchiuso nei Piombi sotto l'accusa d'aver tentato di diffondere la massoneria. Evaso, tornò in Francia, ove introdusse il gioco del lotto nel 1757, e, sotto il nome di cavaliere di Seingalt, fu in Olanda, Germania, Svizzera, Italia, Polonia, Russia, seducendo donne, giocando, battendosi a duello, esercitando la magia, speculando sui valori pubblici e facendo perfino il confidente degli inquisitori di stato di Venezia. Finí la sua vita come segretario e bibliotecario del conte C. G. di Waldstein. Attivo, energico, intraprendente, il Casanova  fu un avventuriero anche della penna e scrisse, tra l'altro, la Confutazione della storia del governo veneto di A. de la Houssaie (1769), la Storia delle turbolenze della Polonia (1774), una traduzione, incompleta, in ottava rima dell'Iliade (1775), l'opuscolo Scrutinio del libro: Eloges de M. de Voltaire par differens auteurs (1779), il romanzo Icosameron (1788); ma la sua notorietà è dovuta soprattutto alla drammatica narrazione dell'evasione dai Piombi (Histoire de ma fuite, 1788) e ai fantasiosi e licenziosi Mémoires, sostanzialmente veridici quanto alla rappresentazione della società di gaudenti e intriganti del Settecento. Stucchevole, ma forse veritiera, invece, la rappresentazione di sé stesso quale genio della seduzione.

-cecciuvettola/ciucciuvettola s.vo f.le dalla doppia morfologia con il quale si indica1. Uccello della famiglia strigidi (Athene noctua), comune e stazionario in Italia, che vive non lontano dalle abitazioni, sui tetti, nei tronchi cavi, nelle buche dei muri, ecc.; di medie dimensioni e di color grigio-bruno, dalla testa grande con occhi sviluppatissimi, frontali, circondati da penne disposte in cerchi concentrici piú o meno evidenti; à abitudini generalmente notturne, si ciba di piccole prede, soprattutto roditori ed insettivori, rendendosi in tal modo utile all’agricoltura. Ammirata per la grazia dei movimenti che sembrano riverenze, viene perciò addomesticata dai cacciatori che se ne servono per attirare gli uccelli nella caccia; la superstizione popolare invece la vuole apportatrice di disgrazie per il suo grido monotono.
2. (fig.come nel caso che ci occupa) Donna vanitosa e frivola che cerca di mettersi in mostra e di attirare l’attenzione e l’interesse degli uomini (allo stesso modo che le civette attraggono gli uccelli nella caccia); e segnatamente almeno tra la fine del 1800 ed i princípi del 1900, meretrice non molto giovane, ma vestita elegantemente. Etimologicamente si tratta di voce onomatopeica forgiata sul grido dell’animale. Rammento tuttavia qui che i napoletani d’antan usano di preferenza la voce in esame  nel significato figurato
 sub 2., mentre

per quanto riguarda il signficato sub 1.adoperano il termine

- cuccuvaja s.vo f.le = 1.civetta e talora nottola, ed anche 2. donna brutta e sgraziata che incute timore; etimologicamente  voce dal greco kikkabâu→cuccavau→cuccuvaja.

-culumbrina s.vo f.le =1.in primis fraschetta,giovane donna leggera, incostante, civetta proclive ai facili amori; 2. per estensione giovane fantesca  leggera, frivola; etimologicamente  voce degradazione semantica del nome proprio Colombina  che nella commedia dell’arte fu il nome di una fantesca dedita ai facili amori.

- sciuscitta s.vo f.le =1 giovanissima prostituta esibizionista adusa ad indossare abiti tanto succinti da mettere spudoratamente  in mostra i... ferri del mestiere;   anche 2  giovane donna di origini ignote e perciò  inaffidabile. Etimologicamente  è voce derivata dall’espressione latina (filia) suscepta→sciuscepta→sciuscetta→sciuscitta = figlia adottata; morfologicamente è normale nel napoletano che la sibilante s anche scempia, seguíta    da vocale, evolva - come altrove anche la  doppia ss -  nel gruppo  palatale sci, per cui su-scepta divenne sciuscepta, sciuscetta  e poi sciuscitta;  semanticamente poi è facile cogliere il collegamento tra le origini ignote di una donna  con il fatto che sia spudorata ed  inaffidabile atteso che non è dato sapere che tipo di edecazione abbia ricevuto.

troja  s.vo f.le =1.in primis femmina del porco scrofa gravida; 2. per estensione come nel caso che ci occupa anziana e lercia prostituta che non curi l’igiene e spesso abbia abortito;semanticamente è facile cogliere il collegamento tra l’animale uso a rotololarsi nel fango del porcile e spesso gravida ed il comportamento analogo  di tale tipo di prostituta;  etimologicamente trattasi di  voce  dal latino barbarico tròia.

 zoccola s.vo f.le che – come illustrai sub TOPO etc – è in primis il grosso topo di fogna ed estensivamente la prostituta che come quel topo  frequenta nottetempo i marciapiedi;

etimologicamente zoccola  è da sorcula  diminutivo latino femm. di sorex-ricis;

-     le ultime seguenti voci sono tutte usate figuratamente per indicare la prostituta o meretrice e di tutte già alibi dissi; per cui qui le elenco solo per amore di completezza; esse sono: saittella, lòcena, lumèra,péreta dette voci  possono essere usate sí per indicare la prostituta, ma piú spesso servono ad  indicare una donna solo volgare o chiassosa o lercia;analiticamente si à:

1) lòcena la locena pur essendo un taglio di carne gustosissimo, è un taglio che, ricavato dal quarto anteriore della bestia, il meno pregiato e meno costoso, è da ritenersi di mediocre qualità, quasi di scarto, e di tutti i vari nomi con cui è connotato in Italia, quello che piú si attaglia a simili minime qualità, è proprio il napoletano lòcena.
Etimologicamente infatti la parola lòcena nel suo precipuo significato di vile, scadente è forgiato come il toscano ocio/a ed i successivi locio/locia (dove è evidente l’agglutinazione dell’articolo) sul latino volgare avicus mediante una forma aucius che in toscano sta per: scadente, di scarto; da locio a locia e successiva locina con consueta epentesi di una consonante (qui la N) per facilitare la lettura, si è pervenuto a locina→locena.
Chiarito il concetto di partenza, passiamo al significato traslato: fu quasi normale in un’epoca: fine ‘500, principio ‘600 in cui la donna non era tenuta in gran conto (a quell’epoca risalgono, a ben pensare, quasi tutti i proverbi misogini della tradizionale cultura partenopea …), trasferire il termine lòcena da un taglio di carne di scarto, ad una donna… di scarto, quale poteva esser ritenuta una donna becera, villana, sciatta,sguaiata, volgare, sfrontata ed, a maggior ragione,una donna di malaffare o anche solo chi fosse una demi vierge o che volesse apparir tale..

2) saittella La saittella  è quella sorta  di feritoia  che si trova  alla base dei marciapiedi, feritoia il cui compito è quello di favorire il deflusso delle acque piovane ed incanalarle  nei condotti  da fogna che si trovano appena sotto il piano stradale; normalmente i ratti che stazionano nelle fogne usano queste feritoie, che non sono assolutamente protette, ma aperte e libere  per sortire ed invadere l’abitato.

Etimologicamente la parola  saittella  è corruzione del termine toscano saiettera o saettiera che era nelle antiche mura, lo spazio tra i merli, spazio da cui i difensori potevano tirare con l'arco, la balestra e sim., rimanendo al coperto; tale spazio e la parola che lo indicava è preso a riferimento per la forma di tronco di piramide  che è sia della saiettiera (orizzontata in senso verticale) che della saittella(che invece è aperta orizzontalmente).

Rammenterò appena, per amor di completezza, che con linguaggio triviale, la parola  saittella è usata anche per indicare, estensivamente, una donna di facili costumi, la stessa che come ò segnalato altrove è pure detta alternativamente: péreta  o lòcena.

3) lumèra è esattamente il  lume a gas ma viene per traslato riferito a donna becera e volgare ed a maggior ragione ad una prostituta che  abbia nel suo quotidiano costume  l’accendersi iratamente per un nonnulla; tale prender fuoco facilmente richiama quello simile del lume a gas (lumera) o di quello a petrolio ( lume a ggiorno) ambedue altresí maleolenti tali  quale una pereta. Faccio notare – come ò già detto – che péreta è il femm. riscostruito del masch. pírito  e deve perciò intendersi che la  péreta  è un gran peto, una grande scorreggia maggiormente rumorosa e forse fastidiosa del corrispondente pírito= peto, scorreggia; e ciò perché in napoletano – come passim ò molte volte rammentato -  i nomi femminili si intendono riferiti a cose, oggetti etc. intesi maggiori dei corrispondenti maschili: cfr. cucchiara piú grande di cucchiaro, tammora  piú grande di tammurro carretta piú  grande di carretto    etc. l’etimo di lumera= lume a gas   è dal fr. ant. lumière,ricavato  dal lat. luminaria, neutro pl. di luminare 'lampada, fiaccola';

 

4)péreta  donna becera, villana, sciatta,sguaiata, volgare,  sfrontata ed, a maggior ragione,una donna di malaffare o anche solo chi fosse una demi vierge o che volesse apparir tale, soprattutto quando tale donna le sue pessime qualità faccia di tutto per metterle in mostra appalesandole a guisa di biancheria esposta al balcone; tale tipo di donna è detto  péreta, soprattutto quando quelle sue pessime qualità la donna le inalberi  e le metta ostentatamente in mostra; le ragioni di questo nome sono facilmente intuibili  laddove si ponga mente che il termine péreta(nella locuzione a margine usata  per dileggio quasi come nome proprio di persona) è come ò già détto,  il femminile ricostruito  di píreto (dal b. lat.:peditu(m)) cioè: peto, scorreggia  che sono manifestazioni viscerali rumorose rispetto alla corrispondente loffa (probabilmente dal tedesco loft= aria) fetida manifestazione viscerale silenziosa, ma olfattivamente tremenda.

 

Abbiamo infine le ultime due voci che sono:

5)sittantotto  in riferimento al numero 78  che nella smorfia napoletana o cabala indica appunto la prostituta;

6)quatturana che sta esattamente per quattro grana  corrispondente all’importo della  tassa che su ogni prestazione,  sotto il regno di Ferdinando I (di Aragona e di Sicilia), detto Il Giusto (circa 1380-†1416), re di Aragona e di Sicilia (1412-†1416)le meretrici dovevano pagare allo stato; detto termine passò poi  ad indicare la prostituta in genere e con valenza piú triviale, l’organo sessuale delle meretrici.

Aggiungo a mo’ di completezza

 altre antiche (tardo ‘800) desuete voci:

7)-caccavella s.vo f.le= letteralmente la parola a margine vale pentolina ,piccolo paiolo di creta o talora di rame usato per la cottura di alimenti; per traslato e figuratamente valse anche grosso cappello da donna sempre per traslato come (alibi) buatta indicò l’organo femminile esterno della riproduzione cui semanticamente è avvicinata per esser come quello un contenitore;partendo da tale accostamento con la voce a margine si indicò anche per metonimia la prostituta, soprattutto se non particolarmente avvenente e  di forme sgraziate, che quel contenitore usasse; infine con la voce a margine (etimologicamente dal lat. tardo caccabella succedaneo di  caccabulusdiminutivo di  caccabus = paiolo,pentolone, dal greco  kàkabos) per traslato sarcastico si indicò una donna che fosse grossa,grassa e bassa; piú precisamente tale donna fu détta caccavella ‘e Sessa: Sessa Aurunca (comune della provincia di Caserta, noto con il solo nome di Sessa,in origine Suessa, città appartenete alla Pentapoli Aurunca; il nome di Sessa  derivò dalla felice posizione (sessio = sedile - dolce collina dal clima mite)fu una località dove  veniva prodotto  vasellame in terracotta, d’uso quotidiano;

8)pontonèra/puntunèra doppia morfologia alternativa di cui la prima adottata da scrittori meno adusi alla verace parlata popolare napoletana  d’un'unica voce che   sostanzia un epiteto altamente offensivo rivolto ad una donna e solo a donne; ambedue le forme, con la distinzione che ò fatto, furono  usate sia in letteratura (cfr. Ferdinando Russo che però adoperò la piú esatta e veracemente popolare puntunèra )  che nel parlato della città bassa  quale epiteto offensivo; il significato fu univoco senza possibilità di confusione: prostituta, donna di malaffare, donna da strada, donna da marciapiede, sgualdrina, baldracca; la voce etimologicamente è un denominale di pontone/puntone (angolo di strada,  spigolo di muro,cantonata di via,) addizionato del suff. di competenza f.le èra che al m.le è iere (cfr.salum-era ma salum-iere, panett-era ma panett-iere etc.); pontone/puntone s.vo m.le = angolo di strada, spigolo di muro, cantonata;  voce ricavata dal s.vo puncta(m) con riferimento allo spigolo del muro,   addizionato del suff. accr. m.le one.Rammento altresí che nella medesima valenza e significato  della voce in esame  fu usato sebbene piú in letteratura che nel parlato un analogo

9)cantonèra/cantunèra  (marcato sul s.vo - che non è della parlata napoletana cantone) voce mutuata dal siciliano;

10)puppeca  prostituta, malafemmina, battona etc. ; totalizzante offesa rivolta a donna e solo a donne; di per sé la voce a margine varrebbe (donna)pubblica in quanto voce etimologicamente derivata per adattamento locale dall’agg.vo lat. publĭca (passato inalterato nello spagnolo cfr. mujer publica=prostituta) secondo il seguente percorso morfologico  publĭca→pubbica→pubbeca→puppeca;

Rammento comunque che le ultime tre voci furono usate quali epititi (cfr. alibi) e poco nella letteratura. A margine ed a completamento di tutto quanto fin qui scritto, rammento che nel gergo dei protettori/camorristi le prostitute venivano indicate con termini diversi a seconda della loro età o condizione; si usavano i termini pullanca (dallo spagnolo pullancòn/a) riferito a prostituta giovane ed ancóra illibata, gallenella (diminutivo di gallina nome che è dal lat. gallina(m), deriv. di gallus 'gallo') riferito a prostituta giovane ma non piú illibata, ed infine voccola (che etimologicamente piú che da un greco del Ponto kloka (che è invece  affine a chioccia), ritengo derivato da un lat. volg. *vòcca deverbale di vocare=chiamare che è tipico della chioccia con i suoi pulcini) riferito a prostituta ancóra giovane, ma che già sia madre. E termino l’elencazione rammentando un’icastica antica espressione Essere ‘na bbona pella p’’o Lietto, espressione che ad litteram vale : Essere una buona pelle (utile) a letto;usata per  riferirsi ad  un’ottima meretrice. Si tratta di antichissima espressione risalente all’antichità latina allorché con il termine scortum ci si riferiva sia alla pelle propriamente detta che alla meretrice semanticamente raccostati probabilmente perché la meretrice fa ampia  esposizione della propria pelle.

E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento e soddisfatto l’amico P.G., interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente  chi dovesse imbattersi in queste paginette.Satis est.

 Raffaele Bracale

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