venerdì 15 ottobre 2021

SCARPARO - CALZOLAIO etc.

 

SCARPARO – CALZOLAIO etc.

Questa volta per le mie ricerche linguistiche, prenderò l’avvio da una poesia di Ferdinando Russo (Napoli 1866-1927) a mio avviso il piú grande poeta napoletano, oltre che drammaturgo, narratore e ricercatore, poeta il cui espressivo linguaggio aveva le sue profonde radici nel piú autentico humus popolare; la poesia donde trarrò materia di indagine è intitolata :SAN CRISPINO e fa parte di un surreale poemetto ‘Mparaviso, scritto giovanissimo (25 anni) nel 1891 di getto dal poeta in una sola notte nella redazione de’ IL PUNGOLO quotidiano napoletano diretto da tal Jacopo Comin, quotidiano che era destinato a lettori un po’ piú raffinati di quelli del ROMA che era il quotidiano letto dal popolino, al ritorno di una sua ascensione con il pallone areostatico Urania, ascensione che lo aveva portato a volare su Napoli ad una altezza di circa 3600 metri. I lettori de IL PUNGOLO, a malgrado fossero piú colti e preparati di quelli de IL ROMA apprezzavano molto il corposo e popolaresco verseggiare di F. Russo e la sua prosa scorrevole e di gran presa. Una prima notazione linguistica che mi occorre di fare è che il Russo usò per titolare il suo poemetto la grafia scorretta ‘NPARAVISO in luogo della piú corretta ‘MPARAVISO, tenendo in non cale la norma che vuole che quando la preposizione in diventa proclitica di un sostantivo che inizia con una consonamte labiale esplosiva: p o b, perde la i d’avvio sostituita dal segno (‘) dell’aferesi e muta la enne che diventa emme,spingendo talvolta all’assimilazione progressiva e d’avvio come ad es. nel caso di in bocca → ‘mbocca → ‘mmocca. Ma ad un giovane poeta si può perdonare qualche tenue errore! Ciò detto leggiamo la graziosa poesia:

San Crispino

San Crispino 'o ntussecusotu già sai ca fa 'o scarparo!È nu piezzo 'artigliariaca nun c'è chi le sta a pparo!

Ogne ghiuorno fa na storiamo pe chesto e mmo pe cchello,e, ‘nfuscato, afferra 'a suglia, 'o bisecolo, 'o martiello...

Na matina, 'o Pat'Eternole mannaje, p' 'a fà accuncià,’na pareglia 'e meze-cape.Corre n'angiulo, e lle fa:

- San Crispí, dice 'o Signore ca lle miette 'e mmeze sòle ! Vo' ‘na cosa acconcia acconcia... - - Ma che songo, sti pparole?

Saie ca parle cu n'artista e nun già cu ‘nu schiappino?Ma comm'è, te sî scurdato , ca me chiammo San Crispino?

Posa 'e scarpe e va’ vattenne,pecché, ô riesto nce penz'io! -- No, serveva pe te dicereca ‘sti scarpe songo 'e dDio... -

-N'ata vota mo! Vatténne,ca t'avvío ‘na forma appriesso! Siano 'e scarpe 'e chi se sia,ca pe me so' tutte 'e stesse !

Doppo n'ora l'angiulillotorna tutto appaurato.- Viene 'a cca, pòrtale 'e scarpe!Tanto 'e pressa t'à mannato?

E dincelle: - Vo' tre llire! Ve l 'à fatte quase nove ! Nce à mettuto 'e guardiuncielle, 'e ppuntette, tacche e chiuove! -

L 'angiulillo, aizanno vuolo, va addu dDio. -Quante ne vo'? -- Vo' tre lire...- - Ma ch'è pazzo? -- Che ne saccio, neh Signò?

Chillo sta accussí arraggiato!N'atu ppoco me magnava! ...Si ll'avisseve sentutocomme ddiece jastemmava!

- Lassa sta'! Mo nce vach'io...E scennette. - San Crispí? - Gnó! - Ched'è ‘sta jacuvella?’Sti denare 'e vvuó accussí? ... -

- Accussí? Mannaggia â morte! Vi' che capa gluriosa!... O pavate, o, n'ata vota, mo ve scoso tutte cosa!

Tu capisce? lo nun t' 'o spieco! Cammurristo, chistu cca! N' 'a fa bbona manco a dDio! Miette a bbevere, paisà!

Cominciamo a coglierne le parole e/o le espressioni piú interessanti;

- ‘ntussecuso : letteralmente è chi è facilmente irascibile, aspro nei modi e nelle maniere, sdegnoso, quando non velenoso; etimologicamente deverbale di ‘ntussecà che dal latino in-toxicare che è formato da un in illativo + il sostantivo toxicum (normale la evoluzione della x in ss; il basso latino toxicum(forgiato su un greco toxikòn)= veleno, ma pure rabbia, sdegno divenne in napoletano tuosseco, ma pur partendo da quel basso latino, vi pervenne attraverso lo spagnolo tosigo.- Scarparo: letteralmente non è il ciabattino, colui che accomoda le scarpe rotte (costui, e lo vediamo, in corretto napoletano è ‘o solachianiello ), ma è il fabbricante di scarpe,in linea con l’etimologia del termine scarparo che è dal portoghese-spagnolo escarpa con l’aggiunta di un suffisso di attinenza arius (aro) di reminescenza latina; come si evince dalla lettura della poesia il san Crispino protagonista non è un autentico scarparo id est: fabbricante di scarpe, ma solo un irascibile ciabattino, che accomoda scarpe rotte o consunte: un semplice solachianiello etimologicamente derivante dall’addizione del verbo sola (ind. pres. 3° p. sing. di suolare (derivato del sostantivo suola) con il sostantivo chianiello maschile ricostruito d’una originaria chianella = pantofola, da un latino planus diminutivo femminilizzato attraverso il suffisso: ella; come vedemmo alibi, normale la mutazione di pl in chi; il Russo accreditò san Crispino d’essere uno scarparo e non un solachianiello perché nella devozione popolare napoletana, ma non solo, san Crispino e suo fratello Crispiniano ( erano di nobili origini romane, ma – convertitisi al cristianesimo – si trasferirono in Francia a diffondere il Vangelo, adattandosi,per sopravvivere a lavorar di notte facendo i calzolai, ed in Francia, durante la persecuzione di Diocleziano, trovarono il martirio a fil di spada) sono ritenuti santi protettori dei calzolai e solo estensivamente dei ciabattini;rammenterò qui una curiosità e cioè che una tradizione veneta,contrariamente a quella partenopea, non menziona San Crispiniano mentre lega la figura di Crispino al vino ed ai bevitori di vino, (ottobre – la festa dei due santi cade il 25 ottobre - è il periodo in cui si fa l’operazione della svinatura) ed inoltre si storpia il nome in Graspin (affine a graspo = grappolo) facendo diventare san Graspin= san Crispino patrono... degli ubriachi.- piezzo ‘artigliaria: ad litteram starebbe per pezzo di artiglieria, ma estensivamente e per enfasi sta per: uomo tanto grosso e prestante da poter addirittura trasportar da solo un pesante pezzo (bocca da fuoco) di artiglieria (etimologicamente dal fr. artillerie quale complesso delle armi da fuoco montate su affusto: obice, mortaio,mitragliatrice etc.)nell’immaginario di F. Russo san Crispino è pensato corpulento e prestante…;- ‘nfuscato: letteralmente infoscato, rannuvolato, annebbiato e quindi accigliato,nervoso, adontato; etimologicamente part.pass. del verbo ‘nfuscarse= infoscarsi etc. che è dal solito in illativo + fosco dal latino: fuscu(m)= affuscato, cupo, minaccioso;- Suglia, bisecolo, martiello: sono tre tipici strumenti di lavoro del ciabattino e precisamente nell’ordine: subbia o lesina, lisciatoio, martello;

- suglia è esattamente la lesina strumento appuntito atto a forare il cuoio e a far passare con l’ausilio di un’ asola presente quasi sulla punta, lo spago impeciato usato per cucire la suola o altre parti della scarpa; etimologicamente la parola suglia è dal latino subula(m)→subla(m)→ suglia con la tipica mutazione di bl in gli che dà altrove ad es. neglia da nebula(m)→nebla(m)→neglia = nebbia etc.- bisecolo: è propriamente il lisciapiante arnese da calzolaio, di legno di bosso o di metallo, che serve a levigare e lucidare le suole e i tacchi; in toscano è reso con il termine bussetto d’etimo incerto (forse perché originariamente in legno di bosso , mentre il napoletano bisecolo etimologicamente dal fr. besaigue, comp. di bes-'bi-' e aigue'acuto' in quanto arnese provviso di un doppio taglio laterale, atto a togliere eventuali asperità al cuoio e renderlo levigato e lucido;- Martiello : è ovviamente il martello etimologicamente da un tardo latino martellu(m), variante del class. martulus o marculus, dim. di marcus 'martello' quello dei ciabattini e scarpai si differenzia da tutti gli altri martelli per aver la testa battente rotonda e poco ampia e non a forma di parallelepipedo, mentre il cuneo opposto alla testa è liscio e senza incavi (come invece capita nei martelli da fabbro e falegnamedove serve per tirar via i chiodi) ;- Accuncià: propriamente aggiustare, ripristinare, ma alibi anche acconciare, condire; va da sé che nella poesia il verbo va inteso nelle prime due accezioni, sebbene etimologicamente esso derivi da un latino ad+conciare denominale di un basso latino comptium = preparazione da riportare al comere= cum- emereprendere con, assumere;- ‘na pareglia ‘e meze cape: letteralmente un paio di scarpe basse piuttosto consunte e logore; pareglia = coppia, paio etimologicamente dallo spagnolo pareja da far risalire al latino par/paris; meze cape= come ò detto si tratta di scarpe basse, ma è voce ironica da riallacciare al termine capezza= cavezza dal latino capitía,briglia della testa; essendo la scarpa una sorta di briglia del piede, ironicamente è una mezza capezza e quindi meza capa;- Acconcia acconcia letteralmente aggiustatissima, fatta molto bene, ad arte; rammenterò che in napoletano la reiterazione dell’aggettivo qualificativo di grado positivo quasi sempre serve a formare il superlativo dell’aggettivo medesimo o ad espanderne la qualità. Ad es. chiatto chiatto sta per grassissimo, luongo luongo per lunghissimo o altissimo come il curto curto vale bassissimo e cosí via; quanto all’etimologia mette conto risalire al quanto detto per il precedente accuncià;- Schiappino: letteralmente starebbe per piccola scheggia in quanto diminutivo reso maschile di schiappa etimologicamente deverbale. dell'ant. schiappare 'spaccare legna', forse di origine onom.; poi taglialegna', ed anche'uomo rozzo, inetto, incapace che è l’accezione di cui nella poesia;- abbío: voce verbale (ind. pres. 1° pers. Sing.) del verbo abbià=avviare, porre in moto e nell’accezione della poesia: lanciare contro; etimologicamente forma verbalizzata, attraverso un latino ad-viare del sostantivo via;- forma: ecco un altro tipico strumento di lavoro del calzolaio, ciabattino etc; è quel rigido modello di legno usato per montare e sostenere il tomaio e la suola di una scarpa in fabbricazione o riparazione; etimo che attraverso un latino forma, da for, far = reggere, sostenere, viene da un’ antica radice sanscrita dahr;- appriesso: avverbio dai moltepici significati: dopo, in seguito e qui: dietro; etimologicamente da un latino ad + pressum = vicino a con dittongazione della sillaba implicata.- appaurato : letteralmente: impaurito, preso dal timore etimologicamente denominale da ad + paura- pressa: notoriamente si tratta della fretta, dell’ urgenza, dell’ impellenza; etimologicamente attraverso lo spagnolo priesa ed il portoghese pressa deverbale di un latino pressare forma intensiva e frequentativa di premere = incalzare;- guardiuncielle: una delle parti del tomaio (o tomaia che è la parte superiore della calzatura, in pelle o tessuto, che cucita alla sottostante suola forma la scarpa; etimologicamente la parola tomaio/a è dal greco tomaìos= tagliato o da un tomàri= pezzo di cuoio) della scarpa e precisamente i tramezzi laterali che chiudono il tomaio intorno al piede, tramezzi cuciti tra suola e tomaio a sostegno e messo quasi a guardia (donde il nome) della consistenza laterale della scarpa; rammenterò che anche in veneziano il medesimo tramezzo è chiamato guàrdolo o guardióne e non faccia meraviglia il fatto che sia napoletani che veneziani abbiano potuto forgiare i loro termini su di un portoghese guardia o uno spagnolo guarda; in fondo sia napoletani che veneziani furono gran marinai e naviganti ed entrarono in contatto con numerose nazioni rivierasche come Spagna o Portogallo;- puntette : precisamente piccole punte; infatti un tempo ‘a puntetta fu un piccolo rinforzo metallico a forma di mezza luna inchiodato alla punta della suola e dunque della scarpa per proteggere la punta medesima da eccessive sollecitazioni durante la deambulazione e perciò da probabile veloce logoramento di quella parte della suola. Va da sé che la puntetta, etimologicamente diminutivo di punta che è da un tardo latino puncta(m) deverbale di pungere, non è applicata a scarpa nuova, ma a quella già consunta e logora, nel tentativo di ripristinarne la saldezza iniziale;- tacche: si tratta ovviamente dei tacchi i rialzi posteriori delle scarpe attaccati sotto i calcagni; etimologicamente con ogni probabilità dallo spagnolo taco da una radice tac = appiglio, aggancio;- chiuove: che sono ovviamente i chiodi, barrette metalliche di varie forme e dimensioni, generalmente appuntite ad un'estremità e con una testa piú o meno larga all'altra, che serve a unire fra loro parti di metallo, legno o altro materiale; etimologia latina da clavu(m).E penso di poter far punto qui avendo già alibi et passim illustrato ad abundantiam altri termini quali jacuvella e cammurista.Raffaele Bracale - Napoli

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giovedì 12 febbraio 2009

SCARPARO – CALZOLAIO etc.

SCARPARO – CALZOLAIO etc.

 

Questa volta per le mie ricerche linguistiche, prenderò l’avvio da una poesia di Ferdinando Russo (Napoli 1866-1927) a mio avviso il piú grande poeta napoletano, oltre che drammaturgo, narratore e ricercatore, poeta il cui espressivo linguaggio aveva le sue profonde radici nel piú autentico humus popolare; la poesia donde trarrò materia di indagine è intitolata :SAN CRISPINO e fa parte di un surreale poemetto ‘Mparaviso, scritto giovanissimo (25 anni) nel 1891 di getto dal poeta in una sola notte nella redazione de’ IL PUNGOLO quotidiano napoletano diretto da tal Jacopo Comin, quotidiano che era destinato a lettori un po’ piú raffinati di quelli del ROMA che era il quotidiano letto dal popolino, al ritorno di una sua ascensione con il pallone areostatico Urania, ascensione che lo aveva portato a volare su Napoli ad una altezza di circa 3600 metri. I lettori de IL PUNGOLO, a malgrado fossero piú colti e preparati di quelli de IL ROMA apprezzavano molto il corposo e popolaresco verseggiare di F. Russo e la sua prosa scorrevole e di gran presa. Una prima notazione linguistica che mi occorre di fare è che il Russo usò per titolare il suo poemetto la grafia scorretta ‘NPARAVISO in luogo della piú corretta ‘MPARAVISO, tenendo in non cale la norma che vuole che quando la preposizione in diventa proclitica di un sostantivo che inizia con una consonamte labiale esplosiva: p o b, perde la i d’avvio sostituita dal segno (‘) dell’aferesi e muta la enne che diventa emme,spingendo talvolta all’assimilazione la consonante d’avvio come ad es. nel caso di in bocca → ‘mbocca →‘mmocca. Ma ad un giovane poeta si può perdonare qualche tenue errore!

Ciò detto leggiamo la graziosa poesia:

San Crispino

San Crispino 'o ntussecuso

tu già sai ca fa 'o scarparo!

È nu piezzo 'artigliaria

ca nun c'è chi le sta a pparo!

 

Ogne ghiuorno fa na storia

mo pe chesto e mmo pe cchello,

e, ‘nfuscato, afferra 'a suglia,

'o bisecolo, 'o martiello...

 

Na matina, 'o Pat'Eterno

le mannaje, pe' 'e ffà accuncià,

’na pareglia 'e meze-cape.

Corre n'angiulo, e lle fa:

 

- San Crispí, dice 'o Signore

ca lle miette 'e mmeze sòle !

Vo' ‘na cosa acconcia acconcia... -

- Ma che songo, sti pparole?

 

Saie ca parle cu n'artista

e nun già cu nu schiappino?

Ma comm'è, te sî scurdato ,

ca me chiammo San Crispino?

 

Posa 'e scarpe e va’ vattenne,

pecché, ô riesto nce penz'io! -

- No, serveva pe te dicere

ca ‘sti scarpe songo 'e dDio... -

 

-N'ata vota mo! Vattenne,

ca t'avvío ‘na forma appriesso!

Siano 'e scarpe 'e chi se sia,

ca pe me so' tutte 'e stesse !

 

Doppo n'ora l'angiulillo

torna tutto appaurato.

- Viene 'a cca, pòrtale 'e scarpe!

Tanto 'e pressa t'à mannato?

 

E dincelle: - Vo' tre llire!

Ve l 'à fatte quase nove !

Nce à mettuto 'e guardiuncielle,

'e ppuntette, tacche e chiuove! -

 

L 'angiulillo, aizanno vuolo,

va addu dDio. -Quante ne vo'? -

- Vo' tre lire...- - Ma ch'è pazzo? -

- Che ne saccio, neh Signò?

 

Chillo sta accussi arraggiato!

N'ato ppoco me magnava! ...

Si ll'avisseve sentuto

comme ddiece jastemmava!

 

- Lassa sta'! Mo nce vach'io...

E scennette. - San Crispi?

- Gnò! - Ched'è sta jacuvella?

Sti denare 'e vvuò accussí? ... -

 

- Accussí? Mannaggia 'a morte!

Vi' che capa gluriosa!...

O pavate, o, n'ata vota,

mo ve scoso tutte cosa!

 

Tu capisce? lo nun t' 'o spieco!

Cammurristo, chistu cca!

N' 'a fa bbona manco a dDio!

Miette a bbevere, paisà!

 

Cominciamo a coglierne le parole e/o le espressioni interessanti;

- ‘ntussecuso : letteralmente è chi è facilmente irascibile, aspro nei modi e nelle maniere, sdegnoso, quando non velenoso; etimologicamente deverbale di ‘ntussecà che dal latino in-toxicare che è formato da un in illativo + il sostantivo toxicum (normale la evoluzione della x in ss; il basso latino toxicum(forgiato su un greco toxikòn)= veleno, ma pure rabbia, sdegno divenne in napoletano tuosseco, ma pur partendo da quel basso latino, vi pervenne attraverso lo spagnolo tosigo.

- Scarparo: letteralmente non è il ciabattino, colui che accomoda le scarpe rotte (costui, e lo vediamo, in corretto napoletano è ‘o solachianiello ), ma è il fabbricante di scarpe,in linea con l’etimologia del termine scarparo che è dal portoghese-spagnolo escarpa con l’aggiunta di un suffisso di attinenza arius (aro) di reminescenza latina; come si evince dalla lettura della poesia il san Crispino protagonista non è un autentico scarparo id est: fabbricante di scarpe, ma solo un irascibile ciabattino, che accomoda scarpe rotte o consunte: un semplice solachianiello etimologicamente derivante dall’addizione del verbo sola (ind. pres. 3° p. sing. di suolare (derivato del sostantivo suola) con il sostantivo chianiello maschile ricostruito d’una originaria chianella = pantofola, da un latino planus diminutivo femminilizzato attraverso il suffisso: ella; come vedemmo alibi, normale la mutazione di pl in chi; il Russo accreditò san Crispino d’essere uno scarparo e non un solachianiello perché nella devozione popolare napoletana, ma non solo, san Crispino e suo fratello Crispiniano ( erano di nobili origini romane, ma – convertitisi al cristianesimo – si trasferirono in Francia a diffondere il Vangelo, adattandosi,per sopravvivere a lavorar di notte facendo i calzolai, ed in Francia, durante la persecuzione di Diocleziano, trovarono il martirio a fil di spada) sono ritenuti santi protettori dei calzolai e solo estensivamente dei ciabattini;rammenterò qui una curiosità e cioè che una tradizione veneta,contrariamente a quella partenopea, non menziona San Crispiniano mentre lega la figura di Crispino al vino ed ai bevitori di vino, (ottobre – la festa dei due santi cade il 25 ottobre - è il periodo in cui si fa l’operazione della svinatura) ed inoltre si storpia il nome in Graspin (affine a graspo = grappolo) facendolo diventare il patrono degli ubriachi.

- piezzo ‘artigliaria: ad litteram starebbe per pezzo di artiglieria, ma estensivamente e per enfasi sta per: uomo cosí grosso e prestante da poter addirittura trasportar da solo un pesante pezzo (bocca da fuoco) di artiglieria (etimologicamente dal fr. artillerie quale complesso delle armi da fuoco montate su affusto: obice, mortaio,mitragliatrice etc.)nell’immaginario di F. Russo san Crispino è pensato corpulento e prestante…;

- ‘nfuscato: letteralmente infoscato, rannuvolato, annebbiato e quindi accigliato,nervoso, adontato; etimologicamente part.pass. del verbo ‘nfuscarse= infoscarsi etc. che è dal solito in illativo + fosco dal latino: fuscu(m)= affuscato, cupo, minaccioso;

- Suglia, bisecolo, martiello: sono tre tipici strumenti di lavoro del ciabattino e precisamente nell’ordine: subbia o lesina, lisciatoio, martello; suglia è esattamente la lesina strumento appuntito atto a forare il cuoio e a far passare con l’ausilio di un’ asola presente quasi sulla punta, lo spago impeciato usato per cucire la suola della scarpa; etimologicamente la parola suglia è dal latino subula(m)>subla(m) con la tipica mutazione di bl in gli che dà altrove ad es. neglia da nebula(m)>nebla(m) = nebbia etc.

- Bisecolo: è propriamente il lisciapiante arnese da calzolaio, di legno di bosso o di metallo, che serve a levigare e lucidare le suole e i tacchi; in toscano è reso con il termine bussetto d’etimo incerto, mentre il napoletano bisecolo etimologicamente dal fr. besaigue, comp. di bes-'bi-' e aigue°'acuto' in quanto arnese provviso di un doppio taglio laterale, atto a togliere eventuali asperità al cuoio e renderlo levigato e lucido;

- Martiello : è ovviamente il martello etimologicamente da un tardo latino martellu(m), variante del class. martulus o marculus, dim. di marcus 'martello'

quello dei ciabattini e scarpai si differenzia da tutti gli altri martelli per aver la testa battente rotonda e poco ampia e non a forma di parallelepipedo, mentre il cuneo opposto alla testa è liscio e senza incavi (come invece capita nei martelli da fabbro e falegname) per tirar via i chiodi ;

- Accuncià: propriamente aggiustare, ripristinare, ma alibi anche acconciare, condire; va da sé che nella poesia il verbo va inteso nelle prime due accezioni, sebbene etimologicamente esso derivi da un latino ad+conciare denominale di un basso latino comptium = preparazione da riportare al comere= cum- emereprendere con, assumere;

- ‘na pareglia ‘e meze cape: letteralmente un paio di scarpe basse piuttosto consunte e logore; pareglia = coppia, paio etimologicamente dallo spagnolo pareja da far risalire al latino par/paris; meze cape= come ò detto si tratta di scarpe basse, ma è voce ironica da riallacciare al termine capezza= cavezza dal latino capitía,briglia della testa; essendo la scarpa una sorta di briglia del piede, ironicamente è una mezza capezza e quindi meza capa;

- Acconcia acconcia letteralmente aggiustatissima, fatta molto bene, ad arte; rammenterò che in napoletano la reiterazione dell’aggettivo qualificativo di grado positivo quasi sempreserve a formare il superlativo dell’aggettivo medesimo o ad espanderne la qualità. Ad es. chiatto chiatto sta per grassissimo, luongo luongo per lunghissimo o altissimo come il curto curto vale bassissimo e cosí via; quanto all’etimologia mette conto risalire al quanto detto per precedente accuncià;

- Schiappino: letteralmente starebbe per piccola scheggia in quanto diminutivo reso maschile di schiappa etimologicamente deverbale. dell'ant. schiappare 'spaccare legna', forse di origine onom.; poi taglialegna', ed anche'uomo rozzo, inetto, incapace che è l’accezione di cui nella poesia;

- abbío: voce verbale (ind. pres. 1° pers. Sing.) del verbo abbià=avviare, porre in moto e nell’accezione della poesia: lanciare contro; etimologicamente forma verbalizzata, attraverso un latino ad-viare del sostantivo via;

- forma: ecco un altro tipico strumento di lavoro del calzolaio, ciabattino etc; è quel rigido modello di legno usato per montare e sostenere il tomaio e la suola di una scarpa in fabbricazione o riparazione; etimo che attraverso un latino forma, da for, far = reggere, sostenere, viene da un’ antica radice sanscrita dahr;

- appriesso: avverbio dai moltepici significati: dopo, in seguito e qui: dietro; etimologicamente da un latino ad + pressum = vicino a con dittongazione della sillaba implicata.

- appaurato : letteralmente: impaurito, preso dal timore etimologicamente denominale da ad + paura

- pressa: notoriamente si tratta della fretta, dell’ urgenza, dell’ impellenza; etimologicamente attraverso lo spagnolo priesa ed il portoghese pressa deverbale di un latino pressare forma intensiva e frequentativa di premere = incalzare;

- guardiuncielle: una delle parti del tomaio (o tomaia che è la parte superiore della calzatura, in pelle o tessuto, che cucita alla sottostante suola forma la scarpa; etimologicamente la parola tomaio/a è dal greco tomaíos= tagliato o da un tomàri= pezzo di cuoio) della scarpa e precisamente i tramezzi laterali che chiudono il tomaio intorno al piede, tramezzi cuciti tra suola e tomaio a sostegno e messo quasi a guardia (donde il nome) della consistenza laterale della scarpa; rammenterò che anche in veneziano il medesimo tramezzo è chiamato guàrdolo o guardióne e non fa meraviglia il fatto che sia napoletani che veneziani abbiano potuto forgiare i loro termini su di un portoghese guardia o uno spagnolo guarda; in fondo sia napoletani che veneziani furono gran marinai e naviganti ed entrarono in contatto con numerose nazioni rivierasche;

- puntette : precisamente piccole punte; infatti un tempo ‘a puntetta fu un piccolo rinforzo metallico a forma di mezza luna inchiodato alla punta della suola e dunque della scarpa per proteggere la punta medesima da eccessive sollecitazioni durante la deambulazione e perciò da probabile veloce logoramento di quella parte della suola. Va da sé che la puntetta, etimologicamente diminutivo di punta che è da un tardo latino puncta(m) deverbale di pungere, non è applicata a scarpa nuova, ma a quella già consunta e logora, nel tentativo di ripristinarne la saldezza iniziale;

- tacche: si tratta ovviamente dei tacchi i rialzi posteriori delle scarpe attaccati sotto i calcagni; etimologicamente con ogni probabilità dallo spagnolo taco da una radice tac = appiglio, aggancio;

- chiuove: che sono ovviamente i chiodi, barrette metalliche di varie forme e dimensioni, generalmente appuntite ad un'estremità e con una testa piú o meno larga all'altra, che serve a unire fra loro parti di metallo, legno o altro materiale; etimologia latina da clavu(m).

E penso di poter far punto qui avendo già alibi et passim illustrato ad abundantiam altri termini quali jacuvella e cammurista.

RaffaeleBracale

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domenica 18 ottobre 2009

SCARPARO – CALZOLAIO etc.

SCARPARO – CALZOLAIO etc.

 

Questa volta per le mie ricerche linguistiche, prenderò l’avvio da una poesia di Ferdinando Russo (Napoli 1866-1927) a mio avviso il piú grande poeta napoletano, oltre che drammaturgo, narratore e ricercatore, poeta il cui espressivo linguaggio aveva le sue profonde radici nel piú autentico humus popolare; la poesia donde trarrò materia di indagine è intitolata :SAN CRISPINO e fa parte di un surreale poemetto ‘Mparaviso, scritto giovanissimo (25 anni) nel 1891 di getto dal poeta in una sola notte nella redazione de’ IL PUNGOLO (quotidiano napoletano diretto da tal Jacopo Comin, quotidiano che era destinato a lettori un po’ piú raffinati di quelli del ROMA che era il quotidiano letto dal popolino), al ritorno da una sua ascensione con il pallone areostatico Urania, ascensione che lo aveva portato a volare su Napoli ad una altezza di circa 3600 metri. I lettori de IL PUNGOLO, a malgrado fossero piú colti e preparati di quelli de IL ROMA apprezzavano molto il corposo, rapido e popolaresco verseggiare di F. Russo e la sua prosa scorrevole e di gran presa. Una prima notazione linguistica che mi occorre di fare è che il Russo usò per titolare il suo poemetto la grafia scorretta ‘NPARAVISO in luogo della piú corretta ‘MPARAVISO, tenendo in non cale la norma che vuole che quando la preposizione in diventa proclitica di un sostantivo che inizia con una consonamte labiale esplosiva: p o b, perde la i d’avvio sostituita dal segno (‘) dell’aferesi e muta la enne che diventa emme,spingendo talvolta all’assimilazione la consonante d’avvio come ad es. nel caso di in bocca → ‘mbocca →‘mmocca. Ma ad un giovane poeta si può perdonare qualche piccolo errore!

Ciò detto leggiamo la graziosa poesia:

San Crispino

San Crispino 'o ntussecuso

tu già sai ca fa 'o scarparo!

È nu piezzo 'artigliaria

ca nun c'è chi le sta a pparo!

 

Ogne ghiuorno fa ‘na storia

mo pe cchesto e mmo pe cchello,

e, ‘nfuscato, afferra 'a suglia,

'o bisecolo, 'o martiello...

 

‘Na matina, 'o Pat'Eterno

le mannaje, pe' 'e ffà accuncià,

’na pareglia 'e meze-cape.

Corre n'angiulo, e lle fa:

 

- San Crispí, dice 'o Signore

ca lle miette 'e mmeze sòle !

Vo' ‘na cosa acconcia acconcia... -

- Ma che songo, ‘sti pparole?

 

Saje ca parle cu n'artista

e nun già cu ‘nu schiappino?

Ma comm'è, te sî scurdato ,

ca me chiammo san Crispino?

 

Posa 'e scarpe e va’ vattenne,

pecché, ô riesto nce penz'io! -

- No, serveva pe te dicere

ca ‘sti scarpe songo 'e dDio... -

 

-N'ata vota mo?! Vattenne,

ca t'avvío ‘na forma appriesso!

Siano 'e scarpe 'e chi se sia,

ca pe me so' tutte 'e stesse !

 

Doppo n'ora l'angiulillo

torna tutto appaurato.

- Viene 'a cca, pòrtale 'e scarpe!

Tanto 'e pressa t'à mannato?

 

E dincelle: - Vo' tre llire!

Ve l 'à fatte quase nove !

Nce à mettuto 'e guardiuncielle,

'e ppuntette, tacche e chiuove! -

 

L 'angiulillo, aizanno vuolo,

va addu dDio. -Quante ne vo'? -

- Vo' tre llire...- - Ma ch'è pazzo? -

- Che ne saccio, neh Signó?

 

Chillo sta accussí arraggiato!

N'atu ppoco me magnava! ...

Si ll'avisseve sentuto

comme ddiece jastemmava!

 

- Lassa sta'! Mo nce vach'io...

E scennette. - San Crispi?

- Gnò! - Ched'è ‘sta jacuvella?

Sti denare 'e vvuó accussí? ... -

 

- Accussí? Mannaggia â morte!

Vi' che capa gluriosa!...

O pavate, o, n'ata vota,

mo ve scoso tutte cosa!

 

Tu capisce? lo nun t' 'o spieco!

Cammurristo, chistu cca!

N' 'a fa bbona manco a dDio!

Miette a bbevere, paisà!

 

Cominciamo a coglierne le parole e/o le espressioni interessanti;

- ‘ntussecuso : letteralmente è chi è facilmente irascibile, aspro nei modi e nelle maniere, sdegnoso, quando non velenoso; etimologicamente deverbale di ‘ntussecà che dal latino in-toxicare che è formato da un in (illativo) + il sostantivo toxicum (normale la evoluzione della x in ss; il basso latino toxicum(forgiato su un greco toxikòn)= veleno, ma pure rabbia, sdegno divenne in napoletano tuosseco, ma pur partendo da quel basso latino, vi pervenne attraverso lo spagnolo tosigo.

- Scarparo: letteralmente non è il ciabattino, colui che accomoda le scarpe rotte (costui, e lo vediamo, in corretto napoletano è ‘o solachianiello ), ma è il fabbricante di scarpe,in linea con l’etimologia del termine scarparo che è dal portoghese-spagnolo escarpa con l’aggiunta di un suffisso di attinenza arius→ aro di reminescenza latina; come si evince dalla lettura della poesia il san Crispino protagonista non è un autentico scarparo id est: fabbricante di scarpe, ma solo un irascibile ciabattino, che accomoda scarpe rotte o consunte: un semplice solachianiello etimologicamente derivante dall’addizione del verbo sola (ind. pres. 3° p. sg. di suolare (derivato del sostantivo suola) con il sostantivo chianiello maschile ricostruito d’una originaria chianella = pantofola, da un latino planus diminutivo femminilizzato attraverso il suffisso: ella; come vedemmo alibi, normale la mutazione di pl in chi; il Russo accreditò san Crispino d’essere uno scarparo e non un solachianiello perché nella devozione popolare napoletana, ma non solo, san Crispino e suo fratello Crispiniano ( che erano di nobili origini romane, ma – convertitisi al cristianesimo – si trasferirono in Francia a diffondere il Vangelo,si adattarono,per sopravvivere, a lavorare di notte facendo i calzolai, ed in Francia, durante la persecuzione di Diocleziano, trovarono il martirio a fil di spada) sono ritenuti santi protettori dei calzolai e solo estensivamente dei ciabattini;rammenterò qui una curiosità e cioè che una tradizione veneta,contrariamente a quella partenopea, non menziona San Crispiniano mentre lega la figura di Crispino al vino ed ai bevitori di vino, (ottobre – la festa dei due santi cade il 25 ottobre - è il periodo in cui si fa l’operazione della svinatura) ed inoltre si storpia il nome in Graspin (affine a graspo = grappolo) facendolo diventare il patrono degli ubriachi.

- piezzo ‘artigliaria: ad litteram starebbe per pezzo di artiglieria, ma estensivamente e per enfasi sta per: uomo cosí grosso e prestante da poter addirittura trasportar da solo un pesante pezzo (bocca da fuoco) di artiglieria (etimologicamente dal fr. artillerie quale complesso delle armi da fuoco montate su affusto: obice, mortaio,mitragliatrice etc.)nell’immaginario di F. Russo san Crispino è pensato corpulento e prestante…;

- ‘nfuscato: letteralmente infoscato, rannuvolato, annebbiato e quindi accigliato,nervoso, adontato; etimologicamente part.pass. del verbo ‘nfuscarse= infoscarsi etc. che è dal solito in (illativo) + fosco dal latino: fuscu(m)= affuscato, cupo, minaccioso;

- Suglia, bisecolo, martiello: sono tre tipici strumenti di lavoro del ciabattino e precisamente nell’ordine: subbia o lesina, lisciatoio, martello; suglia è esattamente la lesina strumento appuntito atto a forare il cuoio e a farvi passare con l’ausilio di un’ asola presente quasi sulla punta, lo spago impeciato usato per cucire la suola della scarpa; etimologicamente la parola suglia è dal latino subula(m)→subla(m) con la tipica mutazione di bl in gli che dà altrove ad es. neglia da nebula(m)→nebla(m) = nebbia etc.

- Bisecolo: è propriamente il lisciapiante arnese da calzolaio, di legno di bosso o di metallo, che serve a levigare e lucidare le suole e i tacchi; in toscano è reso con il termine bussetto forse perché – come détto – in origine di bosso, mentre il napoletano bisecolo etimologicamente dal fr. besaigue, comp. di bes-'bi-' e aigue'acuto' in quanto arnese provviso di un doppio taglio laterale, atto a togliere eventuali asperità al cuoio e renderlo levigato e lucido;

- Martiello : è ovviamente il martello etimologicamente da un tardo latino martellu(m), variante del class. martulus o marculus, dim. di marcus 'martello'

quello dei ciabattini e scarpai si differenzia da tutti gli altri martelli per aver la testa battente rotonda e poco ampia e non a forma di parallelepipedo, mentre il cuneo opposto alla testa è liscio e senza incavi (come invece càpita nei martelli da fabbro e falegname dove serve a cavar i chiodi) inadatto a tirar via i chiodi ;

- Accuncià: propriamente aggiustare, ripristinare, ma alibi anche acconciare, condire; va da sé che nella poesia il verbo va inteso nelle prime due accezioni, sebbene etimologicamente esso derivi da un latino ad+conciare denominale di un basso latino comptium = preparazione da riportare al comere= cum- emereprendere con, assumere;

- ‘na pareglia ‘e meze cape: letteralmente un paio di scarpe basse piuttosto consunte e logore; pareglia = coppia, paio etimologicamente dallo spagnolo pareja da far risalire al latino par/paris; meze cape= come ò detto si tratta di scarpe basse, ma è voce ironica da riallacciare al termine capezza= cavezza dal latino capitía,briglia della testa; essendo la scarpa una sorta di briglia del piede, ironicamente è una mezza cape(zza) e quindi meza capa;

- Acconcia acconcia letteralmente aggiustatissima, fatta molto bene, ad arte; rammenterò che in napoletano la reiterazione dell’aggettivo qualificativo di grado positivo quasi sempre serve a formare il superlativo dell’aggettivo medesimo o ad espanderne la qualità. Ad es. chiatto chiatto sta per grassissimo, luongo luongo per lunghissimo o altissimo come il curto curto vale bassissimo e cosí via; quanto all’etimologia mette conto risalire a quanto détto per il precedente accuncià;

- Schiappino: letteralmente starebbe per piccola scheggia in quanto diminutivo reso maschile di schiappa etimologicamente deverbale. dell'ant. schiappare 'spaccare legna', forse di origine onom.; poi taglialegna', ed anche'uomo rozzo, inetto, incapace che è l’accezione di cui nella poesia;

- abbío: voce verbale (ind. pres. 1° pers. sg.) del verbo abbià=avviare, porre in moto e, nell’accezione della poesia: lanciare contro; etimologicamente forma verbalizzata, attraverso un latino ad-viare del sostantivo via;

- forma: ecco un altro tipico strumento di lavoro del calzolaio, ciabattino etc; è quel rigido modello di legno usato per montare e sostenere il tomaio e la suola di una scarpa in fabbricazione o riparazione; etimo che attraverso un latino forma, da for, far = reggere, sostenere, viene da un’ antica radice sanscrita dahr;

- appriesso: avverbio dai moltepici significati: dopo, in seguito e qui: dietro; etimologicamente da un latino ad + pressum = vicino a con dittongazione della sillaba implicata (seguita da due consonanti).

- appaurato : letteralmente: impaurito, preso dal timore etimologicamente denominale da ad + paura

- pressa: notoriamente si tratta della fretta, dell’ urgenza, dell’ impellenza; etimologicamente attraverso lo spagnolo priesa ed il portoghese pressa deverbale di un latino pressare forma intensiva e frequentativa di premere = incalzare;

- guardiuncielle: s.vo m.le dim. pl. di guardiunciello una delle parti del tomaio (o tomaia che è la parte superiore della calzatura, in pelle o tessuto, che cucita alla sottostante suola forma la scarpa; etimologicamente la parola tomaio/a è dal greco tomaíos= tagliato o da un tomàri= pezzo di cuoio) della scarpa e precisamente i tramezzi laterali che chiudono il tomaio intorno al piede, tramezzi cuciti tra suola e tomaio a sostegno e messo quasi a guardia (donde il nome) della consistenza laterale della scarpa; rammenterò che anche in veneziano il medesimo tramezzo è chiamato guàrdolo o guardióne e non fa meraviglia il fatto che sia napoletani che veneziani abbiano potuto forgiare i loro termini su di un portoghese guardia o uno spagnolo guarda; in fondo sia napoletani che veneziani furono gran marinai e naviganti ed entrarono in contatto con numerose nazioni rivierasche; l’unica differenza da notare è che mentre il veneziano usa o un termine diminutivo: guàrdolo o uno accrescitivo guardióne mentre il napoletano solo un termine diminutivo guardiunciello ;

- puntette : precisamente piccole punte; infatti un tempo ‘a puntetta fu un piccolo rinforzo metallico a forma di mezza luna inchiodato alla punta della suola e dunque della scarpa per proteggere la punta medesima da eccessive sollecitazioni durante la deambulazione e perciò da probabile veloce logoramento di quella parte della suola. Va da sé che la puntetta, etimologicamente diminutivo di punta che è da un tardo latino puncta(m) deverbale di pungere, non è applicata a scarpa nuova, ma a quella già consunta e logora, nel tentativo di ripristinarne la saldezza iniziale;

- tacche: si tratta ovviamente dei tacchi i rialzi posteriori delle scarpe attaccati sotto i calcagni; etimologicamente con ogni probabilità dallo spagnolo taco da una radice tac = appiglio, aggancio;

- chiuove: che sono ovviamente i chiodi, barrette metalliche di varie forme e dimensioni, generalmente appuntite ad un'estremità e con una testa piú o meno larga all'altra, che serve a unire fra loro parti di metallo, legno o altro materiale; etimologia latina da clavu(m).

E penso di poter far punto qui avendo già alibi et passim illustrato ad abundantiam altri termini quali jacuvella e cammurista.

RaffaeleBracale

Pubblicato da Lello a 00:10 Nessun commento:

mercoledì 12 maggio 2010

SCARPARO – CALZOLAIO etc.

SCARPARO – CALZOLAIO etc.

 

Questa volta per le mie ricerche linguistiche, prenderò l’avvio da una poesia di Ferdinando Russo (Napoli 1866-† ivi 1927) a mio avviso il piú grande poeta napoletano, oltre che drammaturgo, narratore e ricercatore, poeta il cui espressivo linguaggio aveva le sue profonde radici nel piú autentico humus popolare; la poesia donde trarrò materia di indagine è intitolata :SAN CRISPINO e fa parte di un surreale poemetto ‘Mparaviso, scritto giovanissimo (25 anni) nel 1891 di getto dal poeta in una sola notte nella redazione de’ IL PUNGOLO (quotidiano napoletano diretto da tal Jacopo Comin, quotidiano che era destinato a lettori un po’ piú raffinati di quelli del ROMA che era il quotidiano letto dal popolino), al ritorno da una sua ascensione con il pallone areostatico Urania, ascensione, fatta per scommessa, che lo aveva portato a volare su Napoli ad una altezza di circa 3600 metri. I lettori de IL PUNGOLO, a malgrado fossero piú colti e preparati di quelli de IL ROMA apprezzavano molto il corposo e popolaresco verseggiare di F. Russo e la sua prosa scorrevole e di gran presa. Una prima notazione linguistica che mi occorre di fare è che il Russo usò per titolare il suo poemetto la grafia scorretta ‘NPARAVISO in luogo della piú corretta ‘MPARAVISO, tenendo in non cale la norma che vuole che quando la preposizione in diventa proclitica di una parola che inizia con una consonamte labiale esplosiva: p o b, perde la i d’avvio sostituita dal segno (‘) dell’aferesi e muta la enne che diventa emme,spingendo talvolta all’assimilazione progressiva la consonante d’avvio come ad es. nel caso di in bocca→ ‘mbocca → ‘mmocca. Ma ad un giovane poeta si può perdonare qualche tenue errore!

Ciò detto leggiamo la graziosa poesia:

San Crispino

San Crispino 'o ntussecuso

tu già sai ca fa 'o scarparo!

È nu piezzo 'artigliaria

ca nun c'è chi le sta a pparo!

 

Ogne ghiuorno fa na storia

mo pe chesto e mmo pe cchello,

e, ‘nfuscato, afferra 'a suglia,

'o bisecolo, 'o martiello...

 

Na matina, 'o Pat'Eterno

le mannaje, pe' 'e ffà accuncià,

’na pareglia 'e meze-cape.

Corre n'angiulo, e lle fa:

 

- San Crispí, dice 'o Signore

ca lle miette 'e mmeze sòle !

Vo' ‘na cosa acconcia acconcia... -

- Ma che songo, sti pparole?

 

Saje ca parle cu n'artista

e nun già cu ‘nu schiappino?

Ma comm'è, te sî scurdato ,

ca me chiammo San Crispino?

 

Posa 'e scarpe e va’ vattenne,

pecché, ô riesto nce penz'io! -

- No, serveva pe te dicere

ca ‘sti scarpe songo 'e dDio... -

 

-N'ata vota mo! Vatténne,

ca t'avvío ‘na forma appriesso!

Siano 'e scarpe 'e chi se sia,

ca pe me so' tutte 'e stesse !

 

Doppo n'ora l'angiulillo

torna tutto appaurato.

- Viene 'a cca, pòrtale 'e scarpe!

Tanto 'e pressa t'à mannato?

 

E dincelle: - Vo' tre llire!

Ve l 'à fatte quase nove !

Nce à mettuto 'e guardiuncielle,

'e ppuntette, tacche e chiuove! -

 

L 'angiulillo, aizanno vuolo,

va addu dDio. -Quante ne vo'? -

- Vo' tre lire...- - Ma ch'è pazzo? -

- Che ne saccio, neh Signó?

 

Chillo sta accussí arraggiato!

N'ato ppoco me magnava! ...

Si ll'avisseve sentuto

comme ddiece jastemmava!

 

- Lassa sta'! Mo nce vach'io...

E scennette. - San Crispí?

- Gnó! - Ched'è sta jacuvella?

’Sti denare 'e vvuó accussí? ... -

 

- Accussí? Mannaggia â morte!

Vi' che capa glurïosa!...

O pavate, o, n'ata vota,

mo ve scoso tutte cosa!

 

Tu capisce? lo nun t' 'o spieco!

Cammurristo, chistu cca!

N' 'a fa bona manco a dDio!

Miette a bbevere, paisà!

 

Cominciamo a coglierne le parole e/o le espressioni interessanti;

- ‘ntussecuso : letteralmente è chi è facilmente irascibile, aspro nei modi e nelle maniere, sdegnoso, quando non velenoso; etimologicamente deverbale di ‘ntussecà che deriva dal latino in-toxicare, formato da un in (illativo) + il sostantivo toxicum (normale la evoluzione della x in ss; il basso latino toxicum(forgiato su un greco toxikòn)= veleno, ma pure rabbia, sdegno divenne in napoletano tuosseco, ma pur partendo da quel basso latino, vi pervenne attraverso lo spagnolo tosigo.

- Scarparo: letteralmente non è il ciabattino, colui che accomoda le scarpe rotte (costui, e lo vediamo, in corretto napoletano è ‘o solachianiello ), ma è il fabbricante di scarpe,in linea con l’etimologia del termine scarparo che è dal portoghese-spagnolo escarpa con l’aggiunta di un suffisso di attinenza arius (aro) di reminescenza latina; come si evince dalla lettura della poesia il san Crispino protagonista non è un autentico scarparo id est: fabbricante di scarpe, ma solo un irascibile ciabattino, che accomoda scarpe rotte o consunte: un semplice solachianiello etimologicamente derivante dall’addizione del verbo sola (ind. pres. 3° p. sing. di suolare (derivato del sostantivo suola) con il sostantivo chianiello maschile ricostruito d’una originaria chianella = pantofola, da un latino planus diminutivo femminilizzato attraverso il suffisso: ella; come vedemmo alibi, normale la mutazione di pl in chi; il Russo accreditò san Crispino d’essere uno scarparo e non un solachianiello perché nella devozione popolare napoletana, ma non solo, san Crispino e suo fratello Crispiniano ( erano di nobili origini romane, ma – convertitisi al cristianesimo – si trasferirono in Francia a diffondere il Vangelo, adattandosi,per sopravvivere a lavorar di notte facendo i calzolai, ed in Francia, durante la persecuzione di Diocleziano, trovarono il martirio a fil di spada) sono ritenuti santi protettori dei calzolai e solo estensivamente dei ciabattini;rammenterò qui una curiosità e cioè che una tradizione veneta,contrariamente a quella partenopea, non menziona accanto a san Crispino, San Crispiniano mentre lega la figura di Crispino al vino ed ai bevitori di vino, (ottobre – la festa dei due santi cade il 25 ottobre - è il periodo in cui si fa l’operazione della svinatura) ed inoltre si storpia il nome in Graspin (affine a graspo = grappolo) facendolo diventare il patrono degli ubriachi.

- piezzo ‘artigliaria: ad litteram starebbe per pezzo di artiglieria, ma estensivamente e per enfasi sta per: uomo cosí grosso e prestante da poter addirittura trasportar da solo un pesante pezzo (bocca da fuoco) di artiglieria (etimologicamente dal fr. artillerie quale complesso delle armi da fuoco montate su affusto: obice, mortaio,mitragliatrice etc.)nell’immaginario di F. Russo san Crispino è pensato corpulento e prestante…;

- ‘nfuscato: letteralmente infoscato, rannuvolato, annebbiato e quindi accigliato,nervoso, adontato; etimologicamente part.pass. del verbo ‘nfuscarse= infoscarsi etc. che è dal solito in illativo + fosco dal latino: fuscu(m)= affuscato, cupo, minaccioso;

- Suglia, bisecolo, martiello: sono tre tipici strumenti di lavoro del ciabattino e precisamente nell’ordine: subbia o lesina, lisciatoio, martello; suglia è esattamente la lesina strumento appuntito atto a forare il cuoio e a far passare con l’ausilio di un’ asola presente quasi sulla punta, lo spago impeciato usato per cucire la suola della scarpa; etimologicamente la parola suglia è dal latino subula(m)→subla(m) con la tipica mutazione di bl in gli che dà altrove ad es. neglia da nebula(m)→nebla(m) = nebbia etc.

- Bisecolo: è propriamente il lisciapiante arnese da calzolaio, di legno di bosso o di metallo, che serve a levigare e lucidare le suole e i tacchi; in toscano è reso con il termine bussetto d’etimo incerto,ma probabilmente per il fatto che lo strumento in esame originariamente fu di duro legno di bosso, mentre il napoletano bisecolo etimologicamente dal fr. besaigue, comp. di bes-'bi-' e aigue'acuto' in quanto arnese provviso di un doppio taglio laterale, atto a togliere eventuali asperità al cuoio e renderlo levigato e lucido;

- Martiello : è ovviamente il martello etimologicamente da un tardo latino martellu(m), variante del class. martulus o marculus, dim. di marcus 'martello'

quello dei ciabattini e scarpai si differenzia da tutti gli altri martelli per aver la testa battente rotonda e poco ampia e non a forma di parallelepipedo, mentre il cuneo opposto alla testa è liscio e senza incavi (come invece capita nei martelli da fabbro e falegname) per tirar via i chiodi ;

- Accuncià: propriamente aggiustare, ripristinare, ma alibi anche acconciare, condire; va da sé che nella poesia il verbo va inteso nelle prime due accezioni, sebbene etimologicamente esso derivi da un latino ad+conciare denominale di un basso latino comptium = preparazione da riportare al comere= cum- emereprendere con, assumere;

- ‘na pareglia ‘e meze cape: letteralmente un paio di scarpe basse piuttosto consunte e logore; pareglia = coppia, paio etimologicamente dallo spagnolo pareja da far risalire al latino par/paris; meze cape= come ò detto si tratta di scarpe basse, ma è voce ironica da riallacciare al termine capezza= cavezza dal latino capitía,briglia della testa; essendo la scarpa una sorta di briglia del piede, ironicamente è una mezza capezza e quindi meza capa;

- Acconcia acconcia letteralmente aggiustatissima, fatta molto bene, ad arte; rammenterò che in napoletano la reiterazione dell’aggettivo qualificativo di grado positivo quasi sempre serve a formare il superlativo dell’aggettivo medesimo o ad espanderne la qualità. Ad es. chiatto chiatto sta per grassissimo, luongo luongo per lunghissimo o altissimo come il curto curto vale bassissimo e cosí via; quanto all’etimologia mette conto risalire al quanto detto per precedente accuncià;

- Schiappino: letteralmente starebbe per piccola scheggia in quanto diminutivo reso maschile di schiappa etimologicamente deverbale. dell'ant. schiappare 'spaccare legna', forse di origine onom.; poi taglialegna', ed anche'uomo rozzo, inetto, incapace che è l’accezione di cui nella poesia;

- abbío: voce verbale (ind. pres. 1° pers. Sing.) del verbo abbià=avviare, porre in moto e nell’accezione della poesia: lanciare contro; etimologicamente forma verbalizzata, attraverso un latino ad-viare del sostantivo via;

- forma: ecco un altro tipico strumento di lavoro del calzolaio, ciabattino etc; è quel rigido modello di legno usato per montare e sostenere il tomaio e la suola di una scarpa in fabbricazione o riparazione; etimo che attraverso un latino forma, da for, far = reggere, sostenere, viene da un’ antica radice sanscrita dahr;

- appriesso: avverbio dai moltepici significati: dopo, in seguito e qui: dietro; etimologicamente da un latino ad + pressum = vicino a con dittongazione della sillaba breve tonica.

- appaurato : letteralmente: impaurito, preso dal timore etimologicamente denominale da ad + paura

- pressa: notoriamente si tratta della fretta, dell’ urgenza, dell’ impellenza; etimologicamente attraverso lo spagnolo priesa ed il portoghese pressa deverbale di un latino pressare forma intensiva e frequentativa di premere = incalzare;

- guardiuncielle: una delle parti del tomaio (o tomaia che è la parte superiore della calzatura, in pelle o tessuto, che cucita alla sottostante suola forma la scarpa; etimologicamente la parola tomaio/a è dal greco tomaìos= tagliato o da un tomàri= pezzo di cuoio) della scarpa e precisamente i tramezzi laterali che chiudono il tomaio intorno al piede, tramezzi cuciti tra suola e tomaio a sostegno e messi quasi a guardia (donde il nome) della consistenza laterale della scarpa; rammenterò che anche in veneziano il medesimo tramezzo è chiamato guàrdolo o guardióne e non fa meraviglia il fatto che sia napoletani che veneziani abbiano potuto forgiare i loro termini su di un portoghese guardia o uno spagnolo guarda; in fondo sia napoletani che veneziani furono gran marinai e naviganti ed entrarono in contatto con numerose nazioni rivierasche;

- puntette : precisamente piccole punte; infatti un tempo ‘a puntetta fu un piccolo rinforzo metallico a forma di mezza luna inchiodato alla punta della suola e dunque della scarpa per proteggere la punta medesima da eccessive sollecitazioni durante la deambulazione e perciò da probabile veloce logoramento di quella parte della suola. Va da sé che la puntetta, etimologicamente diminutivo di punta che è da un tardo latino puncta(m) deverbale di pungere, non è applicata a scarpa nuova, ma a quella già consunta e logora, nel tentativo di ripristinarne la saldezza iniziale;

- tacche: si tratta ovviamente dei tacchi e cioè dei rialzi posteriori delle scarpe attaccati sotto i calcagni; etimologicamente con ogni probabilità dallo spagnolo taco da una radice tac = appiglio, aggancio;

- chiuove: che sono ovviamente i chiodi, barrette metalliche di varie forme e dimensioni, generalmente appuntite ad un'estremità e con una testa piú o meno larga all'altra, barretta che serve a unire fra loro parti di metallo, legno o altro materiale; etimologia latina da clavu(m).

E penso di poter far punto qui avendo già alibi et passim illustrato ad abundantiam altri termini quali jacuvella e cammurista.

RaffaeleBracale

Pubblicato da Lello a 02:15 Nessun commento:

venerdì 19 febbraio 2010

SCARPARO – CALZOLAIO etc.

SCARPARO – CALZOLAIO etc.

 

Questa volta per le mie ricerche linguistiche, prenderò l’avvio da una poesia di Ferdinando Russo (Napoli 1866-† ivi 1927) a mio avviso il piú grande poeta napoletano, oltre che drammaturgo, narratore e ricercatore, poeta il cui espressivo linguaggio aveva le sue profonde radici nel piú autentico humus popolare; la poesia donde trarrò materia di indagine è intitolata :SAN CRISPINO e fa parte di un surreale poemetto ‘Mparaviso, scritto giovanissimo (25 anni) nel 1891 di getto dal poeta in una sola notte nella redazione de’ IL PUNGOLO (quotidiano napoletano diretto da tal Jacopo Comin, quotidiano che era destinato a lettori un po’ piú raffinati di quelli del ROMA che era il quotidiano letto dal popolino), al ritorno da una sua ascensione con il pallone areostatico Urania, ascensione, fatta per scommessa, che lo aveva portato a volare su Napoli ad una altezza di circa 3600 metri. I lettori de IL PUNGOLO, a malgrado fossero piú colti e preparati di quelli de IL ROMA apprezzavano molto il corposo e popolaresco verseggiare di F. Russo e la sua prosa scorrevole e di gran presa. Una prima notazione linguistica che mi occorre di fare è che il Russo usò per titolare il suo poemetto la grafia scorretta ‘NPARAVISO in luogo della piú corretta ‘MPARAVISO, tenendo in non cale la norma che vuole che quando la preposizione in diventa proclitica di una parola che inizia con una consonamte labiale esplosiva: p o b, perde la i d’avvio sostituita dal segno (‘) dell’aferesi e muta la enne che diventa emme,spingendo talvolta all’assimilazione progressiva la consonante d’avvio come ad es. nel caso di in bocca→ ‘mbocca → ‘mmocca. Ma ad un giovane poeta si può perdonare qualche tenue errore!

Ciò detto leggiamo la graziosa poesia:

San Crispino

San Crispino 'o ntussecuso

tu già sai ca fa 'o scarparo!

È nu piezzo 'artigliaria

ca nun c'è chi le sta a pparo!

 

Ogne ghiuorno fa na storia

mo pe chesto e mmo pe cchello,

e, ‘nfuscato, afferra 'a suglia,

'o bisecolo, 'o martiello...

 

Na matina, 'o Pat'Eterno

le mannaje, pe' 'e ffà accuncià,

’na pareglia 'e meze-cape.

Corre n'angiulo, e lle fa:

 

- San Crispí, dice 'o Signore

ca lle miette 'e mmeze sòle !

Vo' ‘na cosa acconcia acconcia... -

- Ma che songo, sti pparole?

 

Saje ca parle cu n'artista

e nun già cu ‘nu schiappino?

Ma comm'è, te sî scurdato ,

ca me chiammo San Crispino?

 

Posa 'e scarpe e va’ vattenne,

pecché, ô riesto nce penz'io! -

- No, serveva pe te dicere

ca ‘sti scarpe songo 'e dDio... -

 

-N'ata vota mo! Vatténne,

ca t'avvío ‘na forma appriesso!

Siano 'e scarpe 'e chi se sia,

ca pe me so' tutte 'e stesse !

 

Doppo n'ora l'angiulillo

torna tutto appaurato.

- Viene 'a cca, pòrtale 'e scarpe!

Tanto 'e pressa t'à mannato?

 

E dincelle: - Vo' tre llire!

Ve l 'à fatte quase nove !

Nce à mettuto 'e guardiuncielle,

'e ppuntette, tacche e chiuove! -

 

L 'angiulillo, aizanno vuolo,

va addu dDio. -Quante ne vo'? -

- Vo' tre lire...- - Ma ch'è pazzo? -

- Che ne saccio, neh Signó?

 

Chillo sta accussí arraggiato!

N'ato ppoco me magnava! ...

Si ll'avisseve sentuto

comme ddiece jastemmava!

 

- Lassa sta'! Mo nce vach'io...

E scennette. - San Crispí?

- Gnó! - Ched'è sta jacuvella?

’Sti denare 'e vvuó accussí? ... -

 

- Accussí? Mannaggia â morte!

Vi' che capa glurïosa!...

O pavate, o, n'ata vota,

mo ve scoso tutte cosa!

 

Tu capisce? lo nun t' 'o spieco!

Cammurristo, chistu cca!

N' 'a fa bona manco a dDio!

Miette a bbevere, paisà!

 

Cominciamo a coglierne le parole e/o le espressioni interessanti;

- ‘ntussecuso : letteralmente è chi è facilmente irascibile, aspro nei modi e nelle maniere, sdegnoso, quando non velenoso; etimologicamente deverbale di ‘ntussecà che deriva dal latino in-toxicare, formato da un in (illativo) + il sostantivo toxicum (normale la evoluzione della x in ss; il basso latino toxicum(forgiato su un greco toxikòn)= veleno, ma pure rabbia, sdegno divenne in napoletano tuosseco, ma pur partendo da quel basso latino, vi pervenne attraverso lo spagnolo tosigo.

- Scarparo: letteralmente non è il ciabattino, colui che accomoda le scarpe rotte (costui, e lo vediamo, in corretto napoletano è ‘o solachianiello ), ma è il fabbricante di scarpe,in linea con l’etimologia del termine scarparo che è dal portoghese-spagnolo escarpa con l’aggiunta di un suffisso di attinenza arius (aro) di reminescenza latina; come si evince dalla lettura della poesia il san Crispino protagonista non è un autentico scarparo id est: fabbricante di scarpe, ma solo un irascibile ciabattino, che accomoda scarpe rotte o consunte: un semplice solachianiello etimologicamente derivante dall’addizione del verbo sola (ind. pres. 3° p. sing. di suolare (derivato del sostantivo suola) con il sostantivo chianiello maschile ricostruito d’una originaria chianella = pantofola, da un latino planus diminutivo femminilizzato attraverso il suffisso: ella; come vedemmo alibi, normale la mutazione di pl in chi; il Russo accreditò san Crispino d’essere uno scarparo e non un solachianiello perché nella devozione popolare napoletana, ma non solo, san Crispino e suo fratello Crispiniano ( erano di nobili origini romane, ma – convertitisi al cristianesimo – si trasferirono in Francia a diffondere il Vangelo, adattandosi,per sopravvivere a lavorar di notte facendo i calzolai, ed in Francia, durante la persecuzione di Diocleziano, trovarono il martirio a fil di spada) sono ritenuti santi protettori dei calzolai e solo estensivamente dei ciabattini;rammenterò qui una curiosità e cioè che una tradizione veneta,contrariamente a quella partenopea, non menziona accanto a san Crispino, San Crispiniano mentre lega la figura di Crispino al vino ed ai bevitori di vino, (ottobre – la festa dei due santi cade il 25 ottobre - è il periodo in cui si fa l’operazione della svinatura) ed inoltre si storpia il nome in Graspin (affine a graspo = grappolo) facendolo diventare il patrono degli ubriachi.

- piezzo ‘artigliaria: ad litteram starebbe per pezzo di artiglieria, ma estensivamente e per enfasi sta per: uomo cosí grosso e prestante da poter addirittura trasportar da solo un pesante pezzo (bocca da fuoco) di artiglieria (etimologicamente dal fr. artillerie quale complesso delle armi da fuoco montate su affusto: obice, mortaio,mitragliatrice etc.)nell’immaginario di F. Russo san Crispino è pensato corpulento e prestante…;

- ‘nfuscato: letteralmente infoscato, rannuvolato, annebbiato e quindi accigliato,nervoso, adontato; etimologicamente part.pass. del verbo ‘nfuscarse= infoscarsi etc. che è dal solito in illativo + fosco dal latino: fuscu(m)= affuscato, cupo, minaccioso;

- Suglia, bisecolo, martiello: sono tre tipici strumenti di lavoro del ciabattino e precisamente nell’ordine: subbia o lesina, lisciatoio, martello; suglia è esattamente la lesina strumento appuntito atto a forare il cuoio e a far passare con l’ausilio di un’ asola presente quasi sulla punta, lo spago impeciato usato per cucire la suola della scarpa; etimologicamente la parola suglia è dal latino subula(m)→subla(m) con la tipica mutazione di bl in gli che dà altrove ad es. neglia da nebula(m)→nebla(m) = nebbia etc.

- Bisecolo: è propriamente il lisciapiante arnese da calzolaio, di legno di bosso o di metallo, che serve a levigare e lucidare le suole e i tacchi; in toscano è reso con il termine bussetto d’etimo incerto,ma probabilmente per il fatto che lo strumento in esame originariamente fu di duro legno di bosso, mentre il napoletano bisecolo etimologicamente dal fr. besaigue, comp. di bes-'bi-' e aigue'acuto' in quanto arnese provviso di un doppio taglio laterale, atto a togliere eventuali asperità al cuoio e renderlo levigato e lucido;

- Martiello : è ovviamente il martello etimologicamente da un tardo latino martellu(m), variante del class. martulus o marculus, dim. di marcus 'martello'

quello dei ciabattini e scarpai si differenzia da tutti gli altri martelli per aver la testa battente rotonda e poco ampia e non a forma di parallelepipedo, mentre il cuneo opposto alla testa è liscio e senza incavi (come invece capita nei martelli da fabbro e falegname) per tirar via i chiodi ;

- Accuncià: propriamente aggiustare, ripristinare, ma alibi anche acconciare, condire; va da sé che nella poesia il verbo va inteso nelle prime due accezioni, sebbene etimologicamente esso derivi da un latino ad+conciare denominale di un basso latino comptium = preparazione da riportare al comere= cum- emereprendere con, assumere;

- ‘na pareglia ‘e meze cape: letteralmente un paio di scarpe basse piuttosto consunte e logore; pareglia = coppia, paio etimologicamente dallo spagnolo pareja da far risalire al latino par/paris; meze cape= come ò detto si tratta di scarpe basse, ma è voce ironica da riallacciare al termine capezza= cavezza dal latino capitía,briglia della testa; essendo la scarpa una sorta di briglia del piede, ironicamente è una mezza capezza e quindi meza capa;

- Acconcia acconcia letteralmente aggiustatissima, fatta molto bene, ad arte; rammenterò che in napoletano la reiterazione dell’aggettivo qualificativo di grado positivo quasi sempre serve a formare il superlativo dell’aggettivo medesimo o ad espanderne la qualità. Ad es. chiatto chiatto sta per grassissimo, luongo luongo per lunghissimo o altissimo come il curto curto vale bassissimo e cosí via; quanto all’etimologia mette conto risalire al quanto detto per precedente accuncià;

- Schiappino: letteralmente starebbe per piccola scheggia in quanto diminutivo reso maschile di schiappa etimologicamente deverbale. dell'ant. schiappare 'spaccare legna', forse di origine onom.; poi taglialegna', ed anche'uomo rozzo, inetto, incapace che è l’accezione di cui nella poesia;

- abbío: voce verbale (ind. pres. 1° pers. Sing.) del verbo abbià=avviare, porre in moto e nell’accezione della poesia: lanciare contro; etimologicamente forma verbalizzata, attraverso un latino ad-viare del sostantivo via;

- forma: ecco un altro tipico strumento di lavoro del calzolaio, ciabattino etc; è quel rigido modello di legno usato per montare e sostenere il tomaio e la suola di una scarpa in fabbricazione o riparazione; etimo che attraverso un latino forma, da for, far = reggere, sostenere, viene da un’ antica radice sanscrita dahr;

- appriesso: avverbio dai moltepici significati: dopo, in seguito e qui: dietro; etimologicamente da un latino ad + pressum = vicino a con dittongazione della sillaba breve tonica.

- appaurato : letteralmente: impaurito, preso dal timore etimologicamente denominale da ad + paura

- pressa: notoriamente si tratta della fretta, dell’ urgenza, dell’ impellenza; etimologicamente attraverso lo spagnolo priesa ed il portoghese pressa deverbale di un latino pressare forma intensiva e frequentativa di premere = incalzare;

- guardiuncielle: una delle parti del tomaio (o tomaia che è la parte superiore della calzatura, in pelle o tessuto, che cucita alla sottostante suola forma la scarpa; etimologicamente la parola tomaio/a è dal greco tomaìos= tagliato o da un tomàri= pezzo di cuoio) della scarpa e precisamente i tramezzi laterali che chiudono il tomaio intorno al piede, tramezzi cuciti tra suola e tomaio a sostegno e messi quasi a guardia (donde il nome) della consistenza laterale della scarpa; rammenterò che anche in veneziano il medesimo tramezzo è chiamato guàrdolo o guardióne e non fa meraviglia il fatto che sia napoletani che veneziani abbiano potuto forgiare i loro termini su di un portoghese guardia o uno spagnolo guarda; in fondo sia napoletani che veneziani furono gran marinai e naviganti ed entrarono in contatto con numerose nazioni rivierasche;

- puntette : precisamente piccole punte; infatti un tempo ‘a puntetta fu un piccolo rinforzo metallico a forma di mezza luna inchiodato alla punta della suola e dunque della scarpa per proteggere la punta medesima da eccessive sollecitazioni durante la deambulazione e perciò da probabile veloce logoramento di quella parte della suola. Va da sé che la puntetta, etimologicamente diminutivo di punta che è da un tardo latino puncta(m) deverbale di pungere, non è applicata a scarpa nuova, ma a quella già consunta e logora, nel tentativo di ripristinarne la saldezza iniziale;

- tacche: si tratta ovviamente dei tacchi e cioè dei rialzi posteriori delle scarpe attaccati sotto i calcagni; etimologicamente con ogni probabilità dallo spagnolo taco da una radice tac = appiglio, aggancio;

- chiuove: che sono ovviamente i chiodi, barrette metalliche di varie forme e dimensioni, generalmente appuntite ad un'estremità e con una testa piú o meno larga all'altra, barretta che serve a unire fra loro parti di metallo, legno o altro materiale; etimologia latina da clavu(m).

E penso di poter far punto qui avendo già alibi et passim illustrato ad abundantiam altri termini quali jacuvella e cammurista.

RaffaeleBracale

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martedì 17 giugno 2008

SCARPARO – CALZOLAIO etc

SCARPARO – CALZOLAIO etc.

 

Questa volta per le mie ricerche linguistiche, prenderò l’avvio da una poesia di Ferdinando Russo (Napoli 1866-† ivi 1927) a mio avviso il piú grande poeta napoletano, oltre che drammaturgo, narratore e ricercatore, poeta il cui espressivo linguaggio aveva le sue profonde radici nel piú autentico humus popolare; la poesia donde trarrò materia di indagine è intitolata :SAN CRISPINO e fa parte di un surreale poemetto ‘Mparaviso, scritto giovanissimo (25 anni) nel 1891 di getto dal poeta in una sola notte nella redazione de’ IL PUNGOLO (quotidiano napoletano diretto da tal Jacopo Comin, quotidiano che era destinato a lettori un po’ piú raffinati di quelli del ROMA che era il quotidiano letto dal popolino), al ritorno da una sua ascensione con il pallone areostatico Urania, ascensione, fatta per scommessa, che lo aveva portato a volare su Napoli ad una altezza di circa 3600 metri. I lettori de IL PUNGOLO, a malgrado fossero piú colti e preparati di quelli de IL ROMA apprezzavano molto il corposo e popolaresco verseggiare di F. Russo e la sua prosa scorrevole e di gran presa. Una prima notazione linguistica che mi occorre di fare è che il Russo usò per titolare il suo poemetto la grafia scorretta ‘NPARAVISO in luogo della piú corretta ‘MPARAVISO, tenendo in non cale la norma che vuole che quando la preposizione in diventa proclitica di una parola che inizia con una consonamte labiale esplosiva: p o b, perde la i d’avvio sostituita dal segno (‘) dell’aferesi e muta la enne che diventa emme,spingendo talvolta all’assimilazione progressiva la consonante d’avvio come ad es. nel caso di in bocca→ ‘mbocca → ‘mmocca. Ma ad un giovane poeta si può perdonare qualche tenue errore!

Ciò detto leggiamo la graziosa poesia:

San Crispino

San Crispino 'o ntussecuso

tu già sai ca fa 'o scarparo!

È nu piezzo 'artigliaria

ca nun c'è chi le sta a pparo!

 

Ogne ghiuorno fa na storia

mo pe chesto e mmo pe cchello,

e, ‘nfuscato, afferra 'a suglia,

'o bisecolo, 'o martiello...

 

Na matina, 'o Pat'Eterno

le mannaje, pe' 'e ffà accuncià,

’na pareglia 'e meze-cape.

Corre n'angiulo, e lle fa:

 

- San Crispí, dice 'o Signore

ca lle miette 'e mmeze sòle !

Vo' ‘na cosa acconcia acconcia... -

- Ma che songo, sti pparole?

 

Saje ca parle cu n'artista

e nun già cu ‘nu schiappino?

Ma comm'è, te sî scurdato ,

ca me chiammo San Crispino?

 

Posa 'e scarpe e va’ vattenne,

pecché, ô riesto nce penz'io! -

- No, serveva pe te dicere

ca ‘sti scarpe songo 'e dDio... -

 

-N'ata vota mo! Vatténne,

ca t'avvío ‘na forma appriesso!

Siano 'e scarpe 'e chi se sia,

ca pe me so' tutte 'e stesse !

 

Doppo n'ora l'angiulillo

torna tutto appaurato.

- Viene 'a cca, pòrtale 'e scarpe!

Tanto 'e pressa t'à mannato?

 

E dincelle: - Vo' tre llire!

Ve l 'à fatte quase nove !

Nce à mettuto 'e guardiuncielle,

'e ppuntette, tacche e chiuove! -

 

L 'angiulillo, aizanno vuolo,

va addu dDio. -Quante ne vo'? -

- Vo' tre lire...- - Ma ch'è pazzo? -

- Che ne saccio, neh Signó?

 

Chillo sta accussí arraggiato!

N'ato ppoco me magnava! ...

Si ll'avisseve sentuto

comme ddiece jastemmava!

 

- Lassa sta'! Mo nce vach'io...

E scennette. - San Crispí?

- Gnó! - Ched'è sta jacuvella?

’Sti denare 'e vvuó accussí? ... -

 

- Accussí? Mannaggia â morte!

Vi' che capa glurïosa!...

O pavate, o, n'ata vota,

mo ve scoso tutte cosa!

 

Tu capisce? lo nun t' 'o spieco!

Cammurristo, chistu cca!

N' 'a fa bona manco a dDio!

Miette a bbevere, paisà!

 

Cominciamo a coglierne le parole e/o le espressioni interessanti;

- ‘ntussecuso : letteralmente è chi è facilmente irascibile, aspro nei modi e nelle maniere, sdegnoso, quando non velenoso; etimologicamente deverbale di ‘ntussecà che deriva dal latino in-toxicare, formato da un in (illativo) + il sostantivo toxicum (normale la evoluzione della x in ss; il basso latino toxicum(forgiato su un greco toxikòn)= veleno, ma pure rabbia, sdegno divenne in napoletano tuosseco, ma pur partendo da quel basso latino, vi pervenne attraverso lo spagnolo tosigo.

- Scarparo: letteralmente non è il ciabattino, colui che accomoda le scarpe rotte (costui, e lo vediamo, in corretto napoletano è ‘o solachianiello ), ma è il fabbricante di scarpe,in linea con l’etimologia del termine scarparo che è dal portoghese-spagnolo escarpa con l’aggiunta di un suffisso di attinenza arius (aro) di reminescenza latina; come si evince dalla lettura della poesia il san Crispino protagonista non è un autentico scarparo id est: fabbricante di scarpe, ma solo un irascibile ciabattino, che accomoda scarpe rotte o consunte: un semplice solachianiello etimologicamente derivante dall’addizione del verbo sola (ind. pres. 3° p. sing. di suolare (derivato del sostantivo suola) con il sostantivo chianiello maschile ricostruito d’una originaria chianella = pantofola, da un latino planus diminutivo femminilizzato attraverso il suffisso: ella; come vedemmo alibi, normale la mutazione di pl in chi; il Russo accreditò san Crispino d’essere uno scarparo e non un solachianiello perché nella devozione popolare napoletana, ma non solo, san Crispino e suo fratello Crispiniano ( erano di nobili origini romane, ma – convertitisi al cristianesimo – si trasferirono in Francia a diffondere il Vangelo, adattandosi,per sopravvivere a lavorar di notte facendo i calzolai, ed in Francia, durante la persecuzione di Diocleziano, trovarono il martirio a fil di spada) sono ritenuti santi protettori dei calzolai e solo estensivamente dei ciabattini;rammenterò qui una curiosità e cioè che una tradizione veneta,contrariamente a quella partenopea, non menziona accanto a san Crispino, San Crispiniano mentre lega la figura di Crispino al vino ed ai bevitori di vino, (ottobre – la festa dei due santi cade il 25 ottobre - è il periodo in cui si fa l’operazione della svinatura) ed inoltre si storpia il nome in Graspin (affine a graspo = grappolo) facendolo diventare il patrono degli ubriachi.

- piezzo ‘artigliaria: ad litteram starebbe per pezzo di artiglieria, ma estensivamente e per enfasi sta per: uomo cosí grosso e prestante da poter addirittura trasportar da solo un pesante pezzo (bocca da fuoco) di artiglieria (etimologicamente dal fr. artillerie quale complesso delle armi da fuoco montate su affusto: obice, mortaio,mitragliatrice etc.)nell’immaginario di F. Russo san Crispino è pensato corpulento e prestante…;

- ‘nfuscato: letteralmente infoscato, rannuvolato, annebbiato e quindi accigliato,nervoso, adontato; etimologicamente part.pass. del verbo ‘nfuscarse= infoscarsi etc. che è dal solito in illativo + fosco dal latino: fuscu(m)= affuscato, cupo, minaccioso;

- Suglia, bisecolo, martiello: sono tre tipici strumenti di lavoro del ciabattino e precisamente nell’ordine: subbia o lesina, lisciatoio, martello; suglia è esattamente la lesina strumento appuntito atto a forare il cuoio e a far passare con l’ausilio di un’ asola presente quasi sulla punta, lo spago impeciato usato per cucire la suola della scarpa; etimologicamente la parola suglia è dal latino subula(m)→subla(m) con la tipica mutazione di bl in gli che dà altrove ad es. neglia da nebula(m)→nebla(m) = nebbia etc.

- Bisecolo: è propriamente il lisciapiante arnese da calzolaio, di legno di bosso o di metallo, che serve a levigare e lucidare le suole e i tacchi; in toscano è reso con il termine bussetto d’etimo incerto,ma probabilmente per il fatto che lo strumento in esame originariamente fu di duro legno di bosso, mentre il napoletano bisecolo etimologicamente dal fr. besaigue, comp. di bes-'bi-' e aigue'acuto' in quanto arnese provviso di un doppio taglio laterale, atto a togliere eventuali asperità al cuoio e renderlo levigato e lucido;

- Martiello : è ovviamente il martello etimologicamente da un tardo latino martellu(m), variante del class. martulus o marculus, dim. di marcus 'martello'

quello dei ciabattini e scarpai si differenzia da tutti gli altri martelli per aver la testa battente rotonda e poco ampia e non a forma di parallelepipedo, mentre il cuneo opposto alla testa è liscio e senza incavi (come invece capita nei martelli da fabbro e falegname) per tirar via i chiodi ;

- Accuncià: propriamente aggiustare, ripristinare, ma alibi anche acconciare, condire; va da sé che nella poesia il verbo va inteso nelle prime due accezioni, sebbene etimologicamente esso derivi da un latino ad+conciare denominale di un basso latino comptium = preparazione da riportare al comere= cum- emereprendere con, assumere;

- ‘na pareglia ‘e meze cape: letteralmente un paio di scarpe basse piuttosto consunte e logore; pareglia = coppia, paio etimologicamente dallo spagnolo pareja da far risalire al latino par/paris; meze cape= come ò detto si tratta di scarpe basse, ma è voce ironica da riallacciare al termine capezza= cavezza dal latino capitía,briglia della testa; essendo la scarpa una sorta di briglia del piede, ironicamente è una mezza capezza e quindi meza capa;

- Acconcia acconcia letteralmente aggiustatissima, fatta molto bene, ad arte; rammenterò che in napoletano la reiterazione dell’aggettivo qualificativo di grado positivo quasi sempre serve a formare il superlativo dell’aggettivo medesimo o ad espanderne la qualità. Ad es. chiatto chiatto sta per grassissimo, luongo luongo per lunghissimo o altissimo come il curto curto vale bassissimo e cosí via; quanto all’etimologia mette conto risalire al quanto detto per precedente accuncià;

- Schiappino: letteralmente starebbe per piccola scheggia in quanto diminutivo reso maschile di schiappa etimologicamente deverbale. dell'ant. schiappare 'spaccare legna', forse di origine onom.; poi taglialegna', ed anche'uomo rozzo, inetto, incapace che è l’accezione di cui nella poesia;

- abbío: voce verbale (ind. pres. 1° pers. Sing.) del verbo abbià=avviare, porre in moto e nell’accezione della poesia: lanciare contro; etimologicamente forma verbalizzata, attraverso un latino ad-viare del sostantivo via;

- forma: ecco un altro tipico strumento di lavoro del calzolaio, ciabattino etc; è quel rigido modello di legno usato per montare e sostenere il tomaio e la suola di una scarpa in fabbricazione o riparazione; etimo che attraverso un latino forma, da for, far = reggere, sostenere, viene da un’ antica radice sanscrita dahr;

- appriesso: avverbio dai moltepici significati: dopo, in seguito e qui: dietro; etimologicamente da un latino ad + pressum = vicino a con dittongazione della sillaba breve tonica.

- appaurato : letteralmente: impaurito, preso dal timore etimologicamente denominale da ad + paura

- pressa: notoriamente si tratta della fretta, dell’ urgenza, dell’ impellenza; etimologicamente attraverso lo spagnolo priesa ed il portoghese pressa deverbale di un latino pressare forma intensiva e frequentativa di premere = incalzare;

- guardiuncielle: una delle parti del tomaio (o tomaia che è la parte superiore della calzatura, in pelle o tessuto, che cucita alla sottostante suola forma la scarpa; etimologicamente la parola tomaio/a è dal greco tomaìos= tagliato o da un tomàri= pezzo di cuoio) della scarpa e precisamente i tramezzi laterali che chiudono il tomaio intorno al piede, tramezzi cuciti tra suola e tomaio a sostegno e messi quasi a guardia (donde il nome) della consistenza laterale della scarpa; rammenterò che anche in veneziano il medesimo tramezzo è chiamato guàrdolo o guardióne e non fa meraviglia il fatto che sia napoletani che veneziani abbiano potuto forgiare i loro termini su di un portoghese guardia o uno spagnolo guarda; in fondo sia napoletani che veneziani furono gran marinai e naviganti ed entrarono in contatto con numerose nazioni rivierasche;

- puntette : precisamente piccole punte; infatti un tempo ‘a puntetta fu un piccolo rinforzo metallico a forma di mezza luna inchiodato alla punta della suola e dunque della scarpa per proteggere la punta medesima da eccessive sollecitazioni durante la deambulazione e perciò da probabile veloce logoramento di quella parte della suola. Va da sé che la puntetta, etimologicamente diminutivo di punta che è da un tardo latino puncta(m) deverbale di pungere, non è applicata a scarpa nuova, ma a quella già consunta e logora, nel tentativo di ripristinarne la saldezza iniziale;

- tacche: si tratta ovviamente dei tacchi e cioè dei rialzi posteriori delle scarpe attaccati sotto i calcagni; etimologicamente con ogni probabilità dallo spagnolo taco da una radice tac = appiglio, aggancio;

- chiuove: che sono ovviamente i chiodi, barrette metalliche di varie forme e dimensioni, generalmente appuntite ad un'estremità e con una testa piú o meno larga all'altra, barretta che serve a unire fra loro parti di metallo, legno o altro materiale; etimologia latina da clavu(m).

E penso di poter far punto qui avendo già alibi et passim illustrato ad abundantiam altri termini quali jacuvella e cammurista.

RaffaeleBracale

Pubblicato da Lello a 02:36 Nessun commento:

domenica 31 luglio 2011

SCARPARO – CALZOLAIO etc.

SCARPARO – CALZOLAIO etc.

 

Questa volta per qualche mia ricerca linguistica, prenderò l’avvio da una poesia di Ferdinando Russo (Napoli 1866- ivi †1927) a mio avviso il piú grande poeta napoletano, oltre che drammaturgo, narratore e ricercatore, poeta il cui espressivo linguaggio aveva le sue profonde radici nel piú autentico humus popolare,oltre che storico(Reame delle Due Sicilie) al contrario di Salvatore Di Giacomo(Napoli, 12 marzo 1860 – ivi †, 4 aprile 1934), poeta e letterato, traditore delle sue origini storiche, d’estrazione ed ispirazione borghese assurto però a vate della poesia napoletana per il merito di un paio di canzoni ben musicate,ma sorattutto per buoni uffici di don Benedetto Croce, che si incaricò di fargli da mentore e sostenitore nonché del critico letterario Francesco Flora che ne curò la pubblicazione dell’opera omnia presso l’editore milanese Mondadori; torniamo a Ferdinando Russo ed alla poesia donde trarrò materia di indagine; la poesia è intitolata :SAN CRISPINO e fa parte di un surreale poemetto ‘Mparaviso, scritto giovanissimo (25 anni) nel 1891 di getto dal Russo in una sola notte nella redazione de’ IL PUNGOLO (quotidiano napoletano diretto da tal Jacopo Comin, quotidiano che era destinato a lettori un po’ piú raffinati di quelli del ROMA che era il quotidiano letto dal popolino), al ritorno da una sua ascensione con il pallone areostatico Urania, ascensione che lo aveva portato a volare su Napoli ad una altezza di circa 3600 metri. I lettori de IL PUNGOLO, a malgrado fossero piú colti e preparati di quelli de IL ROMA apprezzavano molto il corposo, rapido e popolaresco verseggiare di F. Russo e la sua prosa scorrevole e di gran presa. Una prima notazione linguistica che mi occorre di fare è che il Russo usò per titolare il suo poemetto la grafia scorretta ‘NPARAVISO in luogo della piú corretta ‘MPARAVISO, tenendo in non cale la norma che vuole che quando la preposizione in diventa proclitica di un sostantivo che inizia con una consonamte labiale esplosiva: p o b, perde la i d’avvio sostituita dal segno (‘) dell’aferesi e muta la enne che diventa emme,spingendo talvolta all’assimilazione la consonante d’avvio come ad es. nel caso di in bocca → ‘mbocca →‘mmocca. Ma ad un giovane poeta si può perdonare qualche piccolo errore!

Ciò detto leggiamo la graziosa poesia:

San Crispino

San Crispino 'o ntussecuso

tu già saje ca fa 'o scarparo!

È nu piezzo 'artigliaria

ca nun c'è chi le sta a pparo!

 

Ogne ghiuorno fa ‘na storia

mo pe cchesto e mmo pe cchello,

e, ‘nfuscato, afferra 'a suglia,

'o bisecolo, 'o martiello...

 

‘Na matina, 'o Pat'Eterno

le mannaje, pe' 'e ffà accuncià,

’na pareglia 'e meze-cape.

Corre n'angiulo, e lle fa:

 

- San Crispí, dice 'o Signore

ca lle miette 'e mmeze sòle !

Vo' ‘na cosa acconcia acconcia... -

- Ma che songo, ‘sti pparole?

 

Saje ca parle cu n'artista

e nun già cu ‘nu schiappino?

Ma comm'è, te sî scurdato ,

ca me chiammo san Crispino?

 

Posa 'e scarpe e va’ vattenne,

pecché, ô riesto nce penz'io! -

- No, serveva pe te dicere

ca ‘sti scarpe songo 'e dDio... -

 

-N'ata vota mo?! Vattenne,

ca t'avvío ‘na forma appriesso!

Síano 'e scarpe 'e chi se sia,

ca pe mme so' tutte 'e stesse !

 

Doppo n'ora l'angiulillo

torna tutto appaurato.

- Viene 'a cca, pòrtale 'e scarpe!

Tanto 'e pressa t'à mannato?

 

E dincelle: - Vo' tre llire!

Ve l 'à fatte quase nove !

Nce à mettuto 'e guardiuncielle,

'e ppuntette, tacche e chiuove! -

 

L 'angiulillo, aizanno vuolo,

va addu dDio. -Quante ne vo'? -

- Vo' tre llire...- - Ma ch'è pazzo? -

- Che ne saccio, neh Signó?

 

Chillo sta accussí arraggiato!

N'atu ppoco me magnava! ...

Si ll'avisseve sentuto

comme ddiece jastemmava!

 

- Lassa sta'! Mo nce vach'io...

E scennette. - San Crispí?

- Gnò! - Ched'è ‘sta jacuvella?

Sti denare 'e vvuó accussí? ... -

 

- Accussí? Mannaggia â morte!

Vi' che capa gluriosa!...

O pavate, o, n'ata vota,

mo ve scoso tutte cosa!

 

Tu capisce? lo nun t' 'o spieco!

Cammurristo, chistu cca!

N' 'a fa bbona manco a dDio!

Miette a bbevere, paisà!

 

Cominciamo a coglierne le parole e/o le espressioni interessanti;

- ‘ntussecuso : letteralmente è chi è facilmente irascibile, aspro nei modi e nelle maniere, sdegnoso, quando non velenoso; etimologicamente deverbale di ‘ntussecà che dal latino in-toxicare che è formato da un in (illativo) + il sostantivo toxicum (normale la evoluzione della x in ss; il basso latino toxicum(forgiato su un greco toxikòn)= veleno, ma pure rabbia, sdegno divenne in napoletano tuosseco, ma pur partendo da quel basso latino, vi pervenne attraverso lo spagnolo tosigo.

- Scarparo: letteralmente non è il ciabattino, colui che accomoda le scarpe rotte (costui, e lo vediamo, in corretto napoletano è ‘o solachianiello ), ma è il fabbricante di scarpe,in linea con l’etimologia del termine scarparo che è dal portoghese-spagnolo escarpa con l’aggiunta di un suffisso di attinenza arius→ aro di reminescenza latina; come si evince dalla lettura della poesia il san Crispino protagonista non è un autentico scarparo id est: fabbricante di scarpe, ma solo un irascibile ciabattino, che accomoda scarpe rotte o consunte: un semplice solachianiello etimologicamente derivante dall’addizione del verbo sola (ind. pres. 3° p. sg. di suolare (derivato del sostantivo suola) con il sostantivo chianiello maschile ricostruito d’una originaria chianella = pantofola, da un latino planus diminutivo femminilizzato attraverso il suffisso: ella; come vedemmo alibi, normale la mutazione di pl in chi; il Russo accreditò san Crispino d’essere uno scarparo e non un solachianiello perché nella devozione popolare napoletana, ma non solo, san Crispino e suo fratello Crispiniano ( che erano di nobili origini romane, ma – convertitisi al cristianesimo – si trasferirono in Francia a diffondere il Vangelo,si adattarono,per sopravvivere, a lavorare di notte facendo i calzolai, ed in Francia, durante la persecuzione di Diocleziano, trovarono il martirio a fil di spada) sono ritenuti santi protettori dei calzolai e solo estensivamente dei ciabattini;rammenterò qui una curiosità e cioè che una tradizione veneta,contrariamente a quella partenopea, non menziona San Crispiniano mentre lega la figura di Crispino al vino ed ai bevitori di vino, (ottobre – la festa dei due santi cade il 25 ottobre - è il periodo in cui si fa l’operazione della svinatura) ed inoltre si storpia il nome in Graspin (affine a graspo = grappolo) facendolo diventare il patrono degli ubriachi.

- piezzo ‘artigliaria: ad litteram starebbe per pezzo di artiglieria, ma estensivamente e per enfasi sta per: uomo cosí grosso e prestante da poter addirittura trasportar da solo un pesante pezzo (bocca da fuoco) di artiglieria (etimologicamente dal fr. artillerie quale complesso delle armi da fuoco montate su affusto: obice, mortaio,mitragliatrice etc.)nell’immaginario di F. Russo san Crispino è pensato corpulento e prestante…;

- ‘nfuscato: letteralmente infoscato, rannuvolato, annebbiato e quindi accigliato,nervoso, adontato; etimologicamente part.pass. del verbo ‘nfuscarse= infoscarsi etc. che è dal solito in (illativo) + fosco dal latino: fuscu(m)= affuscato, cupo, minaccioso;

- Suglia, bisecolo, martiello: sono tre tipici strumenti di lavoro del ciabattino e precisamente nell’ordine: subbia o lesina, lisciatoio, martello; suglia è esattamente la lesina strumento appuntito atto a forare il cuoio e a farvi passare con l’ausilio di un’ asola presente quasi sulla punta, lo spago impeciato usato per cucire la suola della scarpa; etimologicamente la parola suglia è dal latino subula(m)→subla(m) con la tipica mutazione di bl in gli che dà altrove ad es. neglia da nebula(m)→nebla(m) = nebbia etc.

- Bisecolo: è propriamente il lisciapiante arnese da calzolaio, di legno di bosso o di metallo, che serve a levigare e lucidare le suole e i tacchi; in toscano è reso con il termine bussetto forse perché – come détto – in origine di bosso, mentre il napoletano bisecolo etimologicamente dal fr. besaigue, comp. di bes-'bi-' e aigue'acuto' in quanto arnese provviso di un doppio taglio laterale, atto a togliere eventuali asperità al cuoio e renderlo levigato e lucido;

- Martiello : è ovviamente il martello etimologicamente da un tardo latino martellu(m), variante del class. martulus o marculus, dim. di marcus 'martello'

quello dei ciabattini e scarpai si differenzia da tutti gli altri martelli per aver la testa battente rotonda e poco ampia e non a forma di parallelepipedo, mentre il cuneo opposto alla testa è liscio e senza incavi (come invece càpita nei martelli da fabbro e falegname dove serve a cavar i chiodi) inadatto a tirar via i chiodi ;

- Accuncià: propriamente aggiustare, ripristinare, ma alibi anche acconciare, condire; va da sé che nella poesia il verbo va inteso nelle prime due accezioni, sebbene etimologicamente esso derivi da un latino ad+conciare denominale di un basso latino comptium = preparazione da riportare al comere= cum- emereprendere con, assumere;

- ‘na pareglia ‘e meze cape: letteralmente un paio di scarpe basse piuttosto consunte e logore; pareglia = coppia, paio etimologicamente dallo spagnolo pareja da far risalire al latino par/paris; meze cape= come ò detto si tratta di scarpe basse, ma è voce ironica da riallacciare al termine capezza= cavezza dal latino capitía,briglia della testa; essendo la scarpa una sorta di briglia del piede, ironicamente è una mezza cape(zza) e quindi meza capa;

- Acconcia acconcia letteralmente aggiustatissima, fatta molto bene, ad arte; rammenterò che in napoletano la reiterazione dell’aggettivo qualificativo di grado positivo quasi sempre serve a formare il superlativo dell’aggettivo medesimo o ad espanderne la qualità. Ad es. chiatto chiatto sta per grassissimo, luongo luongo per lunghissimo o altissimo come il curto curto vale bassissimo e cosí via; quanto all’etimologia mette conto risalire a quanto détto per il precedente accuncià;

- Schiappino: letteralmente starebbe per piccola scheggia in quanto diminutivo reso maschile di schiappa etimologicamente deverbale. dell'ant. schiappare 'spaccare legna', forse di origine onom.; poi taglialegna', ed anche'uomo rozzo, inetto, incapace che è l’accezione di cui nella poesia;

- abbío: voce verbale (ind. pres. 1ª pers. sg.) del verbo abbià=avviare, porre in moto e, nell’accezione della poesia: lanciare contro; etimologicamente forma verbalizzata, attraverso un latino ad-viare del sostantivo via;

- forma: ecco un altro tipico strumento di lavoro del calzolaio, ciabattino etc; è quel rigido modello di legno usato per montare e sostenere il tomaio e la suola di una scarpa in fabbricazione o riparazione; etimo che attraverso un latino forma, da for, far = reggere, sostenere, viene da un’ antica radice sanscrita dahr;

- appriesso: avverbio dai moltepici significati: dopo, in seguito e qui: dietro; etimologicamente da un latino ad + pressum = vicino a con dittongazione della sillaba implicata (seguita da due consonanti).

- appaurato : letteralmente: impaurito, preso dal timore etimologicamente denominale da ad + paura

- pressa: notoriamente si tratta della fretta, dell’ urgenza, dell’ impellenza; etimologicamente attraverso lo spagnolo priesa ed il portoghese pressa deverbale di un latino pressare forma intensiva e frequentativa di premere = incalzare;

- guardiuncielle: s.vo m.le dim. pl. di guardiunciello una delle parti del tomaio (o tomaia che è la parte superiore della calzatura, in pelle o tessuto, che cucita alla sottostante suola forma la scarpa; etimologicamente la parola tomaio/a è dal greco tomaíos= tagliato o da un tomàri= pezzo di cuoio) della scarpa e precisamente i tramezzi laterali che chiudono il tomaio intorno al piede, tramezzi cuciti tra suola e tomaio a sostegno e messo quasi a guardia (donde il nome) della consistenza laterale della scarpa; rammenterò che anche in veneziano il medesimo tramezzo è chiamato guàrdolo o guardióne e non fa meraviglia il fatto che sia napoletani che veneziani abbiano potuto forgiare i loro termini su di un portoghese guardia o uno spagnolo guarda; in fondo sia napoletani che veneziani furono gran marinai e naviganti ed entrarono in contatto con numerose nazioni rivierasche; l’unica differenza da notare è che mentre il veneziano usa o un termine diminutivo: guàrdolo o uno accrescitivo guardióne mentre il napoletano solo un termine diminutivo guardiunciello ;

- puntette : precisamente piccole punte; infatti un tempo ‘a puntetta fu un piccolo rinforzo metallico a forma di mezza luna inchiodato alla punta della suola e dunque della scarpa per proteggere la punta medesima da eccessive sollecitazioni durante la deambulazione e perciò da probabile veloce logoramento di quella parte della suola. Va da sé che la puntetta, etimologicamente diminutivo di punta che è da un tardo latino puncta(m) deverbale di pungere, non è applicata a scarpa nuova, ma a quella già consunta e logora, nel tentativo di ripristinarne la saldezza iniziale;

- tacche: si tratta ovviamente dei tacchi i rialzi posteriori delle scarpe attaccati sotto i calcagni; etimologicamente con ogni probabilità dallo spagnolo taco da una radice tac = appiglio, aggancio;

- chiuove: che sono ovviamente i chiodi, barrette metalliche di varie forme e dimensioni, generalmente appuntite ad un'estremità e con una testa piú o meno larga all'altra, che serve a unire fra loro parti di metallo, legno o altro materiale; etimologia latina da clavu(m).

E penso di poter far punto qui avendo già alibi et passim illustrato ad abundantiam altri termini quali jacuvella e cammurista.

RaffaeleBracale

Pubblicato da Lello a 02:14 Nessun commento:

sabato 2 luglio 2011

SCARPARO – CALZOLAIO etc.

SCARPARO – CALZOLAIO etc.

 

Questa volta per qualche mia ricerca linguistica, prenderò l’avvio da una poesia di Ferdinando Russo (Napoli 1866- ivi †1927) a mio avviso il piú grande poeta napoletano, oltre che drammaturgo, narratore e ricercatore, poeta il cui espressivo linguaggio aveva le sue profonde radici nel piú autentico humus popolare,oltre che storico(Reame delle Due Sicilie) al contrario di Salvatore Di Giacomo(Napoli, 12 marzo 1860 – ivi †, 4 aprile 1934), poeta e letterato, traditore delle sue origini storiche, d’estrazione ed ispirazione borghese assurto però a vate della poesia napoletana per il merito di un paio di canzoni ben musicate,ma sorattutto per buoni uffici di don Benedetto Croce, che si incaricò di fargli da mentore e sostenitore nonché del critico letterario Francesco Flora che ne curò la pubblicazione dell’opera omnia presso l’editore milanese Mondadori; torniamo a Ferdinando Russo ed alla poesia donde trarrò materia di indagine; la poesia è intitolata :SAN CRISPINO e fa parte di un surreale poemetto ‘Mparaviso, scritto giovanissimo (25 anni) nel 1891 di getto dal Russo in una sola notte nella redazione de’ IL PUNGOLO (quotidiano napoletano diretto da tal Jacopo Comin, quotidiano che era destinato a lettori un po’ piú raffinati di quelli del ROMA che era il quotidiano letto dal popolino), al ritorno da una sua ascensione con il pallone areostatico Urania, ascensione che lo aveva portato a volare su Napoli ad una altezza di circa 3600 metri. I lettori de IL PUNGOLO, a malgrado fossero piú colti e preparati di quelli de IL ROMA apprezzavano molto il corposo, rapido e popolaresco verseggiare di F. Russo e la sua prosa scorrevole e di gran presa. Una prima notazione linguistica che mi occorre di fare è che il Russo usò per titolare il suo poemetto la grafia scorretta ‘NPARAVISO in luogo della piú corretta ‘MPARAVISO, tenendo in non cale la norma che vuole che quando la preposizione in diventa proclitica di un sostantivo che inizia con una consonamte labiale esplosiva: p o b, perde la i d’avvio sostituita dal segno (‘) dell’aferesi e muta la enne che diventa emme,spingendo talvolta all’assimilazione la consonante d’avvio come ad es. nel caso di in bocca → ‘mbocca →‘mmocca. Ma ad un giovane poeta si può perdonare qualche piccolo errore!

Ciò detto leggiamo la graziosa poesia:

San Crispino

San Crispino 'o ntussecuso

tu già saje ca fa 'o scarparo!

È nu piezzo 'artigliaria

ca nun c'è chi le sta a pparo!

 

Ogne ghiuorno fa ‘na storia

mo pe cchesto e mmo pe cchello,

e, ‘nfuscato, afferra 'a suglia,

'o bisecolo, 'o martiello...

 

‘Na matina, 'o Pat'Eterno

le mannaje, pe' 'e ffà accuncià,

’na pareglia 'e meze-cape.

Corre n'angiulo, e lle fa:

 

- San Crispí, dice 'o Signore

ca lle miette 'e mmeze sòle !

Vo' ‘na cosa acconcia acconcia... -

- Ma che songo, ‘sti pparole?

 

Saje ca parle cu n'artista

e nun già cu ‘nu schiappino?

Ma comm'è, te sî scurdato ,

ca me chiammo san Crispino?

 

Posa 'e scarpe e va’ vattenne,

pecché, ô riesto nce penz'io! -

- No, serveva pe te dicere

ca ‘sti scarpe songo 'e dDio... -

 

-N'ata vota mo?! Vattenne,

ca t'avvío ‘na forma appriesso!

Síano 'e scarpe 'e chi se sia,

ca pe mme so' tutte 'e stesse !

 

Doppo n'ora l'angiulillo

torna tutto appaurato.

- Viene 'a cca, pòrtale 'e scarpe!

Tanto 'e pressa t'à mannato?

 

E dincelle: - Vo' tre llire!

Ve l 'à fatte quase nove !

Nce à mettuto 'e guardiuncielle,

'e ppuntette, tacche e chiuove! -

 

L 'angiulillo, aizanno vuolo,

va addu dDio. -Quante ne vo'? -

- Vo' tre llire...- - Ma ch'è pazzo? -

- Che ne saccio, neh Signó?

 

Chillo sta accussí arraggiato!

N'atu ppoco me magnava! ...

Si ll'avisseve sentuto

comme ddiece jastemmava!

 

- Lassa sta'! Mo nce vach'io...

E scennette. - San Crispi?

- Gnò! - Ched'è ‘sta jacuvella?

Sti denare 'e vvuó accussí? ... -

 

- Accussí? Mannaggia â morte!

Vi' che capa gluriosa!...

O pavate, o, n'ata vota,

mo ve scoso tutte cosa!

 

Tu capisce? lo nun t' 'o spieco!

Cammurristo, chistu cca!

N' 'a fa bbona manco a dDio!

Miette a bbevere, paisà!

 

Cominciamo a coglierne le parole e/o le espressioni interessanti;

- ‘ntussecuso : letteralmente è chi è facilmente irascibile, aspro nei modi e nelle maniere, sdegnoso, quando non velenoso; etimologicamente deverbale di ‘ntussecà che dal latino in-toxicare che è formato da un in (illativo) + il sostantivo toxicum (normale la evoluzione della x in ss; il basso latino toxicum(forgiato su un greco toxikòn)= veleno, ma pure rabbia, sdegno divenne in napoletano tuosseco, ma pur partendo da quel basso latino, vi pervenne attraverso lo spagnolo tosigo.

- Scarparo: letteralmente non è il ciabattino, colui che accomoda le scarpe rotte (costui, e lo vediamo, in corretto napoletano è ‘o solachianiello ), ma è il fabbricante di scarpe,in linea con l’etimologia del termine scarparo che è dal portoghese-spagnolo escarpa con l’aggiunta di un suffisso di attinenza arius→ aro di reminescenza latina; come si evince dalla lettura della poesia il san Crispino protagonista non è un autentico scarparo id est: fabbricante di scarpe, ma solo un irascibile ciabattino, che accomoda scarpe rotte o consunte: un semplice solachianiello etimologicamente derivante dall’addizione del verbo sola (ind. pres. 3° p. sg. di suolare (derivato del sostantivo suola) con il sostantivo chianiello maschile ricostruito d’una originaria chianella = pantofola, da un latino planus diminutivo femminilizzato attraverso il suffisso: ella; come vedemmo alibi, normale la mutazione di pl in chi; il Russo accreditò san Crispino d’essere uno scarparo e non un solachianiello perché nella devozione popolare napoletana, ma non solo, san Crispino e suo fratello Crispiniano ( che erano di nobili origini romane, ma – convertitisi al cristianesimo – si trasferirono in Francia a diffondere il Vangelo,si adattarono,per sopravvivere, a lavorare di notte facendo i calzolai, ed in Francia, durante la persecuzione di Diocleziano, trovarono il martirio a fil di spada) sono ritenuti santi protettori dei calzolai e solo estensivamente dei ciabattini;rammenterò qui una curiosità e cioè che una tradizione veneta,contrariamente a quella partenopea, non menziona San Crispiniano mentre lega la figura di Crispino al vino ed ai bevitori di vino, (ottobre – la festa dei due santi cade il 25 ottobre - è il periodo in cui si fa l’operazione della svinatura) ed inoltre si storpia il nome in Graspin (affine a graspo = grappolo) facendolo diventare il patrono degli ubriachi.

- piezzo ‘artigliaria: ad litteram starebbe per pezzo di artiglieria, ma estensivamente e per enfasi sta per: uomo cosí grosso e prestante da poter addirittura trasportar da solo un pesante pezzo (bocca da fuoco) di artiglieria (etimologicamente dal fr. artillerie quale complesso delle armi da fuoco montate su affusto: obice, mortaio,mitragliatrice etc.)nell’immaginario di F. Russo san Crispino è pensato corpulento e prestante…;

- ‘nfuscato: letteralmente infoscato, rannuvolato, annebbiato e quindi accigliato,nervoso, adontato; etimologicamente part.pass. del verbo ‘nfuscarse= infoscarsi etc. che è dal solito in (illativo) + fosco dal latino: fuscu(m)= affuscato, cupo, minaccioso;

- Suglia, bisecolo, martiello: sono tre tipici strumenti di lavoro del ciabattino e precisamente nell’ordine: subbia o lesina, lisciatoio, martello; suglia è esattamente la lesina strumento appuntito atto a forare il cuoio e a farvi passare con l’ausilio di un’ asola presente quasi sulla punta, lo spago impeciato usato per cucire la suola della scarpa; etimologicamente la parola suglia è dal latino subula(m)→subla(m) con la tipica mutazione di bl in gli che dà altrove ad es. neglia da nebula(m)→nebla(m) = nebbia etc.

- Bisecolo: è propriamente il lisciapiante arnese da calzolaio, di legno di bosso o di metallo, che serve a levigare e lucidare le suole e i tacchi; in toscano è reso con il termine bussetto forse perché – come détto – in origine di bosso, mentre il napoletano bisecolo etimologicamente dal fr. besaigue, comp. di bes-'bi-' e aigue'acuto' in quanto arnese provviso di un doppio taglio laterale, atto a togliere eventuali asperità al cuoio e renderlo levigato e lucido;

- Martiello : è ovviamente il martello etimologicamente da un tardo latino martellu(m), variante del class. martulus o marculus, dim. di marcus 'martello'

quello dei ciabattini e scarpai si differenzia da tutti gli altri martelli per aver la testa battente rotonda e poco ampia e non a forma di parallelepipedo, mentre il cuneo opposto alla testa è liscio e senza incavi (come invece càpita nei martelli da fabbro e falegname dove serve a cavar i chiodi) inadatto a tirar via i chiodi ;

- Accuncià: propriamente aggiustare, ripristinare, ma alibi anche acconciare, condire; va da sé che nella poesia il verbo va inteso nelle prime due accezioni, sebbene etimologicamente esso derivi da un latino ad+conciare denominale di un basso latino comptium = preparazione da riportare al comere= cum- emereprendere con, assumere;

- ‘na pareglia ‘e meze cape: letteralmente un paio di scarpe basse piuttosto consunte e logore; pareglia = coppia, paio etimologicamente dallo spagnolo pareja da far risalire al latino par/paris; meze cape= come ò detto si tratta di scarpe basse, ma è voce ironica da riallacciare al termine capezza= cavezza dal latino capitía,briglia della testa; essendo la scarpa una sorta di briglia del piede, ironicamente è una mezza cape(zza) e quindi meza capa;

- Acconcia acconcia letteralmente aggiustatissima, fatta molto bene, ad arte; rammenterò che in napoletano la reiterazione dell’aggettivo qualificativo di grado positivo quasi sempre serve a formare il superlativo dell’aggettivo medesimo o ad espanderne la qualità. Ad es. chiatto chiatto sta per grassissimo, luongo luongo per lunghissimo o altissimo come il curto curto vale bassissimo e cosí via; quanto all’etimologia mette conto risalire a quanto détto per il precedente accuncià;

- Schiappino: letteralmente starebbe per piccola scheggia in quanto diminutivo reso maschile di schiappa etimologicamente deverbale. dell'ant. schiappare 'spaccare legna', forse di origine onom.; poi taglialegna', ed anche'uomo rozzo, inetto, incapace che è l’accezione di cui nella poesia;

- abbío: voce verbale (ind. pres. 1ª pers. sg.) del verbo abbià=avviare, porre in moto e, nell’accezione della poesia: lanciare contro; etimologicamente forma verbalizzata, attraverso un latino ad-viare del sostantivo via;

- forma: ecco un altro tipico strumento di lavoro del calzolaio, ciabattino etc; è quel rigido modello di legno usato per montare e sostenere il tomaio e la suola di una scarpa in fabbricazione o riparazione; etimo che attraverso un latino forma, da for, far = reggere, sostenere, viene da un’ antica radice sanscrita dahr;

- appriesso: avverbio dai moltepici significati: dopo, in seguito e qui: dietro; etimologicamente da un latino ad + pressum = vicino a con dittongazione della sillaba implicata (seguita da due consonanti).

- appaurato : letteralmente: impaurito, preso dal timore etimologicamente denominale da ad + paura

- pressa: notoriamente si tratta della fretta, dell’ urgenza, dell’ impellenza; etimologicamente attraverso lo spagnolo priesa ed il portoghese pressa deverbale di un latino pressare forma intensiva e frequentativa di premere = incalzare;

- guardiuncielle: s.vo m.le dim. pl. di guardiunciello una delle parti del tomaio (o tomaia che è la parte superiore della calzatura, in pelle o tessuto, che cucita alla sottostante suola forma la scarpa; etimologicamente la parola tomaio/a è dal greco tomaíos= tagliato o da un tomàri= pezzo di cuoio) della scarpa e precisamente i tramezzi laterali che chiudono il tomaio intorno al piede, tramezzi cuciti tra suola e tomaio a sostegno e messo quasi a guardia (donde il nome) della consistenza laterale della scarpa; rammenterò che anche in veneziano il medesimo tramezzo è chiamato guàrdolo o guardióne e non fa meraviglia il fatto che sia napoletani che veneziani abbiano potuto forgiare i loro termini su di un portoghese guardia o uno spagnolo guarda; in fondo sia napoletani che veneziani furono gran marinai e naviganti ed entrarono in contatto con numerose nazioni rivierasche; l’unica differenza da notare è che mentre il veneziano usa o un termine diminutivo: guàrdolo o uno accrescitivo guardióne mentre il napoletano solo un termine diminutivo guardiunciello ;

- puntette : precisamente piccole punte; infatti un tempo ‘a puntetta fu un piccolo rinforzo metallico a forma di mezza luna inchiodato alla punta della suola e dunque della scarpa per proteggere la punta medesima da eccessive sollecitazioni durante la deambulazione e perciò da probabile veloce logoramento di quella parte della suola. Va da sé che la puntetta, etimologicamente diminutivo di punta che è da un tardo latino puncta(m) deverbale di pungere, non è applicata a scarpa nuova, ma a quella già consunta e logora, nel tentativo di ripristinarne la saldezza iniziale;

- tacche: si tratta ovviamente dei tacchi i rialzi posteriori delle scarpe attaccati sotto i calcagni; etimologicamente con ogni probabilità dallo spagnolo taco da una radice tac = appiglio, aggancio;

- chiuove: che sono ovviamente i chiodi, barrette metalliche di varie forme e dimensioni, generalmente appuntite ad un'estremità e con una testa piú o meno larga all'altra, che serve a unire fra loro parti di metallo, legno o altro materiale; etimologia latina da clavu(m).

E penso di poter far punto qui avendo già alibi et passim illustrato ad abundantiam altri termini quali jacuvella e cammurista.

RaffaeleBracale

 

 

 

 

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