lunedì 29 novembre 2021

PERACOTTARO/PERACUTTARO

PERACOTTARO/PERACUTTARO

Questa volta è stato il  caro amico S. C. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) a  chiedermi per le vie brevi di chiarirgli  significato ed etimo della voce  partenopea in epigrafe. Gli ò cosí risposto: In primis, caro amico tieni presente che il termine di cui mi chiedi non à nulla che spartire con le “peracotte” di cui alla datata espressione “Pavà o fà pavà ‘e peracotte”dove il termine peracotte non deve intendersi come agglutinazione di pere cotte, quanto come corruzione della voce peraconne  = ippericon pianta medicinale, nota anche con il nome di erba di san Giovanni con proprietà astringenti e/o  decongestionanti. Infatti etimologicamente alla base della voce in epigrafe ci sono proprio le pere cotte addizionate del suffisso aro che è suff. di competenza per sostantivi o aggettivi derivati dal latino o formati in napoletano, che indicano oggetti,ma soprattutto, come nel  caso che ci occupa un   mestiere ( verularo,putecaro,rilurgiaro, riggiularo etc.) oppure luoghi(lutammaro/letamaio), ambiente pieno di qualcosa o destinato a contenere o accogliere qualcosa; il suffisso aro  continua il lat. arius→aro/ero; lo stesso latino a(r)iu(s) à dato  il napoletano ajo (in italiano aio);torniamo  al termine in esame che  indica infatti di partenza il venditore girovago di pere cotte e glassate con una dolce giulebbe. Indica, per traslato cosí come spesso è usato,  un uomo da nulla, un incapace; chiarisco: sino a tutti gli anni ’50 del 1900 nella città, soprattutto bassa la gustosa pera  cotte e glassata nel modo che ò detto rappresentò un vero godimento per i bambini che la reclamavano ed ebbe perciò facile mercato ed ecco perché al venditore di pere cotte [peracottaro/peracuttaro], mestiere facile, di poco impegno e di alcuna complicazione, fu associata l’idea dell’uomo da nulla, dell’incapace  che per lucrare la giornata si dava ad un lavoro di tutto riposo.  Rammento in coda che il termine in epigrafe si trova nella locuzione: "fà 'a fijura d''o peracuttaro." che vale: comportarsi da inetto.   E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico S.C. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente  chi dovesse imbattersi in queste paginette.Satis est.

 Raffaele Bracale

 

 

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