40 LOCUZIONI E PROVERBI NAPOLETANI
1-Quanno 'a gallina scacatea, è signo ca ha fatto ll'uovo.
Letteralmente: quando la gallina starnazza vuol dire che ha fatto l'uovo. Id est: quando ci si scusa reiteratamente, significa che si è colpevoli.
2 - Quanno sî 'ncunia statte e quanno sî martiello vatte
Letteralmente: quando sei incudine sta’ fermo, quando sei martello, percuoti. Id est: ogni cosa va fatta nel momento giusto, sopportando quando c'è da sopportare e passando al contrattacco nel momento che la sorte lo consente perché è favorevole.
3 - Miéttele nomme penna!
Letteralmente: Chiamala penna! La locuzione viene usata, quasi volendo consigliare e suggerire rassegnazione, allorchè si voglia far intendere a qualcuno che à irrimediabilmente perduto una cosa, un oggetto, divenuto quasi piuma d'uccello. La piuma essendo una cosa leggera fa presto a volar via, come sparisce un oggetto prestato a qualcuno che per solito non restituisce ciò che à ottenuto in prestito. A maggior conferma del fatto si usa dire che se il prestito fosse una cosa buona, si impresterebbe la moglie...
4 - Fà 'o farenella.
Letteralmente:fare il farinello. Id est: comportarsi da vagheggino, da manierato cicisbeo. L'icastica espressione non si riferisce - come invece erroneamente pensa qualcuno - all'evirato cantore settecentescoCarlo Broschi detto Farinelli, ma prende le mosse dall'ambito teatrale dove le parti delle commedie erano assegnate secondo rigide divisioni. All'attor giovane erano riservate le parti dell'innamorato o del cicisbeo. E ciò avveniva sempre anche quando l'attore designato , per il trascorrere del tempo non era piú tanto giovane e allora per lenire i danni del tempo era costretto a ricorre più che alla costosa cipria, alla piú economica farina.
5- À fatto 'o pireto 'o cardillo.
Letteralmente: Il cardellino à fatto il peto. Commento salace ed immediato che il popolo napoletano usa quando voglia sottolineare la risibile performance di un insignificante e maldestro individuo che per sue limitate capacità ed efficienza non può produrre che cose di cui non può restar segno o memoria come accade appunto delle insignificanti flautolenze che può liberare un piccolo cardellino.
6 - Pigliarse 'o Ppusilleco.
Letteralmente: Prendersi il Posillipo. Id est: Darsi il buon tempo, accompagnarsi ad una bella donna, per trascorrere un po' di tempo in maniera gioiosa.La locuzione fa riferimento ad una famosa collina partenopeaPosillipo,che dal greco Pausillipon significa tregua all'affanno, luogo amenissimo dove gli innamorati son soliti appartarsi. In senso antifrastico e furbesco la locuzione sta per: buscarsi la lue.
7- Nun lassà 'a via vecchia p''a via nova, ca saje chello ca lasse e nun saje chello ca truove!
Letteralmente: Non lasciare la via vecchia per la nuova, perché conosci ciò che lasci e ignori ciò che troverai . L'adagio consiglia cioè di non imboccare strade diverse da quelle note, ché, se così si facesse si andrebbe incontro all'ignoto, con conseguenze non facilmente valutabili e/o sopportabili.
8- Petrusino, ògne menesta.
Letteralmente: Prezzemolo in ogni minestra. Così è detto l'incallito presenzialista, che non si lascia sfuggire l'occasione di esser presente,di intromettersi in una discussione e dire la sua, quasi come il prezzemolo che si usa mettere in quasi tutte le pietanze o salse partenopee.
9 - Acqua ca nun cammina, fa pantano e fète.
Letteralmente: acqua che non corre, ristagna e puzza. Id est: chi fa le viste di zittire e non partecipare, è colui che trama nell'ombra e che all'improvviso si appaleserà con la sua puzza per il tuo danno!
10 - 'Nfila 'nu spruoccolo dinto a 'nu purtuso!
Letteralmente: Infila uno stecco in un buco! La locuzione indica una perentoria esortazione a compiere l'operazione indicata che deve servire a farci rammentare l'accadimento di qualcosa di positivo, ma talmente raro da doversi tenere a mente mediante un segno ben visibile come l'immissione di un bastoncello in un buco di casa, per modo che passandovi innanzi e vedendolo ci si possa rammentare del rarissimo fatto che si è verificato. Per intenderci, l'espressione viene usata, a sapido commento allorchè, per fare esempio, un uomo politico mantiene una promessa, una donna è puntuale ad un appuntamento eccetera. L’abitudine ricordata in epigrafe continua quella antichissima del sommo pontefice che a Roma al tempo della repubblica romana soleva configgere, a fini eponimi, dei chiodi nei muri del tempio di Giove.
11 - Astipate 'o milo pe quanno te vène sete.
Letteralmente:Conserva la mela, per quando avrai sete. Id est: Non bisogna essere impazienti; non si deve reagire súbito sia pure a cattive azioni ricevute;insomma la vendetta è un piatto da servire freddo, allorché se ne avvertirà maggiormente la necessità.
12 - Puozz'avé mez'ora 'e petriata dinto a 'nu vicolo astritto e ca nun sponta, farmacie 'nchiuse e miedece guallaruse!
Imprecazione malevola rivolta contro un inveterato nemico cui si augura di sottostare ad una mezz'ora di lapidazione subíta in un vicolo stretto e cieco, che non offra cioè possibilità di fuga e a maggior cordoglio gli si augura di non trovare farmacie aperte ed imbattersi in medici erniosi e pertanto lenti al soccorso.
13 - Aje voglia 'e mettere rumma, 'nu strunzo nun addiventa maje babbà.
Letteralmente: Puoi anche irrorarlo con parecchio rum,tuttavia uno stronzo non diventerà mai un babà. Id est: un cretino, uno sciocco per quanto si cerchi di truccarlo, edulcorare o esteriormente migliorare, non potrà mai essere una cosa diversa da ciò che è...
14- Si 'a morte tenesse crianza, abbiasse a chi sta 'nnanze.
Letteralmente: Se la morte avesse educazione porterebbe via per primi chi è piú innanzi, ossia è piú vecchio... Ma, come altrove si dice: ‘a morte nun tène crianza... (la morte non à educazione), per cui non è possibile tenere conti sulle priorità dei decessi.
15- Pure 'e cuffiate vanno 'mparaviso.
Anche i corbellati vanno in Paradiso. Cosí vengono consolati o si autoconsolano i dileggiati prefigurando loro o auto prefigurandosi il premio eterno per ciò che son costretti a sopportare in vita. Il cuffiato è chiaramente il corbellato cioè il portatore di corbello (in arabo: quffa)
16 - 'O purpo se coce cu ll'acqua soja.
Letteralmente: il polpo si cuoce con la propria acqua, non à bisogno di aggiunta di liquidi. Id est: Con le persone di dura cervice cioè testarde o cocciute è inutile sprecare tempo e parole, occorre pazientare e attendere che si convincano da se medesime.
17 - 'A gatta, pe gghí 'e pressa, facette 'e figlie cecate.
La gatta, per andar di fretta, partorí figli ciechi. La fretta è una cattiva consigliera. Bisogna sempre dar tempo al tempo, se si vuol portare a termine qualcosa in maniera esatta e confacente.
18- Fà 'e ccose a capa 'e 'mbrello.
Agire a testa (manico) di ombrello. Il manico di ombrello è usato eufemisticamente in luogo di ben altre teste. La locuzione significa che si agisce con deplorevole pressappochismo, disordinatamente, grossolanamente, alla carlona.
19- Chi nun sente a mmamma e ppate, va a murí addó nun è nnato...
Letteralmente: chi non ascolta i genitori, finisce per morire esule. Id est: bisogna ascoltare e mettere in pratica i consigli ricevuti dai genitori e dalle persone che ti vogliono bene, per non incorrere in disavventure senza rimedio.
20 -È gghiuta 'a mosca dint' ô Viscuvato...
Letteralmente: È finita la mosca nella Cattedrale. È l'icastico commento profferito da chi si lamenta d' un risibile asciolvere somministratogli, che non gli à tolto la fame. In effetti un boccone nello stomaco,vi si sperde, quasi come una mosca entrata in una Cattedrale... Per traslato la locuzione è usata ogni volta che ciò che si riceve è parva res, rispetto alle attese...
21 - Cu 'nu sí te 'mpicce e cu 'nu no te spicce.
Letteralmente: dicendo di sí ti impicci,ti impegoli mentre dicendo no ti sbrighi. La locuzione contiene il consiglio, desunto dalla esperienza, di non acconsentire sempre alle richieste pervenuteci, perché chi acconsente, spesso poi si trova nei pasticci... molto meglio, dunque, è il rifiutare, cosa che può evitare fastidi prossimi o remoti.
22 - Tené'a salute d' 'a carrafa 'e zecca.
Letteralmente:avere la consistenza della caraffa della Zecca. Ossia essere gracilissimo e cagionevole di salute quasi come l'ampolla di quasi un litro usata per le tarature, esistente presso la Zecca di Napoli che era di sottilissimo vetro e perciò fragilissima.
23- Paré 'a sporta d''o tarallaro.
Sembrare la cesta del venditore dei taralli. La locuzione è usata innanzi tutto per indicare chi, per motivi di lavoro o di naturale instabilità, si sposta continuamente, come appunto il venditore di taralli che con la sua cesta, per smaltire tutta la merce fa continui lunghi giri. C'è poi un'altra valenza della locuzione. Poiché gli avventori di taralli son soliti servirsi con le proprie mani affondandole nella cesta colma di tartalli per scegliere, alla stessa maniera c'è chi consente agli altri di approfittare e servirsi delle sue cose, ma lo fa piú per indolenza che per magnanimità.
24 - Lasseme stà ca stongo'nquartato!
Lasciami perdere perché sono irritato, scontroso, adirato. (Per cui non rispondo delle mie reazioni...). La locuzione prende il via dal linguaggio degli schermidori: stare inquartato, ossia in quarta posizione che è posizione di difesa, ma anche di prevedibile prossimo attacco il che presuppone uno stato di tensione massima da cui possono scaturire le piú varie reazioni.
25 - Se fruscia Pintauro, d''e sfugliatelle jute 'acito.
Si vanta PINTAURO delle sfogliatelle inacidite. Occorre sapere che Pintauro era un antico pasticciere napoletano che, normalmente, produceva. oltre a molti altri dolci, delle ottime sfogliatelle dolce tipico inventato peraltro dalle suore del convento partenopeo detto Croce di Lucca. La locuzione è usata nei confronti di chi continua a pavoneggiarsi vantandosi di propri supposti meriti, anche quando invece i risultati delle sue azioni sono piuttosto deprecabili.
26 - Carcere, malatia e necissità, se scanaglia 'o core 'e ll'amice.
Carcere, malattia e necessità fanno conoscere la vera indole, il vero animo, degli amici.
27 - Murí cu 'e guarnemiente 'ncuollo.
Letteralmente: morire con i finimenti addosso. La locuzione di per sé fa riferimento a quei cavalli che temporibus illis, quando c'erano i carretti e non i camioncini tiravano le cuoia per istrada, ammazzati dalla fatica, con ancora i finimenti addosso.Per traslato l'espressione viene riferita, o meglio veniva riferita a quegli inguaribili lavoratori che oberati di lavoro, stramazzavano, ma non recedevano dal compiere il proprio dovere.... Altri tempi! Oggi vallo a trovare, non dico uno stakanovista, ma un lavoratore che faccia per intero il suo dovere...
28 - Nisciuno te dice: Làvate 'a faccia ca pare cchiú bbello 'e me.
Nessuno ti dice: Làvati il volto cosí sarai piú bello di me. Ossia:non aspettarti consigli atti a migliorarti, in ispecie da quelli con cui devi confrontarti.
29- Quann' uno s'à dda 'mbriancà, è mmeglio ca 'o ffa cu 'o vino bbuono.
Quando uno decide d'ubriacarsi è meglio che lo faccia con vino buono. Id est: Se c'è da perdere la testa è piú opportuno farlo per chi o per qualcosa per cui valga la pena.
30-Sciorta e cauce 'nculo, viato a cchi 'e ttène!
Beato chi à fortuna e spintarelle ovvero raccomandazioni
31 - A pavà e a murí, quanno cchiù ttarde se po’.
A pagare e morire, quando piú tardi sia possibile! È la filosofia e strategia del rimandare sine die due operazioni molto dolorose, nella speranza che un qualche accadimento intervenuto ce le faccia eludere.
32- 'Na vota è prena, 'na vota allatta, nun 'a pozzo maje vatte'
Letteralmente:una volta è incinta, una volta dà latte, non la posso mai picchiare...Come si intuisce la locuzione era in origine usata nei confronti della donna. Oggi la si usa per significare la situazione di chi in generale non riesce mai a sfogare il proprio rancore e o rabbia a causa di continui e forse ingiustificati scrupoli di coscienza.
33 - Lèvate 'a miezo, famme fà 'o spezziale.
Letteralmente: togliti di torno, lasciami fare lo speziale...Id est:lasciami lavorare in pace - Lo speziale era il farmacista, l'erborista, non il venditore di spezie. Sia l'erborista che il farmacista erano soliti approntare specialità galeniche nella cui preparazione era richiesta la massima attenzione poiché la minima disattenzione o distrazione generata da chi si intrattenesse a perder tempo nel negozio o laboratorio dello speziale avrebbe potuto procurar seri danni: con le dosi in farmacopea non si scherza! Oggi la locuzione è usata estensivamente nei confronti di chiunque intralci l'altrui lavoro in ispecie la si usa nei confronti di quelli (soprattutto incompetenti) che si affannano a dare consigli non richiesti sulla miglior maniera di portare avanti un'operazione qualsivoglia!
34 - Articolo quinto:chi tène 'mmano à vinto!
La locuzione traduce quasi in forma di brocardo scherzoso il principio civilistico per cui il possesso vale titolo. Infatti chi tène 'mmano (à fra le mani) , possiede e non è tenuto a dimostrare il fondamento del titolo di proprietà.In nessuna pandetta giuridica esiste un siffatto articolo quinto, ma il popolo à trovato nel termine quinto una perfetta rima al participio vinto.
35 - Cu muonece, prievete e ccane, hê 'a stà sempe cu 'a mazza 'mmano.
Con monaci, preti e cani devi tener sempre un bastone fra le mani. Id est: ti devi sempre difendere.
36 - Chi fraveca e sfraveca, nun perde maje tiempo.
Chi fa e disfa, non perde mai tempo. La locuzione da intendersi in senso antifrastico, si usa a commento delle inutili opere di taluni, che non portano mai a compimento le cose che cominciano, di talché il loro comportamento si traduce in una perdita di tempo non finalizzata a nulla.
37- 'A sciorta d' 'o piecoro: nascette curnuto e murette scannato...
Letteralmente: la cattiva fortuna del becco: nacque con le corna e morí squartato. La locuzione è usata quando si voglia sottolineare l'estrema malasorte di qualcuno che viene paragonato al maschio della pecora che oltre ad esser destinato alla fine tragica della sgozzatura deve portare anche il peso fisico e/o morale delle corna.
38- È fernuta 'a zezzenella!
Letteralmente: È terminata - cioè s'è svuotata - la mammella. Id est: è finito il tempo delle vacche grasse, si appressano tempi grami!
39 - È mmuorto 'alifante!
Letteralmente: È morto l'elefante! Id est: Scendi dal tuo cavallo bianco, è venuto meno il motivo del tuo spocchioso sussiego, della tua vanagloriosa importanza, non conti piú nulla. La locuzione, usata nei confronti di chi continui a darsi arie ed importanza pur essendo venute meno le ragioni di un suo inutile atteggiamento di comando e/o sussiego , si ricollega ad un fatto accaduto a Napoli sotto il Re Carlo di Borbone al quale, nel 1742, il Sultano della Turchia regalò un elefante che venne esposto nei giardini reali e gli venne dato come guardiano un vecchio caporale che annetté al compito una grande importanza mantenendo un atteggiamento spocchioso per questo suo semplice compito. Morto l'elefante, il caporale continuò nel suo spocchioso atteggiamento e venne beffato dal popolo che, con il grido in epigrafe, gli voleva rammentare che non era piú tempo di darsi arie, essendo venuto meno la ragione del suo compito!
40 - Chi se fa puntone, 'o cane 'o piscia 'ncuollo...
Letteralmente: chi si fa spigolo di muro, il cane gli minge addosso. È l'icastica e piú viva trasposizione dell'italiano: "Chi si fa pecora, il lupo se la mangia" e la locuzione è usata per sottolineare i troppo arrendevoli comportamenti di coloro che o per codardia o per ingenuità, non riescono a farsi valere.
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