1 Chi tène bbelli denare sempe conta, chi tène 'na bbella mugliera sempe canta.
Letteralmente: chi à bei soldi conta sempre, chi à una bella moglie canta sempre. Id est: il denaro, per molto che sia, non dà né la felicità, né la tranquillità e costringe ad un continuo lavoro per contarlo e per tenerlo in tal modo sotto controllo e non farselo portar via dai nemici; al contrario la felicità si può ottenere avendo una bella moglie accompagnata dalla relativa gioia che spinge a cantare per partecipare agli altri la propria felicità.
2 Dicette 'o puorco 'nfacci' ô ciuccio: Mantenimmoce pulite!
Letteralmente: Disse il porco all' asino: Manteniamoci puliti. È l'icastico, sarcastico commento che si suole fare allorché ci si imbatta in un individuo che con protervia continui a criticare la pagliuzza nell'occhio altrui e faccia le viste di dimenticarsi della trave che occupa il proprio occhio.A simile individuo si suole rammentare: Cumparié nun facimmo comme ô puorco...(Amico non comportiamoci come il porco che disse all'asino etc. etc.)
3 Dicette Pulicenella: Nce so' cchiú gghiuorne ca sacicce.
Disse Pulcinella: ci sono piú giorni che salcicce. È l'amara considerazione fatta dal popolo, ma messa sulla bocca di Pulcinella, della cronica mancanza di sostentamento e per contro della necessità quotidiana della difficile ricerca dei mezzi di sussistenza.
4 Chi 'a fa cchiú sporca è priore.
Letteralmente: chi la fa piú sporca diventa priore. Id est: chi si comporta peggio è gratificato con il massimo premio. L'esperienza popolare insegna che spesso si è premiati oltre i propri meriti, ed addirittura che per pervenire ai posti di comando, occorre comportarsi male, anzi peggio degli altri
5 Dicette Pulicenella: I' nun so' fesso, ma aggi' 'a fà 'o fesso, pecché facenno 'o fesso, ve pozzo fà fesse!
Letteralmente: Disse Pulcinella: Io non sono stupido, ma devo fare lo stupido, perché facendo lo stupido, vi posso gabbare (e posso ottenere ciò che voglio, cosa che se non mi comportassi da stupido non potrei ottenere). La locuzione in epigrafe è uno dei cardini comportamentali della filosofia popolare napoletana che parte da un principio assiomatico che afferma: Cca nisciuno è ffesso! Id est: Qui (fra i napoletani) non v'è alcuno stupido! Equelli che appaiono tali, sulla scorta dell’insegnamento di Pulcinella, si mascherano da stupidi per ottenere dei vantaggi che altrimenti gli sarebbero negati.
6 'O peggio trave d''a casa è cchillo ca fa lesiona.
Letteralmente: la peggior travatura di casa è quella che si lesiona. La locuzione viene usata, con senso di disappunto e rincrescimento, per commentare le cattive opere fatte da chi non si sarebbe mai ipotizzato potesse agire male, nel senso che come per la casa un cedimento lo si attende da una travatura malmessa, così nella vita una cattiva azione la si può attendere da cattivi soggetti, non certo da intemerate persone, per cui quando invece succede che i buoni agiscano da cattivi, si fa ricorso all'espressione in epigrafe, volendo sottintendere: ti reputavo un trave integro, ma sbagliavo: le tue azioni mi dimostrano il contrario, peccato!
7 'O Conte Mmerda 'a Puceriale.
Letteralmente: Il conte Merda da Poggioreale. Cosí, per dileggio vien definito dal popolo colui che vanti falsamente illustri progenitori, o colui che si dia arie da nobiluomo incedendo con sussiego ed arrogante alterigia. Ma il personaggio in epigrafe esistette veramente in Napoli e tale nomignolo fu affibbiato dal popolo al patriarca di una famiglia napoletana che aveva il possesso di una villa nella zona di Poggioreale. Tale signore ebbe, sul finire del 1800, in appalto la gestione delle latrine comunali e si meritò ipso facto il soprannome in epigrafe
8 Moneca 'e casa: diavulo esce e trase, moneca 'e cunvento: diavulo ogni mumento.
Letteralmente: monaca di casa: diavolo entra ed esce, monaca di convento: diavolo ogni momento. La locuzione, con una punta di irriverenza, viene usata, quando si voglia eccepire qualcosa sul comportamento di chi, invece, istituzionalmente dovrebbe avere un comportamento irreprensibile, o – quanto meno – far le viste di averlo. La monaca di casa era a Napoli una di quelle attempate signorine che, per non essere tacciate di zitellaggio, facevano le viste di dedicarsi alla cura di qualche parente anziano o prete. Va da sé che il diavolo della locuzione è usato eufemisticamente per indicare il medesimo diavolo di talune novelle del Boccaccio; per ciò che attiene il convento è facile pensare che la locuzione faccia riferimento a quel covento di sant'Arcangelo a Baiano in Napoli, finito nelle cronache dell'epoca e successive per i comportamenti decisamente libertini tenuti da talune suore ivi ospitate.
9 Frijere 'o pesce cu ll' acqua.
Letteralmente: friggere il pesce con l'acqua. La locuzione stigmatizza il comportamento insulso o quanto meno eccessivamente parsimonioso di chi tenti di raggiungere un risultato apprezzabile senza averne i mezzi occorrenti e necessari in mancanza dei quali si va certamente incontro a risultati errati o di risibile efficacia.
10 Meglio 'na mala jurnata, ca 'na mala vicina.
Meglio una cattiva giornata che una cattiva vicina. Ed il perché è facile da comprendersi: una giornata cattiva, prima o poi passa e con essa si dileguano i suoi effetti negativi, ma una cattiva vicina, perdurante la sua stabile vicinanza, di giornate cattive ne può procurare parecchie...
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