PANZAROTTI e dintorni
Questa volta mi permetterò un breve salto in àmbito culinario (aggettivo usato per indicare ciò che sia attinente alla cucina e che etimologicamente vien dal basso latino culinarium derivato appunto di culina =cucina), per parlare di panzarotti, panzerotti,crocchette,palle di riso, supplí e chicchinesi e per sottolineare, se mai ce ne sia bisogno, la stupidità di taluni incomprensibili comportamenti umani .
Comincerò col dire che la parola panzarotto di pretta origine meridionale (Campania, Puglia, Basilicata )forgiata, quanto all’etimo sul sostantivo panza (dal basso latino panticem)=pancia presa a modello per la sua sfericità e l’esser spesso gonfia è voce antica (16° - 17°) secolo e fu usata, ed ancora è usata nel napoletano, con l’eccezione ( e tra un po’ ve ne dirò…) di taluni sciocchi di turno, per indicare una tipica frittella di forma cilindrica, frittella lunga 10, 12 cm.ricavata con un impasto di
patate lesse e schiacciate, farina, rossi d’uova, sale, pepe, erbe aromatiche, farcita di pezzetti di salame e bastoncini di mozzarella, intinta nella chiara d’uovo, rollata nel pan grattato e fritta in olio bollente e profondo; allor che la parola panzarotto emigrò nella lingua toscana ecco che, inopinatamente, perdette la seconda a (per altro etimologica e dunque sacrosanta) che divenne una chiusa e ritenuta piú elegante e consona alla lingua di Alighieri Dante, producendo uno stupido panzerotto voce con la quale non si indicò piú la frittella di pasta di patata, ma una sorta di piú o meno grosso raviolo di semplice pasta lievitata rustica o dolce adeguatamente imbottito di ingredienti salati (ricotta, formaggi etc.) o dolci (marmellate, uvetta etc.) e la frittella di patate divenne crocchetta o crocchè, assegnandole scioccamente ed erroneamente (la frittella di patate non deve esser croccante, ma morbida e tenera!) un nome mutuato dal francese croquant = che crocca, nella fallace convinzione che una preparazione di origine popolare e rustica si ingentilisca e diventi di nobile prosapia se le si assegna un elegante nome francesizzante, come alibi già capitò con l’umile, ma gustosa frittata che,diventata omelette, non migliorò…, né d’altra parte lo poteva: era già buona di suo!
Torniamo al raviolo salato di cui diceva; esso già esisteva nelle cucine campane, daune e limitrofe ma non si chiamava panzerotto; il suo nome gustosissimo era ed è chicchinese; all’attualità esso è un raviolo di forma circolare: 5 o 6 cm. di diametro, di semplice pasta d’acqua, lievito e farina, tirata a sfoglia di ½ cm. di spessore, ripiegata su se stessa con un ‘imbottitura, posta a distanze regolari, di ricotta, rossi d’uova, formaggio grattugiato, pezzetti di salame e di provola affumicata; con un affilato coppapasta o un bicchiere dalla ampia bocca, per pressione si ricavano i ravioli tondi che vengon ben pressati lungo il perimetro affinché non ne fuoriesca l’imbottitura e li si frigge nel solito olio bollente e profondo; trovare e partecipare l’etimologia del termine chicchinese, è veramente un problema: nessun vocabolario accoglie il termine, benché esso sia ben vivo e presente nella cucina campana, lucana, dauna etc., per cui sarà giocoforza che io faccia qualche congettura o proposta, sempre pronto a recepire suggerimenti o altre ipotesi da chi risultasse piú informato del sottoscritto; eccovi le mie due ipotesi; ambedue partono dall’attenta lettura del termine chicchinese che parrebbe esser formato da un chicchino/a d’avvio addizionato d’un suffisso di pertinenza esa/e.
Orbene in napoletano Chicchina è il diminutivo di Checca, che come nel toscano, è il vezzeggiativo di Francesca;
In questo caso, il raviolo de quo potrebbe essere stato il manufatto di una non meglio identificata Francesca detta Checca o Chicchina e dunque un raviolo o pizzetta di pertinenza di Chicchina e perciò: chicchinese;
La seconda congettura si collega al fatto, poi desueto, che un tempo con il termine chicchina si indicò la piccola vulva delle bambine, per cui si potrebbe ipotizzare che originariamente la chicchinese avesse non la forma tondeggiante odierna, ma una che ad un dipresso richiamasse l’organo delle bambine; trattandosi di una frittella commestibile, propendo per la prima ipotesi, ma non proclamo certezze!
Sempre con riferimento a fritture eduli, incontriamo adesso
‘e ppalle ‘e riso le contenute, saporite sfere di riso bollito, impastato con rossi d’uova, farcito di pezzetti di salame, provola, intinto nelle chiare d’uovo battute, rollate nel pan grattato e fritte nel consueto olio bollente e profondo; queste napoletane palle ‘e riso in Sicilia son dette arancini o piú esattamente arancine
tenendo da conto il fatto che sono non piú grandi di una piccola arancia (che è etimologicamente dall’arabo narangi ; variando la forma che da sferica, diventa oblunga e pizzuta tal quale una contenuta pigna, e mutando a volontà il tipo di imbottitura che può esser data anche da una succosa salsa di carne trita e sugo di pomidoro ecco che in luogo di palle ‘e riso o arancine, si ottengono i c.d. supplí voce che è corruzione del francese sourprise= sorpresa con riferimento a quella cui si va incontro affondando i denti in un supplí, non potendo mai esser certi di ciò che si incontrerà nell’imbottitura, in ispecie quando non si potesse giurare sulla serietà della rosticceria dove si acquistasse il supplí da addentare.
E qui termino la mia incursione in àmbito culinario. Raffaele Bracale
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