domenica 6 settembre 2009

VARIE 376

1. Jí â perimma
Ad litteram: marcire locuzione usata con riferimento alle merci, in ispecie alle vettovaglie, che stanno per ammuffire o che già siano diventate ammuffite o marce; per traslato la locuzione è usata anche con riferimento alle persone che invecchino male, deperendo nel fisico ed intellettualmente perdendo colpi.
2. Jí ascianno coccosa
Ad litteram: andare alla ricerca di qualcosa, ma farlo con intensa applicazione comportandosi quasi come un cane che annusi per trovare la traccia cercata; il termine asciare della locuzione deriva infatti dal latino adflare (annusare) con il tipico mutamento partenopeo FL in SCI come per il latino flos diventato sciore in napoletano.
3. Jí cu ‘a faccia dint’ô panecuotto variante Jí cu ‘o musso dint’â mmerda.
Ad litteram: Finire con la faccia nel pan cotto variante finire con il muso nello sterco
La locuzione in epigrafe e la sua variante è usata per significare il comportamento di tutti coloro che per propria ingenuità o insipienza finiscono per fare meschine figure al pari di un bimbo che si sia imbrattato il volto mangiando pan cotto; la variante, molto piú dura ed icastica prende a modello il comportamento del maiale che frugando nel porcile alla ricerca di cibo, spesso affonda il muso nei suoi stessi escrementi, e viene riferita ai presuntuosi atteggiamenti di coloro che abituati a fare i saccenti ed i supponenti spesso vedono le loro affermazioni, se non le loro azioni vanificate queste, contraddette quelle dalla chiara realtà e finiscono per fare figure cosí meschine da esserne quasi insozzati come un porco dal suo sterco.
4. Jí cu ‘o sibbemolle
Ad litteram: procedere con il si bemolle; id est: andare con estrema calma, lentamente, senza porre eccessiva forza nella propria azione, come un musicista che non usasse, nel comporre che semitoni e mai note piene di forza adeguata.
5. Jí cu ‘o siddivò e cu ‘o senza pressa
Ad litteram: andare con il se-dio-vuole e con il senza-fretta Locuzione di portata simile alla precedente, ma con una piú marcata sottolineatura della lentezza usata nell’agire; locuzione che è usata soprattutto per indicare la neghittosità di chi si dispone ad agire, che lo fa senza quasi porvi volontà, ma fidando esclusivamente nella spinta ed aiuto del Cielo.
6. Jí cu ‘o chiummo e cu ‘o cumpasso.
Ad litteram: andare con il piombo ed il compasso id est: agire in ogni occasione con estrema attenzione, cautela e precisione alla stregua del muratore che, se vuole portare a termine a regola d’arte le proprie opere, non può esimersi dal far ricorso al filo a piombo, compasso, livelle ed altri strumenti consimili.
7. oppure jí stocco e turnà baccalà
Ad litteram: Jí cascia e turnà bauglio Andar cassa e tornare baúle oppure andare stoccafisso e tornar baccalà id est: non approdare a nulla, detto soprattutto con riferimento al mancato impegno di studenti o apprendisti che non ricavano nulla dal loro lavoro o studio che sia al punto che: a) se fossero partiti essendo delle casse tornerebbero dal loro impegno quali baúli cioè sostanzialmente immutati nella loro povera condizione di semplice contenitore, b) se fossero partiti essendo degli stoccafissi ne sarebbero tornati come baccalà, pur sempre cioè misero merluzzo: non facendo grossa differenza l’essere affumicato o l’esser salato .
8. Jí ‘e pressa
Ad litteram: andar di fretta; id est: aver premura, procedere con assoluta rapidità, quasi sollecitato dalla necessità di non perdere tempo. dall’iberico: de prisa di uguale significato.
9. Jí sotto e ‘ncoppa
Ad litteram: andare sottosopra; id est veder ribaltato il proprio status socio-economico; locuzione riferita innanzitutto per significare il fallimento di attività commerciali, ma - per traslato - anche ogni altro rivolgimento che occorra nella vita.
10. Jí ‘e renza e gghí ‘e sguincio.
Le due locuzioni in epigrafe parrebbe, a prima vista, dicano la medesima cosa riferendosi ambedue ad un modo strano, non corretto di camminare. Non è cosí. C’è una differenza sostanziale tra le due locuzioni;infatti jí ‘e renza si riferisce effettivamente ad un modo di camminare identificandolo nel procedere in modo obliquo, quasi inclinati su di un lato; diverso il gghí ‘e sguincio che attiene ad un modo di camminare e propriamente a quel modo che comporta un’andatura di sghimbescio, tortuosa, e mentre la prima locuzione è usata solo in riferimento al modo di camminare, la seconda è riferita non solo ad un modo di procedere, ma anche ad un modo comportamentale che sia scorretto, subdolo, non lineare, in una parola: sleale. Il termine sguincio viene dal francese guenchir (procedere di sbieco) cui è premessa una S rafforzativa, mentre il termine renza viene dal participio presente del verbo latino àerere= aderire; in napoletano infatti si dice pure tirarse ‘na renza cioè prendere un’abitudine, aderire ad un modo di fare.
11. Jí ‘mparaviso pe scagno
Ad litteram:giungere o meglio conquistare il paradiso per ventura, per puro caso id est: assicurarsi un vantaggio per mera fortuna;, senza alcun merito conseguire rilevanti benefici o grosse utilità.
12. Jí pe sotto
Ad litteram: finire di sotto; id est: essere accusato ingiustamente, esser inopinatamente chiamato in causa e magari pagare il fio di colpe non commesse.
13. Jí giurgiulianno. oppure jí ‘nzunzulianno
Ad litteram: andar bighellonando; id est: andare girozolando, ma farlo alla maniera del giurgio* cioé dell’ebbro, ciondolando, magari a rischio di cadere, andar senza meta e senza scopo; l’alternativa proposta in epigrafe esprime i medesimi concetti, ma è voce piú moderna coniata partendo dal termine zonzo.*etimologicamente giurgio risulta forse essere la corruzione del nomeGiorgio inteso, partendo dalla figura del Santo guerriero, come un gradasso, uno spaccone dall’andatura presuntuosa ed altalenante, tal quale l’ ubriaco.
14. Jí ‘ncasanno ‘e vàsule
Ad litteram: andar calpestando il basolato che è la pavimentazione stradale fatta con blocchi di pietra lavica; locuzione di valenza simile alla precedente con una piú marcata attenzione alla maniera di sciupare il tempo usato per percorrere improduttivamente la strada, bighellonando, ciondolando a dritta e a mancina senza meta o scopo; la locuzione è usata quando ci si voglia riferire, per redarguirli di non fare il proprio dovere o a svogliati studenti o ad accidiosi operai accusati di andar calpestando il basolato, invece di applicarsi alle loro incombenze.
Rammenterò che un tempo le strade erano appena appena sterrate e battute, poi furono pavimentate alla bell’ e meglio con i breccioni di fiume dando vita alle c.d. imbrecciate di cui Napoli fu ricca, si passò poi alla pavimentazione fatta con i grossi parallelepipedi di basalto, periodicamente scalpellato, per impedire che con la consunzione i blocchi risultassero lisci e pericolosamente scivolosi ; si pervenne infine alla pavimentazione con cubetti di basalto o pietra lavica detti in italiano sampietrini ed in napoletano cazzimbocchi ; detti cubetti sono affiancati l’un l’altro su di un letto di sabbia e negli interstizi che ne risultano vien fatta colare della pece bollente che raffreddandosi e rapprendendosi oltre a tener uniti i cubetti assicura una impermeabilità alla pavimentazione stradale.
15. Jí zumpanno asteche e lavatore.
Letteralmente: andar saltando per terrazzi e lavatoi. Id est: darsi al buon tempo, trascorrendo la giornata senza far nulla di costruttivo, ma solo bighellonando in ogni direzione: a dritta e a manca, in alto (asteche=lastrici solai,terrazzi) ed in basso (i lavatoi erano olim ubicati in basso - per favorire lo scorrere delle acque - presso sorgenti di acque o approntate fontane, mentre l'asteche, ubicati alla sommità delle case,erano i luoghi deputati ad accogliere i panni lavati per poterli acconciamente sciorinare al sole ed al vento, per farli asciugare.
BRAK

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