martedì 8 febbraio 2011

VARIE 1021

1.CHI CUFFÈJA, RESTA CUFFIÀTO, CHI SE ‘MPICCIA, RESTA ‘MPICCIATO. Chi insulta sarà ripagato di uguale moneta oppure, con valenza diversa rimane vittima dei suoi insulti; così chi s‟impiccia dei fatti
degli altri, quasi sempre rimane coinvolto in situazioni spiacevoli
La prima parte del proverbio è incentrata sul verbo cuffià; e solo intendendo bene i varî significati del verbo ci si può render conto della reale portata del proverbio che in realtà consiglia di non burlare, beffare,deridere, schernire, corbellare, gabbare (che sono i significati del verbo cuffià) alcuno per non subire da un terzo la medesima sorta; tuttavia alibi viene assicurato che
2. PURE ‘E CUFFIATE VANNO ‘MPARAVISO
Anche i gabbati vanno in Paradiso
Locuzione proverbiale usata a mo’ di conforto dei corbellati per indurli ad esser pazienti e sopportare chi gratuitamente li affanna , atteso che anche per essi derisi ci sarà un gran premio: il Paradiso.
Cuffiate plurale di cuffiato =deriso, corbellato; etimol.: part.pass. di cuffià che è un denominale dell’arabo kuffa=corbello.
mpiccia: voce verbale(3ª pers. sg. ind. pres.) dell’infinito ‘mpiccià/arse= impicciare,ostacolare, impedire. Nella forma riflessiva: ‘mpicciarse =
impicciarsi, occuparsi di faccende altrui, interessarsi dei fatti degli altri.Voce dal fr. ant. empeechier (mod. empêcher), che è dal lat. tardo impedicare 'inceppare, intrappolare', deriv. del class. pedica 'laccio del piede, ceppo' (da pís pedis 'piede');


3.CHI TROPPO PARLA, È FFACILE CA SGARRA. Chi parla troppo,è facile che possa cadere nell‟errore Proverbio che sottende il consiglio, rivolto soprattutto ai saccenti, supponenti, arroganti, di non essere logorroici, in quanto chi parla troppo, spesso lo fa a vanvera, alla carlona mancando di idee realmente esatte, significative o veritiere e finisce per cadere nell’errore sostanziando ad un dipresso ciò che alibi si afferma e cioé
3.bis CHI SE FA MASTO, CADE DINT' Ô MASTRILLO.
Letteralmente: chi si fa maestro, finisce per essere intrappolato. L'ammonimento della locuzione a non ergersi maestri e domini delle situazioni, viene rivolto soprattutto ai presuntuosi e supponenti che son soliti dare ammaestramenti o consigli non richiesti, ma poi finiscono per fare la fine dei sorci presi in trappola proprio da coloro che pretendono di ammaestrare.
masto = maestro, mastro (dal lat. magistru(m)→ma(gi)st(r)u(m)→masto, deriv. di magis 'di piú, molto'
mastrillo = trappola per topi ( dal lat. mustriculu(m).
sgarra sbaglia, erra, voce verbale (3ª per. sg. ind. pr.)dell’infinito sgarrà =sbagliare, errare, ingannarsi, sbagliarsi; equivocare, prendere una cantonata, prendere un granchio, prendere un abbaglio, fallire, mancare; voce piú che dal fr. ant. esguarer (mod. égarer) 'smarrirsi, perdere la via',
dallo spagnolo desgarrar che à i medesimi significati della voce napoletana.
4.’NTIEMPO 'E TEMPESTA OGNI PERTUSO È PPUORTO. Quando c‟è tempesta ogni buco è buono per funger da porto e ripararsi..Id est In caso di necessità occorre súbito correre ai ripari, accontentandosi d’un qualsiasi rimedio e non perder tempo per andare alla ricerca di quello piú ortodosso!
‘ntiempo loc. avv.le di tempo = quando, nel momento che, allorché formata dall’agglutinazione di un in→(i)n→’n illativo ed il s.vo tiempo (dal lat. tĕmpu(s)→tiempo)
pertuso s.vo m.le buco, fessura; per estens., passaggio molto stretto;
voce dal lat. pertusus, part. pass. di pertundere 'bucare, forare', comp. di per 'attraverso' e tundere 'battere';
tempesta s.vo f.le 1.tempesta, burrasca, bufera, uragano,fortunale
2 (fig.) sconvolgimento, tumulto, subbuglio,
3(genericamente) necessità, pericolo, rischio, insidia, azzardo, incognita, minaccia;
puorto s.vo m.le
1 in primis luogo sulla riva del mare, di un lago o di un fiume che, per configurazione naturale o per le opere artificiali costruite dall'uomo, può dare sicuro ricovero alle navi e permettere operazioni di imbarco e di sbarco di merci e passeggeri;
2 qui per estensione riparo, asilo, ricovero, scampo, salvezza;
voce dal lat. pŏrtu(m)→ puortu(m)→puorto, propr. 'entrata, passaggio', della stessa radice di porta 'porta'.

5. JÍ METTENNO ‘E CAMPANIELLE ‘NCANN’Â GATTA
Andar mettendo, adoperarsi per porre i sonagli alla gola del gatto Espressione plurisignificante usata per per significare:disporsi a provocar o suscitare desideri irrealizzabili, sospingere a formulare richieste impossibili, diffondere voci infondate, seminar zizzanie, propalare notizie che dovrebbero esser segrete, il tutto attirando l’altrui attenzione, quella che susciterebbe nei topi una gatta provvisto di un collare con sonagli. Locuzione usata a sarcastico commento del comportamento di tutti gli impiccioni, di chi, per abitudine, si occupa delle faccende altrui, di chi è aduso ad intromettersi, ingerirsi, mettere il naso, ficcare il naso, frammettersi, mischiarsi, intrigarsi della vita altrui e lo faccia con cattiveria e protervia nei modi suindicati. La figura di una gatta provvista di un collare con sonagli era quella sperata dai topi in una famosa favoletta di La Fontaine(Château-Thierry, 8 luglio 1621 – †Parigi, 13 aprile 1695) che pare, ma non ò trovato riscontri, la mutuasse da Esopo(ca 620 a.C. – †ca 560 a.C.).
jí mettenno = andar mettendo, disporsi a porre, adoprarsi per porre espressione verbale di tipo perifrastico formata dall’infinitojí( lat. ire) = andare etc. (di cui ò abbondantemente détto alibi) ed il gerundio mettenno = mettendo, ponendo etc. da mettere (lat. mittere),
campanielle s.vo m.le pl. di campaniello = campanello, sonaglio, bubbolo; voce diminutiva (cfr. il suff. m.le diminutivo iello) di campana( dal Lat. tardo campana(m), da (vasa) campana, propr. '(vasi di bronzo) della Campania'; rammento che il napoletano registra oltre che il m.le campaniello = campanello, un f.le campanella = campanella, piccola campana leggermente piú grande del campanello e ciò perché in napoletano un oggetto (o cosa quale che sia) è inteso se maschile piú piccolo o contenuto del corrispondente femminile; abbiamo ad . es. ‘a tavula (piú grande rispetto a ‘o tavulo piú piccolo ),‘a tammorra (piú grande rispetto a ‘o tammurro piú piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande rispetto a ‘o cucchiaro piú piccolo), ‘a carretta (piú grande rispetto a ‘o carretto piú piccolo ); ),‘a canesta (piú grande rispetto a ‘o canisto piú piccolo ), fanno eccezione ‘o tiano che è piú grande de ‘a tiana e ‘o caccavo piú grande de ‘a caccavella; nella fattispecie‘a campanella risulta un po’ piú grande de ‘o campaniello!
‘ncann’â = in gola alla loc. avverbiale di luogo formata dall’agglutinazione di un in→’n illativo ed il s.vo canna = gola ; a ‘ncanna è aggiunto â che è la crasi della preposizione semplice a + l’art.f.le ‘a e si ottiene ‘ncann’â = in gola alla come alibi ‘ncann’ô = in gola allo e ‘ncann’ê = in gola ai agli, alle posto che ô ed ê sono rispettivamente crasi di della preposizione semplice a + l’art.m.le ‘o oppure della preposizione semplice a + l’art. m.le o f.le ‘e; ‘
a canna è, come ò détto usata soprattutto agglutinata con la preposizione in nell’espressione ‘ncanna= in gola usata sia in senso reale come nel caso di funa ‘ncanna= corda alla gola – annuzzà ‘ncanna= soffocare per non riuscire a deglutire un boccone di cibo finito per traverso oppure in senso metaforico restà ‘ncanna= restare in gola détto di ciò a cui non sia pervenuti e/o non si sia potuto conseguire; ‘ncanna è: in+canna (che deriva dal latino/greco kanna e questo dal semitico qaneh) dove ovviamente con canna si intende il canale della gola);


Brak

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