MANCIA
Questa volta su suggerimento/richiesta dell’amico D. C. amico di cui al solito (per questione di riservatezza) mi limito ad indicare le iniziali di nome e cognome, prendo in esame la voce italiana in epigrafe altre omologhe,(se esistono e/o ne troverò) e le numerosissime corrispondenti del napoletano. Cominciamo dunque parlando di mancia e dicendo súbito che l’italiano, per questo termine non à che due sinonimi: extra e ricompensa quantunque talora impropriamente si usino quali sinonimi come voci dell’italiano: regalía e mazzetta voci che come vedremo sono voci d’origine centro-meridionale (laziali/campane) e ne dirò tra le voci del napoletano. Proseguiamo dunque e consideriamo le tre voci indicate:
mancia s.vo f.le
1 denaro che si dà, oltre al dovuto, a chi presta un servizio: dare, lasciare, ricevere una mancia | mancia competente, mancia adeguata che si promette a chi restituirà un oggetto smarrito.
2 (ant.) dono, regalo; ricompensa: così od'io che solea far la lancia / d'Achille e del suo padre esser cagione / prima di trista e poi di buona mancia (DANTE Inf. XXXI, 4-6). Etimologicamente è voce dal fr. manche 'manica', con riferimento all'uso delle dame del medioevo di donare ai cavalieri nei tornei i loro guanti e talora addirittura le lunghe maniche dei loro abiti, maniche che lunghe a dismisura giungevono a coprire le mani facendo quasi da guanti;
extra in origine prep. ed agg.vo e poi s.vo m.le invar.
come prep. fuori di: spese extra bilancio
come agg.vo invar.
1 fuori del previsto, dell'ordinario: spese extra
2 della qualità migliore: burro extra
come s.vo m.le invar. tutto ciò che costituisce un soprappiú; in partic., servizio o consumazione forniti da un albergo, da un ristorante e sim. fuori del prezzo prestabilito.
Etimologicamente è dal lat. extra 'fuori di';
ricompensa, s.vo f.le premio, atto generoso teso a ricambiare una prestazione, un aiuto o un favore, o a premiare per un’azione buona, valida: come potrò ricompensarti di un favore cosí grande?; non volle essere ricompensato per quello che aveva fatto; i risultati mi ricompensano a usura delle fatiche spese; sono stata ricompensata con un bellissimo mazzo di fiori; sono stato mal ricompensato. Con l’oggetto della cosa: r.di un lavoro, di una buona azione; il successo sarà la r. della tua fatica. Ironicam.: siamo stati davvero ben ricompensati! ; ciò che si dà a qualcuno in cambio di un favore ricevuto, o come atto di liberalità oltre il pattuito, per un un lavoro compiuto, o come riconoscimento di un'azione meritevole (anche iron.): per aver studiato tanto, ti meriti una ricompensa; come ricompensa farai un bel viaggio; dare, ricevere una ricompensa in denaro; bella ricompensa per tutto quello che ò fatto per lui! | ricompensa al valore, segno di onore conferito a chi abbia dimostrato eccezionale coraggio in un atto militare o civile.
Etimologicamente è voce dal lat. tardo recompínsa(m), deriv. di recompensare; cfr. ricompensare.
Esaurite le poche, contenute voci dell’italiano veniamo a quelle numerose del napoletano e cioè:
abbusco s.vo m.le in primis voce generica per indicare un lucro, un ricavo, un introito,un provento,un profitto,un frutto, un’entrata,una rendita; poi in senso piú circoscritto
a.piccolo o grosso regalo in denaro che si usa dare a chi abbia reso un servizio o una cortesia, in aggiunta al compenso dovuto: ll’abbusco ‘e Natale, Pasca e Ferragosto dato ô guardaporta(la mancia di Natale, di Pasqua, di Ferragostodato al portinaio.).
b. Regalo in denaro fatto dal datore di lavoro ai proprî dipendenti in occasioni solenni o in riconoscimento di particolari meriti; in questo sign., la parola è oggi sostituita da premio( gratifica).
c. non com. Grosso dono che si fa a una persona al fine di corromperla:si fa accussí, è ssigno ca à avuto ‘nu bbuono abbusco ( se agisce così, significa che à avuto la sua buona mancia.)
d. Dono in genere e, per estens., tutto ciò che si dà o si fa a qualcuno.
Etimologicamente è voce deverbale di abbuscà/are = trovare, procacciarsi, guadagnare,ottenere, prendersi; (dallo spagnolo ad→ab + buscar.
bbonamana s.vo f.le buona mano; più com. bòna mano (pl. bbonimmane o bbone mane). – Mancia che si dà in aggiunta del prezzo pattuito per un servizio. Etimologicamente è voce ricavato accostando o agglutinando l’agg.vo bbona (buona) al/ con il s.vo mana (mano);bbona è dal lat.tardo *bonam=buona e sta per buona o alibi piacente, appetibile, che risveglia i sensi;mana è dal lat.volgare *mana(m) per il cl. manus
chétta s.vo f.le mancia data ai posteggiatori e/o suonatori ambulanti, saltimbanchi ed affini; trattandosi di voce gergale nata nell’àmbito di posteggiatori, suonatori ambulanti, saltimbanchi etc. è pressoché impossibile trovarne l’etimo, ma poi che con la voce a margine si indica per sineddoche oltre che la mancia anche il piattello o secchiello usati per raccoglierla, non si è lontani dal vero se si sospetta che la voce piú che dal francese quête=ricerca/elemosina(come frettolosamente ipotizzò il D’Ascoli) sia un adattamento al femminile del lat. cadu(m) (greco kàdos) (= brocchetta per il vino) attraverso il seguente percorso morfologico cadu(m)→cada(m)→cheda→cheta→chetta con sostituzione dell’ occlusiva dentale sonora(d) con la corrispondente l'occlusiva dentale sorda (t) e suo raddoppiamento espressivo;
mancianza/mangianza s.vo f.le voce desueta
in primis 1. Esca per la pesca con le nasse: m. semplice, costituita di piccoli pesci e crostacei; m. mista, mescolanza di pane, formaggio, alghe, piccoli pesci e altri ingredienti pestati grossolanamente. Anche, punto del mare dove si trovano banchi di pesci piccoli, oggetto di caccia da parte dei pesci più grandi (per es., le sardine per i tonni).
2. (come nel caso che ci occupa) Compenso offerto o corrisposto in vista di fini non onesti.
Si tratta di un’unica voce dalla doppia morfologia ( una volta con l'affricata palatale sonora (g) ed una volta con la piú espressiva affricata palatale sorda (c) Etimologicamente è voce denominale di mangià per magnà
mazzetta s.vo f.le voce ripresa pari pari nell’italiano:
1 quale dim. di mazza : denominazione di attrezzi in forma di piccola mazza o di grosso martello, usati in diversi mestieri e attività:’a mazzetta d’’o fravecatore, d’ ‘o scrastatore ( la mazzetta del muratore,del minatore);
2 (edil.) spalletta che sporge ai due lati delle aperture dei muri e su cui poggia il telaio dei serramenti;
3 (raro) bastone da passeggio leggero ed elegante.
4 piccolo fascio di banconote (100 pezzi) del medesimo taglio, tenute insieme da una fascetta cartacea;
5 (come nel caso che ci occupa) piccola mancia data ad inservienti (camerieri,baristi etc.);
6 (spreg.) In usi gergali e allusivi: compenso dato o ottenuto in cambio di particolari favori (sinonimo di bustarella), soprattutto da parte di esponenti politici, di pubblici funzionarî o amministratori, e sim.; tangente imposta da organizzazioni mafiose in cambio della protezione accordata; somma che una prostituta dà come compenso al suo protettore. In epoca fascista, il sussidio quotidiano pagato dallo stato ai confinati;
7. Gruppo di campioni di stoffe uniti fra loro per un lato in modo che si possano sfogliare come le pagine di un libro; per i significati sub 2,4,5, 6 e 7 è impossibile risalire all’aggancio semantico con la mazza (dal lat. matea) per cui in tali accezione l’etimo resta sconosciuto a meno che non si voglia leggervi un addattamento al femminile di mazzetto=insieme di piú cose, (spec. fiori o altri vegetali), legate o comunque unite insieme;
‘nferta s.vo f.le
1regalo, dono, offerta varia (in particolare quelle fatte in occasioni di feste solenni: Natale, Pasqua, Capodanno);
2 pubblicazione saltuaria di contenuto vario che viene redatta e venduta in occasione del Capodanno, strenna;
voce etimologicamente deverbale come adattamento al femminile del lat. infertum→(i)nfertu(m)→’nferto (supino di infercio) = infarcito, riempito come infarciti, riempiti sono regali, doni ed offerte varie o le pubblicazioni di inizio d’anno.
paraguanto s.vo m.le
1 mancia, omaggio, piccolo regalo in danaro;
2 presente, pensiero, elargizione, donativo fatto ai proprii subalterni (camerieri, servitori, domestici);
interessantissimo l’etimo della voce in esame che deriva dall’espressione iberica: para guantes che era in tempo medievale la richiesta che i maggiordomi facevano ai proprî padroni con la scusa di abbisognare di guanti bianchi nuovi che sostituissero quelli in uso probabilmente logori o sporchi o sciupati al segno che il lavarli non avrebbe servito a ridar loro la decenza necessaria.
pezzotto s.vo m.le La voce a margine nel passato valse modesta mancia,contenuto omaggio di un oggetto prodotto artigianalmente se non domesticamente e manualmente senza supporto di macchinarii (ad es.tappetini,centrini di merletti, piccoli ricami etc. a volte sostituiti da modestissime somme di danaro; oggi nel gergo,o meglio nello slang giovanile partenopeo vale cosa, oggetto falsificato, contraffatto, non originale; per cui (messi da parte i significati di modesta mancia,contenuto omaggio per i quali etimologicamente la voce in esame è da collegarsi al s.vo pezza nel significato di moneta, pezza di cui pezzotto è il diminutivo, ipocoristico reso maschile ) mi soffermerò sul significato moderno della voce in esame; ad es. oggi s’usa dire ‘stu c.d. è pezzotto (questo compact disk è falsificato)quando il c.d. de quo risulti essere una copia prodotta con sistemi piú o meno truffaldini, da un originale, allo scopo di eludere tasse e tenere bassi i costi; come ò segnalato la voce pezzotto è un sostantivo (e dunque apposizione) mentre piú correttamente per indicare un oggetto falsificato, andrebbe usato un aggettivo che è ed un tempo fu appezzuttato, aggettivo che poi cadde in disuso in favore del piú sbrigativo sostantivo pezzotto;in effetti l’aggettivo appezzuttato starebbe a significare prodotto con il pezzotto che di per sé quale diminutivo di pezzo e non di pezza , risulta essere un arnese del falegname détto tecnicamente in lingua nazionale ascialone (accrescitivo di asciale da un lat. volg. axale(m), deriv. di axis 'perno, asse) ed è una parte del morsetto con il quale i falegnami serrano due pezzi di legno da incollar tra loro, di tal che le voci appezzuttato e/o pezzotto stanno modernamente ad indicare cosa o oggetto prodotto in maniera artigianale, non industriale e quindi non originale;
rammenterò poi che in lingua nazionale esistette già il termine pezzotto usato per indicare ( con derivazione da pezzo) un tappeto tipico della Valtellina, fatto con ritagli di tessuti vari arrotolati e cuciti insieme.
Nulla osta poi che un tempo – come riportato dalla Serao – le artigianali sartine napoletane fornissero alla loro minuta clientela piccolo borghese abiti copiati artigianalmente da originali modelli francesi e dunque abiti pezzotti o appezzuttati; è pur sempre, ora come allora, una dimostrazione della partenopea arte d’arrangiarsi; peccato che oggidí la cosa, finita nelle mani di camorra ed orientali stia prendendo d’acido o se sta azzeccanno sotto! (giacché una cosa è copiare per un amico un costoso C.D. , un’ altra è vedere inondare bancarelle e negozi con C.D.pezzotti la cui vendita ingrassa le tasche di camorristi ed affini!!!)
rialía/realía s.vo f.le voce ripresa poi nell’italiano come regalía:
1 mancia,omaggio , dono, regalo in denaro; :realía natalizzia (regalía natalizia);
2 nel medioevo, ciascuno dei diritti considerati di pertinenza del sovrano, spec. quelli di riscuotere imposte su terre, strade, caccia, pesca ecc.;
3 pl. doni in natura che in certi contratti agrari il colono doveva al proprietario del fondo. Etimologicamente voce dal lat. regàlia 'le cose del re', neutro pl. sost. dell'agg. regalis 'regale'; da regàlia→re(g)alía/rialía con cambio d’accento e caduta espressiva della l'occlusiva velare sonora (g); l’italiano à poi ripreso la voce napoletana recuperando la voce etimologica originaria con l'occlusiva velare sonora (g), ma adottando il cambio d’accento;
sbruffo s.vo m.le s.vo dai molti significati che in primis sono:1 sbuffo, ventata;
2Spruzzo violento d’acqua o d’altro liquido emesso, per lo piú rumorosamente, dalla bocca o dalle narici da persone o da animali; spesso con usi estens. o anche con sign. affine a sbuffo: la locomotiva avanzava con allegri s. di vapore; non riuscì a trattenere uno s. di riso.
3. In pirotecnica, tipo particolare di fuochi d’artificio, usato per lanciare stelle con accompagnamento di scoppî.
4. (In senso fig) refurtiva; in tale accezione anche bbruffo;
5. (In senso fig.ed è il caso che ci occupa), mancia, regalía, bustarella data di nascosto a impiegati, funzionarî e sim. in cambio di agevolazioni e favori; compenso dato sottobanco per ottenere illecitamente un favore; voce etimologicamente deverbale di sbruffare (dal lat.exproflare→(e)xproffare→sbroffare→sbruffare;
sottamana avv. e s.vo m.le [comp. di sotto→sotta (dal lat. subtus, avv. deriv. di sub 'sotto' e mana= mano (dal lat. volg. *mana(m) per il cl. manus]. – 1. a. avv. A portata di mano:tene sempe sottamana’e fierre d’ ‘a fatica (tiene sempre a portata di mano gli arnesi del lavoro). Rammento però che in tale accezione in napoletano è d’uso la locuzione avverbiale a manese b. Come s. m. (pl. sottomani), cartella ricoperta di pelle, tela o plastica, che si usa tenere sulla scrivania per appoggiarvi il foglio su cui si deve scrivere e come custodia per fogli, buste e sim.
2. avv., ant. Con la mano tenuta in basso rispetto alla spalla. In partic., nella scherma: bbotta, stuccata sottamana (colpo, stoccata sottomano), e cògliere, tirà sottamana (tirare, ferire sottomano.), con la mano che impugna l’arma tenuta piú in basso della spalla; nell’ippica, sferzare s., tenendo bassa la mano che impugna il frustino. Ancora in uso le espressioni condurre, tenere un cavallo s., tenerlo per la briglia alla propria destra, con la mano bassa, stando in sella a un altro cavallo (spec. guidando pariglie, carriaggi militari, ecc.); e, in alcuni sport con la palla menà ‘a palla sottamana (lanciare la palla sottomano ), dal basso verso l’alto.
3. fig.
a. avv. Di nascosto, senza farsi vedere da altri: passà ‘nu viglietto sottamana( passare un bigliettino sottomano); sigarrette ‘e contrabbandio accattate sottamana (sigarette di contrabbando comprate sottamana;dà, piglià ‘nu rialuccio sottamana (dare, prendere un regaluccio sottomano.)
b. (come s.vo m.le nel caso che ci occupa), raro,ma non desueto: mancia, regalía data o presa senza che altri sappia o veda: dà, piglià ‘nu sottamana (dare, prendere un sottomano.) Anticam., l’emolumento dato a un pubblico ufficiale, oltre allo stipendio, con carattere di gratifica.
4. ancóra come avv. Nel gioco degli scacchi: jucà sottamana (giocare sottomano s., cioè giocare con il Nero, che per consuetudine muove dopo il Bianco.
A margine di questa voce, avendone accennato, fa d’uopo ch’io parli delle locuzioni avverbiali a manese/a mmannese che rendono le italiane a portata di mano, sottomano, a disposizione immediata. Per la verità si tratta di due forme, ampiamente attestate dapprima nella forma a mmannése e poi quasi esclusivamente nella forma a mmanése forma nella quale perdura nel parlato popolare partenopeo. Si tratta, dicevo, di due forme leggermente diverse d’un’ unica locuzione che in origine – come chiarirò – fu a mmannése e solo in prosieguo di tempo sotto la patente influenza della voce mana divenne manése con la nasale scempia mantenendo invariato il significato di a portata di mano, sottomano, a disposizione immediata.
Cominciamo súbito col chiarire che nell’ idioma napoletano la voce mannése non à nulla a che dividere con l’omografa ed omofona della lingua italiana; in italiano mannése è un aggettivo che viene riferito agli abitanti dell’isola di Man e connota in particolare una lingua che è appunto la lingua mannese o manx (chiamata anche Gaelg) che è una lingua goidelica parlata sull'Isola di Man,che è un’isola conosciuta anche come Mann o Manx (Isle of Man in inglese, Ellan Vannin o Mannin in mannese) ed è situata nel Mar d'Irlanda; sul piano politico, essa non fa parte del Regno Unito né dell'Unione Europea, ma è una dipendenza della Corona britannicaLa lingua che vi si parla è risalente al V secolo ed è derivante dall'antico irlandese; infatti non di rado viene chiamata gaelico mannese.
Tutt’altra cosa è il mannése della parlata napoletana dove è un sostantivo, non aggettivo masch. e vale carpentiere,falegname ma piú ancóra carradore,fabbricante di carri e carretti, artigiano che fabbrica o ripara carri e barocci; carraio con derivazione da un acc.vo lat. manuense(m) che diede il lat. volg. *manuese donde *mann(u)ese; per il raddoppiamento della nasale cfr. alibi crebui→ crebbi, venui→venni, stetui→stetti etc.
Affrontiamo il problema semantico e diciamo che tra la fine del 1700 ed i primi del 1800 in Napoli furono moltissimi gli artigiani che si dedicarono al mestiere di carradore, di fabbricante di carri e carretti,di riparatore di carri e barocci ed aprirono bottega in talune strade della città lasciandovi poi addirittura il nome: cfr. Carmeniello ai Mannesi, Crocelle ai Mannesi etc. Il fatto importante (per quel che ci occupa) fu che per quanto ampie o spaziose fossero le botteghe (e non lo erano!...) esse erano comunque insufficienti a contenere carri e/o carretti in lavorazione o riparazione con tutti i necessari corollari di ruote, pianali, sponde e stanghe ed un po’ tutti i carradori finirono per lavorare in istrada invadendo i marciapiedi antistanti le loro botteghucce ed ovviamente, per risparmiarsi la fatica di recarsi continuamente in bottega a procurarsi gli strumenti di lavoro (‘e fierre d’’a fatica), presero l’abitudine di tenerli tutti a portata di mano; da questo fatto nacque l’espressione tené a mmannése (id est: avere a portata di mano, alla maniera del mannése). In prosieguo di tempo e quasi certamente ad opera d’un qualche letterato fattosi influenzare dalla voce mana (mano)l’espressione popolare a mmannése divenne a mmanése con la nasale scempia mantenendo invariato il significato di a portata di mano, sottomano, a disposizione immediata. Ed ancóra oggi nel parlato partenopeo s’usa dire a mmanése ed inopinatamente l’espressione a mmannése cosí ricca di storia ed onesto lavoro artigianale è stata confinata in taluni vocabolarî d’antan.
Dispiace il dirlo, ma talvolta taluni letterati fanno danni alla lingua!
varva/vàvera s.vo f.le di per sé il s.vo in esame nella sua prima morfologia varva sta per barba (dal lat. barba(m) con consueta alternanza nel napoletato di b/v (cfr. barca→varca – bibere→vevere – bucca(m)→vocca – basiu(m)→vaso etc.); nella seconda morfologia vavera (ricavata da varva con anaptissi della e e metatesi) vale mento, bazza punto su cui maggiore è la presenza della barba; ora per intendere il significato di varva/vàvera intese come bustarelle, come tangenti e/o mazzette occorre riferirsi ad un’espressione figurata un tempo in uso nel parlato popolare della città bassa tra i venditori al minuto con riferimento ai camorristi della zona mercatale: aggio avuto farlo ‘a varva o ‘a vavera (Ò dovuto servirlo di barba) nel senso di avergli dovuto corrispondere una mazzetta per non subire danni nel proprio commercio; e fu cosí che il s.vo varva/vàvera usato figuratamente finí per significare oltreché la barba ed il mento, la bustarella, tangente, mazzetta, sottomano etc. ed in tale significato fu usato fino a tutti gli anni ’50 del 1900, cadendo successivamente in disuso e resistendo solo sulle labbra di qualche vecchio mercante ambulante d’antan, costretto a... servir di barba i camorristi e/o guappi sfruttatori che imperano nelle varie zone della città dove il mercante ambulante si sposta per vendere la propria merce. Ciò che ò detto per il s.vo in esame vale altresí per s.vo successivo:
vagno s.vo m.le che di per sé vale bagno ( dal lat. balneu(m) ) con consueta alternanza nel napoletato di b/v (cfr. barca→varca – bibere→vevere – bucca(m)→vocca – basiu(m)→vaso etc.); anche in questo caso nell’icastico idioma/parlato della città bassa, per indicare il fatto d’essere stati costretti a pagare una tangente, una bustarella s’usò dire con gran rammarico: “aggiu pigliato ‘nu vagno”(Ò preso un bagno) e la parola in esame figuratamente finí per significare oltreché l’ immersione del corpo nell'acqua o in un'altra sostanza a scopo igienico, curativo o ricreativo, anche la bustarella, tangente, mazzetta, sottomano etc. ed in tale significato fu usato nel passato ed ancóra non è caduta in disuso e resiste nel parlato della città bassa, anzi à esteso il campo d’applicazione ed oggi piglià ‘nu vagno (prendere un bagno) non si riferisce solo alla corresponsione forzosa di bustarelle, tangenti, mazzette, sottomano etc., ma s’usa anche per significare qualsiasi inopinato tracollo finanziario.
veveraggio s.vo m.le letteralmente beveraggio 1 (non com.) bevanda; in partic., quella che si dà alle bestie, beverone | pozione preparata con vari ingredienti, a scopo medicinale e sim.; intruglio
2 (ant.e desueto) mancia, ricompensa (per pagarsi da bere).
Etimologicamente è voce adattamento del fr. ant. bevrage→vevrage→veverage→veveraggio, deriv. del lat. bibere 'bere'
E qui penso di poter far punto avendo – a mio avviso – esaurito l’argomento, nella speranza d’avere accontentato, o - quanto meno - interessato oltreché l’amico D.C., qualcuno dei miei consueti ventiquattro lettori e chi altro dovesse leggermi. Satis est.
Raffaele Bracale
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