mercoledì 13 febbraio 2013
CINQUE LOCUZIONI CON IL VERBO JÍ
CINQUE LOCUZIONI CON IL VERBO JÍ
1.JIRSENE ‘E CAPA. Ad litteram: andarsene di testa. Id est:esaltarsi,montarsi la testa. Espressione usata per connotare l’atteggiamento scioccamente spocchioso di chi si esalti, si insuperbisca anche per un semplice piccolo elogio ricevuto, imbaldanzendosi oltre ogni limite o il consueto.
2.JIRSENE ‘MPILO ‘MPILO. Ad litteram: andarsene di pelo in pelo Id est: deperire, consumarsi a poco a poco. Espressione usata in riferimento a chi per malnutrizione, inedia si indebolisca, esaurendosi, consumandosi, deperendosi al segno che, iperbolicamente, se ne possano contare i singoli peli.
3.JIRSENE A CCALASCIONE. Ad litteram: andarsene a calascione Id est:sciupare irrimediabilmente cose od azioni, tenendo un comportamento non consono, inadeguato, inadatto. Espressione che viene riferita per dileggio a chi perda il suo tempo in inutili occupazioni [come quella di strimpellare uno strumento musicale, nella fattispecie un colascione] invece di attendere in maniera . idonea, opportuna, adeguata, appropriata, atta, confacente, conforme, apposita, giusta, ad hoc al da farsi per raggiungere uno scopo o dar corso ad azioni giuste e produttive.
colascione/calascione s.vo m.le strumento musicale in tutto simile ad un liuto a 10 corde di uso popolare nei secc. XVI e XVII, soprattutto nell'Italia meridionale.
Etimologicamente nel napoletano dallo spagnolo colachón che è dal greco: dal gr. kaláthion 'piccolo paniere'(per la forma della cassa armonica dello strumento); strumento un po’ differente dal primitivo colascione che aveva solo due o tre corde; questo a dieci corde, détto anche tiorba fu suonato con l’ausilio di una grossa penna tonda di cuoio detta taccone e s’ebbe perciò la tiorba a taccone , strumento musicale d’accompagnamento,di cui dico, quasi antesignano del basso.
4.JÍ A MMITTO. Ad litteram: andare a minzione Id est: rovinare qualcosa o l’intrapreso per precipitazione,per disattenzione o per eccessiva foga. Espressione d’antan e desueta che corrisponde all’incirca al moderno andare in tilt cioè andare in confusione con indesiderati risultati dannosi, nocivi, rovinosi.L’espressine della lingua nazionale è mutuata dall’espressione inglese tilt = inclinare con riferimento al gioco del flipper che come è noto è un gioco di abilità a moneta di origini statunitensi, molto diffuso a partire dagli anni cinquanta, soprattutto in bar, sale da giuoco ed altri locali pubblici, détto anche biliardino elettrico o elettroautomatico.
Il nome originale inglese della macchina è pinball; il termine flipper, usato in Italia, Francia ed altri paesi europei, deriva dalle piccole pinne (flippers), oggi più comunemente note come alette, che corredano il piano di gioco e che sono azionate e comandate da pulsanti esterni e con le quali il giocatore può colpire una biglia d'acciaio[che rotola abbastanza velocemente su di un piano inclinato e che – se non sospinta dalle piccole pinne – può finire in buca, mettendo fine al gioco ed al divertimento] mirando a bersagli posti su un piano inclinato coperto da un vetro trasparente. Ogni singolo bersaglio o combinazione di bersagli colpiti apporta un punteggio o agevolazioni (bonus) al gioco, che addizionati da un numeratore concorrono a stabilire una sorta di classifica fra piú giocatori che si succedessero al bigliardino. Allorché il giocatore, nell’intento di indirizzare ai bersagli voluti la biglia d’acciaio scuote o inclina oltre il consentito il biliardino elettrico la macchina si blocca, impedendo al giocatore di continuare a governar la pallina e sullo scherma appare appunto la scritta TILT per avvisare il giocatore che non può proseguire il gioco avendo inclinato oltre il lecito il flipper. Dal gioco il termine Tilt è passata a connotare con l’espressione “andare in tilt” tutte quelle situazioni della vita reale allorché si rovini qualcosa o l’intrapreso per colpevole confusione,precipitazione,per disattenzione o per eccessiva foga.
Quanto piú icastica l’espressione napoletana che pone in rapporto il fallimento dell’azione intrapresa o la rovina di un non meglio idetificato quid, non con una generica confusione, ma con la volontaria precipitazione di chi avverta l’impellente necessità di mingere e si precipiti a farlo incurante di quanto aveva in corso d’opera; il napoletano mitto altro non è infatti che un participio passato sostantivato marcato sul latino minctu-m→mi(n)ttu-m→mitto participio perfetto passivo maschile dell’infinito mingere= orinare.
5. JIRSENE A LL’ARIA ‘E CARDONE o piú correttamente JIRSENE Ô LLARIO ‘E CCARDONE
Ad litteram: andarsene a l’aria di Cardone o piú correttamente come fu in origine andarsene al largo dei cardoni. L’espressione vale: morire, decedere. Come ò anticipato in effetti l’esatta espressione fu “Se nn’è gghiuto ô llario ‘e ccardone”[se ne è andato al largo dei cardoni] espressione che poi il popolino corruppe in“Se nn’è gghiuto a ll’aria ‘e Cardone”[ se ne è andato all’ aria di Cardone]; ovviamente la corruzione non rese giustizia all’originario significato dell’ espressione che tradotta ad litteram valeva: se ne ne è andato al largo delle cardoni e cioè è morto e sepolto; essa espressione faceva riferimento al fatto che il cimitero delle 366 fòsse, il piú antico e popolato camposanto napoletano, era sorto su di un terreno agricolo in origine coltivato a carciofi e cardi (in napoletano le onnicomprensive ‘e ccardone),donde ‘o llario ‘e ccardone; come è chiaro la voce Cardone non indicava una località dall’aria salubre...,nè il nome di un possidente terriero, ma semplicemente i gustosi carciofi e cardi.
llario s.vo m.le = 1)spazio, area, superficie, distesa, estensione
2)terreno (agricolo) esteso; voce dal lat. volg. larju(m) per il class. largu(m).
ccardone s.vo m.le = voce di àmbito contadino usata per indicare onnicomprensivamente i cardi ed i carciofi; voce marcata (ma addizionata del suffisso accrescitivo one) sul lat. tardo cardu(m), per il class. carduus.
Brak
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