venerdì 1 novembre 2013
PUCUNTRIA
PUCUNTRIA
Questa volta è stato la carissima amica S. R. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) a chiedermi via e-mail di chiarirle in che modo possa far comprendere ad un non napoletano significato e portata della voce partenopea in epigrafe. Avrei potuto sbrigarmi in due parole dicendo che il termine proposto è quello che rende in napoletano quel che in italiano è l’ipocondria. Non sarei stato però preciso atteso che la napoletana pucuntria [ voce aferesi del tardo lat. (hy)pōcondria-m→pucuntria] non è solo (come invece è inteso nella lingua nazionale) la preoccupazione ansiosa, organicamente infondata, relativa alla propria salute o alla condizione di particolari organi interni, ma è molto di piú: è la nostalgia dei propri luoghi di origine (quella che per i sudamericani è la saudade),è il rimpianto di star lontano dagli affetti, è una forma acuta e grave di malinconia che può giungere all’alterazione patologica del tono dell’umore e dei sentimenti di stato, nel senso di una continua mestizia, talora accompagnata da ansia, con inibizione di tutta la vita psichica, avvertita da chi sia in preda alla pucuntria come vuota sofferenza ed evidente in tutti i suoi atteggiamenti... Ecco ‘a pucuntria è tutto questo, altro che la semplice ipocondria! E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amica S.R. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente chi dovesse imbattersi in questa paginetta.Satis est.
Raffaele Bracale
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