venerdì 16 maggio 2014
CRAJE, CRAJE ‘O FFA ‘A CURNACCHIA.
CRAJE, CRAJE ‘O FFA ‘A CURNACCHIA.
Ad litteram: cra, cra lo fa la cornacchia id est: lo cra, cra è il verso della cornacchia.
Cosí a Napoli si suole rispondere a chi faccia le viste di voler rimandare ad un non meglio precisato domani (craje←cras) i suoi obblighi ed i suoi adempimenti, laddove sarebbe tenuto ad un rapido adempimento di quanto dovuto. A chi, interrogato sul quando avrebbe intenzione di tener fede al promesso, dovesse rispondere con un latineggiante: “Cras, cras” nel chiaro intento di procrastinare sine die il suo obbligo, gli si può opporre la locuzione in epigrafe per indurlo a tener fede al suo dovere.
Trovandomi a dire di cras, continuo a parlare di tempo ricordando che una volta in napoletano oggi si disse con derivazione dal lat. hodie, oje; epperò taluni sprovveduti scrittori partenopei usarono impropriamente questo termine oje al posto del vocativo oj (ehi!); per la verità il termine oje è un termine ormai in disuso e viene usato il piú italianizzato ogge, ma un tempo era usatissimo come usati erano i termini che seguono tutti oggi desueti, abbandonati e non sostituiti o sostituiti usando i termini dell’italiano pronunciati sciattamente per conferir loro una qualche veste di napoletanità, ma falsa come e piú di Giuda
craje = domani dal lat. cras; oggi indegnamente si usa un raffazzonato dimane che scimmiotta l’italiano domani;
piscraje= dopodomani dal latino biscras; oggi invece si usa un raffazzonato doppodimane che scimmiotta l’italiano dopodomani
pescrille/ pescrigno = tra tre giorni;oggi si usa : ‘nfra tre gghiuorne; pescrillo è dal latino post tres ille=dopo tre di quei(giorni);pescrigno = tra tre giorni o meglio: dopo quel domani piú lontano da un acc. lat. volg. post crineu(m)←cras+ineu(m) questo ineu(m) fu un suffisso di valore diminutivo con riferimento a tempo piú lontano;
pescruozzo=tra quattro giorni da un acc. lat. volg. post croceu(m)←cras+oceu(m) questo oceu(m) fu un suffisso di valore diminutivo con riferimento a tempo molto lontano; oggi: ‘nfra quatte juorne
jesterza = l’altro ieri per l’etimo occorre partire dalla base dell’aggettivo latino “hesternus” (= giorno di ieri, della vigilia) , che mostra un suffisso “-nus” frequente nella formazione dei temi nominali, per modo che facilmente si è potuto forgiare un composto aggettivale femminile hester-tertia dies che –soggetto poi ad aplologia(caduta sillabica per similitudine totale o parziale rispetto alla sillaba vicina: cfr. ad es.qualche cosa→qualcosa; mineralo-logia → mineralogia,cavalli leggeri→ cavalleggeri
ecc. Nel lemma in esame, caduto un “-ter-” per la stretta contiguità di “-ster- si è sfociati in hestertia→jesterza = “il terzo giorno a ritroso” rispetto a quello di partenza, fondamentale per il conteggio della distanza temporale da ricavare arretrando: “ieri l’altro”, cioè “il terzo giorno (non “da ieri”, ma) di ieri…; oggi si usa in luogo di jesterza il raffazzonato ll’autrjere che scimmiotta l’italiano l’altro ieri.
Oggi purtroppo,come ò anticipato si usano nell’imbastardito, imbarbarito napoletano corrente termini italianizzati come ogge invece di oje, dimane invece di craje, doppodimane,e cosí via e non facendo piú progetti a lunga scadenza, non parliamo proprio del terzo giorno antecedente né del terzo giorno dopo, né ovviamente del quarto giorno dopo! Che tristezza! Povero napoletano!
Raffaele Bracale
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