giovedì 30 novembre 2017

VARIE 17/1211



1.JIRSENE A LL’ARIA ‘E CARDONE o piú correttamente JIRSENE Ô LLARIO ‘E CCARDONE
Ad litteram: ANDARSENE A L’ARIA DI CARDONE o piú correttamente come fu in origine ANDARSENE AL LARGO DEI CARDONI. L’espressione vale: morire, decedere. Come ò anticipato in effetti l’esatta espressione fu “SE NN’È GGHIUTO Ô LLARIO ‘E CCARDONE”[se ne è andato al largo dei cardoni] espressione che poi il popolino corruppe in“Se nn’è gghiuto a ll’aria ‘e Cardone”[ se ne è andato all’ aria di Cardone]; ovviamente la corruzione non rese giustizia all’originario significato dell’ espressione che tradotta ad litteram valeva: se ne ne è andato al largo delle cardoni e cioè è morto e sepolto; essa espressione faceva riferimento al fatto che il cimitero delle 366 fòsse, il piú antico e popolato camposanto napoletano, era sorto su di un terreno agricolo in origine coltivato a carciofi e cardi (in napoletano le onnicomprensive ‘e ccardone),donde ‘o llario ‘e ccardone; come è chiaro la voce Cardone non indicava una località dall’aria salubre...,nè il nome di un possidente terriero, ma semplicemente i gustosi carciofi e cardi. llario s.vo m.le = 1)spazio, area, superficie, distesa, estensione 2)terreno (agricolo) esteso; voce dal lat. volg. larju(m) per il class. largu(m). ccardone s.vo m.le = voce di àmbito contadino usata per indicare onnicomprensivamente i cardi ed i carciofi; voce marcata (ma addizionata del suffisso accrescitivo one) sul lat. tardo cardu(m), per il class. carduus.
2.JIRSENE CARRECO ‘E MERAVIGLIE
 Ad litteram: andarsene carico di meraviglia. id est: allontanarsi stupefatto, in preda alla massima meraviglia, da un Luogo dove si è assistito o dove si è partecipato - magari involontariamente -ad avvenimenti sconvolgenti o grandemente allibenti; per traslato si usa dire di chi si allontani da un Luogo o da una persona dopo d’aver subíto una dura reprimenda o rampogna. Carreco/a agg.vo m.le o f.le = letteralmente carico, caricato(estens.) sovraccarico, traboccante, (fig.) oppresso; etimologicamente la voce napoletana è connessa a carrus (cfr. la doppia liquida rispetto alle scempia dell’italiano carico) addizionato del suffisso di pertinenza icus/ica.
3.JIRSENE CU 'NA MANA ANNANZE E N'ATA ARRETO.
Letteralmente: andarsene con una mano davanti ed una di dietro (per coprirsi le vergogne). Era il modo con cui il debitore si allontanava dal Luogo dove aveva eseguito la cessio bonorum, aveva cioè poggiato le nude natiche su di una colonnina posta innanzi al tribunale a dimostrazione di non aver piú niente. La locuzione perciò significa e si usa per indicare chi, non avendo concluso nulla di buono, ci à rimesso fino all'ultimo quattrino e non gli resta che l'ignominia di cambiar zona andandosene con una mano davanti ed una di dietro per coprire alla men peggio le proprie vergone.
4.JIRSENE MURO - MURO
Ad litteram: andarsene rasentando il muro; id est: allontanarsi alla chetichella, quasi sfiorando un muro allo scopo di non farsi notare, non dando nell’occhio.
5.JIRSENE oppure VENIRSENE TINCO – TINCO
Ad litteram: ALLONTANARSI COME UN TINCONE oppure AVVICINARSI SOLLECITAMENTE (come un tincone); id est: sparire da un Luogo rapidamente e con una buona dose di faccia tosta, quasi dando ad intendendere che l’avvenimento cui si è partecipato e da cui ci si allontani non ci riguardi, né chiami in causa, oppure (nel secondo caso) accostarsi ad un Luogo rapidamente e con una buona dose di faccia tosta, quasi dando ad intendendere che l’avvenimento cui si intende partecipare sia di nostra competenza o ci chiami in causa, quantunque nessuno ci abbia invitati o sollecitati in quel senso; in questo secondo caso lo si usa con icastico riferimento a tuti quegli inoportuni comportamenti di saccenti e supponenti adusi ad intromettersi nelle altrui faccende per esprimere pareri o dispensare importuni consigli non sollecitati. A margine rammento altre tipiche espressioni modali che si ricollegano al verbo andare; abbiamo: venirsene oppure jirsene ruglio ruglio (id est: venir mogio mogio, piano piano,ovvero accostarsi lentamente, quasi contando i passi, come chi sia pieno, zeppo, stipato di cibo e dunque sia costretto a muoversi lentamente, mogio mogio. Vale la pena di ricordare che l’espressione ruglio ruglio, nella sua reiterazione dell’aggettivo di grado positivo ne sostanzia il superlativo che, al solito, in napoletano non à la forma del suffisso in issimo, ma si forma reiterando l’aggettivo di grado positivo come avviene p. es. con chiatto chiatto o luongo luongo o ancora curto curto che rispettivamente stanno per grassissimo,altissimo (o lunghissimo), bassissimo e dunque ruglio ruglio sta per pienissimo. Rammenterò appena che l’espressione venirsene ruglio ruglio non va confusa con quella che recita: venirsene tinco tinco or ora illustrata, di significato diametralmente opposto: venirsene sollecitamente, né va confusa con l’espressione usata dal famosissimo Totò: venirsene tomo, tomo, cacchio cacchio, espressione che come ebbi modo di chiarire altrove sta per: agire con improntitudine, faccia tosta. Un’ ultima notazione; etimologicamente la parola ruglio è un chiaro deverbale forgiato sul verbo latino: turgulare frequentativo di turgere: inturgidire; E, a mo’ di completamento rammenterò che sia in calabrese che in napoletano d’antan esiste il verbo ‘ntrugliare = ingrossare forgiato ugualmente sui verbi latini di cui sopra. Ancóra l’espressione napoletana jí cuonce cuonce è un’espressione avverbiale che vale: andare, agire piano, piano – senza fretta – accortamente – con cautela,precisione e circospezione – lentamente; l’espressione si sostanzia nell’iterazione del sostantivo cuonce (plurale di cuoncio), ma nel caso in esame l’iterazione non mira a formare un superlativo come nel napoletano avviene normalmente, ed ò già déto, alibi sia con sostantivi, ma soprattutto con aggettivi (cfr. sicco sicco (=magrissimo), chiatto chiatto (=grassissimo), luongo luongo (=altissimo o lunghissimo) tinco tinco (=rapidissimo come una tinca)etc. Nel caso in esame ci si ricollega al sostantivo cuonce (plurale di cuoncio) per richiamarne, con l’iterazione, la cautela lenta e circospetta usata nel portare a compimento un’opera muraria (quella che gli antichi romani dissero opus quadratum[corrotto in quadrellatum donde quadriglè] o opus reticulatum antica tecnica di costruzione muraria romana consistente nel sovrapporre, facendo combaciare le facce laterali di piccole piramidi di tufo o altra pietra, e tenendone la base rivolta verso l'esterno, ed il vertice verso l'interno, per modo che chi guardasse il muro, cosí costruito, avesse l'impressione di vedere una serie di quadratini orizzontati diagonalmente. Chiarisco: in napoletano il sostantivo cuoncio (di cui cuonce è il plurale), con etimo quale deverbale da conciare (che è dal lat. volg. *comptiare, deriv. di comptus 'ornato, adorno', da comere 'mettere insieme'), à molti significati: concime, letame (per concimare), belletto, condimento (cfr. ‘o cuoncio acconcia= il belletto, il condimento rende migliore la persona o il cibo), ma indica pure (concio) ognuna di quelle piccole piramidi di tufo o altra pietra di cui sopra; per cui con la locuzione avverbiale cuonce cuonce si intende richiamare la lentezza, la cautela, la precisione maniacale e circospetta da usarsi (procedendo un concio per volta) nel porre in essere l’ opus quadratum o opus reticulatum; allo stesso modo con medesima studiata lentezza, cautela, e precisione deve comportarsi nel suo agire chi sia invitato ad operare cuonce cuonce. E passiamo all’espressione jirsene o venirsene cacchio cacchio che è andarsene o venirsene in maniera strana; infatti cacchio, cacchio ad litteram sta per: strano, strano (nell’espressione in esame: avvicinarsi o allontanarsi strano, strano)Espressione usata per significare l’atteggiamento di chi, facendo finta di nulla, mogio mogio, con indifferenza ed ostentata tranquillità, si prepara invece ad agire proditoriamente in danno di terzi, quasi che si accostasse al luogo dove agirà, con studiata noncuranza, o se ne allontanasse dopo d’avere agito con proditoria e dannosa indifferenza. Da rammentare che l’espressione a margine era usata da Totò, il principe del sorriso, sommandola con la pleonastica espressione - tomo tomo espressione inutile in quanto di uguale portata e/o significato, ma di minor presa; ò detto pleonastica perché, mi pare che non ci fosse stato il bisogno di chiarire o aumentare la portata del cacchio cacchio napoletano, espressione - al contrario - molto piú corposa e pregnante, per il vocabolo usato, dell’algido tomo tomo, espressione che pur napoletana è costruita con un vocabolo italiano presente altresí nella esprespessione dell’italiano essere un bel tomo nel senso di essere un tipo strano, bizzarro di grande improntitudine . L’espressione jirsene o venirsene cacchio cacchio non va confusa con quella jirsene o venirsene tinco tinco precedentemente illustrata, di significato molto diverso: venirsene sollecitamente.
BRAK

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