lunedì 25 dicembre 2017

VARIE 17/1327



1.TENÉ 'E RRECCHIE 'E PULICANO
Ad litteram: tenere le orecchie di pubblicano e ciò quantunque erroneamente ( come chiarirò di qui a poco) in un fraintendimento popolare, qualcuno pretenderebbe di tradurre: tenere le orecchie di pellicano. Chiarisco súbito che quest’ultima traduzione, checché ne dica il dr. Sergio Zazzera, non è né corretta né attendibile e ciò per due chiari motivi:
a) il pellicano (dal lat. tardo pelecanu(m), che è dal gr. pelekán –ânos) è un uccello nuotatore e pescatore dal becco enorme e fornito, nella parte inferiore, di un sacco per il deposito del cibo;à piume bianche, ali rosse e piedi palmati (ord. Pelecaniformi); nella tradizione iconografica e letteraria del medioevo, è simbolo di Cristo, perché si credeva nutrisse i propri piccoli con il suo stesso sangue, lacerandosi il petto con il becco; tale uccello è però comunque tanto sconosciuto alle latitudini partenopee che mai il popolo (quello che conia le espressioni idiomatiche…) avrebbe potuto prenderlo a riferimento in una espressione popolare;
b) non risulta in nessuna letteratura scientifica che il suddetto pellicano sia accreditato di avere udito finissimo da prendersi a modello.
c) è uccello che di solito, mi ripeto e preciso, non è presente alle nostre latitudini, ma vive negli Stati Uniti, Caraibi, Sudamerica, Isole Galapagos, Australia e basterebbe questo per escluderlo come riferimento di un’espressione popolare napoletana.
Torniamo alla espressione in epigrafe; essa locuzione dalla duplice valenza è usata vuoi per indicare chi sia dotato di udito finissimo , vuoi (piú spesso) per indicare coloro che stiano sempre, con l'orecchio teso attenti ad ascoltare ciò che accade a loro intorno, o per informarsi, oppure per non lasciarsi cogliere impreparati, comportandosi alla medesima stregua appunto degli antichi esattori pubblici: i pubblicani (dal lat. publicanu(m), deriv. di publicum 'tesoro pubblico') di cui pulicano è – a mio avviso - un derivato per sincope: (pu(b)licanu(m)→pulicanu(m)→pulicano; gli antichi pubblicani erano quelli che nell'antica Roma, prendevano in appalto la riscossione delle imposte pubbliche
 (estens. non com.) gabelliere, doganiere | (spreg.) persona interessata, avida di guadagno; come esattori di tasse i pubblicani dovevano tener le orecchie tese, pronti ad ascoltar qualunque cosa venisse detta in giro sul conto di chiunque, per non lasciarsi sfuggire un eventuale contribuente, atteso che i pubblicani nel prendere in appalto la riscossione delle tasse versavano all’erario in anticipo tutto l’ammontare delle medesime tasse e poi dovevano affaccendarsi per recuperarle, maggiorandole del proprio utile, non lasciandosi sfuggire notizie su chi fosse tenuto a pagarle.A maggior supporto di ciò che vengo dicendo ricordo che come è del tutto improbabile che i napoletani conoscessero o abbiano conosciuto l’uccello pellicano estraneo alle latitudini partenopee, cosí è invece molto probabile che i napoletani (anche quegliantichissimi)abbiano conosciuto i pubblicani pubblici esattori romani, atteso che a far tempo dal 90 ed 89 a.C. Napoli fu municipio romano ed a Roma pagò i tributi. Successivante 1443 e ss. con l’entrata in Napoli di Alfonso d’Aragona (Napoli 1396 - † ivi 1458) ed inizio della dominazione aragonese, il posto dei pubblici esattori (pubblicani ) fu preso dagli arrendatori titolari dell’ arrendamento: nel Regno di Napoli, gabella o imposta la cui esazione era appaltata a privati; sia la voce arrendatore che ovviamente arrendamento son voci deverbali dello spagnolo arrendar 'appaltare'.
 Rebus sic stantibus è molto piú esatto [contrariamente a quanto gli sprovveduti (Zazzera compreso e non me ne voglia…) intendono] che l’espressione in epigrafe non vada intesa come tenere le orecchie del pellicano, ma come tenere le orecchie del pubblicano.
2.TENÉ 'E RRECCHIE PE FFINIMENTE 'E CAPA
Ad litteram: tenere le orecchie per guarnimento della testa. Divertente locuzione di portata esattamente contraria alla precedente, che viene usata nei confronti di chi sia cosí duro d'orecchio da fare ritenere i loro padiglioni auricolari buoni solo per agghindare la testa.
3.TENÉ MENTE
nell’esortazione di tono dispiaciuto rivolta a qualcuno da cui si chieda o ci si attenda una compartecipazione emotiva: TIENE MENTE!=poni mente, osserva,renditi ben conto, guarda un po’ciò che succede!
4.TENE 'NA VARVA COMM' A SSALARDO!
Letteralmente: Avere una barba come Salandra. Espressione desueta da intendersi in senso ironico ed antifrastico; in realtà essa vale: essere sbarbato Id est: Avere inclinazioni del tutto diverse da Salandra e avere un comportamento opposto a quello tenuto dal Salandra; piú esattamente: mantenersi neutrali davanti a situazioni o faccende in cui per codardia, timore o pusillanimità non si voglia prender partito. L’espressione abbastanza moderna (1914 ca) fu coniata prendendo a riferimento il comportamento di Antonio Salandra (Troia, 13 agosto 1853 –†Roma, 9 dicembre 1931), politico italiano, presidente del consiglio dei ministri dal 21 marzo 1914 al 18 giugno 1916; costui conservatore, divenne primo ministro dopo la caduta del governo di Giovanni Giolitti (Mondoví, 27 ottobre 1842 – †Cavour, 17 LLUglio 1928) politico italiano, piú volte presidente del Consiglio dei ministri.Fu uno dei politici liberali piú efficacemente impegnati nell'estensione della base democratica del giovane Stato unitario; Salandra fu scelto dallo stesso Giolitti che ancora guidava la maggioranza in parlamento. Comunque, egli si distaccò ben presto da Giolitti sulla questione della partecipazione italiana alla prima guerra mondiale. Mentre Giolitti era schierato a favore della neutralità, Salandra e il suo ministro degli esteri, Sidney Sonnino, appoggiavano l'intervento a fianco della Triplice Intesa(un'intesa politica raggiunta da tre grandi potenze, cioè Francia, Regno Unito ed Impero russo all'inizio del XX secolo), e si assicurò l'entrata in guerra dell'Italia, nonostante l'opposizione della maggioranza del parlamento (Neutralità italiana (1914-1915)). Chiarito che l’atteggiamento del Salandra fu improntato all’interventismo, se ne ricava che - con l’intenderla in senso antifrastico - l’espressione in esame, equivale a mantenersi neutrali nelle occasioni pericolose o compromettenti. Da notare come nell’espressione napoletana viva la corruzione del cognome Salandra adattato in Salardo.
5.TENÉ 'O CUORIO A PPESONE
Ad litteram: avere le cuoia a pigione id est: essere costretti a vivere a rischio continuo, in modo precario, nelle mani della malasorte, in un clima di continua incertezza, come chi - non essendo proprietario di alloggio, sia costretto a prenderne uno in pigione al rischio di vedersi improvvisamente messo fuori dal proprietario. Con il s.vo cuorio (dal lat. cŏriu(m)→cuorio si intende anche in italiano 1 pelle di animale conciata in fogli spessi e semirigidi, per la confezione di oggetti d'uso: borsa, scarpe di cuoio
2 (estens.) pelle dell'uomo: cuoio capeLLUto; avere il cuoio duro, essere resistente, duro a morire; tirare, stendere le cuoia, morire.
BRAK

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