venerdì 29 marzo 2019

DIFFERENZA TRA “TI AMO” E “TE VOGLIO BBENE”


DIFFERENZA TRA “TI AMO” E “TE VOGLIO BBENE
Questa   volta cercherò di dare adeguata risposta ad un  quesito dell’amico E.P.D.A. (al solito, motivi di riservatezza mi impongono di  riportar solo le iniziali di nome e cognome di chi mi scrive per sollecitar ricerche) che mi à chiesto di mettere a fuoco significato  e differenza  tra le due  espressioni in epigrafe,una d’uso tra gli italiani che usano la lingua nazionale e l’altra che  si poteva cogliere non solo sulle labbra dei napoletani d’antan, ma che ancóra si coglie tra i napoletani d’oggidí se e quando usano il loro idioma originario. Dico súbito all’amico ed a chi fósse interessato che corre una gran differenza tra il “ti amo” italiano ed il napoletano  “te voglio bbene”[alias: “Ti voglio bene”che poi sta per “Voglio il tuo bene” ]; d’acchito si coglie súbito che la differenza gioca a tutto favore dell’espressione partenopea e lascia intendere che in un’ipotetica scala emozionale ed affettiva il “ti amo” italiano è posto ben al di sotto del napoletano  “te voglio bbene” che in quella scala è al top. In effetti l’espressione italiana,esaminata con attenzione  nel profondo significa che il soggetto al quale è rivolta è fatto solo segno di affetto, provando per lui  un trasporto sentimentale e/o sensuale al segno di farne oggetto del desiderio; l’espressione napoletana ,esaminata con medesima  attenzione  nel profondo significa sí che il soggetto al quale è rivolta è fatto segno di affetto, provando  trasporto sentimentale e/o sensuale, ma con l’ineludibile glossa  di desiderare per lui tutto il bene possibile, id est  tutto ciò che in genere  appaia desiderabile e tale che possa essere considerato come fine ultimo da raggiungere nella propria esistenza. Se ne deduce che mentre l’espressione italiana è pregna di egoismo , dell’atteggiamento di chi si preoccupa unicamente di sé stesso, del proprio benessere e della propria utilità con quel che ne deriva, l’espressione napoletana mette in evidenza l’altruismo, la generosità di chi la usa badando in primis non al proprio tornaconto, ma al  beneficio, al giovamento altrui, cosa che ben si attaglia all’indole del napoletano medio che è generoso, caritatevole, munificente, di (buon) cuore molto diversamente da ogni altro abitante lo stivale spesso egoista, gretto, meschino ed è gioco/forza che rivolgendosi ad es. ad una donna debba usare l’egoistico “ti amo” e non possa servirsi del napoletano “te voglio bbene”. Capisco, posso esser tacciato di sciovinismo o avere le traveggole, ma i fatti questi sono!    E qui giunto mi fermo convinto d’avere esaurito l’argomento,  d’aver adeguatamente risposto al quesito dell’amico E.P.D.A.    e sperando d’avere interessato  i miei consueti ventiquattro lettori e chi forte avesse letto.
Satis est.
R.Bracale Brak

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