DIFFERENZA TRA “TI AMO” E “TE VOGLIO BBENE”
Questa volta
cercherò di dare adeguata risposta ad un
quesito dell’amico E.P.D.A. (al solito, motivi di riservatezza mi
impongono di riportar solo le iniziali
di nome e cognome di chi mi scrive per sollecitar ricerche) che mi à chiesto di
mettere a fuoco significato e
differenza tra le due espressioni in epigrafe,una d’uso tra gli italiani
che usano la lingua nazionale e l’altra che
si poteva cogliere non solo sulle labbra dei napoletani d’antan, ma che
ancóra si coglie tra i napoletani d’oggidí se e quando usano il loro idioma
originario. Dico súbito all’amico ed a chi fósse interessato che corre una gran
differenza tra il “ti amo” italiano ed il napoletano “te voglio bbene”[alias: “Ti voglio bene”che
poi sta per “Voglio il tuo bene” ]; d’acchito si coglie súbito che la
differenza gioca a tutto favore dell’espressione partenopea e lascia intendere
che in un’ipotetica scala emozionale ed affettiva il “ti amo” italiano è posto
ben al di sotto del napoletano “te
voglio bbene” che in quella scala è al top. In effetti l’espressione
italiana,esaminata con attenzione nel
profondo significa che il soggetto al quale è rivolta è fatto solo segno di
affetto, provando per lui un trasporto
sentimentale e/o sensuale al segno di farne oggetto del desiderio; l’espressione
napoletana ,esaminata con medesima attenzione
nel profondo significa sí che il soggetto al quale è rivolta è fatto
segno di affetto, provando trasporto
sentimentale e/o sensuale, ma con l’ineludibile glossa di desiderare per lui tutto il bene possibile,
id est tutto ciò che in genere appaia desiderabile e tale che possa essere
considerato come fine ultimo da raggiungere nella propria esistenza. Se ne
deduce che mentre l’espressione italiana è pregna di egoismo , dell’atteggiamento
di chi si preoccupa unicamente di sé stesso, del proprio benessere e della
propria utilità con quel che ne deriva, l’espressione napoletana mette in
evidenza l’altruismo, la generosità di chi la usa badando in primis non al
proprio tornaconto, ma al beneficio, al giovamento
altrui, cosa che ben si attaglia all’indole del napoletano medio che è generoso,
caritatevole, munificente, di (buon) cuore molto diversamente da ogni altro
abitante lo stivale spesso egoista, gretto, meschino ed è gioco/forza che
rivolgendosi ad es. ad una donna debba usare l’egoistico “ti amo” e non possa
servirsi del napoletano “te voglio bbene”. Capisco, posso esser tacciato di
sciovinismo o avere le traveggole, ma i fatti questi sono! E qui
giunto mi fermo convinto d’avere esaurito l’argomento, d’aver adeguatamente risposto al quesito
dell’amico E.P.D.A. e
sperando d’avere interessato i miei
consueti ventiquattro lettori e chi forte avesse letto.
Satis est.
R.Bracale Brak
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