ZIZZA, PREVETE E CCUSETORE
Mi è stato chiesto, via e-mail, dal
caro amico A. A. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad
indicare solo le iniziali di nome e cognome) di spendere qualche parola per
illustrare il significato dell’antica
locuzione in epigrafe desueta sí, ma che ancóra si può cogliere sulle
labbra dei napoletani d’antan.Gli ò cosí risposto: Caro amico la locuzione di
cui mi chiedi, che in lingua nazionale è: tetta, prete e sarto è molto datata
ed è un icastico, stringato modo
partenopeo di riassumere l'iter della
vita d'un individuo: zizza[dal lat. titt-am], per indicare la primissima infanzia,quando il nutrimento dell’infante è
rappresentato in primis dal latte del seno materno o da quello della balia;
prevete [dal lat. presbiter→prebite→prevete] usato per significare l’età matura quella
adatta alle nozze, al matrimonio per solito celebrato da un sacerdote; cusetore[deverbale
del tardo lat. cusíre]il sarto cioé usato per significare la circostanza del decesso per la quale un tempo si era soliti
tener pronto un vestito nuovo fatto approntare ad hoc dal sarto di fiducia; al
proposito rammento che alibi s’usava e ancóra s’usa l’espressione: Fà 'e scarpe a uno e ccoserle 'nu vestito.
Espressione che letteralmente
vale : confezionare scarpe ad uno e cucirgli un vestito.Id est: far grave danno
a qualcuno conciandolo male, riducendolo
a cattivo partito fino al punto
di approntargli la morte; oppure piú modestamente augurargli di decedere e procederne alla
vestizione come accadeva un tempo
allorché, come ò detto, alla morte di
qualcuno gli si metteva indosso un abito nuovo e gli si facevano calzare scarpe
approntate a bella posta.. E qui penso di poter far punto convinto d’avere
esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico A. A.
ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú
genericamente chi dovesse imbattersi in
queste paginette.Satis est.
Raffaele Bracale