IL VERBO SPOSARE ED I SUOI
CORRISPONDENTI NELL’IDIOMA NAPOLETANO
Comincio sùbito col dire che la voce toscana in epigrafe
è voce (etimologicamente dal lat. sponsare 'fidanzarsi', deriv. di sponsus,
part. pass. di spondìre 'promettere') che può essere usata indifferentemente
riferita sia all’uomo che alla donna, mentre nell’idioma napoletano, d’uso corrente, abbiamo due verbi
che traducono lo sposare italiano e sono:
‘nzurà/’nzurarse che
si usa riferito all’uomo, mentre riferito alla donna occorre usare ‘mmaretarse.
Analizziamo le singole voci;
- nzurà/’nzurarse esattamente è
prendere in moglie e dunque sposare/sposarsi; il verbo a margine infatti quanto
all’etimo è dal latino in + uxorare = prendere in moglie;
- ‘mmaretà/mmaretarse è invece
prendere marito; va quindi riferito alla donna che sposandosi prende marito;
quanto all’etimo è dal latino in + maritus 'marito'; e già il latino ebbe
maritare, derivato di maritus 'marito';
Rammenterò ora che nell’idioma napoletano, oltre alle voci indicate vi fu un
tempo una voce (peraltro non più in uso, né nel parlato, né nello scritto) che
ebbe carattere generico (simile allo sposare toscano ) tanto da fare usare la
voce sia riferita all’uomo che alla donna; tale voce fu ‘nguadià/’nguadiarse che
significò esattamente prometter nozze ed estensivamente sposare, prender marito
o prender moglie, [con etimo dal lat. med. inguadiare
= dare garanzie].
Raffaele Bracale
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