GLI
STRANGULAPRIEVETE NAPOLETANI
nota
Riporto qui di sèguito un mio vecchio, ma ancòra valido
scritto che mi pare interessante porre a corollario di questa ricetta:
Strangulapriévete & Co.
Con il sostantivo strangulapriévete, nell’idioma napoletano,
si designano gli gnocchi semplici, fatti in casa con acqua, farina e sale. È
vero che sia nell’uso quotidiano che in certa letteratura deteriore ò trovato
pure — per indicare la medesima pasta — il termine strangulamuónece, ma si
tratta chiaramente di un vocabolo pretestuoso, teso a prendersi gioco dei
monaci, oltre che dei sacerdoti richiamati a torto nel primo lemma. Nella
storia della parola, in realtà, il clero non c’entra affatto, se non per una
gustosa omofonia che vi risuona o, se si vuole prendere per buona una notizia
suggestiva del Vottiero, il quale riferisce che strangulapriévete chiamavano
nel Settecento gli gnocchi i monaci e strangulamuónece a rimbrotto i preti.
Disdicevole è peraltro che, partendo da strangulapriévete,
l’italiano mediatico abbia tratto fuori uno ‘strozzapreti’ da far venire i
brividi all’ascolto o sobbalzar dalla poltrona. Vuoi vedere che aumme aumme e
tenendomene all’oscuro son tornati tra di noi i lanzichenecchi?! È ben vero che
tra gli studiosi della parlata
napoletana non è mancato, non so se per distrazione o per un eccesso di
laicismo malinteso, chi accredita una semantica da serracollo, come per esempio
fanno il D’Ascoli e il Santella, ma mi sto ancora chiedendo chi sia stato il
primitivo ignorante che, non conoscendo l’etimologia né della prima parte né della seconda del
termine strangulapriévete, à creduto di fare cosa intelligente (lasciandosi
fuorviare dallo strangula d’avvio sostituendolo con ‘strozza’, (dal verbo
strozzare, sinonimo in toscano di ‘strangolare’) e dimostrando, invece,
d’essere un asino integrale.
Cerchiamo d’esser seri. Il termine strangulapriévete, unico
originale vocabolo che possa arrogarsi il diritto di significare gli gnocchi
napoletani, viene da secoli lontani e nasce dalla lingua greca.Ripeto: dall’impasto di acqua, farina e sale si
ricavano, arrotolandoli sul tagliere cosparso di farina asciutta, dei
bastoncelli a sezione cilindrica, spessi un centimetro,o come un indice,
bastoncelli che vengono tagliati in
piccoli cilindretti di un paio di centimetri ognuno. I cilindretti vengon poi
incavati, facendoli strusciare sul tagliere e tenendoli premuti contro il
medesimo col polpastrello o dell’indice o del medio. Questa doppia operazione
dell’arrotolamento e della incavatura ci fa comprendere perché il verbo greco
straggalào, con i significati di arrotolare, attorcere, curvare, ed il verbo
prepto con quelli di comprimere, incavare, siano all’origine della voce composta con cui designiamo i nostri gnocchi.
Come si vede i sacerdoti non c’entrano nulla e di
conseguenza men che meno i monaci chiamati in causa da qualche buontempone che
non aveva di meglio cui pensare... Quanto allo stravolgimento di
strangulaprievete in strozzapreti non posso che ribadire l’ignoranza e
l’imbecillità di chi à fatto un simile strazio, ed à trovato sedicenti studiosi
della lingua italiana pronti ad accoglierlo nei dizionarî in uso, diventati
oramai il secchio della spazzatura in cui vien recepito di tutto, asinerie e
capocchierie comprese. Si consideri la voce strangolapreti come appare in uno
dei piú diffusi dizionari: «Gnocchetto duro e compatto, che, essendo di
difficile masticazione, rischia di far morire soffocati». Ben tre stupidaggini
infilate in una sola frase e che rischiano di farci soffocare dal ridere. Una
cosa di cui ci si può solo vergognare. A proposito. Buona salute e..., mi raccomando non vi canzate
(permettete) di fare ‘e strangulaprievete con le patate(gli gnocchi fatti con
le patate è una faccenda della cucina romana: io glieli lascio volentieri, e
spero pure voi!
Ingredienti e dosi per 6 persone
1 kg. piú tre pugni di farina di grano duro,
¾ di litro d’acqua bollente,
due cucchiaini di sale fino.
sale doppio un pugno
procedimento
Approntare un capace, ampio polsonetto ad un solo manico,
riempirlo d’acqua (3/4 di litro per un kg. di farina di grano duro) e portarla
ad ebollizione; fuori dal fuoco, ma quando la temperatura dell’acqua sia ancóra
elevata, versare nell’acqua, a pioggia il chilo di farina ed il sale, rimestare
velocissimamente, indi rovesciare d’un sol colpo su di un tagliere cosparso di
due pugni farina asciutta l’impasto e
cominciarlo a lavorare a mani nude molto velocemente(la cosa sarà favorita dal
fatto che l’impasto risulterà bollente…) fino a che non abbia incorporato tutta
la restante farina e non si sia ottenuto una palla di pasta soda ed elestica
che si farà riposare per circa mezz’ora; indi si lavorerà ancóra un po’ la
pasta ed aggiungendo un pugno di farina si ricaveranno dalla pasta dei
bastoncelli cilindrici dello spessor d’un indice dai quali si taglieranno tanti
cilindretti di circa 2 cm. d’altezza che verranno pigiati con i polpastrelli
dell’indice e del medio ed incavati strusciandoli sul tagliere; alla fine si
disporranno tutti questi strangulaprievete (gnocchi napoletani) distesi, ad
asciugare, su di un canevaccio pulitissimo cosparso con pochissima farina. Dopo
mezz’ora si porta ad ebollizione una pentola d’acqua fredda salata (circa 8
litri con un pugno di sale doppio) ed appena l’acqua bolle vi si versano, pochi
per volta, gli strangulaprievete che vanno prelevati dalla pentola con un
mestolo forato appena riaffiorino tornando a galla, e messi in una zuppiera
dove verrano rapidamente conditi con un qualunque sugo approntato.
R.Bracale
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