MOINA e
DINTORNI
Anche questa volta mi trovo a raccogliere una garbata provocazione
del mio caro amico P.D.F.(i consueti problemi di riservatezza mi
costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) che,memore ch’io
abbia piú volte affermato che il napoletano sia piú preciso e circostanziato
dell’italiano, mi à sfidato ad elencare
ed a parlare delle eventuali voci del
napoletano che rendano piú acconciamente
quella italiana dell’epigrafe e
di loro eventuali sinonimi . Come ò già
détto alibi e qui ripeto il caro amico –
come diciamo dalle mie parti - m’ à rattato addó me prore
(letteralmente: mi à grattato dove mi prude, id est: mi à sollecitato sul
mio terreno preferito) per cui raccolgo pure questo guanto di sfida cominciando, come è mio solito, con l’esaminare dapprima la voce
dell’italiano:
moina, s.vo f.le sta ad
indicare gesto, atto affettuoso, vezzo infantile; generico comportamento lezioso, sdolcinato,
tutte cose lontane dal chiasso e/o
confusione che son propri dell’ ammoina/ammuina termini con cui
quello a margine non va confuso; etimologicamente è voce dal basso latino movina(m)→mo(v)ina-m→moina.
Passiamo al napoletano dove
troviamo:
CARIZZO s.vo m.le Qualsiasi dimostrazione di affetto o di benevolenza fatta ad altri con
atti o con parole; piú concretamente, l’atto di passare leggermente le dita o
la palma della mano sul volto o su altra parte del corpo di una persona come
gesto di tenerezza; etimologicamente è voce denominale del lat. caru-m
addizionato del suff. izzo collaterale di iccio
suffissi derivativi ed alterativi
di aggettivi e talora sostantivi, che continuano il lat. -iciu(m) ed esprimomo diminuzione,
imperfezione, approssimazione e sim.,talora con valore peggiorativo; nella
fattispecie è stato usato un suffisso machilizzante della voce che nella lingua
nazionale è f.le (cfr. carezza) poiché nel napoletano un elemento quale che sia se maschile è inteso piú piccolo o contenuto del corrispondente
femminile et versa vice ; abbiamo ad . es. ‘a tavula (piú grande
rispetto a ‘o tavulo piú piccolo ),‘a tammorra (piú grande
rispetto a ‘o tammurro piú piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande
rispetto a ‘o cucchiaro piú piccolo), ‘a carretta (piú grande
rispetto a ‘o carretto piú piccolo ); ),‘a canesta (piú grande
rispetto a ‘o canisto piú piccolo ), fanno eccezione ‘o tiano che è piú grande de ‘a tiana e ‘o
caccavo piú grande de ‘a caccavella; poiché – come detto – questo
tipo di dimostrazione di affetto è molto circoscritta e quasi limitata all’atto di passare leggermente le dita o la palma della mano sul volto o su
altra parte del corpo, ecco che il termine in napoletano è, in quanto piú piccolo o contenuto, inteso maschile piuttosto che femminile.
CIANCIA s.vo f.le vezzeggiamento, vezzo, coccola
leziosaggine fatta piú con parole che con atti;
etimologicamente è voce deverbale di ciancïà, lemma onomatopeico.
CIANCIO s.vo m.le vezzeggiamento,
vezzo, coccola piú contenuti della precedente ciancia e ciò in dipendenza del fatto che ò illustrato or ora sub carizzo.
CICERONNAMMUOLLO
s.vo m.le
sdolcinatura, lezio, smanceria
tendente ad intenerire il soggetto cui sia rivolta, tal quale dei ceci posti in
ammollo per intenerirli prima di cucinarli; etimologicamente si tratta in
effetti dell’agglutinazione funzionale del s.vo cicero (=cece[dal lat.volg.
cicere-m]) con l’espressione ‘nnammuollo= in ammollo.
GATTEFELIPPO s.vo m.le leziosaggine, moina,
romanticheria, sdolcinatezza che si esterna con continuo sbaciucchiamento delle
mani; etimologicamente è voce adattamento locale con allungamento espressivo (ippo) del greco katafileo=
baciare e ribaciare le mani secondo il ss percorso morfologico: katafileo→katafilippo→cattafelippo→gattefelippo;
il passaggio di fileo a filippo è dovuto ad un apparentamento popolare tra due
voci ritenute assonanti, di cui la seconda più nota.
GNUOCCOLO s.vo m.le1.in primis piccolo
gnocco (cfr. il suff. dim. olo dal lat. olus) ;2.per traslato atteggiamento sdolcinato di persona sciocca, goffa e sempliciotta 3.per estensione semantica
come nel caso che ci occupa sdolcinatura, leziosaggine, moina, romanticheria, smanceria.
Voce dallo spagnolo ñoque addizionato del suff. olo.
GNUÓGNOLO s.vo m.le voce di significato analogo a gnuoccolo; anzi
per la precisione, si tratta della
medesima parola di morfologia leggermente diversa,ottenuta nel parlato
per assimilazione sillabica progressiva per cui
in gnuoccolo le due C sono assimilate
all’iniziale digramma gn sino ad ottenere gnuógnolo.
LICCHESALEMME s.vo m.le 1.in primis atto di
ossequio, complimento troppo cerimonioso ed affettato;2.per estensione semantica
come nel caso che ci occupa
lusinga, allettamento, blandizia, adulazione, incensamento;
etimologicamente è l’adattamento scherzoso dialettale della voce salamelecco
che è dall’arabo salā’m ῾alaik.
TENNERUMME s.vo
m.le coll.vo 1.in primis Insieme di cose tenere; cosa tenera o troppo
tenera; la parte tenera di qualche cosa, spec. di sostanze commestibili: il t.
dei cardi, del bambù; in partic., le cartilagini che restano unite alle ossa,
buone da mangiarsi, soprattutto in alcuni tagli di bollito e di spezzatino. 2.
fig.come nel caso che ci occupa Modi
affettatamente ed esageratamente teneri e svenevoli; etimologicamente è voce denominale
dell’agg.vo lat. tĕneru(m) con
raddoppiamento espressivo della nasale (N) ed addizionato del suff. collettivizzante
–ume(n)→umme
SQUASO s.vo m.le contenuto vezzo, carezza fatta
stringendo la guancia della persona amata, col dorso delle dita tra
l’indice ed il medio scuotendola leggermente; generalmente la voce è ritenuta
d’etimo ignoto; a mio
avviso, scartata l’idea di lettura
metatetica e successivo adattamento eufonico [favorito dal dittongo ua] del
greco psausis (= carezza, moina)
secondo il ss. percorso morfologico: psausis→psausi→spausi→spuasi→squase→squaso,
scartata altresí l’idea poco felice di chi vi vide una – per me – improbabile
filiazione deverbale del lat. spasimare, atteso che trovo inspiegabile,[sarebbe
non rintracciata alibi] una mutazione
consonantica quale P→Q,scartata ancóra
l’idea di una derivazione per adattamento da un semisconosciuto italiano
squasimodeo [che già di suo risulta un’ improbabile alterazione popolare
dell’espressione “spasimo di Dio”semanticamente inconferente] ed atteso infine
che non mi sento neppure convinto dall’idea proposta dall’amico avv.to Renato
De Falco di una derivazione dal lat. suavium
=
bacetto, morfologicamente troppo lontano da squaso, penso
si possa ritenere la voce napoletana una
derivazione del part. pass. lat. quassu-m→quasu→squasu-m→squaso di
quatĕre = «scuotere»,con protesi di una S durativa e passaggio
interno dalla doppia ss nella scempia per avvertire che trattasi di uno scotimento
leggero ancorché lungo, scotimento che
anche semanticamente mi appare piú
consono alle manifestazioni tipiche degli squasi.
SQUASILLO s.vo m.le è ovviamente il diminutivo (cfr. il suffisso
diminutivo illo) dell’ or ora esaminato
squaso.
VRUOCCOLE s.vo m.le pl.di vruoccolo(forma
allungata e quasi diminutiva [cfr. suff. olo ←lat. olus] di brocco dal basso latino broccu-m che originariamente stette per dente sporgente e poi per rampollo, germoglio ) 1.in
primis indica il tallo
della rapa e di talune qualità di cavoli quando cominciano a fiorire, varietà
di cavolo dall'infiorescenza carnosa, di colore verde, simile a quella del cavolfiore, ma piú tenera e meno compatta;
2. estensivamente usato al sg. indica il bietolone, il sempliciotto, lo sciocco
dall’aria melensa derivantegli appunto dalla postura dei denti sporgenti; 3.per estensione semantica
come nel caso che ci occupa usato al plurale tutte le moine, le leziosaggini,le
effusioni giocose(analoghe ai pregressi cicerennammuolle)
che sogliono scambiarsi gli innamorati, soprattutto da fidanzati, ma talvolta
anche da sposati, donde l’affermazione: ‘e vruoccole so’ bbuone dint’ô lietto!
id est: i broccoli (lèggi moine)son
buoni a letto! messa in giro da qualcuno che non apprezzava la verdura, che –
invece – è gustosissima sia essa broccolo di rapa che broccolo di foglia.
E qui
faccio punto fermo augurandomi d’essere stato chiaro ed esauriente ed aver
soddisfatto la curiosità dell’amico P.D.F. quella dei miei ventiquattro lettori e di chi forte si imbattesse in queste
paginette.Satis est.
R.Bracale
Brak
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