TENÉ 'E RRECCHIE 'E
PULICANO
Ad litteram:tenere le
orecchie di pubblicano e ciò quantunque
erroneamente ( come chiarirò di qui a poco) in un fraintendimento popolare, qualcuno pretenderebbe di tradurre: tenere le orecchie di pellicano. Chiarisco
súbito che quest’ultima traduzione, checché ne dica il dr. Sergio Zazzera, non è né corretta né attendibile e ciò per due chiari motivi:
a) il pellicano (dal lat. tardo pelecanu(m), che è dal gr. pelekán
–ânos) è un uccello nuotatore e pescatore dal becco enorme
e fornito, nella parte inferiore, di un sacco per il deposito del cibo;à piume
bianche, ali rosse e piedi palmati (ord. Pelecaniformi); nella
tradizione iconografica e letteraria del medioevo, è simbolo di Cristo, perché
si credeva nutrisse i propri piccoli con il suo stesso sangue, lacerandosi il
petto con il becco; tale uccello è però comunque tanto sconosciuto alle
latitudini partenopee che mai il popolo (quello che conia le espressioni
idiomatiche…) avrebbe potuto prenderlo a riferimento in una espressione popolare;
b) non risulta in nessuna letteratura scientifica che il suddetto
pellicano sia accreditato di avere udito finissimo da prendersi a modello.
c) è uccello che di solito, mi ripeto e preciso, non è
presente alle nostre latitudini, ma vive negli Stati Uniti, Caraibi, Sudamerica, Isole Galapagos, Australia e basterebbe questo
per escluderlo come riferimento di un’espressione popolare napoletana.
Torniamo alla espressione in epigrafe; essa locuzione dalla duplice valenza è usata vuoi per indicare chi sia dotato di udito finissimo , vuoi (piú spesso) per indicare coloro che stiano sempre, con
l'orecchio teso attenti ad ascoltare ciò che accade a loro intorno, o per
informarsi, oppure per non lasciarsi cogliere impreparati, comportandosi alla
medesima stregua appunto degli antichi esattori pubblici:i pubblicani (dal lat. publicanu(m), deriv. di publicum
'tesoro pubblico') di cui pulicano
è – a mio avviso - un derivato per
sincope: (pu(b)licanu(m)→pulicanu(m)→pulicano; gli antichi pubblicani erano
quelli che nell'antica Roma, prendevano in appalto la riscossione delle
imposte pubbliche
(estens. non com.) gabelliere, doganiere | (spreg.) persona interessata, avida di guadagno; come esattori di tasse i pubblicani dovevano tener le orecchie tese, pronti ad ascoltar qualunque cosa venisse detta in giro sul conto di chiunque, per non lasciarsi sfuggire un eventuale contribuente, atteso che i pubblicani nel prendere in appalto la riscossione delle tasse versavano all’erario in anticipo tutto l’ammontare delle medesime tasse e poi dovevano affaccendarsi per recuperarle, maggiorandole del proprio utile, non lasciandosi sfuggire notizie su chi fosse tenuto a pagarle.A maggior supporto di ciò che vengo dicendo ricordo che come è del tutto improbabile che i napoletani conoscessero o abbiano conosciuto l’uccello pellicano estraneo alle latitudini partenopee, cosí è invece molto probabile che i napoletani (anche quegliantichissimi)abbiano conosciuto i pubblicani pubblici esattori romani, atteso che a far tempo dal 90 ed 89 a.C. Napoli fu municipio romano ed a Roma pagò i tributi. Successivante 1443 e ss. con l’entrata in Napoli di Alfonso d’Aragona (Napoli 1396 - † ivi 1458) ed inizio della dominazione aragonese, il posto dei pubblici esattori (pubblicani ) fu preso dagli arrendatori titolari dell’ arrendamento: nel Regno di Napoli, gabella o imposta la cui esazione era appaltata a privati; sia la voce arrendatore che ovviamente arrendamento son voci deverbali dello spagnolo arrendar 'appaltare'.
(estens. non com.) gabelliere, doganiere | (spreg.) persona interessata, avida di guadagno; come esattori di tasse i pubblicani dovevano tener le orecchie tese, pronti ad ascoltar qualunque cosa venisse detta in giro sul conto di chiunque, per non lasciarsi sfuggire un eventuale contribuente, atteso che i pubblicani nel prendere in appalto la riscossione delle tasse versavano all’erario in anticipo tutto l’ammontare delle medesime tasse e poi dovevano affaccendarsi per recuperarle, maggiorandole del proprio utile, non lasciandosi sfuggire notizie su chi fosse tenuto a pagarle.A maggior supporto di ciò che vengo dicendo ricordo che come è del tutto improbabile che i napoletani conoscessero o abbiano conosciuto l’uccello pellicano estraneo alle latitudini partenopee, cosí è invece molto probabile che i napoletani (anche quegliantichissimi)abbiano conosciuto i pubblicani pubblici esattori romani, atteso che a far tempo dal 90 ed 89 a.C. Napoli fu municipio romano ed a Roma pagò i tributi. Successivante 1443 e ss. con l’entrata in Napoli di Alfonso d’Aragona (Napoli 1396 - † ivi 1458) ed inizio della dominazione aragonese, il posto dei pubblici esattori (pubblicani ) fu preso dagli arrendatori titolari dell’ arrendamento: nel Regno di Napoli, gabella o imposta la cui esazione era appaltata a privati; sia la voce arrendatore che ovviamente arrendamento son voci deverbali dello spagnolo arrendar 'appaltare'.
Rebus sic stantibus è molto
piú esatto, contrariamente a quanto gli
sprovveduti (Zazzera compreso e non me ne voglia…) intendono, che l’espressione in epigrafe non vada intesa come tenere le orecchie del pellicano, ma come tenere le orecchie del pubblicano.
E ciò, a mio avviso, penso
di averlo ad abundantiam chiarito.Rammento in coda che la voce pulicano,
usatissima nel parlato, è stranamente e colpevolmente ignota a tutti i compilatori,
antichi e moderni, di calepini del napoletano. Ne ignoro però il motivo. Raffaele Bracale 4/11/2007
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