COMME FACETTE
SCIOSCIA
Raccolgo qui di sèguito l’ennesima sfida/ provocazione del mio carissimo amico V.C. (i consueti
problemi di riservatezza mi impongono l’indicazione delle sole iniziali di nome
e cognome)che mi chiede di parlare
dell’espressione napoletana in epigrafe. L’accontento súbito e comincio
con il dire che l’espressione in epigrafe letta per intero suona:
Comme facette
Scioscia,ca se magnaje ‘a tosta e rummanette ‘a moscia che tradotta è: Come fece un (tal) Scioscia
che mangiò la (parte) dura e lasciò la(parte)
morbida (di ciò che stava mangiando…) è un’antica espressione collaterale di altra che suona: Comme facetteno ‘antiche ,ca se magnajeno
‘a scorza e rummanetteno ‘a mullica che
tradotta è: Come fecero (alcuni)
antichi che mangiarono la crosta (dura del pane) e lasciarono la mollica (cioè la parte morbida) sono ambedue espressioni usate
a dileggio nei confronti degli sciocchi accreditati per innata stupidità, di
tenere un comportamento errato non consono ed addirittura autolesivo come
quello di rifiutare cibo morbido, probabilmente piú fresco, per assumerne di duro, perché
probabilmente stantio. Come si intuisce
facilmente in ambedue le espressioni vengono usati una volta il nome
proprio (cognome o soprannome?) Scioscia,
una volta il termine generico antichi che non corrispondono né ad una persona
precisa , né a rintracciabili personaggi
remoti, ma vengono usati solo perché forniscono una comoda rima: Scioscia con moscia, antiche
con mullica. Ricordo tuttavia a
margine ed in chiusura che in napoletano esiste un scioscia s.vo f.le che come femminilizzazione di scioscio (che è derivazione dallo
spagnolo chocho)vale sciocca,
scimunita e come tale ben si attaglierebbe a protagonista dell’espressione in
epigrafe dove sarebbe non piú un cognome o soprannome, ma un generico nome
comune. E
con ciò penso d’aver convenientemente e
ad abundantiam risposto alla domanda
dell’amico V.C. e d’aver
contentato anche qualche altro dei miei
ventiquattro lettori, per cui reputo di poter mettere il punto fermo con il
consueto satis est.
Raffaele Bracale
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